Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 30-03-2011, n. 279 Controinteressati al ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con decreto del 28 settembre 1978, l’Assessore regionale ai Beni Culturali sottoponeva a vincolo paesaggistico la zona Contrada (…) nel territorio del Comune di San Gregorio di Catania.

Con istanza del 22 settembre 1999, le Cooperative edilizie "Az Verde", "Daniela", "Linea", "Male", "Vittoria 2" e "Papillon" chiedevano alla Soprintendenza ai Beni Culturali il prescritto nulla osta per la realizzazione di un programma costruttivo nella zona.

Con provvedimento n. 2228/I/99 del 22 novembre 2000, la Soprintendenza negava il nulla osta.

Con istanza del 28 marzo 2000 le stesse Cooperative presentavano un nuovo progetto che otteneva il nulla osta condizionato della Soprintendenza, con nota del 24 maggio 2000.

La signora Vi.Pa.De.To., proprietaria di una villa limitrofa all’area interessata dal programma costruttivo, impugnava il citato nulla osta.

Con sentenza n. 178/2001, il T.A.R. respingeva il ricorso.

Successivamente, il programma costruttivo era deliberato e approvato anche a seguito del parere favorevole della Provincia e veniva rilasciata la relativa concessione edilizia.

In data 16 maggio 2002, il Commissario ad acta emanava la deliberazione n. 1 con la quale riadottava il PRGC.

La signora Pa.De.To. e la Legambiente – Comitato regionale siciliano impugnavano le delibere di adozione e approvazione del programma costruttivo, il parere favorevole della Provincia, la concessione edilizia, le delibere di adozione e di approvazione del PRGC.

Il T.A.R. disponeva l’espletamento di una consulenza tecnica di ufficio volta ad accertare la presenza (attuale o pregressa) di un bosco e la profondità della fascia di rispetto di cui all’art. 10 della legge regionale n. 16 del 1996.

Avverso l’atto di riadozione del PRGC le ricorrenti proponevano un secondo ricorso.

Con la sentenza di cui in epigrafe il T.A.R. accoglieva i ricorsi, osservando:

1) – Il Consiglio comunale di San Gregorio, con deliberazione del 27 marzo 2002 n. 25, aveva rigettato l’istanza allora presentata dalle cooperative qui appellanti, ritenendo il nuovo insediamento incompatibile con il fabbisogno biennale di edilizia pubblica di cui all’art. 5, comma 8, della legge regionale 28 gennaio 1986 n. 1. Il T.A.R. aveva accolto la domanda di sospensiva e il C.G.A. aveva confermato l’ordinanza, ai fini di una riconsiderazione complessiva dei programmi costruttivi sottoposti al Comune anche alla luce delle doglianze in ricorso. L’Amministrazione, tuttavia, aveva adottato il programma costruttivo impugnato dalla signora Pa.De.To. senza procedere a tale rivalutazione. Dall’esame della deliberazione di adozione del programma costruttivo adottata dal Commissario ad acta il T.A.R. desumeva la violazione dei limiti previsti dall’art. 16, comma terzo, della legge regionale n. 71 del 1978, osservando, altresì, che la situazione fattuale avrebbe dovuto essere riconsiderata con cadenza biennale, il che, nella specie, non era accaduto.

2) – Fondato appariva al T.A.R. anche il quarto motivo di censura, atteso che la ricorrente aveva presentato un esposto nel quale aveva denunciato la presenza di un bosco e, quindi, l’assoluta inedificabilità di gran parte dell’area. Continuava il T.A.R., accogliendo le conclusioni della CTU in merito all’esistenza del bosco e, quindi, alla violazione della legge regionale n. 16 del 1996.

3) – Infine il T.A.R riteneva. fondato anche il ricorso avverso l’atto di riadozione del PRGC e di approvazione dello stesso. Osservava, anche in tal senso, che era provata l’esistenza del bosco e, quindi era illegittima la destinazione a zona C3, edilizia residenziale pubblica.

