T.A.R. Lazio Roma Sez. II, Sent., 10-05-2011, n. 4036 Monopoli pubblici

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

All’odierno ricorrente, che dal 1998 eserciva rivendita di generi del monopolio di Stato, veniva autorizzata con provvedimento del 24 aprile 2001 la gestione di ricevitoria del gioco del Lotto. A seguito di atto di significazione del 19 aprile 2005, inviato all’AAMS dal legale della coniuge dell’odierno ricorrente, emergeva che la detta sig.ra Buratti Rossella era amministratrice unica della P.G. snc, società gerente l’esercizio commerciale denominato B.D., sito in Lucca, via del Brennero n. 474 nel quale la ricordata società gestiva attività di bar unita all’attività di rivendita di generi di monopolio e ricevitoria giochi, segnalandosi ulteriormente che della società la sig.ra Buratti era socia al 95% e l’odierno ricorrente, intestatario delle licenze ed autorizzazioni inerenti i tabacchi ed il gioco del lotto, era socio al 5%, senza poteri di amministrazione e rappresentanza. Nello stesso atto di significazione era ancora rappresentato che la società citata presentava come oggetto sociale anche lo svolgimento dell’attività di rivendita tabacchi e ricevitoria lotto e che i proventi ed i pagamenti relativi a dette attività erano transitati sempre su conti correnti intestati alla società. A seguito quindi di contenzioso promosso innanzi all’A.G.O., il Tribunale di Lucca ordinava all’odierno ricorrente "..di cessare l’esercizio di qualsivoglia attività supponente lo stato di socio, relativa alla gestione e all’oggetto sociale, ivi compresa la rivendita di generi di monopolio presso la sede della società P.G. s.n.c.".

In data 22 novembre 2005 l’odierno ricorrente formulava istanza di trasferimento indicando la nuova sede.

Quindi, con decreto del 22 dicembre 2005, la competente struttura territoriale dell’AAMS disponeva la revoca in danno del ricorrente della gestione della rivendita di generi di monopolio n. 129, con annessa ricevitoria del otto n. 1922 in Lucca. La detta revoca risulta disposta in ragione della ritenuta "violazione all’obbligo della gestione personale per cui è da applicarsi il provvedimento disciplinare della revoca della gestione compre previsto dall’art. 34 n. 1) della Legge 22.12.1957 n. 1293".

Con ordinanza n. 242 del 2006 il TAR per la Toscana, originariamente investito della cognizione dell’impugnativa avverso la disposta revoca, ha accolto la domanda di sospensione, ai fini del riesame, per non essere stata la revoca preceduta dalla valutazione dell’istanza di trasferimento della rivendita.

Successivamente, con provvedimento dell’8 luglio 2006, è stata respinta l’istanza di trasferimento della rivendita di generi di monopolio.

Il provvedimento di revoca e quello di diniego dell’istanza di trasferimento sono stati quindi impugnati, il secondo con atto di motivi aggiunti, chiedendosene l’annullamento.

Si è costituita in giudizio l’intimata Amministrazione affermando la infondatezza del ricorso e dell’atto di motivi aggiunti, dunque chiedendone il rigetto.

Alla pubblica udienza del 23 marzo 2011 il ricorso viene ritenuto per la decisione.

Il ricorso e l’atto di motivi aggiunti sono infondati e, pertanto, da respingere.

Devesi preliminarmente osservare che la questione centrale posta dalla revoca è quella della mancata gestione personale della rivendita, in uno con la creazione di una società per la gestione della rivendita medesima. Questione rispetto alla quale quella della disponibilità dei locali sede della rivendita, alla cui soluzione evidentemente mirava l’istanza di trasferimento denegata, appare quale questione ulteriore, come pure quella – comunque puntualmente rilevata nella revoca avversata – delle chiusure non autorizzate della rivendita.

Orbene, dispone l’articolo 28 della legge n. 1293 del 1957 che "Le rivendite devono essere gestite personalmente dagli assegnatari, i quali sono gli unici responsabili verso l’Amministrazione" potendo al limite l’Amministrazione consentire la presenza nella rivendita di persona di famiglia del rivenditore, autorizzata a coadiuvarlo e sostituirlo nelle temporanee assenze o impedimenti, così come oltre al coadiutore può essere consentita nella rivendita la presenza di assistenti per il materiale servizio di vendita. Il successivo art. 34 della citata legge n. 1293 del 1957 prescrive, quindi che "L’Amministrazione può procedere alla disdetta del contratto d’appalto o alla revoca della gestione delle rivendite nei seguenti casi: 1) violazione all’obbligo della gestione personale o abbandono del servizio;…Nessun indennizzo compete al rivenditore in caso di disdetta dell’appalto ovvero di revoca della gestione".

