T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, Sent., 06-05-2011, n. 1203 Procedimento e provvedimento disciplinari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ricorso depositato il 2 novembre 2011, il ricorrente ha impugnato la determinazione del Comandante Regionale di Milano, datata 28.6.10 e notificata il 7.7.2010, con la quale è stato rigettato il ricorso gerarchico promosso dallo stesso avverso la sanzione disciplinare di 1 giorno di consegna (disposta con nota 23 febbraio 2010 del Comandante Provinciale di Milano), chiedendo al Tribunale di disporne l’annullamento, previa sua sospensione, in quanto viziato da violazione di legge ed eccesso di potere.

Si è costituita in giudizio l’amministrazione resistente, chiedendo il rigetto del ricorso

Con ordinanza del 18 novembre 2010, il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, ha accolto la domanda cautelare di sospensione del provvedimento impugnato, ritenendo sussistente il fumus boni iuris; il Consiglio di Stato (ord. n. 1244/2011) ha respinto l’appello cautelare per insufficienza del periculum, stante la celerità con la quale era stata fissata la discussione del merito in primo grado.

Sul contraddittorio così istauratosi, la causa è stata discussa e decisa con sentenza definitiva all’odierna udienza del 14 aprile 2011.

2. La sanzione irrogata al ricorrente è motivata in ragione del fatto che egli: "ispettore in forza ad una tenenza, occupante un posto letto presso gli alloggi del reparto, non avente diritto, trovandosi fuori sede per la fruizione di un periodo di due giorni di riposo medico presso l’abitazione dei genitori sita in Cassino, veniva contattato telefonicamente al fine di visionare l’alloggio in sua assenza per valutare la possibilità di una riorganizzazione del medesimo, a causa della sopravvenuta esigenza di "accasermamento" di due nuovi militari aventi diritto assegnati al reparto. Alla richiesta, si opponeva in modo inopportuno e non confacente allo status di militare, adottando una condotta priva di contegno, non rispettosa delle norme che regolano la civile convivenza nello spirito di corpo. La condotta stigmatizzata integra la violazione degli articoli 16, comma 1, (spirito di corpo) e 36, comma 2 (contegno militare), del regolamento di disciplina militare". Il fatto è stata commesso in Cassino il 25 gennaio 2010, nel grado di maresciallo capo.

La violazione ascritta al ricorrente riguarda, come si vede, il contenuto della telefonata; difatti l’alloggio in questione è stato ritenuto, successivamente al rientro del ricorrente, inidoneo all’alloggiamento di altri militari.

3. Tanto premesso, il ricorso non può essere accolto.

3.1. In primo luogo, il Collegio, sulla scorta della più approfondita analisi della controversia, deve rivedere la determinazione assunta in sede cautelare, quando si era ritenuto: "che il provvedimento disciplinare impugnato non renda affatto evidente sotto quale profilo il rifiuto opposto dal ricorrente abbia assunto i caratteri dell’atto di protesta "gravemente inurbano", necessari al fine di integrare la fattispecie descritta, tra quelle che sole possono essere puniti con la consegna di rigore, nell’allegato C, punto 27, D.P.R. 18 luglio 1986 n. 545 (recante l’approvazione del regolamento di disciplina militare, ai sensi dell’art. 5, primo comma, della legge 11 luglio 1978 n. 382); che, del pari, le modalità della condotta ascritta al ricorrente, esauritasi nella comunicazione telefonica con il di lui Comandante, neppure sembrano poter aver gravemente leso il prestigio o la reputazione del corpo di appartenenza (art. 16, D.P.R. 18 luglio 1986 n. 545)". Tale argomentazione, infatti, non può sorreggere la pretesa del ricorrente per la semplice ragione che, a ben vedere, nessuna delle censure articolate nell’atto introduttivo contesta, nel merito, la "sussumibilità" della condotta ascritta nella fattispecie disciplinare della "consegna", restando le difese affidate a questioni di rango esclusivamente procedimentale. A questo punto, incorrerebbe nel vizio di ultrapetizione la sentenza che utilizzasse parametri di giudizio diversi da quelli indicati dal ricorrente ove tali da alterare l’identificazione e la qualificazione del vizio dedotto negli elementi sostanziali che lo caratterizzano.

Passiamo, ora, ai motivi prospettati dal ricorrente.

4. Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente lamenta di non aver ricevuto né comunicazione dell’apertura del procedimento disciplinare, né alcun atto di contestazione specifica degli addebiti, ciò in aperta violazione del regolamento di disciplina militare. In particolare, non potrebbe richiamarsi a questi fini la nota del Comandante della Tenenza n. 70453 del 1 febbraio 2010, rubricata "richiesta di chiarimenti ai sensi dell’articolo 59, comma 1, lettera b) del regolamento di disciplina militare", ivi mancando l’enunciazione dei fatti contestati ed il richiamo alla lettera a).

