T.A.R. Lazio Roma Sez. II quater, Sent., 30-05-2011, n. 4876 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

I ricorrenti sono comproprietari di un immobile sito nel Comune di Castelnuovo di Porto (RM), Località Valle Ioro, Strada V n. 5, distinta in catasto fabbricati al foglio 16, part. 746 e ricadente nel vigente P.R.G. in zona C5 residenziale non soggetta a vincolo.

L’immobile è stato edificato in virtù della concessione edilizia n. 36 del 10/7/79; l’immobile è stato in seguito modificato abusivamente in alcune parti.

Con concessione in sanatoria del 26/11/08 n. 818 sono stati sanati:

– i lavori di ampliamento ed aumento dell’altezza del piano seminterrato;

– i lavori di realizzazione del garage del piano seminterrato;

– l’aumento della cubatura del piano seminterrato in esecuzione dello sbancamento del terreno;

– l’ampliamento ed aumento dell’altezza del piano terra;

– il cambio di destinazione d’uso al piano mansarda e la realizzazione del terrazzo per una superficie di circa mq. 59,904 così come descritti nella domanda di sanatoria, nella documentazione integrativa e nell’elaborato tecnico.

In data 23/10/08, prima del rilascio della concessione in sanatoria – datata 26/11/08 -, i ricorrenti hanno presentato al Comune di Castelnuovo di Porto la domanda di permesso di costruire in sanatoria ex art. 36 del D.P.R. 380/01, avente ad oggetto gli interventi edilizi di cambio di destinazione d’uso dei locali del piano seminterrato (ex magazzino) di detto fabbricato.

Gli interventi sono consistiti nella realizzazione di un appartamento in una parte dell’area in precedenza destinata a magazzino avente un volume di mc. 1251,99 in luogo del precedente volume di mc. 1290,86, con la realizzazione di una tettoia lunga cm 200 e larga cm 60.

In data 4/2/09, il Responsabile del Servizio Edilizia Privata del Comune di Castelnuovo di Porto ha eseguito un sopralluogo ispettivo in seguito al quale ha dato l’avvio ai procedimenti sanzionatori di cui all’art. 31 del D.P.R. 380/01.

Con il provvedimento prot. n. 5062 del 23 aprile 2009 il Comune di Castelnuovo di Porto ha quindi respinto la domanda di sanatoria ex art. 36 del D.P.R. 380/01.

Con successiva ordinanza n. 7/09 prot. n. 5093 del 23/4/09 ha ordinato la rimessione in pristino delle opere oggetto di domanda di sanatoria ex art. 36 del D.P.R. 380/01 e delle ulteriori opere ivi indicate.

Avverso il diniego di permesso di costruire in sanatoria i ricorrenti hanno dedotto i seguenti motivi di impugnazione:

1. Violazione di legge ed eccesso di potere per difetto dei presupposti ed illogicità della motivazione.

Sostengono i ricorrenti che ricorrerebbero nel caso di specie tutti i presupposti per il rilascio del provvedimento di sanatoria, e cioè la doppia conformità, la presentazione della domanda entro i termini previsti dalla legge, il pagamento degli oneri dovuti a titolo di oblazione.

Il presupposto sulla base del quale sarebbe stato adottato il provvedimento impugnato sarebbe del tutto erroneo, in quanto il manufatto sul quale sono stati realizzati i lavori oggetto di domanda di sanatoria sarebbe stato sanato per effetto del provvedimento del 26/11/08 n. 818 e dunque risulterebbe legalmente realizzato.

Detta circostanza sarebbe stata tempestivamente rappresentata al Comune.

Avverso l’ordinanza di demolizione n. 7/09 deducono invece i ricorrenti la seguente censura:

2. Violazione di legge ed eccesso di potere. Illegittimità derivata.

Con riferimento al punto 3a) dell’ordinanza di demolizione deducono i ricorrenti il vizio di illegittimità derivata, trattandosi dell’intervento realizzato al piano seminterrato oggetto di sanatoria rilasciata con provvedimento n. 818 del 26/11/08.

Con riferimento ai punti 1b), 2d) e 3b) aventi ad oggetto piccole cubature in eccesso, deducono i ricorrenti che sarebbero inferiori al 2% della volumetria complessiva dell’edificio e come tali non sarebbero assoggettabili alle sanzioni previste dalla normativa regionale.

Con riferimento al punto 3d) relativo alla realizzazione di una tettoia destinata a pollaio, deducono che si tratterebbe di opera realizzata in assenza di denuncia di inizio attività e non in assenza di permesso di costruire, assoggettata quindi alle sanzioni amministrative di cui alla L.R. 15/08 e non a quelle di cui all’art. 31 del D.P.R. 380/01.

