Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
1. Il ricorrente, sig. G.S., impugna con l’atto introduttivo del giudizio il provvedimento del Questore di Firenze n. 3584 del 19 febbraio 2009, con cui è stata respinta la sua istanza di rinnovo della licenza di porto di fucile per uso caccia, poiché a carico del richiedente erano emersi elementi che portavano ad escludere la sussistenza, in capo al medesimo, dei requisiti della buona condotta e della sicura affidabilità di buon comportamento e buon uso delle armi.
1.1. In particolare, dal provvedimento gravato si deduce che a carico del sig. S. sono risultati: una denuncia in data 2 novembre 2001 per violazione degli artt. 20 e 20bis della l. n. 110/1975, omessa custodia di armi (fucile trovato in possesso di persona gravata da divieto ex art. 39 del T.U.L.P.S. di detenzione di armi e munizioni); un provvedimento di sospensione per quattro mesi della licenza di porto di fucile, per aver esercitato la caccia in periodo di divieto, con mezzi vietati e su animale non cacciabile, nonché per omessa custodia di arma; una segnalazione per un’ulteriore violazione delle norme in materia di attività venatoria, per essere stato trovato con il fucile carico ad una distanza di mt. 31 dalla strada comunale e non aver segnato la giornata di caccia sul tesserino regionale.
1.2. A supporto del gravame, con il quale ha chiesto l’annullamento previa sospensione del diniego gravato, il sig. S. ha dedotto le seguenti censure:
– eccesso di potere per travisamento ed erronea valutazione di fatti, poiché da un lato l’episodio del 2001 (per cui non sarebbe pendente alcun procedimento penale a carico dell’interessato, né questi avrebbe subito alcuna condanna) si sostanzierebbe nell’aver il ricorrente affidato per un brevissimo lasso di tempo il fucile ad un amico, con cui si accompagnava, ignorando che quest’ultimo era stato colpito da divieto di detenzione di armi. Ed è in conseguenza di questo episodio – e non del preteso esercizio della caccia in periodo di divieto, con mezzi vietati e su animale non cacciabile (episodio di cui il ricorrente contesta la veridicità) – che al sig. S. sarebbe stata sospesa la licenza per n. 4 mesi: di qui l’illegittimità dell’indicazione di tale elemento a fondamento del diniego gravato, sia in quanto già ritenuto non abbastanza grave da ostare al rinnovo della licenza, sia per violazione del ne bis in idem. Quanto alle violazioni amministrative commesse il 13 ottobre 2004, esse hanno formato oggetto di oblazione e, comunque, sarebbero tali da non giustificare nemmeno la sospensione della licenza (e neppure in caso di recidiva);
– violazione dell’art. 3 della l. n. 241/1990, carenza e/o contraddittorietà della motivazione, poiché il primo episodio addotto dalla P.A. a fondamento del diniego impugnato sarebbe già stato sanzionato con la sola sospensione e non potrebbe, trascorsi otto anni e dopo un ulteriore rinnovo della licenza, esser indicato a giustificazione del diniego gravato, neppure se considerato alla luce delle violazioni amministrative dell’ottobre 2004, attesa la natura lieve delle stesse (dimostrata dal fatto che per esse non è prevista nemmeno la sospensione);
– eccesso di potere per illogicità manifesta, in quanto, da un lato, l’episodio del 2001 non era stato ritenuto tale da comportare un giudizio di inaffidabilità, avendo esso cagionato solo la sospensione della licenza e non avendo ostacolato il rinnovo di questa decorso il periodo di sospensione; d’altro lato, sarebbe aberrante punire oggi con il diniego di rinnovo le violazioni amministrative del 2004, trattandosi di comportamenti per i quali la normativa in materia di attività venatoria non commina nemmeno la sospensione della licenza;
– eccesso di potere per contraddittorietà tra più atti della stessa Amministrazione, perché il diniego impugnato si porrebbe in contraddizione con le precedenti determinazioni della stessa P.A., la quale (come detto) al termine del periodo di sospensione aveva accolto l’istanza di rinnovo della licenza, non potendosi (onde spiegare tale contrasto) dare alcun rilievo ai due ulteriori illeciti amministrativi del 2004.