4.1. La censura è destituita di fondamento.

Premesso che la contestazione degli addebiti, in sede di procedimento disciplinare, è idonea alla finalità per la quale è preordinata quando, mediante precisi riferimenti ad un’azione od omissione e con espressa dichiarazione che è effettuata a titolo di responsabilità disciplinare, consenta all’interessato l’esatta individuazione del fatto addebitatogli, al fine di consentirgli ogni possibile discolpa (cfr., Cons. Stato, IV Sez., n. 2775/05), nella nota in commento deve riscontrarsi la sussistenza di elementi ampiamente idonei ad integrare il contenuto necessario per la contestazione degli addebiti disciplinari, onde assolvere alla funzione di mettere il dipendente nella condizione di apprestare tutte le sue difese.

Difatti, al di là dei termini utilizzati, la suddetta nota rendeva con precisione evidente il fatto materiale addebitato ovvero: di non avere il ricorrente provveduto a lasciare le chiavi della stanza dal ricorrente occupata impedendone l’accesso; nonché di aver tenuto un comportamento irriguardoso nei confronti del Comandante di Reparto. Si tratta, con tutta evidenza, di precisi riferimenti al tipo di azione contestata con espressa dichiarazione di essere effettuata a titolo di responsabilità disciplinare. A maggior intelligenza, la nota contiene richiesta di chiarimenti "ai sensi dell’articolo 15 l. n. 382/1978", norma che fa appunto riferimento alla contestazione degli addebiti e alla previa richiesta di giustificazioni.

In tale quadro, il mancato riferimento alla lettera a) dell’art. 59, comma 1, del regolamento di disciplina militare, non inficia affatto la finalità per la quale era stata preordinata la comunicazione; del resto, ciò è confermato dal fatto che il ricorrente, rispondendo con nota del 9 febbraio 2010 alla richiesta, si sia difeso nel merito.

Non è inutile ricordare, poi, come la suddetta contestazione degli addebiti equivalga a rendere avvisati dell’avvio del procedimento disciplinare.

5. Il ricorrente lamenta, altresì, l’incompetenza del Comandante della Tenenza a comminare la sanzione della consegna di rigore, essendo per contro competente il Comandante Provinciale di Milano. A tal fine, il primo avrebbe dovuto inviare un apposito rapporto al secondo.

5.1. Il motivo è infondato (ciò in disparte l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla difesa erariale per non essere stata tale censura precedentemente dedotta in sede di procedimento gerarchico).

L’articolo 14 l. n. 382/1978 (legge abrogata dall’art. 2268, comma 1, del d.lgs. 15 marzo 2010 n. 66, recante il codice dell’ordinamento militare, entrato in vigore soltanto cinque mesi dopo la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del 9 ottobre 2010), qui applicabile ratione temporis, stabiliva che la consegna e la consegna di rigore possono essere inflitte rispettivamente dal comandante di reparto e dal comandante del corpo o dell’ente presso il quale il militare che subisce la punizione presta servizio, salvo i casi di necessità ed urgenza ed a titolo precauzionale.

Orbene, il ricorrente è stato sanzionato solo per il secondo degli addebiti contestati, sia pure con la motivazione riformulata dal Comandante Provinciale di Milano, con nota del 23 febbraio 2010: ovvero per la violazione dell’articolo 16, comma 1, (spirito di corpo), e 36, comma 2, (contegno militare) del regolamento di disciplina militare. Il Comandante della Tenenza, ritenendo che la fattispecie ascritta al ricorrente non esorbitasse la propria potestà disciplinare trattandosi della sanzione della consegna "non di rigore", bene ha proceduto in prima persona in quanto competente ad infliggere quella meno grave della consegna.

In ragione, poi, della coincidenza fra l’autorità che ha rilevato l’infrazione e l’autorità competente ad infliggerla, non occorreva evidentemente la redazione del rapporto di cui all’articolo 58 del regolamento di disciplina militare.

6. Il ricorrente afferma, da ultimo, la violazione dell’articolo 5 l. n. 382/1978, in particolare sostenendo l’inapplicabilità del regolamento di disciplina militare al caso di specie, non trovandosi egli all’epoca dei fatti in servizio bensì a casa dei propri genitori in riposo medico.

6.1. Anche tale censura non può essere accolta.

Secondo l’articolo 8, comma 1, d.p.r. 18 luglio 1986 n. 545 (recante l’approvazione del regolamento di disciplina militare, ai sensi dell’art. 5, primo comma, della legge 11 luglio 1978 n. 382), il regolamento di disciplina militare si applica nei limiti disposti dai commi secondo, terzo e quarto dell’art. 5 della legge di principio sulla disciplina militare. Tanto premesso, ai nostri fini, è sufficiente rilevare come proprio il comma 3 dell’articolo 5 l. n. 382/1978 reciti che il regolamento di disciplina deve prevedere la sua applicazione nei confronti dei militari che si trovino, tra l’altro, nella condizione di coloro che "si rivolgono ad altri militari in divisa o che si qualificano come tali" (lett. d); circostanza quest’ultima, senza dubbio, ravvisabile con riguardo alla telefonata intercorsa tra il ricorrente ed il suo superiore.

7. Le spese di lite seguono la soccombenza come di norma. Il dispositivo dell’ordinanza cautelare in punto di spese è superato dalla regolamentazione delle spese contenuta nel dispositivo della presente sentenza.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

RIGETTA il ricorso;

CONDANNA il ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore dell’amministrazione resistente che si liquida in Euro 900,00, oltre IVA e CPA come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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