I ricorrenti hanno concluso chiedendo l’annullamento dell’atto in parte qua.

Il Comune di Castelnuovo di Porto si è costituito in giudizio ed ha chiesto il rigetto del ricorso per infondatezza.

Con istanza notificata in data 8 ottobre 2009 e depositata il 9 ottobre 2009, il ricorrente Sig. U.F. ha rinunciato al ricorso.

L’interesse alla decisione residua quindi soltanto per la ricorrente Angela Carciofi.

Con memoria depositata il 7 febbraio 2011 la ricorrente ha insistito per l’accoglimento del ricorso.

All’udienza pubblica del 10 marzo 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

Preliminarmente occorre dare atto dell’avvenuta rinuncia al ricorso da parte del ricorrente Sig. U.F..

L’interesse al ricorso persiste soltanto per la ricorrente Sig.ra Angela Carciofi.

La ricorrente ha impugnato sia il diniego di sanatoria ex art. 36 del D.P.R. 380/01, che l’ordinanza di rimessione in pristino ex art. 31 del D.P.R. 380/01 adottata sia con riferimento alle opere per le quali era stata negata la sanatoria, sia per ulteriori opere abusive la cui esistenza è stata accertata dal Comune in sede di sopralluogo.

Per ragioni logiche deve essere preventivamente esaminata la doglianza proposta avverso il diniego di sanatoria.

L’Amministrazione ha respinto la domanda di sanatoria rilevando che in base all’art. 36 del D.P.R. 380/01 deve sussistere la doppia conformità del manufatto sia al momento della realizzazione delle opere, sia al momento della presentazione della domanda di sanatoria; nel caso di specie non vi sarebbero stati i presupposti per il rilascio della sanatoria in quanto:

– il fabbricato al momento della presentazione della domanda non risultava legittimato da valido titolo edilizio, essendo ancora in istruttoria la domanda di condono edilizio presentata in data 2973/86 prot. n. 1998, e pertanto fino alla conclusione dell’istruttoria non risultava possibile la realizzazione di opere comportanti varianti essenziali di ristrutturazione edilizia;

– al momento della presentazione della domanda di sanatoria (23 ottobre 2008 prot. n. 14657) la situazione era immutata, in quanto il condono non era stato ancora rilasciato.

– inoltre, in sede di sopralluogo sarebbero emerse ulteriori difformità edilizie rispetto a quelle indicate nel progetto allegato alla domanda di sanatoria, sanzionabili con successivo provvedimento.

Con il primo motivo la ricorrente sostiene che il diniego sarebbe viziato per difetto dei presupposti e per illogicità della motivazione.

Secondo la ricorrente, infatti, il rilascio del permesso di costruire in sanatoria presuppone la conformità dell’intervento alla disciplina urbanistica vigente sia al momento della realizzazione dell’intervento che al momento della presentazione della domanda, il rispetto dei termini previsti dall’art. 36 del D.P.R. 380/01 per la presentazione della domanda ed il pagamento degli oneri previsti a titolo di oblazione.

Nel caso di specie la motivazione del diniego sarebbe del tutto inconferente ed estranea al dettato normativo, e comunque il rilascio del condono edilizio con atto n. 818/08 renderebbe le opere del tutto legittime e quindi passibili di permesso di costruire in sanatoria.

La censura è fondata.

L’istituto dell’accertamento di conformità è stato introdotto con l’intento di consentire la sanatoria dei soli abusi meramente formali, vale a dire di quelle costruzioni per le quali, sussistendo ogni altro requisito di legge e regolamento, manchi soltanto il necessario titolo abilitativo (Cons. Stato Sez.V 29/5/06 n. 3267).

Ne consegue che il diniego di sanatoria ex art. 36 del D.P.R. 380/01 deve essere adeguatamente motivato indicando le specifiche ragioni di contrasto dell’intervento con la disciplina urbanistica vigente sia al momento della realizzazione delle opere abusive sia al momento di presentazione della domanda di sanatoria.

Nel caso di specie non risultano indicate specifiche ragioni di contrasto con la normativa urbanistica comunale e dunque, sotto questo profilo, il provvedimento impugnato appare del tutto carente nella motivazione.

Occorre però aggiungere che il rilascio del permesso di costruire in sanatoria ex art. 36 del D.P.R. 380/01, presuppone, in capo al responsabile dell’abuso, una situazione giuridica del tutto equiparabile a quella di chi richieda un ordinario permesso di costruire, ivi compresa la sussistenza ab origine della conformità urbanistica dell’opera, e quindi correttamente ha rilevato la difesa comunale che un intervento di ristrutturazione edilizia può essere autorizzato (in via preventiva o ex post attraverso l’accertamento di conformità ex art. 36 del D.P.R. 380/01) soltanto laddove insista su un edificio realizzato con validi titoli edilizi (cfr. T.A.R. Campania Sez, Napoli 23/4/09 n. 2142).