2. Si sono costituiti il Ministero dell’Interno e la Questura di Firenze, con atto di mera costituzione formale.
2.1. Nella Camera di consiglio del 4 giugno 2009, con ordinanza n. 93/09 il Collegio ha disposto incombente istruttorio, ordinando alla P.A. intimata il deposito di un rapporto sui fatti di causa, con copia del fascicolo del relativo procedimento.
2.2. L’Amministrazione ha ottemperato, depositando la richiesta documentazione in data 9 giugno 2009.
2.3. Nella Camera di consiglio del 2 luglio 2009 il Collegio, considerato ad un sommario esame che il ricorso si presentava fornito di fumus boni juris, per avere la P.A. valutato due volte un medesimo fatto ascrivibile al sig. S. (l’omessa custodia dell’arma di proprietà, da cui scaturì sia la denuncia per violazione della l. n. 110/1975, sia la sospensione della licenza di porto di fucile), duplicando in tal maniera il valore negativo attribuibile ad un unico episodio, con ordinanza n. 536/09 ha accolto l’istanza cautelare ai fini di un riesame della pratica, che tenesse conto dell’unicità dell’episodio ora menzionato.
3. Con motivi aggiunti depositati il 5 ottobre 2009 il sig. S. ha impugnato il decreto del Questore di Firenze n. 3711 del 20 agosto 2009, emanato in ottemperanza alla suindicata ordinanza di questo Tribunale n. 536/09 e con cui è stata nuovamente respinta l’istanza di rinnovo della licenza di porto di fucile per uso caccia, dal ricorrente stesso presentata.
3.1. A supporto dei motivi aggiunti, con i quali ha chiesto l’annullamento, previa sospensione, del diniego gravato, il sig. S. ha dedotto le seguenti censure:
– eccesso di potere per travisamento ed erronea valutazione di fatti, perché il provvedimento gravato sarebbe affetto dai medesimi vizi dedotti con il primo motivo del ricorso originario (basandosi sugli stessi presupposti del provvedimento con questo impugnato), con in più la menzione di segnalazioni risalenti al 1985, per ciò stesso totalmente inidonee a giustificare il diniego di rinnovo (non essendo state nemmeno considerate nel precedente diniego);
– violazione dell’art. 3 della l. n. 241/1990, carenza e/o contraddittorietà della motivazione, giacché l’aggiunta della segnalazione del 25 marzo 1985 anzitutto non preciserebbe a quale violazione della legge sulla caccia si riferisca ed in ogni caso riguarderebbe un episodio risalente a ben ventiquattro anni fa;
– eccesso di potere per illogicità manifesta, in quanto il diniego gravato avrebbe, in sostanza, creato una sanzione ad hoc per il ricorrente, andando al di là delle previsioni legislative;
– eccesso di potere per contraddittorietà tra più atti della stessa Amministrazione, giacché sarebbe contraddittorio sia l’aver valutato negativamente l’episodio del 2001 (che non fu ritenuto nel 2002 ostativo al rinnovo della licenza), sia l’aver menzionato il remoto episodio del 1985 (in precedenza, mai preso in considerazione).
3.2. Il ricorrente ha chiesto, altresì, il risarcimento del danno, che ha quantificato in un importo non inferiore ad Euro 5.000,00.
3.3. Nella Camera di consiglio del 14 ottobre 2009 il Collegio, considerata la sussistenza del fumus boni juris, per avere la P.A. giustificato il diniego impugnato con i motivi aggiunti, adducendo una segnalazione inidonea a supportare il giudizio di inaffidabilità nell’uso delle armi, perché generica e comunque relativa ad un episodio risalente nel tempo, con ordinanza n. 798/09 ha accolto l’istanza di sospensione del predetto diniego.
3.4. Con documentazione depositata il 2 novembre 2009 la Questura di Firenze ha formulato nuove controdeduzioni a difesa del proprio operato. Dal canto suo il sig. S. ha depositato una memoria conclusiva, insistendo nelle conclusioni già rassegnate ed osservando come il rinnovo della licenza adottato dalla P.A. a seguito della succitata ordinanza cautelare n. 798/09 sia stato emanato solo per compulsum e non abbia, perciò, determinato il venir meno della materia del contendere.
