Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 27-07-2011, n. 16448 Compensazione Obbligazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Roma, riformando parzialmente la statuizione di primo grado, per quanto ancora interessa in questa sede, dichiarava la illegittimità del comportamento dell’Inps che, dovendo recuperare parte della pensione di reversibilità, che era stata erroneamente integrata al minimo, aveva compensato questo suo credito con gli arretrati della pensione diretta di invalidità spettante a C.M.. Affermava la Corte territoriale che non erano provate le condizioni legittimanti la compensazione legale, e cioè l’omogeneità delle obbligazioni, la liquidità ed esigibilità di ciascun credito e la derivazione da titoli diversi. Inoltre, in relazione all’indebito previdenziale, il recupero è consentito solo mediante trattenute sulle pensioni, in via di compensazione, con il duplice limite che la somma trattenuta non superi un quinto della pensione e che sia fatto salvo il trattamento minimo. La Corte condannava quindi l’Inps ad erogare alla signora C. la somma di Euro 23.376,43 con interessi dalla domanda.

Avverso detta sentenza l’Inps ricorre con un motivo.

La parte privata e rimasta intimata.
Motivi della decisione

Rilevata preliminarmente la tempestività del ricorso in quanto consegnato all’ufficiale giudiziario per la notifica i 4 settembre 2007, mentre la sentenza era stata notificata il 6 luglio 2007, l’Inps, censurando la sentenza per violazione dell’art. 1241 cod. civ., si duole che la Corte territoriale non abbia applicato la cd. compensazione impropria, operando il conguaglio, e cioè portando l’importo già erogato per integrazione al minimo non dovuta sulla pensione di reversibilità, in detrazione da quanto calcolato come arretrati del trattamento diretto di invalidità.

Il ricorso non merita accoglimento.

E’ ben vero che tra diverse partite di dare e avere tra le stesse parti si tratta solo di operazione contabile per cui è consentita la detrazione dell’una somma dall’altra. Nella specie si verte però in materia previdenziale, e precisamente nell’ambito della ripetizione dell’indebito di trattamenti pensionistici, per il quale vige una legislazione speciale. Vige cioè la speciale regola di cui alla L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 262, non modificata dalla legislazione successiva per cui, nel caso di indebito pensionistico, "il recupero è effettuato mediante trattenuta diretta sulla pensione in misura non superiore ad un quinto. L’importo residuo è recuperato ratealmente senza interessi entro il lìmite di ventiquattro mesi.

Tale limite può essere superato al fine di garantire che la trattenuta di cui al presente comma non sia superiore al quinto della pensione".

La regola è quindi che il recupero dell’indebito è necessariamente rateale e si opera sulla medesima pensione in cui si è formato. Ne consegue che il recupero sulla integrazione al minimo indebitamente erogata doveva avvenire mediante trattenute sulla medesima pensione, nei limiti previsti dalla disposizione sopra riportata e non conguagliando l’indebito sugli arretrati della pensione diretta, di cui in tal modo è stata integralmente omessa l’erogazione. Si consideri inoltre che, ove la pensione diretta fosse stata regolarmente corrisposta alle scadenze previste, non si sarebbe formato l’arretrato e quindi il recupero si sarebbe operato, legittimamente, sulla pensione di reversibilità su cui l’indebito si era formato. In altri termini, l’Istituto non si può giovare del ritardo nell’erogazione ed avvalersi poi degli arretrati così formati per recuperare l’indebito afferente ad altra prestazione pensionistica.

E’ poi ben vero che con la sentenza n. 16349 del 24/07/2007 si è affermato che "qualora un soggetto abbia diritto alla pensione di inabilità ed all’indennità di accompagnamento e, nel contempo, sia debitore verso l’INPS, per i medesimi titoli, di somme indebitamente percepite, è ammissibile la cd. compensazione impropria, la quale presuppone, a differenza di quella propria, che i rispettivi crediti e debiti abbiano origine da un unico rapporto; in simile caso la valutazione delle reciproche pretese implica solo un accertamento contabile che il giudice può compiere senza che sia necessaria l’eccezione di parte o la proposizione di domanda riconvenzionale." Il caso riguardava però somme indebitamente percepite per indennità di accompagnamento, e quindi per prestazioni assistenziali, per cui non veniva in applicazione la citata disposizione di cui al comma 262, che vale solo per le prestazioni pensionistiche.

Il ricorso va quindi rigettato.

Nulla per le spese, non avendo la controparte svolto attività difensiva.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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