Cass. pen., sez. II 27-01-2009 (22-01-2009), n. 3814 Revoca della misura coercitiva per maturazione del termine massimo – Applicazione di misura meno gravosa

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

MOTIVI DELLA DECISIONE
Su istanza della difesa di J.R.W., persona sottoposta a procedimento di estradizione ex L. n. 69 del 2005, in (OMISSIS) per l’esecuzione della condanna di anni tre di reclusione per il reato di rapina commesso il (OMISSIS), altresì assoggettata al regime della custodia cautelare in carcere, la Corte di Appello di Catania – sezione minorenni – con ordinanza 1.10.2008, rilevata la scadenza del termine di carcerazione previsto dall’art. 714 c.p.p., comma 4, senza che fosse stata pronunciata sentenza favorevole alla di lui estradizione, revocava la misura cautelare in atto.
Contestualmente, su conforme richiesta dell’Ufficio della Procura generale, la Corte d’Appello disponeva l’applicazione al prevenuto delle misure cautelari del divieto di espatrio, dell’obbligo di dimora nel Comune ove è fissata l’abitazione e l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria territorialmente competente.
Lo J.R.W. ha proposto ricorso per cassazione ex artt. 311 e 719 c.p.p., avverso tale provvedimento, nella parte dello stesso relativa all’applicazione degli obblighi predetti, deducendo a motivi del gravame: 1) la violazione di legge processuale nonchè mancanza ovvero manifesta illogicità della motivazione ex art. 606 c.p.p., lett. c), e) con riferimento all’inosservanza degli artt. 307 e 714 c.p.p.; 2) la violazione della legge processuale ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c), in relazione agli artt. 718 e 127 c.p.p..
Esaminando il primo motivo di ricorso, il collegio rileva che esso è fondato per quanto alla denunciata violazione di legge, di guisa che s’impone l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata. Come esattamente ha rilevato il ricorrente, in piena conformità all’univoco indirizzo di questa Corte di legittimità, l’impugnata ordinanza deve ritenersi illegittima nella parte in cui, in costanza dell’ accertata causa di maturazione del termine massimo stabilito dall’art. 714 c.p.p., comma 4 e della conseguente revoca della misura coercitiva in atto, la Corte territoriale Catanese ha disposto altre misure cautelari quali quelle suindicate. La decisione assunta rappresenta una violazione di legge e, come tale, correttamente deducibile in sede di ricorso ex art. 719 c.p.p.. Secondo quanto già statuito da altra sezione di questa Corte, cui il Collegio intende aderire (v. Cass. Sez. 6^ del 18,10.2006 n. 37555 in Ced Rv. 235680) "Giova, ribadire il principio di diritto secondo cui la materia attinente l’estradizione si articola secondo canoni ben puntualizzati dal legislatore nella parte della loro assoluta autonomia rispetto all’intero sistema processuale e nella parte che a questo, nei limiti e con i riferimenti specifici della norma, si richiama alla disciplina di carattere generale. Orbene, come risulta in termini anche di inequivoca valenza della portata stessa della lettera della legge, dell’art. 714 c.p.p., comma 4 si riferisce alla revoca delle misure coercitive senza distinzione di sorta, inequivocamente collegando tale revoca ad un fatto altrettanto inequivoco (decorso del termine), tanto da tratteggiare una sorta di "automatismo" insuscettibile di condizionamenti o di "recuperi", attraverso misure diverse o alternative pur sempre nell’ambito di quelle coercitive tracciate dal codice di rito. Non a caso l’intento del legislatore di non frapporre la struttura e le caratteristiche del processo ordinario nella materia de libertate a quella tipicizzante il procedimento di estradizione, cadenzato da forme, tempi e modi del tutto autonomi, è dato significativamente coglierlo dalla lettura dell’art. 714 c.p.p., comma 2, in relazione agli artt. 303 e 308 c.p.p., nel quadro del titolo 1 del Libro 4^.
E’, dunque, pienamente fondata la conclusione del ricorrente secondo cui le misure coercitive adottate ai fini estradizionali vanno regolate soltanto sulla base "della specifica disciplina dettata dagli artt. 708, 714, 715, 716 e 718 c.p.p. e delle eventuali norme pattizie" (come tali prevalenti su quelle codicistiche ex art. 696 c.p.p.), con esclusione, in particolare, delle previsioni di cui agli artt. 303 e 308 c.p.p., del tutto incompatibili con la suddetta disciplina, in uno con quelle di cui all’art. 307 c.p.p., comma 1 in relazione alle misure cautelari coercitive. A prescindere dal palese significato della stessa espressione normativa di cui all’art. 714 c.p.p., comma 4 ("le misure coercitive sono revocate se dall’inizio della loro esecuzione è trascorso un anno" senza la pronuncia della sentenza favorevole all’estradizione), non si tratta di una "distinzione puramente terminologica", come esattamente rileva il ricorrente, puntualmente deducendo che "altro è infatti riferirsi ad una categoria di misure restrittive, altro è limitarne la previsione alla sola custodia. Da questa differenza discende quale conseguenza che, decorso il predetto termine temporale massimo e revocata la misura coercitiva in atto, quale che essa sia, non è possibile disporne altra, sia pure meno gravosa (come è stato fatto nella specie). Una diversa lettura dell’art. 714 c.p.p., comma 4 implicherebbe, tra l’altro, un’irragionevole postulazione di nuova decorrenza di altro termine per la nuova misura coercitiva, applicata dopo la revoca della misura in atto, espandendo, in termini di assoluta abnormità, la soggezione al potere cautelare in relazione ai tassativi significati di "termine massimo" che istituzionalmente gli appartengono".
Di qui l’evidente violazione di legge denunciata e la conseguente illegittimità del provvedimento che, in accoglimento della istanza della difesa, e del Procuratore Generale, va annullato senza rinvio.
L’accoglimento del primo motivo di ricorso, comportando l’annullamento dell’ordinanza della Corte d’Appello di Catania nella parte in cui dispone l’applicazione nei confronti di J. R.W. delle misure cautelari del divieto di espatrio, dell’obbligo di dimorare nel Comune dove fisserà la propria abitazione e l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria competente per territorio territorialmente competente, rende del tutto superfluo prendere in considerazione il secondo motivo di gravame.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e manda alla cancelleria per gli adempimenti di competenza.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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