Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 26-01-2011) 18-05-2011, n. 19572

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza 19.3.2007 il giudice del tribunale di Lecce, sezione distaccata di Maglie, dichiarò C.U., T.A. e G.G. colpevoli dei reati di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, lett. b), e D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, art. 181, per avere, in difformità dal permesso di costruire, realizzato un piano seminterrato privo di intonaci interni, pavimenti, infissi e impianti, non previsto dal progetto autorizzato, della superficie di circa mq. 106,56, dell’altezza di m. 2,10 circa e composto da 2 locali comunicanti, e li condannò alle pene ritenute di giustizia con l’ordine di eliminazione integrale del piano interrato, subordinando a tale adempimento la sospensione condizionale della pena.

La corte d’appello di Lecce, con la sentenza in epigrafe, confermò la sentenza di primo grado.

Gli imputati propongono separati, ma analoghi, ricorsi per cassazione deducendo:

01) preliminarmente, l’avvenuto conseguimento di nuovo permesso di costruire in sanatoria in relazione agli abusi per cui è causa, in quanto il vano abusivo è stato completamente interrato e sanato come intercapedine inaccessibile.

1) violazione e falsa applicazione dei principi in materia di sanatoria edilizia; omessa e erronea valutazione del permesso di costruire in sanatoria n. 167/06; decisione contraddittoria ed illogica; motivazione carente e insufficiente; falsa presupposizione;

illogicità della sentenza rispetto alle emergenze processuali;

difetto di prova in relazione alla sistemazione finale dell’intervento. Lamentano che erroneamente è stato ritenuto non esistente il requisito della doppia conformità e presente l’idoneità delle opere ad essere utilizzate in modo incompatibile con la normativa urbanistica in zona agricola. Ed infatti, all’epoca nelle zone agricole era consentita anche la realizzazione di vani seminterrati e quindi anche di quelli interrati. Sussisteva quindi la doppia conformità e la decisione di eliminare il vano non poteva rendere invalida una sanatoria conseguibile qualora il vano fosse stato invece mantenuto. Inoltre è stata attribuita rilevanza urbanistica all’intervento interrato non alla luce della sua attuale conformazione e tipologia ma solo sulla base di una previsione ipotetica sul suo futuro utilizzo. Non è poi configurabile un reato paesaggistico trattandosi di intervento completamente interrato. In ogni caso la eliminazione spontanea del vano avrebbe dovuto caducare il reato ai sensi del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, art. 181, comma 1 quinquies.
Motivi della decisione

I ricorsi sono infondati.

E’ infatti indiscutibile che per la realizzazione del piano seminterrato o interrato in questione occorreva che lo stesso fosse stato specificamente autorizzato con il permesso di costruire.

E difatti, secondo la costante giurisprudenza di questa Suprema Corte, "In materia di violazioni edilizie, la realizzazione di un piano interrato rientra tra gli interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio per i quali è necessario il permesso di costruire, trattandosi pur sempre di intervento in relazione al quale l’autorità amministrativa deve svolgere il proprio controllo sul rispetto delle norme urbanistiche ed edilizie, anche tecniche, finalizzato ad assicurare il regolare assetto e sviluppo del territorio" (Sez. 3^, 10.5.2007, n. 24464, Iacobone, m.

236885); "Costituiscono lavori edilizi necessitanti il preventivo rilascio della concessione (ora sostituita dal permesso di costruire a seguito dell’entrata in vigore del D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380) non soltanto quelli per la realizzazione di manufatti che si elevano al di sopra del suolo, ma anche quelli in tutto o in parte interrati e che trasformano in modo durevole l’area impegnata dai lavori stessi" (Sez. 3^, 29.4.2003, n. 26197, Agresti, m. 225388; Sez. 3^, 27.9.2000, n. 12288, Cimaglia, m. 218006).

Esattamente quindi i giudici del merito hanno ritenuto che la realizzazione del piano seminterrato non previsto dal permesso di costruire costituisse una variante essenziale al permesso stesso ed integrasse quindi il reato urbanistico (oltre a quello paesaggistico). I due reati si sono consumati con l’ultimazione delle opere. E del resto i ricorrenti non tanto contestano la consumazione del reato urbanistico quanto eccepiscono che lo stesso si è estinto a seguito del rilascio del permesso di costruire in sanatoria ai sensi del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 36.

La questione è dunque quella di stabilire se è esatta la statuizione della corte d’appello secondo la quale non si è verificata l’estinzione del reato per sanatoria per mancanza del necessario requisito della doppia conformità. Perchè si abbia un efficace permesso di costruire in sanatoria e l’estinzione del reato, infatti, occorre che l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda.

La conclusione della sentenza impugnata non merita censura e deve pertanto essere confermata. La corte ha infatti del tutto correttamente rilevato che era evidente che, se per rendere conforme agli strumenti urbanistici il fabbricato era necessario eliminare, mediante l’occlusione dell’accesso (al di là del fatto che il vano seminterrato non era stato integralmente colmato ed era rimasto accessibile dall’interno) il vano abusivo, proprio ciò dimostrava che l’intero fabbricato, al momento della sua realizzazione, non era conforme agli strumenti urbanistici, in particolare perchè superava i limiti di volumetria consentiti.

Le medesime considerazioni valgono anche in riferimento al nuovo permesso di costruire n. 2/2011, dell’11.1.2001, depositato con la nota del 20.1.2011. Questo permesso, infatti, contiene delle prescrizioni speciali, quali quella che il vano interrato oggetto di sanatoria deve avere le caratteristiche di intercapedine non accessibile e quella che dovrà essere adempiuto a tutte le prescrizioni speciali contenute nei permessi precedenti. Orbene, rileva il Collegio che proprio il fatto che anche questo permesso contenga specifiche prescrizioni speciali, come quella di trasformare il vano interrato in una intercapedine non accessibile, rende evidente la mancanza del requisito della doppia conformità, perchè lo stato del vano interrato così come fu realizzato contrastava con gli strumenti urbanistici, sotto il profilo dei limiti massimi di volumetria consentiti.

Il rilascio del nuovo permesso di costruire potrà eventualmente comportare – una volta che sia stato trasformato il vano interrato in intercapedine non accessibile – una sanatoria sotto il profilo amministrativo, ma non può determinare l’estinzione del reato edilizio, in mancanza del requisito della doppia conformità richiesto dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 36.

Correttamente, poi, la corte d’appello ha ritenuto sussistente anche il reato paesaggistico dal momento che la realizzazione del piano seminterrato aveva determinato una rilevante difformità dal progetto e dal permesso di costruire che riguardava tutto l’edificio realizzato nel suo complesso. Era quindi irrilevante l’originaria autorizzazione paesaggistica, accordata in riferimento al diverso progetto originario. L’esecuzione di un intervento in difformità dalla autorizzazione paesaggistica (che riguardava la costruzione di un edificio privo del vano interrato o seminterrato) ha quindi comportato l’integrazione del reato di cui al D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 art. 181. Non risulta poi (e del resto nemmeno è stato specificamente dedotto) che sia intervenuta una dichiarazione di compatibilità paesaggistica secondo le procedure di cui al citato art. 181, comma 1 quater. Nemmeno risulta, ai sensi dell’art. 181, comma 1 quinquies, che sia intervenuta la rimessione in pristino delle aree e degli immobili prima della condanna.

I ricorsi devono pertanto essere rigettati con conseguente condanna di ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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