3.5. All’udienza pubblica del 3 febbraio 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.
4. In via preliminare, deve escludersi che nella vicenda in esame si sia verificata la cessazione della materia del contendere per effetto del provvedimento di rinnovo della licenza di porto di fucile che la P.A. avrebbe adottato in esecuzione dell’ordinanza cautelare n. 798/09 (non versato in atti dalle parti). Nemmeno si potrebbe sostenere che il ricorso originario sia divenuto improcedibile, per essere stato il diniego con esso impugnato sostituito dal (nuovo) diniego, emanato dalla P.A. in esecuzione dell’ordinanza cautelare n. 536/09 e gravato con i motivi aggiunti. La giurisprudenza ha, infatti, precisato che, nel caso in cui il giudice amministrativo abbia sospeso in via cautelare gli effetti di un diniego e la P.A. abbia confermato il provvedimento negativo, o abbia emanato un atto consequenziale che si adegui al contenuto dell’ordinanza cautelare, non può in alcun modo esser configurata l’improcedibilità del ricorso, ovvero la cessazione della materia del contendere (rispettivamente, se il successivo atto sia sfavorevole o favorevole al ricorrente), salvo particolari disposizioni di legge. Ciò, perché sul piano sostanziale, l’adozione non spontanea del provvedimento consequenziale, con cui la P.A. si limita a dare esecuzione all’ordinanza di sospensione degli effetti di un diniego, non comporta la revoca del precedente provvedimento sospeso ed ha una rilevanza solo provvisoria, in attesa che la sentenza di merito accerti se il provvedimento sospeso sia o meno legittimo (cfr. C.d.S., Sez. V, 9 giugno 2008, n. 2838).
4.1. Nel merito, sia il ricorso originario, sia quello per motivi aggiunti sono fondati e suscettibili di condivisione, nei limiti di seguito indicati.
4.2. Nello specifico, quanto al ricorso originario, è fondato il primo motivo con esso dedotto, nella parte in cui è rivolto a sottolineare il travisamento e l’erronea valutazione dei fatti da cui è affetto il diniego impugnato, lì dove quest’ultimo configura il precedente provvedimento di sospensione della licenza di porto di fucile (emesso a carico del ricorrente in data 4 febbraio 2002) quale sanzione per più infrazioni ascrivibili al predetto ricorrente e cioè: a) per aver egli esercitato la caccia in periodo di divieto, con mezzi vietati e su animale non cacciabile e b) per violazione dell’obbligo di custodia delle armi. Dalla documentazione acquisita in esito all’istruttoria disposta dal Collegio (cfr. doc. 2 depositato dalla P.A. il 9 giugno 2009) è emerso, invece, che la sospensione de qua è stata irrogata al sig. S. in relazione esclusivamente al deferimento di questi alla competente autorità giudiziaria ex artt. 20 e 20bis della l. n. 110/1975 per abbandono di armi ed omessa custodia. Secondo quanto si legge nel provvedimento di sospensione, infatti, il comportamento sanzionato è (soltanto) quello consistente nell’omessa custodia dell’arma di proprietà, risultata, di fatto, abbandonata in mezzo al bosco, presumibilmente al fine di eludere il controllo della P.S. dopo avere ceduto l’arma a persona non autorizzata. Il provvedimento di sospensione, invece, non reca alcuna menzione della (pretesa) condotta consistente nell’esercizio della caccia in periodo di divieto, con mezzi vietati e su animale non cacciabile. Anche il rapporto della Legione Carabinieri di Toscana – Stazione di Montespertoli n. 551/1 del 2 novembre 2001, versato in atti, menziona esclusivamente l’affidamento del fucile, da parte del sig. S., a persona colpita da divieto di detenzione delle armi ed il successivo abbandono del fucile stesso nei campi al fine di eludere i controlli, senza indicare le altre condotte pure assunte dal provvedimento qui impugnato a fondamento del diniego in esso contenuto.
