Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
1. – La sentenza impugnata così riassume la vicenda processuale "Con atto di citazione notificato il 02.08.1999 D.L. conveniva in giudizio la germana I. esponendo di essere proprietario di un ripostiglio posto sotto la scala che va dal primo al secondo piano del fabbricato sito in (OMISSIS), pertinenza di un suo appartamento. L’attore aggiungeva che in tale vano era impiantata la centralina termica che alimentava le unità immobiliari site al secondo piano di proprietà della convenuta, pur se il relativo impianto da tempo era inutilizzato, di talchè chiedeva la condanna della controparte al rilascio dell’immobile, previa asportazione di quanto installato nel predetto locale, nonchè al risarcimento dei danni conseguenti al mancato utilizzo del bene ed alla rifusione delle spese giudiziali. Nel costituirsi in giudizio, D.I. si opponeva all’accoglimento dell’avversa domanda deducendo di essere proprietaria esclusiva del vano in argomento, giusta atto di donazione di C.A. per notaio Albanese n. 3798 del 29.01.1951, trascritto antecedentemente rispetto al titolo vantato dall’attore; in ogni caso eccepiva l’intervenuta usucapione dell’immobile, mai posseduto dal D.L. e dal 1957 destinato a centrale termica posta al servizio degli appartamenti di sua proprietà. In ragione di ciò la convenuta chiedeva il rigetto della domanda con condanna della controparte alla rifusione delle spese processuali. La causa, documentalmente istruita, veniva decisa con sentenza del 17/18.12.2001 che rigettava la domanda e condannava l’attore al pagamento delle spese processuali liquidate in complessive L. 3.240.000.
Avverso detta sentenza proponeva impugnazione D.L., con atto di citazione notificato il 21.02.2002. nei confronti di D. I., con cui, esposti i motivi che saranno più avanti esaminati, chiedeva all’adita Corte di riformare la decisione, accogliendo la domanda proposta, con vittoria delle spese di giudizio del doppio grado: in via istruttoria, reiterava la richiesta di ammissione della consulenza tecnica per l’accertamento della situazione, l’individuazione delle opere necessario al ripristino e la quantificazione dei danni. Si costituiva l’appellata la quale contestava le avverse deduzioni e chiedeva il rigetto dell’appello con condanna dell’appellante al pagamento delle spese di giudizio". 2. – La Corte di appello rigettava il gravame, osservando che doveva ritenersi nuova, perchè mai prospettata nel primo grado, la questione relativa alla esistenza di due distinti ripostigli autonomi ricavati nel sottoscala, aventi per di più diversa superficie.
Riteneva poi la Corte territoriale che il Tribunale correttamente aveva risolto la questione della proprietà del ripostiglio con riguardo alla anteriorità delle relative trascrizioni, individuata nel numero di trascrizione piuttosto che nella data che nel caso in questione era identica, poichè nella stessa data erano stati rogati gli atti di donazione. La Corvè rilevava – altresì che correttamente il Tribunale aveva ritenuto che mancassero elementi univoci tali da far desumere la dedotta accessorietà tra il locale ripostiglio e l’appartamento dell’odierno ricorrente. Al riguardo non risultava decisivo nè l’atto d’acquisto nè la planimetria catastale prodotta, risultando anzi una situazione di fatto apparentemente in contrasto con la disposizione testuale della donazione, poichè nessuno dei due appartamenti posti al primo piano comunicava con il vano sottostante in questione. La Corte territoriale riteneva poi che l’azione proposta era stata correttamente qualificata come rivendica, ma aggiungeva che anche a considerare l’azione proposta come azione personale di restituzione era mancata completamente, la prova dell’avvenuta consegna della cosa e del titolo della detenzione del bene. Avverso tale decisione propone ricorso l’avvocato L. D., il quale articola quattro motivi. Resiste con controricorso l’intimata. Le parti hanno depositato memorie.
Motivi della decisione
1. – Il ricorso è infondato e va respinto.
2. – Col primo motivo si deduce "la violazione o falsa applicazione degli artt. 345, 36,100 e 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5". Lamenta il ricorrente che erroneamente la Corte territoriale aveva ritenuto prospettazione nuova, e quindi inammissibile in appello, la circostanza secondo la quale si trattava di due distinti ed autonomi ripostigli, ricavati nel sottoscala, originariamente separati da un muro divisorio poi abbattuto, come risultava dalle planimetrie prodotte. A giudizio del ricorrente si trattava invece di un’argomentazione difensiva come tale ammissibile anche in appello e non di una "eccezione riconvenzionale" come affermato dalla Corte. Non vi era stata alcuna alterazione sia dell’oggetto che della causa petendi, poichè era stato chiesto il rilascio dello stesso localetto sia in primo grado che in appello.
Mai l’odierno ricorrente aveva assunto la posizione di convenuto che giustificasse la qualificazione di "eccezione riconveuzionale" alle difese svolte.
