T.A.R. Lazio Roma Sez. III quater, Sent., 19-05-2011, n. 4376 Bando del concorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il primo dei ricorsi in epigrafe indicati (13306/97) gli istanti, dipendenti dell’INPS, impugnavano la deliberazione del Consiglio di amministrazione dell’Istituto dell’8.7.1997, con cui era bandito il concorso per titoli e colloquio a 79 posti di dirigente amministrativo e 10 posti di dirigente informatico, avendo presentato domanda di partecipazione alla selezione.

Deducevano a tal fine i seguenti motivi di gravame:

1 – violazione e falsa applicazione dell’art. 28, d.lgs. n. 29 del 1993, eccesso di potere per presupposto erroneo, sviamento di potere, perplessità, manifesta illogicità, essendo, asseritamente, illogico il criterio inserito nel bando di valutazione dei soli incarichi e servizi svolti nei nove anni antecedenti alla data di indizione del concorso, né lo stesso trovando corrispondenza nel d.P.C.M. n. 439 del 1994;

2 – violazione e falsa applicazione dell’art. 21, d.P.C.M. n. 439 cit, eccesso di potere e sviamento poiché i punteggi previsti dal bando sono difformi da quelli di cui al cit. art. 21, incidendo peraltro in maniera percentualmente differente sul risultato finale;

3 – eccesso di potere per contraddittorietà, a fronte del richiamo dell’art. 28, d.lgs. n. 29 del 1993, senza che ne sia rispettato il disposto per quanto concerne i limiti temporali dei titoli valutabili;

4 – eccesso di potere per difetto di motivazione, in quanto non sono spiegati i motivi per cui è rispettato il dettato del menzionato art. 21.

Si costituiva l’INPS, sostenendo l’infondatezza del ricorso.

Con il secondo ricorso (17653/99), Marilena di Giovine, collocatasi al posto n. 197 della graduatoria, con punti 20,24, impugnava in parte qua la deliberazione n. 210 del 20.7.1999, con cui l’INPS approvava la graduatoria del concorso per dirigente, nonché i criteri di valutazione adottati dalla Commissione e le valutazioni effettuate in ordine all’attribuzione dei punteggi vari, deducendo:

1 – violazione degli artt. 25 e 28, d.lgs. n. 29 del 1993 e del d.P.C.M. n. 439 del 1994, irragionevolezza, disparità di trattamento, difetto di motivazione, contraddittorietà ed illogicità;

2 – invalidità derivata dall’illegittimità del bando ed erroneità del punteggio assegnato in forza dell’incongrua valutazione dei titoli contenuti nel fascicolo personale della ricorrente;

3 – illogicità dei criteri di massima stabiliti dalla Commissione nella seduta del 3.2.1998 per la valutazione dei titoli inseriti nelle tabelle B, C e D;

4 – illegittimità dei punteggi assegnati alla ricorrente e mancanza della firma della valutazione da parte dei componenti della Commissione.

Anche in questa sede l’Istituto si costituiva chiedendo la reiezione del gravame.

Con il terzo ricorso (17655/99), anche Alberto D’Angelo, collocatosi al posto n. 200 con punti 20,20, impugnava in parte qua la deliberazione n. 210 di approvazione della graduatoria proponendo i medesimi motivi di illegittimità.

L’INPS replicava come nel ricorso che precede.

Con una prima sentenza n. 5432 del 2004, la Sezione III di questo Tribunale, decidendo parzialmente sui tre ricorsi in epigrafe, previa riunione, li dichiarava improcedibili per sopravvenuto difetto di interesse nei confronti di Di Giovine e D’Angelo, in quanto era risultato che gli stessi avevano ottenuto una sentenza favorevole presso il giudice del lavoro di Latina (nn. 2192 e 2193 del 2003), che aveva loro riconosciuto il diritto alla nomina a dirigente amministrativo con costituzione del rapporto dalla data di approvazione della graduatoria; per il resto relativamente al ricorso n. 13306/97, la Sezione aveva disposto incombenti istruttori.

Tale sentenza risultava, però, parzialmente riformata con rinvio al primo giudice, dal Consiglio di Stato, Sez. VI, che con la sentenza n. 5232/05 rilevava l’erroneità del giudizio di improcedibilità, in quanto le sentenze del Tribunale di Latina non erano passate in giudicato, e la mancanza di integrità del contraddittorio.

Con ulteriore sentenza n. 133 del 2005, il TAR decideva la parte rimanente della causa di cui al ricorso n. 13306/07, poiché G.L. si era collocato utilmente in graduatoria, mentre gli altri ricorrenti non avevano impugnato l’atto finale della procedura concorsuale, determinando l’improcedibilità per carenza di interesse sopravvenuta nei confronti di tutti gli altri ricorrenti.