Avverso la summenzionata sentenza hanno proposto appello le cooperative citate in epigrafe, nonché appello incidentale, il Comune di San Gregorio di Catania.

Si sono costituiti in giudizio la Provincia regionale di Catania e l’Assessorato regionale territorio ed ambiente.

Resistono al ricorso le parti appellate.

Con ordinanza 31 luglio 2008, il Collegio ha disposto la nomina di consulente tecnico d’ufficio nella persona del dott. agr. Ca.Ba. al quale richiedeva "una valutazione tecnica circa la natura della vegetazione presente nella zona in questione e l’esistenza in data odierna o precedentemente, di una formazione giuridicamente definibile come bosco, nonché la conseguente estensione dell’area di rispetto".
Motivi della decisione

1) Va disatteso il primo motivo di appello proposto dalle ricorrenti società cooperative, col quale si sostiene l’inammissibilità dei ricorsi di primo grado perché non notificati al Commissario ad acta.

Come già osservato da questo Consiglio (cfr., sentenza 28 gennaio 2003, n. 38), posto che la qualità di controinteressato al ricorso giurisdizionale deriva dal riconoscimento di un interesse al mantenimento della situazione esistente, che è proprio di colui che, coinvolto negli effetti di un provvedimento amministrativo, abbia acquisito una posizione giuridica qualificata alla sua conservazione, il commissario straordinario nominato dalla Regione per l’adozione di taluni atti di competenza di un Ente locale minore non può essere considerato controinteressato in senso tecnico sia rispetto all’impugnazione del provvedimento di sua nomina, che rispetto ai provvedimenti da lui adottati, in quanto egli non è titolare di alcun vantaggio diretto come conseguenza dell’uno e degli altri.

2) Per contro, risulta fondato il secondo motivo di appello con il quale si deduce la carenza di legittimazione attiva di Legambiente perché l’atto non è diretto alla tutela ambientale, ma attiene alla materia urbanistica.

La giurisprudenza del Consiglio di Stato si è attestata da tempo nel riconoscere la legittimazione delle associazioni ambientalistiche a far valere in giudizio interessi diffusi in materia lato sensu ambientale, sulla scorta o del concreto collegamento con un dato territorio, tale da "rendere localizzabile" l’interesse esponenziale (A.P. 19 ottobre 1979, n. 24), ovvero di situazioni soggettive riconosciute normativamente nell’ambito di procedimenti amministrativi (Sez. VI, 16 maggio 1983, n. 353).

In tale contesto, il combinato disposto degli artt. 13 e 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349 (che conferisce la detta legittimazione ad agire nella materia ambientale alle associazioni ambientalistiche riconosciute con decreto del Ministero dell’Ambiente) deve essere inteso come attributivo di una legittimazione eccezionale – in quanto essa, oltre a prescindere dai precitati criteri individuati dalla giurisprudenza, deroga all’ordinario processo di giuridicizzazione degli interessi di fatto in interessi legittimi – che va peraltro delimitata in relazione alla qualificazione dell’interesse sostanziale fornita dalle norme di legge (cfr. Sez. IV, 28 febbraio 1992, n. 223 e, di recente, Sez. VI, 19 giugno 2008, n. 3073).

In altri termini, l’interesse sostanziale in materia ambientale si radica in capo alle associazioni ambientalistiche riconosciute – determinando la legittimazione ad agire – nella misura in cui l’interesse ambientale assume rilevanza giuridica in forza della previsione normativa; e poiché il detto interesse viene identificato da un particolare tipo di norme aventi valenza organizzativa (istituzione del Ministero dell’Ambiente), l’interesse all’ambiente assume qualificazione normativa con riferimento e nei limiti tracciati positivamente dalla legge n. 349/86, ovvero da altre fonti legislative intese a identificare beni ambientali in senso giuridico: a tale estensione oggettiva dell’interesse va necessariamente rapportata la sua titolarità – cioè la legittimazione ad agire – in capo alle Associazioni ambientalistiche, intesa, tuttavia, come "legittimazione eccezionale" (in termini, di recente, Sez. VI, n. 3073 del 2008, cit.).

