Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
1. Con ordinanza del 14.6.2010 il G.I.P. del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha respinto l’istanza proposta da S.G., intesa ad ottenere la restituzione nel termine per impugnare ai sensi dell’art. 175 c.p.p., adducendo in concreto la nullità della notifica del decreto penale di condanna.
2. Il Tribunale ha ritenuto che il decreto penale di condanna anzidetto fosse stato regolarmente notificato allo S. a mezzo del servizio postale, ai sensi della L. 20 novembre 1982, n. 890, art. 8, modificata dal D.L. 14 marzo 2005, n. 35, art. 2, in quanto l’agente postale non aveva potuto recapitare il piego per temporanea assenza del destinatario nel luogo della consegna e per mancanza di persone abilitate a ricevere detto piego in luogo del destinatario;
il piego pertanto in data 2.10.07 era stato depositato presso l’ufficio postale preposto alla consegna ed era stata data notizia al destinatario con lettera raccomandata con avviso di ricevimento del tentativo di notifica del piego e del suo deposito presso l’ufficio postale; l’atto da notificare era stato poi restituito dall’agente postale all’ufficio giudiziario mittente con la dicitura "atto non ritirato entro il termine dei 10 giorni", con l’indicazione della data dell’avvenuto deposito e della data di restituzione.
3. Avverso detto provvedimento propone ricorso per cassazione S.G. per il tramite del suo difensore, che ha dedotto violazione di legge e difetto di motivazione.
Ha rilevato che il decreto penale di condanna era stato notificato nei suoi confronti a mezzo del servizio postale senza che la procedura di notifica si fosse completata nei suoi confronti, in quanto, ai sensi dell’art. 157 c.p.p., comma 8, l’ufficiale giudiziario avrebbe dovuto dare comunicazione ad esso imputato dell’avvenuto deposito dell’atto presso la casa comunale a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento; e gli effetti della notificazione erano da ritenere decorrenti nei suoi confronti dal ricevimento di tale ultima raccomandata.
Nella specie in esame invece il giudice erroneamente aveva ritenuto che gli effetti del deposito degli atti nella casa comunale si fossero completati con l’invio della raccomandata e non con l’effettivo ricevimento della stessa da parte dell’imputato destinatario dell’atto.
Non era stato pertanto garantita nei suoi confronti la conoscenza effettiva dell’atto da notificare, si che era applicabile ala specie la norma di cui all’art. 460 c.p.p., comma 4, secondo cui, se non fosse stato possibile eseguire la notifica per irreperibilità dell’imputato, il giudice era tenuto a revocare il decreto penale ed a restituire gli atti al P.M..
Motivi della decisione
1. Il ricorso proposto da S.G. è fondato.
2. La notifica del decreto penale di condanna è avvenuto nei confronti del ricorrente non ai sensi dell’art. 157 c.p.p. e cioè mediante consegna diretta dell’atto all’imputato da parte dell’ufficiale giudiziario; ed è da ritenere che solo con tale tipo di notifica è richiesto che l’ufficiale giudiziario, dopo il deposito dell’atto nella casa comunale dove l’imputato ha l’abitazione, dia comunicazione all’imputato dell’avvenuto deposito a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento; e che, inoltre, solo in tale ipotesi l’art. 157 c.p.p., comma 8 stabilisce che "gli effetti della notificazione decorrono dal ricevimento della raccomandata". 3. Nella specie in esame la notifica del decreto penale ha invece avuto luogo nei confronti del ricorrente con le modalità previste dall’art. 170 c.p.p., e cioè a mezzo del servizio postale.
Alla specie in esame sono pertanto applicabili le diverse formalità previste dalla L. 20 novembre 1982, n. 890, art. 8 comma 2, alla stregua del quale, se l’agente postale non può recapitare il piego per temporanea assenza del destinatario o per mancanza, inidoneità od assenza di persone diverse dal destinatario medesimo, il piego viene depositato il giorno stesso presso l’ufficio postale che ha curato la consegna; e del tentativo di notifica del piego è data notizia al destinatario, a cura dell’agente postale preposto alla consegna, mediante avviso in busta chiusa a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, con espresso avviso al destinatario di ritirare il piego a lui destinato entro il termine massimo di mesi sei e con l’avvertimento, inoltre, che la notificazione si ha comunque per eseguita trascorsi dieci giorni dalla data del deposito del piego.
4. Nella specie risultano essere state eseguite tutte le formalità innanzi descritte, fra le quali l’avvenuta restituzione dell’avviso di ricevimento all’ufficio mittente, con l’annotazione, in calce, della data dell’avvenuto deposito e dei motivi che l’avevano determinato; dell’indicazione "atto non ritirato entro il termine di dieci giorni"; nonchè della data di restituzione.
