Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
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Svolgimento del processo – Motivi della decisione
La ricorrente ha chiesto il condono edilizio ex l. 47/1985 per opere abusive realizzate nel 1979 e consistenti nell’ampliamento della sua casetta a fini igienico sanitari, nella parte retrostante e laterale, per una superficie complessiva netta pari a 39,80 mq ed una volumetria di metri cubi 89,97.
Il condono è stato denegato per il parere negativo ANAS.
Il ricorso si basa sui seguenti motivi:
Violazione di legge per erronea e falsa applicazione dell’art. 33, comm 1, lett d) della l 47/1985 in riferimento agli artt. 1 e seg. del DM 1.4.1968 n. 1404, nonché per violazione dell’art. 41, comma 4 quater, della l.r n. 52/1991. Motivazione erronea, incongrua e perplessa. Eccesso di potere sotto i concorrenti profili della falsità dei presupposti e del travisamento di fatto, con riferimento alla valutazione della normativa urbanistica e dei manufatti condonandi.
Si ricorda infatti che il diniego si basa sulle seguenti 4 ragioni:
1) esecuzione delle opere abusive su aree sottoposte a vincolo a protezione stradale dopo il 13 aprile 1968 (entrata in vigore del DM 1404/1968) e dopo l’entrata in vigore della l. 1150/1942.
2) Zona che all’epoca dell’esecuzione la variante di PRG in vigore indicava come zona C (di rispetto) inedificabile
3) Mancata indicazione nel PRG vigente della previsione ex art. 41 quater l.r. sull’ammissibilità dell’ampliamento una tantum per servizi igienico sanitari.
4) Disposto dell’art. 33 l. 47/85.
Al riguardo il ricorso contesta che l’intervento è conforme al PRGC vigente per quanto riguarda la zona ed il rispetto della distanza minima prescritta di m 10 dal ciglio della strada, sicchè a nulla rileverebbe la mancata conformità rispetto alla norma dell’epoca ed ormai non più in vigore, perché la legge sul condono non richiede il requisito della doppia conformità.
Il mancato richiamo dell’art. 41 quater l.r. 52/91 da parte del vigente PRGC non ne escluderebbe la diretta applicabilità in presenza dei presupposti di legge che, nel caso di specie, sussisterebbero perché l’intervento complessivo a)rientra nei previsti 150 mc complessivi, b) risponde a necessità di ordine igienicosanitario (ampliamento bagno WC e cucina e di un vano soggiorno altrimenti inabitabile per la sua angustia), c) interessa la sopraelevazione del manufatto preesistente per quanto riguarda il piano sottotetto e d) interessa, per bagno WC, cucina e atrio, la parte retrostante dell’edificio. Infine si sostiene che il principio generale di insanabilità affermato dall’art. 33 l. 47/85 sarebbe derogato dalla normativa speciale di cui al richiamato art. 41 comma 4 quater.
Si sono costituiti in giudizio il Comune di Trieste e l’ANAS spa controdeducendo per il rigetto del ricorso.
Dalla documentazione prodotta in atti dal Comune si evince che la strada statale per Basovizza è ubicata a sud ovest dell’edificio e che gli ampliamenti condonandi si sviluppano in parte proprio sul lato fronteggiante la strada per Basovizza (lato sud ovest della casa) ed in parte sul fianco nord ovest della casa, mentre non è stata ampliata la parte retrostante dell’edificio (nord est), in altre parole l’ampliamento si è sviluppato lungo il fronte strada e lungo il fianco sinistro della casa.
L’istruttoria comunale ha rivelato che l’opera, oggetto dell’istanza di condono edilizio, insiste nell’ambito della fascia di rispetto stradale della vicina S.S. 14 della Venezia Giulia, oltre che in zona di vincolo paesistico ed idrogeologico per cui, come richiesto dall’art. 32 della L. 28.2.1985, n. 47, venivano acquisiti i pareri delle autorità preposte alla tutela dei predetti vincoli.
Dato che l’autorità preposta alla tutela della fascia di rispetto stradale – l’Ente Nazionale per le strade – Compartimento della viabilità per il Friuli Venezia Giulia – con provvedimento di data 5.1.2004 sub prot. n. 00116 ha dichiarato di non poter esprimere parere favorevole in quanto l’opera abusiva non era suscettibile di sanatoria e che tale parere, oltre che obbligatorio è anche vincolante per l’Amministrazione, il Comune di Trieste, con atto di data 19.1.2004 prot. corr. SAIU C/8199/14, notificato il 27.1.2004, ha denegato la concessione edilizia in sanatoria.