Al riguardo basta osservare che la Corte territoriale ha fondato la sua decisione circa l’inammissibilità della domanda nuova, rilevando che, in primo grado, a fondamento della domanda proposta, era stato dedotta in fatto l’esistenza di un unico locale e non già di due (seppure poi uniti). Correttamente, quindi, la Corte è giunta a tale conclusione in relazione all’azione proposta così come qualificata (azione di rivendica), trattandosi di beni distinti e dovendosi fornire di conseguenza la prova della proprietà specificamente con riguardo al bene oggetto di lite.
3. – Col secondo motivo di ricorso si deduce: "violazione o falsa applicazione degli artt. 2643, 2644, 2659 e 1362 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5". Osserva il ricorrente che dall’atto di donazione risultava che erano stati attribuiti alle parti in causa due diversi ripostigli, di cui veniva indicata l’esatta collocazione.
In caso di dubbio si sarebbe potuto disporre una apposita CTU. In ogni caso la anteriorità della trascrizione non poteva essere individuata sulla base del numero progressivo attribuito dalla conservatoria non risultando applicabile l’art. 2644 c.c. poichè si trattava di un unico atto redatto lo stesso giorno. In ogni caso la interpretazione dell’atto di donazione non lasciava dubbi al riguardo.
Occorre rilevare che la Corte territoriale ha affermato che vi furono due distinti atti di donazione (e non uno come afferma il ricorrente), risolvendo correttamente l’eventuale conflitto tra diversi pretesi proprietari con riferimento alla anteriorità delle trascrizioni, rilevata dal numero di registro, trattandosi di trascrizioni effettuate in pari data, in assenza di ulteriori elementi. Sotto tale profilo la denuncia avanzata potrebbe semmai assumere un valore revocatorio, come tale inammissibile in questa sede.
Quanto poi alla mancata disposta c.t.u., occorre rilevare in primo luogo che era onere del ricorrente fornire gli elementi di fatto sui quali fondare la domanda, non potendosi disporre c.t.u. genericamente esplorative (come sarebbe stato nel caso in questione) e risultando comunque la decisione al riguardo assunta dal giudice territoriale incensurabile in questa sede, perchè relativa ai suoi poteri istruttori nell’ambito della valutazione del quadro probatorio. Al riguardo questo collegio condivide l’orientamento più volte affermato da questa Corte (ed in particolare da Cass. n. 15219 del 05/07/2007 – rv. 598312) e conforme n. 9461 del 21/04/2010 – rv.
613513) secondo il quale: La consulenza tecnica d’ufficio è mezzo istruttorio (e non una prova vera e propria) sottratta alla disponibilità delle parti ed affidata al prudente apprezzamento del giudice di merito, rientrando nel suo potere discrezionale la valutazione di disporre la nomina dell’ausiliario giudiziario e la motivazione dell’eventuale diniego può anche essere implicitamente desumibile dal contesto generale delle argomentazioni svolte e dalla valutazione del quadro probatorio unitariamente considerato effettuata dal suddetto giudice.
4. – Col terzo motivo di ricorso si deduce: violazione e falsa applicazione degli artt. 817, 818, 2697, 2727, 1158 e 948 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5. Deduce il ricorrente che sussisteva la natura pertinenziale del bene non risultando diversamente dall’atto di trasferimento, che prevedeva due ripostigli a servizio di due unità immobiliari distinte. Al riguardo osserva che l’eliminazione della pertinenza dell’appartamento del Leo doveva risultare per iscritto. La Corte poi aveva errato nell’escludere la fondatezza di un’azione di restituzione per la mancanza di prova dell’avvenuta consegna, posto che nessuno aveva posto in dubbio tale circostanza.
Occorre rilevare, quanto agli aspetti relativi al vincolo pertinenziale del locale in questione, che correttamente la Corte territoriale ha ritenuto che non vi fossero elementi sufficienti per affermarlo, proprio in relazione alla specifica situazione di fatto del ripostiglio e ciò, evidentemente, in mancanza di ulteriori prove al riguardo, che incombevano all’odierno ricorrente. Quanto poi alla parte della censura che ha riguardo alla ulteriore ratio decidendi che la Corte territoriale ha adottato in relazione all’eventuale qualificazione dell’azione proposta come azione di restituzione, occorre osservare che l’affermazione del ricorrente in ordine alla non contestazione dell’avvenuta consegna del ripostiglio risulta priva di supporto, posto che invece dalla sentenza impugnata si ricava che tutti gli aspetti di fatto della vicenda portata all’esame del giudice risultavano contestati.
5. – Col quarto motivo si deduce: violazione o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., nonchè degli artt. 115, 116, 61 e 62 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5. Lamenta il ricorrente che la richiesta CTU non era stata disposta malgrado si trattasse non già di accertare la pertinenzialità del bene, ma "soltanto di stabilire, tecnicamente, la corrispondenza di quanto esistente al momento della donazione rispetto a quanto risultante all’epoca dell’atto di citazione confrontando anche gli atti catastali… ".
La natura esplorativa degli accertamenti che si chiedeva fossero espletati con la richiesta c.t.u. ne escludono l’ammissibilità. Al riguardo basta qui richiamare gli argomenti esposti quanto al secondo motivo di ricorso.
6. – Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente alle spese di giudizio, liquidate in 2.000,00 Euro per onorari e 200,00 per spese, oltre accessori di legge.
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