Tale sentenza non impugnata risulta passata in cosa giudicata.

Successivamente la Sezione medesima prendeva nuovamente in esame il ricorso 13306/97, a seguito del rinvio operato dal Consiglio di Stato, individuando nei soli ricorrenti Di Giovine e D’Angelo i soggetti interessati alla prosecuzione del giudizio ed evidenziando che detto ricorso riguardava unicamente l’impugnazione del bando e non disponeva l’integrazione del contraddittorio. Pertanto, con la sentenza n. 14923 del 2005 respingeva nel merito il ricorso n. 13306 del 1997.

Anche tale sentenza era riformata dal Consiglio di Stato Sez. VI (dec. N. 5112/07) con ulteriore rinvio al primo giudice, per mancanza agli atti della notifica del decreto di fissazione di udienza di discussione agli avvocati costituti dei ricorrenti D’Angelo e Di Giovine, sia perché era stato preso in esame solo il primo dei tre ricorsi, pur risultando già gli stessi riuniti.

Conseguentemente, questa Sezione, con sentenza interlocutoria n. 7958 del 2008 ordinava l’integrazione del contraddittorio, anche a mezzo di pubblici proclami nei confronti di tutti i candidati utilmente collocatisi in graduatoria, venendo in discussione anche la graduatoria finale.

Pertanto, accertata l’avvenuta integrazione in ottemperanza all’ordine del giudice, la causa, a seguito del deposito delle memorie e della discussione in udienza pubblica era decisa con sentenza n. 2131 del 2009, che respingeva i ricorsi.

Con ulteriore decisione n. 3345 del 2010, il Consiglio di Stato, sez. VI, tuttavia disponeva ulteriormente il rinvio della causa al primo giudice al fine del riesame per violazione dell’art. 51, n. 4 c.p.c. ovvero dell’obbligo del giudice di astenersi quando lo stesso abbia conosciuto la causa in altro grado del processo.

Pertanto, tornati nuovamente all’esame della Sezione i ricorsi sopra descritti, a seguito del deposito delle memorie, con cui erano ribadite le posizioni delle parti, venivano trattenuti in decisione all’udienza pubblica del 5.4.2011.
Motivi della decisione

Osserva il Collegio che con i tre ricorsi sopra specificati era impugnata la procedura concorsuale indetta dall’INPS per la copertura di 79 posti di dirigente amministrativo. In particolare, con il primo si contestava il bando e con gli altri due i criteri di assegnazione dei punteggi ai titoli stabiliti dalla Commissione e la concreta applicazione di tali criteri, nonchè la graduatoria finale. I ricorsi, secondo quanto ribadito dal Consiglio di Stato, sono stati già riuniti e dunque, deve procedersi alla loro decisione congiunta.

Preliminarmente deve evidenziarsi che il presente contenzioso, a seguito del passaggio in giudicato della sentenza di questa Sezione n. 133 del 2005, riguarda unicamente i ricorrenti Di Giovine e D’Angelo.

Altresì, in via del tutto preliminare, deve ribadirsi la mancanza di effetti delle pronunzie poste in essere dal giudice rivelatosi incompetente, non potendosi tecnicamente applicare il principio della traslatio judicii, che trova applicazione unicamente al fine di inibire pronunce di decadenza o prescrizione nel caso in cui il giudizio debba proseguire dinanzi al giudice competente e non anche ai fini di vincolare la decisione di merito di quest’ultimo.

Nel merito il collegio ritiene che i ricorsi siano infondati.

Quanto al primo va rilevato che nessuna norma impediva all’Istituto di fissare discrezionalmente il limite di valutabilità di alcuni titoli e, peraltro, tale limite non appare irragionevole in funzione del disposto di cui all’art. 21, d.P.C.M. sopra citato.

Va inoltre rilevato che le indicazioni contenute nel predetto decreto non possono essere intese nel senso di annullare del tutto l’autonomia organizzativa istituzionalmente riconosciuta all’INPS ai fini della fissazione dei limiti massimi di attribuzione del punteggio.

Da ultimo, appare insussistente il censurato difetto di motivazione in quanto non può trovare applicazione nella specie, in ragione della natura dell’atto impugnato, l’art. 3, l. n. 241 del 1990.

Con riferimento al secondo ed al terzo dei ricorsi in esame, non possono trovare adesione le censure che reiterano i vizi dedotti con il primo ricorso nei confronti del bando, per quanto già sopra evidenziato.