Com’è noto, mentre l’art. 32 L. 47/1985 disciplina l’ipotesi di opere edilizie oggetto di istanza di condono edilizio realizzate su aree soggette a vincoli di inedificabilità relativa o a vincoli di inedificabilità assoluta, qualora le opere siano state realizzate prima dell’imposizione di quest’ultimo vincolo, il successivo art. 33 disciplina l’ipotesi di opere realizzate in contrasto con "ogni altro vincolo che comporti la inedificabilità delle aree" (lett. d) qualora il vincolo sia stato imposto prima dell’esecuzione delle opere stesse, prevedendo in tal caso che queste sono insuscettibili di sanatoria.
Nel caso di specie la realizzazione edilizia in questione è avvenuta all’interno della fascia di rispetto stradale (nello stesso parere ANAS, come riportato nello stesso ricorso, si attesta che "l’edificio originario risulta comunque a ml 3,30 dal confine stradale…") ed è stata eseguita nel 1979, come esplicitamente dichiarato dalla richiedente nei modelli ministeriali e nella relazione esplicativa, e cioè dopo l’entrata in vigore del DM 1.4.1968; pertanto, tenuto conto che per giurisprudenza assolutamente costante il vincolo di inedificabilità in zona di rispetto stradale è considerato un vincolo di inedificabilità assoluta (v. sul punto, tra le tante, C.d.S., Sez. IV, 5.7.2000, n. 3731; C.d.S., Sez. IV, 25.9.2002, n. 4927; C.d.S. 18.10.2002, n. 5716; T.A.R. EmiliaRomagna – Parma, Sez. I, 26.1.2006,, n. 22; T.A.R. Lazio – Latina, Sez. I, 16.2.2006, n. 151; T.A.R. Lazio – Latina, Sez. I, 19.12.2008, n. 1864, C.d.S., Sez. IV, 6.5.2010, n. 2644; T.A.R. FVG, 13.1.2011, n. 2) e che, nella fattispecie, per esplicita ammissione della richiedente, le opere abusive sono state realizzate nel 1979, quindi successivamente all’imposizione del predetto vincolo, risulta evidente che tali opere ricadono nella previsione dell’art. 33 L. 47/1985 e, come tali, sono insuscettibili di sanatoria.
Risulta pertanto del tutto legittimo, sotto questo aspetto, il presupposto e vincolante parere espresso dall’ANAS, emesso nel pieno rispetto della normativa in materia puntualmente richiamata ed evidenziata nella parte motiva del più volte citato parere.
Infondato anche quanto dedotto in relazione all’asserita mancata applicazione di quanto previsto dall’art. 41, comma 4 quater, dell’allora vigente L.R. 52/1991.
Com’è noto l’art. 41, rubricato "Deroghe", si inseriva nel Titolo IV della legge, contenente la disciplina della Pianificazione Territoriale Comunale, ed in particolare nel Capo I, relativo al Piano Regolatore Generale Comunale.
Il dato letterale di tale norma, unitamente ad un’interpretazione logicosistematica del complesso delle norme in materia, fanno ritenere che l’art. 41 contenga disposizioni destinate ai Comuni ai quali, in sede di redazione dei propri PRGC, veniva riconosciuta la possibilità di esercitare un certo margine di discrezionalità nel derogare ad alcuni principi ed alcune disposizioni e procedure contenute nei precedenti articoli; il mancato esercizio, da parte dei Comuni, in sede di elaborazione dei propri PRGC, di tale facoltà, ovvero dei poteri di deroga riconosciuti dall’art. 41, impedisce la diretta applicazione dello stesso articolo, con la conseguenza che la mancata previsione espressa in sede di PRGC dei casi di deroga comporta necessariamente ed obbligatoriamente l’applicazione della norma generale.
Nella fattispecie concreta, mancando nelle N.T.A. del P.R.G.C. del Comune di Trieste il recepimento espresso della disposizione di cui all’art. 41, comma 4 quater, della L. 52/1991, la stessa non era quindi immediatamente applicabile.
In ogni caso si tratterebbe di normativa che è anche inconferente perchè la ricorrente non ha dichiarato che l’ampliamento è avvenuto per necessità di ordine igienicosanitario; inoltre, come risulta evidente dalla documentazione in atti, l’ampliamento non ha interessato la parte retrostante dell’edificio rispetto all’asse viario o la sola sopraelevazione, per cui è evidente che si tratta di norma inapplicabile al caso di specie.
Dalle considerazioni che precedono si evince l’infondatezza del ricorso che deve essere respinto.
Le spese possono essere compensate tra le parti per giusti motivi.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
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