Dalla rilevata stretta correlazione tra estensione oggettiva dell’interesse all’ambiente e ambito di legittimazione discendono altresì i limiti di proponibilità delle censure; non è, quindi configurabile la proposizione di motivi aventi una diretta valenza urbanistico-edilizia, e che solo in via strumentale – e cioè, per effetto del conseguito annullamento – ed indiretta, e non in ragione della violazione dell’assetto normativo di tutela dell’ambiente, possano determinare un effetto utile (anche) ai fini della tutela dei valori ambientali.

Nella specie, la zona è classificata come C3 – edilizia residenziale pubblica – e non sembra, quindi, che possa avere pregio ambientale.

In ogni caso, ove pure potesse prescindersi dal suesposto rilievo, l’Associazione Legambiente sarebbe priva di legittimazione.

Infatti, la legittimazione ad intervenire nei giudizi per danno ambientale e ricorrere in sede di giurisdizione amministrativa per l’annullamento di atti illegittimi, prevista dall’art. 18 della legge n. 349/1986, spetta alla sola associazione ambientalistica nazionale – destinataria del decreto di individuazione di cui all’art. 13 della legge citata – e non alle sue strutture territoriali, le quali non possono ritenersi munite di autonoma legittimazione neppure per l’impugnazione di un provvedimento a efficacia territoriale limitata (cfr., di recente, C.d.S., Sez. VI, 9 marzo 2010, n. 1403).

3) Parimenti fondato è l’ulteriore motivo di appello relativo al dimensionamento del programma costruttivo.

Nella sentenza appellata si è sostenuto che il programma costruttivo previsto dall’art. 25 della legge regionale n. 22/1996 deve essere dimensionato secondo un fabbisogno biennale, assimilato così a quello previsto in via ordinaria dall’art. 4 della legge regionale n. 86/1981.

Tale assunto non può essere condiviso.

Come esposto da questo Consiglio nel parere 23 giugno 1984, n. 80, il programma costruttivo previsto dall’art. 4 della legge regionale n. 86/1981 costituisce un vero e proprio strumento urbanistico che, in alternativa al piano di zona, risolve in maniera coordinata e globale il problema del fabbisogno abitativo, sia pure per un biennio.

Da tale disciplina ordinaria si discosta la previsione contenuta nell’art. 2 della medesima legge regionale n. 86/1981, a mente del quale "…limitatamente all’utilizzazione dei finanziamenti assegnati per la realizzazione di interventi di edilizia sovvenzionata e convenzionata – agevolata, i Comuni che, seppure obbligati a dotarsi di piani di zona o programmi costruttivi, ne siano ancora privi e non dispongano di sufficienti aree all’interno degli stessi, sono tenuti a approvare i programmi costruttivi di cui all’art. 5 della L.R. 28 gennaio 1986, n. 1".

Per tali programmi costruttivi non opera il fabbisogno biennale o decennale, come se si trattasse di strumenti ordinari, ma, ai fini del loro dimensionamento, occorre solo tener conto del finanziamento assegnato, fermo restando, comunque, l’obbligo di rispettare il limite massimo del 70% del fabbisogno complessivo di edilizia abitativa.

4) Il giudice di primo grado ha ritenuto, altresì, illegittimo il decreto di approvazione del programma costruttivo per violazione dell’art. 10 della legge regionale 6 aprile 1996, n. 16, e successive modificazioni, il quale ha disposto che "Sono vietate nuove costruzioni all’interno dei boschi e delle fasce forestali ed entro una zona di rispetto di 50 metri dal limite esterno dei medesimi".