4.3. Da quanto sin qui detto discende che l’impugnato diniego di rinnovo è illegittimo, per aver esso travisato i fatti che condussero la P.A. ad adottare, nel 2002, il provvedimento di sospensione della licenza, tramite la considerazione di ulteriori condotte – non comprovate – in aggiunta a quelle già sanzionate con la citata sospensione. In tal modo, la P.A. ha ingiustificatamente aggravato la portata dell’episodio descritto nel summenzionato rapporto della Legione Carabinieri di Toscana – Stazione di Montespertoli n. 551/1 del 2 novembre 2001. Chiarissima è, quindi, nel caso di specie la presenza di quella figura sintomatica dell’eccesso di potere costituita dal travisamento dei fatti, inteso nel suo significato classico di vizio che colpisce il provvedimento adottato sul presupposto dell’esistenza di fatti in realtà inesistenti (cfr., ex multis, C.d.S., Sez. VI, 13 giugno 1995, n. 567).
4.4. Il suesposto travisamento ha ingenerato un ulteriore profilo di illegittimità del diniego gravato, consistente nella duplicazione del valore negativo attribuito all’episodio del 2001 surriferito. Infatti, nell’adottare il diniego stesso, la P.A. ha considerato due volte un medesimo fatto ascrivibile al sig. S. e cioè l’omessa custodia dell’arma di proprietà, da cui era derivata a suo carico sia la denuncia penale per violazione della l. n. 110/1975, sia, sul piano amministrativo, la sospensione per quattro mesi della licenza di porto di fucile. Ciò si desume dal fatto che in una delle premesse del diniego è menzionata la denuncia per violazione degli artt. 20 e 20bis della l. n. 110 cit., mentre la premessa successiva indica la sospensione della licenza, ricollegandola, tuttavia, non soltanto alla violazione (omessa custodia di arma) per cui era intervenuta la denuncia in parola, ma anche a quelle ulteriori violazioni della normativa venatoria (esercizio della caccia in periodo di divieto, con mezzi vietati e su animale non cacciabile) che però, come visto nei paragrafi precedenti, non risultano comprovate. All’erronea duplicazione delle condotte è, cioè, conseguita l’illegittima duplicazione (o comunque aggravamento) del disvalore dell’episodio: anche per tal verso è, quindi, fondato il motivo in esame (il primo del ricorso originario).
4.5. Non possono essere, invece, condivise le ulteriori doglianze contenute nell’atto introduttivo del giudizio, perché è evidente che la P.A., in linea di principio, avrebbe ben potuto valutare l’episodio del 2001 unitamente alle violazioni amministrative del 13 ottobre 2004, e dedurre dal complesso di tali vicende un giudizio di inaffidabilità dell’odierno ricorrente (purché motivando adeguatamente). Una simile valutazione di per sé non avrebbe implicato, in astratto, una contraddittorietà rispetto al precedente rinnovo della licenza, intervenuto nel 2002 (dunque dopo l’episodio del 2001, ma prima degli illeciti del 2004), né un giudizio troppo rigoroso e, per conseguenza, sproporzionato, dei vari episodi, poiché questi sarebbero stati considerati – si ribadisce – nel loro complesso, sommandone il disvalore, e non ciascuno isolatamente preso. Ciò spiega anche perché non vi sarebbe stata nessuna violazione del ne bis in idem rispetto all’episodio del 2001, già sanzionato con la sospensione della licenza, in quanto lo stesso sarebbe stato considerato solo unitamente agli altri elementi a carico del sig. S.. Altra è la ragione dell’illegittimità del diniego gravato e precisamente la circostanza che la P.A., a fondamento del proprio giudizio negativo, abbia posto, oltre alle lievi violazioni del 2004, l’episodio del 2001, non per come effettivamente verificatosi, ma travisandolo e fraintendendone il contenuto, finendo, così, per aggravarne ingiustificatamente la portata in termini di disvalore (il che significa pure, per implicito, che la vicenda del 2001, se intesa nella sua esatta dimensione fattuale, non è idonea a supportare il giudizio di inaffidabilità). Se ne desume che, mentre è fondato il primo, sono, invece, infondati gli altri motivi del ricorso originario (secondo, terzo e quarto).