Con il terzo motivo sollevato in entrambi i ricorsi, vengono censurati i criteri di massima stabiliti dalla Commissione. Sul punto, va precisato che la specificazione operata dalla commissione è avvenuta nell’ambito dei limiti già fissati dall’art. 6 del bando. Con riferimento specifico ai criteri relativi alla tabella B, le censure non possono essere condivise. Infatti, per un verso non appare contrastare con i principi generali la fissazione di un termine per il deposito delle attestazioni che non sembra in alcun modo lesivo della par condicio tra i concorrenti. Non risulta inoltre confermato che la Commissione abbia inteso includere nei titoli i lavori rientranti nell’attività d’ufficio, dovendo pur tuttavia valutare nell’ambito dei lavori originali quelli che avessero attinenza con l’attività d’interesse. Sotto altro aspetto corrisponde ai canoni di garanzia della trasparenza e dell’obiettività del giudizio la predeterminazione da parte della Commissione di criteri più stringenti per l’attribuzione del punteggio, nell’ambito di quanto stabilito già dal bando.

Pertanto, appare infondata la censura relativa all’attività posta in essere dalla Commissione in ordine alla predisposizione dei criteri sia con riferimento ai lavori originali che ai lavori di gruppo, rientrando nei poteri della stessa la valutazione dei lavori medesimi nell’ambito del punteggio stabilito dal bando.

Analoga conclusione deve essere seguita per quanto concerne la tabella C, relativa alle pubblicazioni scientifiche.

Non trova poi conferma quanto dedotto dai ricorrenti in ordine alla mancata valutazione da parte della Commissione non solo della durata ma anche della rilevanza dei corsi di qualificazione professionale di cui alla tabella D, proprio in virtù di quanto specificamente affermato dalla Commissione.

In relazione alle censure che in particolare attengono ai punteggi attribuiti ai due candidati, va rilevato che per tabulas non risulta fondato il motivo dedotto da entrambi i ricorrenti, con cui è censurata la mancanza di sottoscrizione della valutazione. Infatti, nelle schede di valutazione relative alla posizione degli odierni interessati, depositate in atti dall’INPS, risulta apposta la firma del Presidente, del Segretario e dei componenti della Commissione.

In ordine alla posizione di entrambi i ricorrenti, va rilevato che non possono trovare riscontro le censure attinenti alla mancata valutazione dei titoli relativi al periodo anteriore ai nove anni previsti dal bando, per quanto già esposto in ordine al mancato accoglimento delle censure riferite la bando medesimo con il primo ricorso.

In relazione alla valutazione dei titoli della ricorrente Di Giovine, va precisato che da quanto emerge agli atti:

il punteggio assegnato ai titoli della tab. A risulta essere il frutto di una mera operazione matematica;

la mancata valutazione degli asseriti servizi speciali deriva evidentemente dalla riconducibilità all’ordinaria attività dell’ufficio;

la mancata valutazione di alcuni lavori come originali deriva dalla non riconducibilità degli stessi alla categoria predetta per il solo fatto di essere derivati dalla partecipazione a gruppi di lavoro;

la valutazione del corso di durata settimanale trova piena corrispondenza nel punteggio assegnato, mentre non risultano valutabili i corsi di mero aggiornamento e non specificatamente finalizzati allo sviluppo di capacità manageriali;

la mancata valutazione dell’abilitazione all’insegnamento si basa sul fatto che la stessa non è riconducibile alla categoria dell’abilitazione professionale.

Con riferimento poi alle ulteriori censure relative specificamente alla posizione del ricorrente D’Angelo, si deve precisare che:

la mancata valutazione dei progetti ARPA e ECO discende dalla non riconducibilità dei medesimi a quelli finalizzati alla definizione i linee di revisione organizzativa ed alla soluzione di problemi di particolare rilevanza per il miglioramento qualiquantitativo dei servizi;

la mancata valutazione di alcuni corsi deriva anche in questo caso dalla non valutabilità dei corsi di mero aggiornamento e non specificatamente finalizzati allo sviluppo di capacità manageriali.

Da ultimo, deve evidenziarsi che l’apprezzamento del Manuale operativo e di due delle pubblicazioni prodotte, risulta sottratto al sindacato giurisdizionale, rientrando nell’ambito della discrezionalità tecnica dell’amministrazione e non apparendo – nella specie – viziato da manifesta illogicità.

Infine deve richiamarsi la costante giurisprudenza del giudice amministrativo in ordine alla legittimità della modalità di espressione della valutazione tramite attribuzione del punteggio numerico, che nella fattispecie sottoposta all’esame del Collegio va ribadita anche in considerazione dell’analitica articolazione della valutazione medesima, come descritta dal bando e successivamente specificata dalla Commissione.

Per tutto quanto sin qui esposto, i ricorsi devono essere respinti.

Considerata la complessità della fattispecie, sussistono giusti motivi per compensare le spese di lite tra le parti.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Quater)

definitivamente pronunciando sui ricorsi riuniti, come in epigrafe proposti, li respinge. Compensa le spese di lite tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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