Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
1) Con decreto emesso in data 13 marzo 2007 il Questore della provincia di Milano disponeva la sospensione dal servizio di guardia particolare giurata del sig. G.C. fino alla determinazione della Prefettura sul mantenimento del titolo e comunque fino alla scadenza del termine di 90 giorni dalla notifica del decreto.
La sospensione era disposta in ragione della comunicazione di notizia di reato a carico del sig. C. per furto aggravato perpetrato ai danni di una ditta avente sede nello stabile presso il quale, come accertato dal sistema di videosorveglianza, la stessa guardia giurata aveva fatto ingresso senza registrare alcuna anomalia e al cui interno si trovava al momento dell’attivazione del sistema di allarme.
2) Il decreto è stato impugnato con il ricorso in epigrafe. Il ricorrente deduce che il furto denunciato dai Carabinieri è avvenuto ai danni di una utenza diversa da quella oggetto dell’ispezione, avente sede in immobile adiacente al cui interno il vigilante non ha registrato alcuna anomalia; assume, inoltre, che la condizione di semplice indagato non legittima la cessazione del titolo di guardia giurata che può conseguire soltanto a condanna per delitto e, infine, che la sanzione impugnata è sproporzionata e irragionevole.
Con ordinanza n. 105 del 12 maggio 2010 il collegio ha disposto il rinnovo della notifica nulla ai sensi dell’art. 291 c.p.c. Il ricorrente vi ha provveduto nel termine fissato.
Il Ministero dell’Interno si è costituito in giudizio argomentando per l’infondatezza del ricorso.
All’udienza odierna il ricorso è stato spedito in decisione.
3) Il ricorso in esame è diretto contro il decreto emesso dal Questore della Provincia di Milano, con il quale è stata disposta, nei confronti del ricorrente, la sospensione dal servizio di guardia particolare giurata.
L’atto è stato emesso poiché l’interessato è stato denunciato per il reato di furto aggravato commesso in danno di una ditta in orario compatibile con la prolungata presenza dell’interessato in servizio di ispezione all’interno dello stabile: da tali circostanze la suindicata Autorità ha ritenuto che fossero venuti meno i requisiti morali e di buona condotta richiesti dall’art. 138 del r.d. n. 773/31.
3.1) E’ infondato il motivo con cui il ricorrente denuncia la propria estraneità ai fatti addebitatigli.
Il provvedimento di sospensione è fondato sulla comunicazione di notizia di reato redatta dalla Regione Carabinieri e sul conseguente dubbio in ordine all’incidenza dell’episodio criminoso contestato sull’affidabilità ed attitudine ad esercitare le funzioni di guardia particolare giurata. In particolare, dall’atto impugnato e dalle risultanze istruttorie in esso indicate emergono gli elementi fattuali idonei a sorreggere la determinazione assunta.
Dagli atti emerge che normalmente l’ispezione ha una durata contenuta in 5/6 minuti; dalle registrazioni del sistema di videosorveglianza risulta invece che il C. si è introdotto con l’auto di servizio nel perimetro recintato del complesso dove hanno sede i locali della società vittima del furto, ivi trattenendosi per circa un’ora e mezzo senza segnalare condizioni di particolare anomalia che potessero giustificare la necessità di un’ispezione tanto prolungata.
In tale quadro, la misura adottata prende atto della sussistenza di consistenti indizi di reato a carico del ricorrente, in sé idonei a incrinare la fiducia nei confronti del detentore del titolo di polizia e, in attesa delle determinazioni definitive della Prefettura sull’eventuale ritiro del titolo di guardia giurata, ne dispone provvisoriamente la sospensione, senza che questo implichi l’affermazione di colpevolezza del ricorrente.
3.2) Non è fondata la censura diretta a contestare la proporzionalità del provvedimento, dedotta sul rilievo che l’amministrazione non avrebbe potuto adottare, nelle more della indagine penale, un provvedimento incisivo per la sfera giuridica del ricorrente.
Correttamente l’amministrazione, prima di disporre la revoca del titolo rilasciato, ha adottato un atto meno incisivo ma ugualmente confacente all’interesse pubblico, con la sospensione cautelativa, applicando gli art. 10, 38 e 40 del R.D. n. 773/31, del titolo, in attesa che la magistratura penale accertasse l’effettiva responsabilità del ricorrente. In tal modo l’azione amministrativa si è svolta in piena armonia con il principio di proporzionalità, posto che l’interesse pubblico è stato comunque preservato, salvaguardando al contempo l’interesse del privato alla conservazione della nomina e del posto di lavoro.
Invero, la sospensione dell’attività riflette il canone di strumentalità proprio dei provvedimenti di natura cautelare e, a fronte della finalità di precludere ad un soggetto lo svolgimento di una determinata attività nelle more della decisione finale, integra una misura, al contempo, necessaria, idonea e adeguata all’obiettivo da perseguire e all’esigenza di incidere nel modo meno pregiudizievole nella sfera del destinatario del provvedimento finale.
Invero, la sospensione adottata dall’amministrazione è, come già evidenziato, una misura di natura cautelare volta ad anticipare provvisoriamente gli effetti della successiva, eventuale, decisione di merito, sicché essa si connota per il carattere della interinalità che rende necessaria la previsione, direttamente o indirettamente, di un termine entro il quale delimitarne l’efficacia.
Nel caso di specie l’amministrazione ha posto un termine finale di 90 giorni all’efficacia della sospensione, in coerenza con la natura della misura adottata, nel pieno rispetto del carattere della strumentalità e del principio di tipicità degli atti amministrativi, in forza del quale i provvedimenti cautelari producono effetti limitati nel tempo.
Le considerazioni ora svolte trovano conferma nella previsione dell’art. 21 quater, comma 2, della legge 1990 n. 241 – come modificata dalla legge 2005 n. 15 – che, positivizzando principi giurisprudenziali, ha stabilito la necessaria temporaneità della sospensione in via amministrativa di precedenti provvedimenti, da individuare, nel caso di specie, nella nomina a guardia particolare giurata del ricorrente.
4) In conclusione il ricorso è infondato e deve conseguentemente essere respinto.
Le spese, come di regola, seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando, così dispone:
respinge il ricorso, come in epigrafe proposto,
condanna il ricorrente al pagamento delle spese e degli onorari di lite che liquida complessivamente in Euro 800,00 oltre IVA e CPA se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.