Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 13-04-2011) 29-04-2011, n. 16725 Archiviazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con decreto in data 12 maggio 2010, il G.I.P. di Pescara disponeva l’archiviazione di un procedimento penale, instaurato a seguito di querela di D.F.A., per il reato di diffamazione in danno di quest’ultima, previa declaratoria dell’inammissibilità dell’opposizione dalla stessa proposta alla richiesta del Pubblico Ministero.

Il provvedimento era fondato sulla ritenuta superfluità dell’investigazione suppletiva richiesta, relativa all’assunzione a sommarie informazioni dell’indagato, il quale, per la sua posizione processuale, non avrebbe avuto alcun obbligo di rispondere nè di dire il vero, nonchè sulla infondatezza della notizia di reato.

Avverso tale provvedimento la D.F. proponeva ricorso per cassazione.

Con un unico motivo di ricorso deduceva la violazione dell’art. 410 c.p.p., in quanto il provvedimento de plano era stato adottato in mancanza delle condizioni di legge, individuate nella omessa indicazione dell’oggetto dell’investigazione e l’infondatezza della notizia di reato, mentre il G.I.P. aveva fondato la propria decisione sull’inutilità della prova richiesta, nonostante l’audizione dell’indagato, che avrebbe potuto sfociare anche nella confessione, avrebbe potuto giustificare anche l’esercizio dell’azione penale, ad esempio in caso di palese divergenza tra le sue dichiarazioni e quelle della persona offesa.

L’inammissibilità dell’opposizione sulla base di una valutazione prognostica negativa dell’esito della prova indicata, concludeva, si poneva al di fuori del sistema processuale e imponeva l’annullamento del provvedimento impugnato.

Insisteva, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

L’art. 410 c.p.p. stabilisce che con l’opposizione alla richiesta di archiviazione la persona offesa dal reato chiede la prosecuzione delle indagini preliminari indicando, a pena di inammissibilità, l’oggetto della investigazione suppletiva e i relativi elementi di prova.

Se l’opposizione è inammissibile e la notizia di reato è infondata, il giudice dispone l’archiviazione con decreto motivato e restituisce gli atti al pubblico ministero.

I requisiti richiesti per il provvedimento de plano sono dunque, come indicato in ricorso, la mancata indicazione dell’oggetto dell’investigazione suppletiva e l’infondatezza della notizia di reato.

Sul tema la giurisprudenza di questa Corte, che il Collegio condivide, ha più volte specificato che l’inammissibilità dell’opposizione si verifica anche nel caso in cui l’indicazione delle ulteriori investigazioni sia meramente formale, risolvendosi nella proposizione di temi d’indagine e di mezzi di prova chiaramente superflui, non pertinenti o irrilevanti, nonchè nei casi di ritenuta inutilità delle indagini richieste o, ancora, quando gli elementi di prova proposti siano privi dei necessari caratteri di specificità e concretezza (Sez. 5, n. 21939, 8 giugno 2010; Sez. 5, n. 21929, 8 giugno 2010; Sez. 6, n. 13458, 31 marzo 2008; Sez. 6, n. 19618, 28 aprile 2004; Sez. 4, n. 17597, 16 aprile 2004).

La ritenuta irrilevanza della proposta di investigazione suppletiva deve riguardare non tanto il profilo prognostico del suo possibile esito, quanto piuttosto il difetto di incidenza concreta sulle risultanze dell’attività compiuta nel corso delle indagini preliminari ed implica inoltre l’impossibilità, per il giudice di legittimità, di sindacare la valutazione di merito di infondatezza della notizia di reato svolta dal G.I.P. (Sez. 1, n. 23687,18 giugno 2010; Sez. 5, n. 11524,16 marzo 2007).

Nella fattispecie, contrariamente a quanto affermato in ricorso, dal tenore del provvedimento impugnato emerge chiaramente che il G.I.P. ha correttamente effettuato un giudizio di pertinenza degli atti di indagine richiesti, evidenziando la superfluità della richiesta di assunzione di informazioni dall’indagato senza formulare alcun giudizio prognostico circa l’esito delle investigazioni, limitandosi a chiarire che la prova richiesta non avrebbe apportato alcun concreto contributo per la verifica dei presupposti per l’esercizio dell’azione penale.

Il riferimento alla superfluità della prova richiesta ed a quello che poteva essere l’esito dell’interrogatorio con il richiamo alla facoltà di non rispondere e alla mancanza di obbligo di dire il vero non può, inoltre, essere estrapolato dal contesto della motivazione e va comunque considerato anche con riferimento al reato oggetto del procedimento ed all’ambito entro il quale lo stesso si sarebbe consumato.

Nella fattispecie, la denuncia della ricorrente riguardava il reato di diffamazione asseritamente commesso dall’amministratore del suo condominio il quale, sentito dalla polizia giudiziaria in altro procedimento penale, aveva dichiarato a verbale che il condominio vantava crediti non riscossi nei suoi confronti, mentre la querelante aveva comunicato di non voler partecipare alle spese relative alla trasformazione dell’impianto di riscaldamento da centralizzato ad autonomo.

A fronte di tale tema di indagine appare evidente che la valutazione del G.I.P. non riguardava l’esito della prova eventualmente assunta quanto, piuttosto, la sua pertinenza e rilevanza ai fini dell’incolpazione.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato con le consequenziali statuizioni indicate in dispositivo.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente la pagamento delle spese del procedimento.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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