5. Alla stregua delle disposizioni contenute nella L. n. 890 del 1982, art. 8, comma 2, la decorrenza dei 10 giorni, trascorsi i quali la notifica si ha per avvenuta, è fissata non con riferimento all’avvenuta ricezione, da parte del destinatario della lettera raccomandata, con la quale il destinatario medesimo viene informato delle attività svolte dall’agente postale, ma dalla data d’invio di detta lettera raccomandata; e dall’avviso di ricevimento in atti emerge la scritta "spedita comunicazione di avvenuto deposito"; dal che può desumersi che, nella specie, tutte le formalità previste dalla normativa anzidetta in materia di notificazione a mezzo posta, sono state osservate.
6. Tuttavia, nonostante l’accertata ritualità della notifica del decreto anzidetto, va rilevato che, alla stregua della prevalente giurisprudenza di legittimità, è illegittimo il provvedimento di rigetto di un’istanza di restituzione nel termine per proporre opposizione a decreto penale di condanna fondato sul mero rilievo della regolarità formale della notificazione del decreto medesimo, in quanto detta notifica, se non effettuata, come nel caso in esame, a mani del condannato, non può essere di per sè sola ritenuta prova dell’effettiva conoscenza dell’atto da parte del destinatario, anche perchè quest’ultimo ha negato, nella specie, di averla mai ricevuta ed ha dedotto motivi a sostegno che, seppure rivelatisi infondati in punto di diritto, non sono idonei ad escludere che l’atto non sia stato effettivamente mai conosciuto dal destinatario.
7. Orbene, premesso che correttamente è stato ritenuto che l’istanza del condannato, formalmente proposta quale richiesta di restituzione in termini, conteneva anche una sollecitazione a verificare la validità del titolo esecutivo, il giudice dell’esecuzione non poteva arrestarsi all’esame delle deduzioni pregiudiziali, afferenti la formazione del titolo, ma doveva altresì esaminare la prospettazione relativa alla mancanza di effettiva conoscenza dello stesso. Il rapporto esistente tra l’incidente d’esecuzione volto a far dichiarare la non esecutività del titolo e la domanda di restituzione nel termine ai sensi dell’art. 175 c.p.p., comma 2 è difatti il seguente: ai sensi dell’art. 670 c.p.p. la declaratoria di non esecutività trova la necessaria premessa nel difetto di conoscenza legale del provvedimento; la restituzione nel termine presuppone invece che il procedimento che deve assicurare la conoscenza legale sia valido, ma vi sia divergenza tra conoscenza legale e conoscenza effettiva della decisione (Sez. 3, 21.12.2004, Baladi, rv. 230819; Sez. 1, 26.3.2003, Spina, rv. 224801).
Sicchè l’istanza formulata ai sensi dell’art. 175 c.p.p. è logicamente subordinata all’accertamento della validità del titolo esecutivo, nel senso che può esservi decisione sulla restituzione in termine solo nel caso di rigetto della questione sulla non esecutività del titolo (Sez. 1, n. 15526 del 7.4.2006, Brancaccio;
Sez. 1, n. 11606, 15.3.2006, Francucci), e deve essere autonomamente esaminata. Nè una valutazione in proposito può ritenersi implicita nell’accertamento della ritualità della notificazione, tanto più se avvenuta, come nel caso in esame, mediante compiuta giacenza.
Il D.L. 21 febbraio 2005, n. 17, convertito, con modificazioni, nella L. 22 aprile 2005, n. 60, modificando l’art. 175 c.p.p. alla luce del "comando di legislazione" impartito dalla CEDU con la sentenza Sejdovic allo Stato italiano, ha sostituito alla prova della non conoscenza del procedimento – che in precedenza doveva essere fornita dal condannato – una sorta di presunzione iuris tantum di non conoscenza (cfr. Cass Sez. 6, sentenza n. 23549 del 09/05/2006, Kera), ponendo in tal modo "a carico" del giudice l’onere di reperire negli atti l’eventuale dimostrazione del contrario (in tal senso, sostanzialmente: Cass. Sez. 1, 21.2.2006, Halilovic, rv. 233515;
Cass. Sez. 1, 2.2.2006, Russo, rv. 233137) ovvero, più in generale, l’onere di accertare se il condannato avesse avuto effettivamente conoscenza del procedimento o del provvedimento e avesse volontariamente e consapevolmente rinunziato a comparire o a proporre impugnazione (tra molte: Cass. sez. 1, 6.4.2006, Latovic; Cass. sez. 3, n. 17761 del 12.4.2006, Ricci; Cass. sez. 2, n. 15903 del 14/02/2006, Ahemed). Su tali aspetti l’ordinanza impugnata non ha invece in alcun modo motivato.
8. Da quanto sopra consegue l’annullamento dell’impugnata ordinanza, con rimessione degli atti al G.I.P. del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere in diversa composizione (cfr. art. 34 c.p.p.), affinchè, in piena autonomia di giudizio, esamini nuovamente l’istanza proposta dal ricorrente, tenendo presenti i principi di diritto sopra evidenziati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al G.I.P. del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere.
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