Il diniego di sanatoria del Comune di Castelnuovo di Porto risulta motivato proprio per la carenza di questo presupposto: il fabbricato sul quale sono state eseguite le opere oggetto di domanda di accertamento di conformità era abusivo, perché non ancora sanato per effetto del condono ex L. 47/85, (in quanto il provvedimento di condono è intervenuto solo il 26/11/08), e quindi interventi di ristrutturazione edilizia sullo stesso non potevano essere sanati in base all’art. 36 del D.P.R. 380/01.

La tesi dell’Amministrazione non può essere condivisa perché non tiene conto che l’intervento oggetto di domanda di sanatoria ex art. 36 del D.P.R. 380/01 riguarda il manufatto non più abusivo, in quanto sanato per effetto del condono.

La domanda di sanatoria ex L. 47/85 è stata presentata – relativamente al piano seminterrato oggetto del successivo intervento di cambio di destinazione d’uso – nel 1986 ed è rimasta pendente per oltre venti anni presso il Comune; il provvedimento di condono datato 26 novembre 2008 rende legittimo il fabbricato ab origine, fin dal momento della realizzazione delle opere.

Sicchè non può ritenersi che i lavori di ristrutturazione siano stati eseguiti su un fabbricato abusivo e dunque non siano sanabili, perché il manufatto sul quale è stato eseguito l’intervento ha perso il carattere dell’abusività per effetto del provvedimento di condono ex L. 47/85 datato 26/11/08 n. 818, intervenuto ben prima che l’Amministrazione si pronunciasse sulla domanda di sanatoria ex art. 36 del D.P.R. 380/01.

Ne consegue la fondatezza del primo motivo di impugnazione, atteso che il provvedimento di diniego di sanatoria risulta adottato sulla base dell’erroneo presupposto costituito dall’abusività dell’opera oggetto di mutamento di destinazione d’uso.

L’Amministrazione dovrà quindi ripronunciarsi sulla domanda di sanatoria ex art. 36 del D.P.R. 380/01 verificando l’esistenza della doppia conformità dell’intervento rispetto alla normativa urbanistica comunale vigente sia al momento della realizzazione delle opere che al momento della presentazione della domanda di sanatoria.

Per quanto concerne, infine, le ulteriori irregolarità urbanistiche accertate in seguito a sopralluogo, non possono costituire valido motivo per il diniego di sanatoria, ma possono soltanto comportare l’adozione dei provvedimenti sanzionatori.

Il diniego di sanatoria deve essere pertanto annullato.

Con il secondo motivo di gravame la ricorrente ha impugnato l’ordinanza di demolizione n. 7/09 deducendo – innanzitutto – il vizio di invalidità derivata per quanto concerne le opere oggetto di diniego di sanatoria.

La censura è fondata.

L’illegittimità del diniego di sanatoria riverbera i suoi effetti sull’ordinanza di demolizione n. 7/09 con riferimento alla riduzione in pristino degli interventi di ristrutturazione edilizia consistenti nel cambio di destinazione d’uso del locale seminterrato (punto 3a) dell’ordinanza stessa, che risulta affetta -in parte qua – dal vizio di invalidità derivata.

Detta ordinanza, però, non risulta adottata sulla base del solo presupposto costituito dal diniego di sanatoria, ma anche per ragioni diverse: il Comune, infatti, in sede di sopralluogo eseguito il 26/2/09 ha accertato ulteriori irregolarità edilizie ivi indicate, tutte sanzionate con l’ordine di ripristino.

Alcune di esse – punti 1a), 2a), 2b), 2c), 3c), 3e) – non sono state oggetto di motivi di censura, e dunque l’atto, nella relativa parte, deve ritenersi ormai inoppugnabile.

Restano da esaminare le doglianze proposte avverso i punti 1b), 1d) e 3b) dell’ordinanza, che riguardano piccoli incrementi di superficie, e avverso il punto 3d) – relativo alla realizzazione di una tettoia destinata a pollaio, realizzata con struttura portante in ferro e copertura superiore in cemento armato e tegole, delle dimensioni lorde di mt. 7,12 x 2,80 x 3,00.

Avverso i punti 1b), 1d) e 3b) dell’ordinanza, deduce la ricorrente che si tratterebbe di piccoli ampliamenti inferiori al 2% della cubatura dell’immobile e quindi non sanzionabili in base alla normativa regionale.

