Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
1. La Corte di Appello di Ancona, con sentenza del 15 ottobre 2010, ha parzialmente confermato, riducendo la pena, la sentenza del Tribunale di Pesaro, Sezione Distaccata di Fano dell’8 giugno 2010 che aveva condannato M.V. per i delitti di atti persecutori, violenza privata e danneggiamento in danno della moglie M.M..
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del proprio difensore, lamentandone:
a) il difetto assoluto di motivazione a cagione della effettuata motivazione per relationem;
b) la illogicità della motivazione basandosi la condanna soltanto sulle dichiarazioni della parte lesa;
c) l’erronea quantificazione della pena e la mancata concessione della sospensione condizionale della pena.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è infondato e non merita accoglimento.
2. Quanto al primo motivo si osserva, nella pacifica giurisprudenza di legittimità (v. da ultimo Cass. Sez. 3^ 13 maggio 2010 n. 24252) come la motivazione per relationem sia ammissibile nell’ambito della mera ricostruzione del fatto, per le parti della sentenza non impugnate o in presenza di manifesta infondatezza o non specificità del motivo di appello.
Nella ipotesi (che è quella in esame), in cui l’imputato con precise considerazioni abbia svolto specifiche censure su uno o più punti della prima pronuncia, il Giudice di Appello non può limitarsi a richiamarla, ma deve rispondere alle singole doglianze prospettate.
Il che è quanto avvenuto nella specie (v. pagine 3-4 della motivazione) avendo la Corte territoriale, dopo aver richiamato e fatte proprie le motivazioni del Giudice di primo grado, risposto alle singole doglianze dell’impugnante.
3. Quanto al secondo motivo del ricorso, non si ravvisa alcuna manifesta illogicità nella motivazione del Giudice del merito, avendo, da un lato, il giudicante perfettamente risposto alle asserzioni defensionali dell’imputato ed avendo, d’altra parte, riscontrato la deposizione testimoniale della parte offesa secondo quanto imposto dalla costante giurisprudenza di legittimità sul punto (v. pagina 4 della motivazione e da ultimo Cass. Sez. 1^ 24 giugno 2010 n. 29372) con i successivi riscontri costituiti dagli accertamenti operati dalla Polizia Giudiziaria.
4. Ai limiti dell’inammissibilità si appalesano gli ulteriori motivi del ricorso, con riferimento alla quantificazione della pena e alla mancata concessione della sospensione condizionale della pena.
Quanto alla dosimetria della pena si osserva come l’imputato abbia addirittura ottenuto una riduzione della pena inflitta in prime cure, a cagione dell’esclusione della contestata aggravante per il reato di cui all’art. 612 bis c.p. e che la riduzione per l’applicazione delle attenuanti generiche è avvenuta nell’ambito della forbice consentita (in misura non eccedente un terzo ex art. 65 c.p.), non essendo imposta da nessuna norma di legge l’applicazione della diminuzione della pena nei limiti massimi consentiti.
Del pari, la Corte territoriale ha congruamente e logicamente motivato in merito alla mancata concessione della sospensione condizionale della pena sulla base del negativo giudizio prognostico nascente dalle "plurime, analoghe condotte" poste in essere dal condannato.
5. Il ricorso va, pertanto, rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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