In sostanza, ai sensi del citato art. 34, l’amministrazione è tenuta – in presenza di una delle irregolarità di gestione ivi indicate, da parte del rivenditore di generi di monopolio – ad applicare in via principale la sanzione della revoca della gestione, pur non potendo prescindere da ogni indagine circa la sussistenza di cause di giustificazione della condotta del gestore (cfr. T.A.R. Puglia Lecce, 23 aprile 1990, n. 454). Essendosi peraltro anche osservato che mentre la revoca e la disdetta di una rivendita di generi di monopolio sono conseguenze "naturali" delle irregolarità contemplate dalla norma citata, le pene pecuniarie o disciplinari (di cui al successivo art. 35) possono essere irrogate solo allorché le violazioni contemplate nell’art. 31 siano ritenute di lieve entità dalla p.a.; di conseguenza, in caso di revoca e/o disdetta non sussiste alcun obbligo dell’amministrazione di motivare circa l’esistenza del dolo o della colpa dal titolare nel porre in essere le inadempienze censurate ma solo l’obbligo di accertare l’assenza di cause di giustificazione del suo comportamento (cfr. T.A.R. Lecce, n. 454 del 1990 cit.).

E’ un fatto che la rivendita, autorizzata al ricorrente, era gestita non personalmente da questi, ma da una società, di cui peraltro lo stesso non era amministratore né aveva poteri di rappresentanza della detta società, così sostanziandosi anche violazione dell’art. 6 del capitolato d’oneri per l’appalto delle rivendite di tabacchi, atto che viene sottoscritto dai rivenditori al momento della stipula, secondo cui non è ammessa la gestione societaria di una rivendita ordinaria.

La revoca, pertanto, deve ritenersi legittima.

Del resto, all’intervenuta sospensione cautelare di questa ai fini del riesame, per non essere stata valutata dall’AAMS la circostanza dell’intervenuta domanda di trasferimento della sede della rivendita, ha fatto seguito il provvedimento di rigetto della detta domanda, rigetto avversato con l’atto di motivi aggiunti. Detto secondo provvedimento deve essere letto come un segmento dell’unica vicenda, non avendo provveduto l’amministrazione all’adozione di una nuova revoca in esito a riesame, ma avendo più semplicemente provveduto sull’istanza di trasferimento, nel cui ambito non a caso alcun riferimento è contenuto all’ordinanza cautelare del TAR per la Toscana.

Si vuole cioè intendere, in disparte quanto rilevabile in ordine agli effetti ed all’efficacia meramente interinale della misura cautelare, che ad avviso del Collegio la revoca è da ritenersi comunque legittima, pur pendente istanza di trasferimento della sede, per essere la detta revoca fondata su ragioni altre rispetto a quelle concernenti la disponibilità dei locali.

Ad ogni buon conto, anche l’atto di motivi aggiunti deve essere respinto poiché infondato.

Ai sensi della circolare ministeriale 04/63406 del 25 settembre 2001 (ed in ossequio alla disciplina generale sui servizi di distribuzione e vendita di generi di monopolio, chiaramente sottesa ad un’equa distribuzione delle rivendite nell’ambito del territorio), l’autorizzazione alla istituzione di una nuova rivendita di generi di monopolio (e, "a fortiori", al trasferimento delle rivendite fuori della propria zona di influenza commerciale), è subordinata al rispetto dei parametri di distanza e di reddito ivi indicati (cfr. T.A.R. Campania Napoli, sez. III, 17 dicembre 2002, n. 8085).

La richiamata circolare ha infatti riguardo all’istituzione delle rivendite ordinarie e il loro trasferimento ed è esplicita nell’individuare, quale obiettivo dell’esercizio dello specifico potere, quello di rendere l’assetto distributivo delle rivendite di generi di monopolio più adeguato alle modificate dinamiche del mercato, prescrivendo che debbono essere soddisfatte due condizioni: l’una cosiddetta di "distanza" tra rivendite e l’altra di "redditività" ovvero del livello delle vendite dei congeneri viciniori, al fine di individuare l’incidenza di tale istituzione (o trasferimento) sulla produttività delle rivendite già in funzione, nonché se la potenziale produttività del nuovo esercizio sia tale da giustificarne l’impianto. La circolare è espressa, a tal proposito, nello stabilire che in ogni caso non è possibile dare luogo all’istituzione di una nuova rivendita quando la quarta parte della somma dei redditi realizzati a tabacchi dalle tre rivendite più vicine, non raggiunga, come nella specie, il parametro minimo stabilito per la specifica classe di Comune interessata.

Conclusivamente, ribadite le svolte considerazioni, il ricorso ed i motivi aggiunti vanno respinti poiché infondati.

Sussistono tuttavia giuste ragioni per compensare integralmente fra le parti le spese del presente giudizio.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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