Detto giudice ha osservato che "fino al giugno 1999, nell’area impegnata dall’intervento costruttivo era presente una rigogliosa vegetazione di piante adulte, tipiche della macchia mediterranea in formazione stabile, querce e bagolari in particolar modo, con superficie superiore all’ettaro e copertura superiore al 50%, tale da essere qualificata come bosco ai sensi della legge regionale n. 16 del 1996" e che "successivamente a tale data, all’interno di una fascia ampia circa 50 metri, sono stati abbattuti mediante motosega decine di esemplari di querce e bagolari adulti, creando una zona di vuoto così da spezzare in due tronconi l’area boscata".

Il T.A.R. ha, quindi, richiamato la relazione di verificazione dalla quale si evincono le predette circostanze di fatto e gli elementi dai quali è possibile pervenire alla conclusione che la superficie del bosco ammontava a mq. 13.941, includendovi il bosco esistente e quello distrutto.

Le appellanti hanno diffusamente contestato gli accertamenti contenuti nella summenzionata relazione tecnica.

Il motivo di appello è fondato alla stregua degli accertamenti contenuti nella relazione tecnica che è stata disposta da questo Consiglio con ordinanza n. 559 del 2009.

Dopo avere attentamente esaminato lo stato dei luoghi, il CTU è giunto alla seguente conclusione: "…la presenza di una superficie che segue il tracciato di un muro a secco, ancor oggi esistente, con copertura di essenze forestali (del genere quercus e bagolaro) superiore al 50% in una piccola isola di circa 3.500 mq. (a margini delle particelle 1078, 1310 e 1309 del foglio di mappa 3 del Comune di San Gregorio di Catania) e con esemplari sparsi e sporadici nel resto del tracciato non può essere ascritta alle superfici boschive. Inoltre, se si volesse tener conto delle ulteriori superfici sulle quali insiste vegetazione apparentemente costituita da essenze forestali (rari elementi di roverella e bagolaro oltre qualche carrubbo e alloro e olivastro) e se anche la superficie complessiva dovesse superare i 10.000 mq. prescritti al comma dell’art. 4 della L. n. 16/1996 la stessa non manterrebbe il secondo requisito previsto dallo stesso comma dello stesso articolo in quanto il rapporto di copertura, in una visione d’insieme sarebbe di gran lunga inferiore al 50%.

5) La fondatezza dei suesposti motivi di appello consente di non esaminare le ulteriori doglianze che vanno, pertanto, dichiarate assorbite.

In conclusione, per le suesposte considerazioni, sia l’appello delle Cooperative edilizie che quello del Comune di San Gregorio di Catania devono essere accolti e, in riforma della sentenza appellata, i ricorsi proposti in primo grado vanno dichiarati inammissibili nella parte concernente l’impugnativa di Legambiente, Comitato regionale siciliano, e per il resto respinti.

Ritiene altresì il Collegio che ogni altro motivo od eccezione possa essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente sentenza.

Circa le spese e gli altri oneri di giudizio, si ravvisano giustificati motivi per compensarli tra le parti.

Le spese della consulenza tecnica d’ufficio sono poste a carico degli appellati e sono liquidati nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, accoglie gli appelli proposti dalle Cooperative edilizie indicate in epigrafe e dal Comune di San Gregorio di Catania e per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, dichiara in parte inammissibile e in parte respinge i ricorsi proposti in primo grado da Legambiente, Comitato regionale siciliano, e da Pa.De.To.Vi.

Compensa tra le parti le spese, le competenze e gli onorari del giudizio.

Condanna gli appellati al pagamento a favore del consulente tecnico d’ufficio, dr. agr. Ca.Ba., delle spese e competenze che liquida complessivamente in Euro 3.000,00 (tremila/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo il 14 ottobre 2010, dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, in camera di consiglio, con l’intervento dei signori: Raffaele Maria De Lipsis, Presidente, Filoreto D’Agostino, Guido Salemi, estensore, Pietro Ciani, Giuseppe Mineo, componenti.

Depositata in Segreteria il 30 marzo 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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