Cass. civ. Sez. II, Sent., 20-07-2011, n. 15973 Inquinamenti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto del 2001, B.L. proponeva opposizione avverso l’ordinanza ingiunzione emessa dalla USL n (OMISSIS) con cui gli veniva ingiunto il pagamento di L. 20.018.400 in quanto la Finit Sommer spa, di cui il predetto era legale rappresentante, era incorsa nella violazione della L. n. 319 del 1976, art. 9, comma penultimo, per aver smaltito rifiuti reflui prodotti dall’azienda in difetto della relativa autorizzazione.

Nella resistenza della predetta ASL e respinta la richiesta di chiamata in causa del Consorzio per il Nucleo di Sviluppo industriale di (OMISSIS), il Tribunale di Isernia, in composizione monocratica, respingeva l’opposizione e regolava le spese. Osservava il Tribunale adito che il discrimine tra illecito penale ed amministrativo era costituito dal tipo di scarico effettuato: nel caso di specie lo scarico era stato qualificato come civile e trovava pertanto applicazione la Legge citata, art. 9, penultimo comma donde l’applicabilità della sanzione di cui alla citata legge art. 21, ultimo comma.

Quanto all’autorizzazione rilasciata dal surricordato Consorzio, la stessa aveva ad oggetto unicamente la realizzazione degli allacci;

tale autorizzazione, per l’oggetto e le diverse finalità che la connotano, non poteva essere assimilata a quella richiesta nè supplirvi.

Non poteva poi dirsi sussistente la buona fede del B., atteso che la stessa non poteva sussistere con riferimento all’oggetto dell’autorizzazione, tale da non poter essere confuso con quello di cui all’atto di assenso del Consorzio, relativo all’allaccio alle condotte.

La proposta chiamata in garanzia del consorzio poi non poteva essere accolta, trattandosi di ordinanza ingiunzione direttamente correlata ad una ipotesi di responsabilità personale.

Per la cassazione di tale sentenza ricorre, sulla base di cinque motivi, il B.; resiste con controricorso la USL (OMISSIS) "Pentria".
Motivi della decisione

Con il primo motivo, si lamenta violazione degli artt 102, 103,106, 107, 269 e 270 c.p.c., in relazione alla mancata integrazione del contraddittorio nei confronti del Consorzio per il nucleo di sviluppo industriale (OMISSIS).

Si sostiene al riguardo che, avendo autorizzato l’allaccio al sistema fognario consortile, solo il funzionario che aveva sottoscritta la predetta autorizzazione avrebbe dovuto rispondere della violazione contestata, donde la di lui richiesta di evocazione in giudizio, non accolta, si assume erroneamente.

Il giudizio di opposizione ad ordinanza ingiunzione, come la stessa denominazione espone limpidamente, si articola su di una fase in cui al soggetto ritenuto responsabile della violazione si notifica appunto l’ingiunzione cui questi ha facoltà di opporsi, per dimostrare la propria estraneità alla violazione de qua.

Non ha quindi senso ipotizzare che la partecipazione al giudizio di altro soggetto, mai previamente raggiunto da ordinanza ingiunzione, possa valere a stabilirne la dedotta responsabilità.

L’opponente ha solo interesse ad affermare la propria estraneità personale alla violazione e a tali fini appare del tutto ultroneo che a quel processo prenda parte altro soggetto che mai potrebbe essere in quella sede perseguito.

Il motivo non può pertanto trovare accoglimento.

Con il secondo mezzo si lamenta violazione della L. n. 319 del 1976, artt. 6, 12, 13, 14, e 15, D.L. n. 544 del 1976, art. 1 quater e art. 144 della L. n. 1523 del 1967 e vizio di motivazione, in ordine alla qualificazione dello scarico in questione come civile.

Malgrado l’esteso richiamo alla normativa invocata, la doglianza si risolve nello stabilire se l’avvenuta qualificazione dell’insediamento de quo come civile, sia o meno corretta; orbene, tale valutazione, effettuata dagli ispettori incaricati, integra senza alcun dubbio una valutazione di merito sulla cui base si è ritenuta applicabile la sanzione amministrativa e non quella penale.

La censura investe quindi un profilo di merito, come tale insindacabile nella presente sede di legittimità e risulta pertanto inammissibile.

Con il terzo motivo, si lamenta violazione della L. n. 319 del 1976, art. 21, u.c. e art. 29 e vizio di motivazione relativamente alla avvenuta richiesta di autorizzazione ad alla successiva concessione della stessa, cosa questa che avrebbe , a norma del citato art. 21, u.c., eliso la responsabilità del B.. La censura viene prospettata per la prima volta nella presente sede e, come tale, è inammissibile, atteso che necessiterebbe di accertamenti in fatto, assolutamente incompatibili con la sede di legittimità.

E’ appena il caso di aggiungere che in sede di opposizione ad ingiunzione non possono essere proposti motivi che non siano stati prospettati ex professo nell’atto di opposizione, cosa questa che comporta un ulteriore motivo di inammissibilità del motivo in esame, dato che non risulta che tale censura sia stata proposta in sede di opposizione.

Con il quarto mezzo si lamenta violazione della L. n. 319 del 1976, artt. 6, 9, 13 e 14, L. n. 1523 del 1967, art. 144, e vizio di motivazione in ordine alla pretesa valenza, ai fini della sussistenza della violazione in questione, dell’autorizzazione ottenuta dal Consorzio all’allaccio alle condotte consortili. La tesi secondo cui l’autorizzazione consortile all’allaccio comprenderebbe quella di smaltire i rifiuti non ha alcun fondamento e confonde i fini istituzionali del Consorzio con quelli che sono i precisi compiti della P.A. in merito allo smaltimento dei rifiuti. L’autorizzazione allo smaltomento dei rifiuti avrebbe dovuto essere quindi richiesta dai singoli aderenti e non dal Consorzio, atteso che solo i responsabili delle singole entità erano in grado di valutare natura ed entità degli scarichi da effettuarsi e di comportarsi di conseguenza.

L’autorizzazione (del Consorzio) all’allaccio alle condotte consortili ha infatti finalità ed oggetto diversi da quelli richiesti dall’Autorità sanitaria e pertanto non può ovviare alla mancanza di quella prevista dalla L. n. 319 del 1976, art. 9. Il motivo non può pertanto trovare accoglimento.

Con il quinto mezzo si lamenta che, in asserita violazione della L. n. 689 del 1981, art. 4 e con motivazione carente, si sia escluso che potesse sussistere nella specie il requisito della buona fede.

Quanto detto a proposito del motivo precedente può essere utilmente richiamato anche a tale riguardo; infatti, è la norma di cui alla L. n. 319 del 1976, art. 9, penultimo comma, che chiaramente specifica l’oggetto dell’autorizzazione in questione, che non può essere in nessun caso ed in nessun modo confuso in buona fede con quello di cui all’atto di assenso rilasciato dal Consorzio.

Anche tale motivo deve esser pertanto respinto e, con esso, il ricorso.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in 6. 2.200,00 di cui Euro 2.000,00 per onorari, oltre agli accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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