T.A.R. Sardegna Cagliari Sez. I, Sent., 08-04-2011, n. 331 Amministrazione Pubblica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Con il ricorso in epigrafe, la società S. s.r.l. chiede l’annullamento della deliberazione 21 luglio 2009, n. 9392, con la quale il CACIP (ex CASIC) ha negato alla società ricorrente l’autorizzazione a realizzare un impianto fotovoltaico su alcuni terreni ricadenti nell’ambito del Consorzio, sui quali la ricorrente vanta il diritto di superficie, autorizzazione richiesta con istanza depositata il 18 agosto 2008. Il diniego è motivato con riguardo ad una precedente convenzione stipulata nel novembre 2004 tra la società E.A. srl (già E.R. srl) e il Consorzio, nella quale i terreni oggetto dell’intervento proposto dalla ricorrente sono indicati come interamente ceduti in diritto di superficie dalla proprietaria P.A.A. alla medesima E.A. s.r.l..

2. – Con ricorso, consegnato all’ufficiale giudiziario per la notifica il 2 novembre 2009 e depositato il successivo 18 novembre, deduce eccesso di potere per travisamento dei fatti ed erroneità dei presupposti, per illogicità manifesta e altri profili, nonchè errata applicazione della deliberazione CACIP n. 9391 del 21 luglio 2009 e della deliberazione della Giunta Regionale Sardegna n. 59/12 del 29 ottobre 2008, violazione del principio di buona amministrazione.

Con motivi aggiunti, consegnati all’ufficiale giudiziario per la notifica il 29 dicembre 2009 e depositati il 15 gennaio 2010, estende i vizi dedotti col ricorso introduttivo agli atti indicati in epigrafe.

3. – Si è costituito in giudizio il CACIP chiedendo che il ricorso sia respinto.

4. – All’udienza pubblica del 12 gennaio 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.

5. – Deve essere precisato, prima di passare all’esame dei motivi proposti da S. s.r.l., il contenuto della deliberazione impugnata (n. 9392 del 21 luglio 2009). Con essa, il CACIP ha rifiutato l’autorizzazione richiesta dalla società ricorrente rilevando, in primo luogo, come l’area (oggetto del parco fotovoltaico progettato), sia già ricompresa nell’ambito di una convenzione stipulata con la società E.A. s.r.l. per la realizzazione di un parco eolico, per una superficie complessiva di mq 915.893. Su tale area, la E.A. s.r.l. corrisponde un canone annuo pari a euro 260.106,30, per dieci anni, dovuto per l’esercizio dell’attività industriale sull’area. Nella deliberazione si ipotizza che, se si dovesse rilasciare l’autorizzazione richiesta dalla S. s.r.l., la E.A. s.r.l. potrebbe rifiutarsi di corrispondere il pagamento relativamente alle aree occupate dal parco fotovoltaico, con evidenti ricadute negative sul piano finanziario per il CACIP.

La ricorrente contesta, in primo luogo, il presupposto alla base della motivazione addotta dal CACIP, deducendo la erroneità della affermazione che attribuisce alla società E.A. s.r.l. il diritto di superficie su tutta l’area in questione.

6. – Il motivo è fondato.

6.1. – Come risulta dalla documentazione versata in atti, con atto di costituzione di diritto di superficie del 23 maggio 2003 rep. n. 1452 (notaio Vadilonga) la società P.A.A. s.r.l., proprietaria dell’area, cedeva alla società F. s.r.l. il diritto di superficie su un’area complessiva di mq. 915.983 "al solo ed esclusivo fine di utilizzare l’area interessata per l’installazione, il mantenimento e la gestione… di un complesso composto da generatori eolici e relative strutture ed opere connesse". Con atto concluso nello stesso giorno (rep. n. 1454, notaio Vadilonga), la società F. s.r.l. cedeva detto diritto di superficie alla società E.A. s.r.l. (già E.R. s.r.l.), per gli stessi fini. Entrambi gli atti erano sottoposti alla condizione sospensiva dell’ottenimento da parte di E.A. delle autorizzazioni a realizzare l’impianto e, in coincidenza con tale evento, alla stipula di un apposito "atto ricognitivo e di identificazione anche catastale, in forma idonea per la pubblicazione nei RR.II., al fine di individuare le porzioni di area effettivamente impegnate nell’impianto eolico e relative torri… e delimitare in concreto le zone su cui il diritto di superficie dovrà essere dalla parte cessionaria o suoi aventi causa esercitato, restando la parte rimanente nella titolarità della cedente, che ne potrà disporre con le limitazioni qui previste" (così l’art. 10 del contratto rep. 1452 del 23 maggio 2003).