5. Venendo all’esame dei motivi aggiunti, va sottolineato che il nuovo diniego con essi impugnato – adottato dalla P.A. in (pretesa) esecuzione dell’ordinanza cautelare n. 536/09, che aveva disposto il riesame della pratica – adduce a proprio sostegno un unico elemento nuovo, ravvisato nell’esistenza a carico dell’interessato di una segnalazione del 25 marzo 1985, del Comando Stazione Carabinieri di Capraia e Limite, avente ad oggetto una denuncia per violazioni della legge sulla caccia. È, però, palese l’inidoneità di detto elemento a supportare il provvedimento gravato – pur nell’ambito di una valutazione di insieme di tutti gli elementi a disposizione della P.A. per esprimere il giudizio sulla personalità del sig. S. ai fini che qui rilevano (provata buona condotta e sicura affidabilità di buon comportamento, di rispetto delle leggi e di buon uso delle armi) – sotto più aspetti, che di seguito si espongono.
5.1. Per un primo verso, la menzione della segnalazione del 25 marzo 1985 è totalmente generica, in quanto fa riferimento ad una mera denuncia, senza riportare l’esito della stessa e, soprattutto, senza precisare le violazioni della normativa venatoria oggetto della predetta denuncia (di cui, perciò, non è dato apprezzare il "peso" ai fini del giudizio complessivo di disvalore). In secondo luogo, si tratta di segnalazione relativa ad un episodio risalente nel tempo. Si rammenta, sul punto, che secondo la giurisprudenza più avvertita (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 29 maggio 2009, n. 3879), il giudizio prognostico che la P.A. esegue ai fini del rilascio o meno della licenza di porto d’armi deve tenere conto del tempo trascorso e valutare tutti gli elementi a carico dell’interessato che presentino interesse e rilevanza attuali: attualità che, certo, non può rinvenirsi in una segnalazione del 1985, di ventiquattro anni anteriore al diniego gravato e che, a sua volta, è relativa ad una denuncia ancor più risalente. Per siffatte ragioni risultano, quindi, fondati i primi tre motivi formulati con il ricorso per motivi aggiunti. Ma l’inidoneità della segnalazione de qua a supportare il diniego gravato si coglie, massimamente, nella contraddittorietà in cui è incorsa la P.A. nel considerarla soltanto ora, quando invece non ne ha mai tenuto conto prima, neppure nell’adottare il provvedimento impugnato con il ricorso originario. Se ne deduce che è fondato anche il quarto ed ultimo dei motivi aggiunti, lì dove lamenta il vizio di eccesso di potere per contraddittorietà da cui è affetto il diniego impugnato con i predetti motivi aggiunti (vizio che, secondo la costante giurisprudenza, si rinviene in presenza di un provvedimento che evidenzi contraddizioni od incongruenze rispetto a precedenti valutazioni della stessa Autorità emanante, o di manifestazioni di volontà che si pongano in contrasto fra di loro: cfr., ex multis, T.A.R. Campania, Napoli, Sez. IV, 4 novembre 2010, n. 22679).
6. In definitiva, sia il ricorso originario, sia quello per motivi aggiunti sono fondati e devono essere accolti, dovendosi pronunciare, per l’effetto, l’annullamento degli atti con essi gravati.
6.1. Deve essere, invece, respinta la domanda di risarcimento dei danni formulata dall’interessato in sede di ricorso per motivi aggiunti, in quanto rimasta totalmente sfornita di apparato probatorio. Sul punto è necessario richiamare il costante orientamento giurisprudenziale secondo cui, in materia di risarcimento del danno, vertendosi in tema di diritti soggettivi, trova piena applicazione il principio dell’onere della prova, e non, invece, l’onere del principio di prova che, almeno tendenzialmente, si applica in tema di interessi legittimi (cfr., ex multis, C.d.S., Sez. VI, 23 marzo 2009, n. 1716).
7. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana – Sezione Seconda – così definitivamente pronunciando sul ricorso originario e su quello per motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li accoglie e, per l’effetto, annulla gli atti con gli stessi impugnati.
Respinge la domanda di risarcimento dei danni.
Condanna l’Amministrazione intimata al pagamento, in favore del ricorrente, di spese ed onorari di causa, che in via forfettaria liquida in complessivi Euro 3.000,00 (tremila/00), più gli accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
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