Con tale atto ricognitivo, pertanto, si sarebbero individuate, nell’ambito della superficie complessiva di mq. 915.983, le porzioni da cedere in superficie. L’atto è stato stipulato il 12 giugno 2008, tra la società "P.A.A. s.r.l." e la società F. s.r.l., prevedendo "le porzioni immobiliari ove deve essere esercitato il diritto di superficie costituito a favore della società F. S.R.L. e da questa trasferito alla società "E.A. S.R.L.", le quali si riferiscono alle aree necessarie alla installazione di 16 torri dell’impianto eolico.

Conseguentemente, le aree non oggetto di diritto di superficie, così delimitato, rimangono nella piena proprietà della società P.A.A..

6.2. – Con quest’ultima, proprietaria delle aree, la S. s.r.l. ha poi stipulato, in data 1 agosto 2008, un contratto preliminare di cessione del diritto di superficie per le porzioni di terreno su cui realizzare il progetto fotovoltaico, oggetto della richiesta di autorizzazione rivolta al Consorzio intimato.

6.3. – Da quanto sopra esposto deriva, come accennato, la fondatezza della censura sollevata dalla società ricorrente nei confronti del diniego di autorizzazione formulato dal CACIP con l’impugnata deliberazione. Emerge, infatti, come non sussista la titolarità del diritto di superficie in capo alla società E.A. s.r.l. sull’intera area oggetto della convenzione stipulata con il CACIP.

Appare evidente, altresì, come sulla titolarità e sulla estensione del diritto reale in questione, nessuna rilevanza possa esplicare la citata convenzione tra il CACIP e la società E.A. s.r.l. (anche in considerazione della circostanza che la condizione apposta agli atti di cessione sopra richiamati era conoscibile dal CACIP, in qualità di terzo, attraverso la visura dei registri immobiliari in cui la stessa risulta trascritta mediante la sua menzione nella nota di trascrizione ai sensi dell’art. 2659 del codice civile, versata in atti).

7. – Da quanto appena accertato, deriva la fondatezza anche di altre doglianze dedotte dalla ricorrente.

In primo luogo, esattamente la ricorrente rileva l’eccesso di potere per illogicità manifesta per aver subordinato il rilascio dell’autorizzazione ad un atto "sottoscritto tra le parti" (la S. e la E.A.) dalla quale risulti il reciproco riconoscimento dei diritti e la conferma dell’obbligazione assunta dalla società E.A. nei confronti del CACIP. Come detto, la titolarità e i limiti dei diritti reali di superficie oggetto, della presente controversia, risultano dagli atti sopra richiamati.

8. – In secondo luogo, sono illegittime anche le ulteriori condizioni ostative individuate dal CACIP nella deliberazione impugnata, ossia il mancato riscontro, da parte di E.A., alle "richieste consortili" (presumibilmente riferite al pagamento delle obbligazioni pecuniarie assunte con la citata convenzione) e il paventato pericolo che – se si dovesse rilasciare l’autorizzazione richiesta dalla S. s.r.l. – "la E.A. s.r.l. potrebbe rifiutarsi di corrispondere il pagamento relativamente alle aree occupate dal parco fotovoltaico". Entrambi i rilievi appaiono, quantomeno, inconferenti rispetto alla richiesta di provvedimento presentata dalla ricorrente, posto che riguardano profili giuridici di un rapporto distinto, che non produce effetti nei confronti della ricorrente S..

9. – La riconosciuta fondatezza delle censure finora esaminate, pienamente satisfattiva della pretesa del ricorrente, consente di ritenere assorbiti gli altri motivi del ricorso introduttivo.

10. – Con i motivi aggiunti la ricorrente impugna, altresì, la deliberazione del Consiglio di Amministrazione del CACIP n° 9391 del 21 luglio 2009, con la quale il Consorzio ha recepito le linee guida emanate dalla Regione Sardegna con la deliberazione della Giunta Regionale n° 59/12 del 29 ottobre 2008, prevedendo altresì "di limitare in dieci ettari l’estensione accreditabile a ciascuna richiesta, sia per aree di proprietà consortili che di terzi". Ritenendo lesiva quest’ultima previsione, deduce eccesso di potere per l’errata interpretazione della citata delibera regionale, la quale non prevede tale limite e non sarebbe comunque applicabile alle domande depositate prima della sua entrata in vigore (l’istanza della ricorrente, come accennato, risulta infatti depositata il 18 agosto 2008).

In disparte il profilo dell’interesse a ricorrere contro una deliberazione che non appare immediatamente lesiva degli interessi della ricorrente, nel merito le censure non colgono nel segno. In primo luogo, perché la deliberazione in questione introduce un elemento che incide sulla fase costituiva del provvedimento autorizzativo richiesto, con la conseguenza che – in base al principio tempus regit actum – si applica a tutte le istanze non ancora giunte a decisione. In secondo luogo, perché – pur se si tratta di un limite non previsto dalla deliberazione della G.R. n. 59/12 del 29 ottobre 2008 – si deve riconoscere al Consorzio un margine discrezionale di attuazione delle direttive regionali in oggetto, il cui esercizio – nel caso di specie – è congruamente motivato con riferimento alla esigenza di "limitare la superficie massima assegnabile a ciascuna ditta richiedente e/o ditta proprietaria di aree proprie, al fine di dare una risposta a tutte le richieste finora pervenute…".

11. – E’fondato, pertanto, il solo ricorso introduttivo, con il conseguente annullamento della deliberazione n. 9392 del 21 luglio 2009.

12. – E’, infine, infondata la domanda risarcitoria proposta dalla ricorrente, la quale non ha allegato alcun elemento di prova, riguardo ai danni asseritamente subiti, sia sotto il profilo del danno emergente che sotto quello del mancato guadagno. Coma ha statuito questo Tribunale in diverse occasioni, muovendo dal pacifico presupposto che, in tema di risarcimento del danno per lesione di interessi legittimi, ricade interamente sul ricorrente l’onere della prova dell’esistenza e della quantificazione del danno, la Sezione (8 ottobre 2009 n. 1498) ha "ricordato che in base al principio generale sancito dall’art. 2697 c.c, ai fini del risarcimento dei danni provocati da illegittimo esercizio del potere amministrativo, il ricorrente deve fornire in modo rigoroso la prova dell’esistenza del danno, non potendosi invocare il principio acquisitivo perché tale principio attiene allo svolgimento dell’istruttoria e non all’allegazione dei fatti (Cons. Stato, 6 aprile 2009 n. 2143, Cons. St., sez. V, 13 giugno 2008, n. 2967; sez. V, 7 maggio 2008, n. 2080; ad. plen., 30 luglio 2007, n. 10; sez. VI, 2 marzo 2004, n. 973)". In tal senso, e condivisibilmente, è stato richiamato un consistente orientamento del Consiglio di Stato che considera infondata la domanda risarcitoria formulata in maniera del tutto generica senza alcuna allegazione dei fatti costitutivi (Cons. Stato, 6 aprile 2009 n. 2143, Cons. Stato, sez. V, 13 giugno 2008, n. 2967; sez. IV, 4 febbraio 2008, n. 306).

Anche l’individuazione dei presupposti in presenza dei quali è possibile operare la valutazione equitativa dei danni è stata oggetto di esame da parte della Sezione, osservandosi come "pur apparendo certa l’esistenza dei danni lamentati (Cass. Civ., sez. I, 29 luglio 2009, n. 17677), non si può giungere alla loro liquidazione equitativa ai sensi dell’art. 1226 del codice civile (quando non ricorra) l’ulteriore presupposto richiesto dalla norma codicistica, costituito dalla relativa impossibilità di fornire la prova del danno da parte del ricorrente (si veda sul punto Cass. Civ., sez. III, 15 maggio 2009, n. 11331)" (così sez. I, 30 dicembre 2009, n. 2682; ma, in precedenza, si veda nello stesso senso la citata sez. I, 8 ottobre 2009 n. 1498).

Alla luce dei principi appena esposti, e considerato che, nel caso concreto, gli elementi probatori rilevanti ai fini della determinazione del danno rientrano nella sfera di disponibilità della ricorrente (danneggiata), la quale, pertanto, agevolmente avrebbe potuto allegarli e produrli in giudizio, si deve giungere necessariamente alla conclusione della infondatezza della domanda risarcitoria in esame.

13. – La disciplina delle spese di lite segue la soccombenza, nei termini indicati in dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla la deliberazione n. 9392 del 21 luglio 2009 del Consiglio di Amministrazione del Consorzio Industriale Provinciale di Cagliari (CACIP).

Rigetta i motivi aggiunti.

Rigetta la domanda di risarcimento del danno.

Condanna il Consorzio Industriale Provinciale di Cagliari (CACIP), a rifondere in favore della società ricorrente le spese giudiziali, liquidate in complessivi euro 2.500 (duemilacinquecento).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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