Il Comune di Castelnuovo di Porto ha replicato che non ricorrerebbero i presupposti per l’applicazione dell’art. 17 della L.R. Lazio 11/8/08 n. 15 in quanto la norma si riferirebbe alle sole varianti essenziali ad un progetto assentito, e comunque gli incrementi di superficie e di volumetria supererebbero di gran lunga il 2%.

La tesi dell’Amministrazione è condivisibile.

La ricorrente ha tenuto conto dei soli incrementi volumetrici di cui ai punti 1- b) pari a mc. 12,80, 2d) pari a mc. 4,80 e 3b) pari a mc. 4,80 ed ha sostenuto che in totale l’incremento di volumetria sarebbe pari a mc. 22,40 inferiore a mc. 25,81 che costituisce il 2% della cubatura totale dell’immobile che è di mc. 1290,86.

In realtà la ricorrente non ha tenuto conto dell’incremento di volume derivante dalla realizzazione della tettoia chiusa su tre lati – e costituente quindi volume pari a mc. 16,25 – di cui al punto 2- c) e della realizzazione del manufatto destinato a pollaio avente una volumetria di mc. 28,48 (punto 3c) dell’ordinanza): questi ulteriori incrementi di volume, sommati a quelli indicati dalla ricorrente e pari a mc. 22,40 superano di gran lunga il limite di mc. 25,81.

Ne consegue l’infondatezza della doglianza.

Resta da esaminare la doglianza relativa al punto 2d) dell’ordinanza e relativa alla realizzazione della tettoia destinata a pollaio costruita con struttura portante in ferro e copertura superiore in cemento armato e tegole, delle dimensioni lorde di mt. 7,12 x 2,80 x 3,00.

Ritiene la ricorrente che detta opera sarebbe stata eseguita in assenza di denunzia di inizio attività e non di permesso di costruire: per detto manufatto abusivo il Comune avrebbe potuto applicare soltanto le sanzioni amministrative di cui alla L.R. 15/08 e non quelle di cui all’art. 31 del D.P.R. 380/01.

La tesi della ricorrente non può essere condivisa.

Per giurisprudenza costante (fra le più recenti: TAR Campania Napoli, sez. II, 2/12/09 n. 8320; n. 3870 del 13 luglio 2009, n. 492 del 29 gennaio 2009; TAR Campania Napoli, Sez. IV, n. 19754 del 18 novembre 2008; T.A.R. Campania Napoli, sez. III, n. 10059 del 9 settembre 2008), gli interventi consistenti nell’installazione di tettoie o di altre strutture che siano comunque apposte a parti di preesistenti edifici come strutture accessorie di protezione o di riparo di spazi liberi, cioè non compresi entro coperture volumetriche previste in un progetto assentito, possono ritenersi sottratti al regime del permesso di costruire soltanto ove la loro conformazione e le loro ridotte dimensioni rendono evidente e riconoscibile la loro finalità di semplice decoro o arredo o di riparo e protezione (anche da agenti atmosferici) della parte dell’immobile cui accedono.

Tali strutture non possono viceversa ritenersi installabili senza permesso di costruire allorquando le loro dimensioni sono di entità tale da arrecare una visibile alterazione all’edificio o alle parti dello stesso su cui vengono inserite, quando quindi per la loro consistenza dimensionale non possono più ritenersi assorbite, ovvero ricomprese in ragione dell’accessorietà, nell’edificio principale o nella parte dello stesso cui accedono (in termini TAR Campania Napoli, sez. II, n. 3870 del 13 luglio 2009, T.A.R. Campania Napoli, Sez. IV, n. 19754 del 18 novembre 2008 cit., Consiglio di Stato, Sez. V, 13 marzo 2001 n. 1442).

Pertanto, la realizzazione di una tettoia (di non irrilevante consistenza dimensionale) ancorata al suolo costituisce opera idonea ad alterare lo stato dei luoghi e a trasformare il territorio permanentemente e perciò richiede il rilascio di un permesso di costruire (T.A.R. Piemonte Torino, sez. I, 16 marzo 2009, n. 752).

Del resto, è noto che la nozione di costruzione, ai fini del rilascio del permesso di costruire, si configura in presenza di opere che attuino una trasformazione urbanisticoedilizia del territorio, con perdurante modifica dello stato dei luoghi, a prescindere dal fatto che essa avvenga mediante realizzazione di opere murarie, essendo irrilevante che le opere siano state realizzate in metallo, in laminati di plastica, in legno o altro materiale, ove si sia in presenza di un’evidente trasformazione del tessuto urbanistico ed edilizio e le opere siano preordinate a soddisfare esigenze non precarie sotto il profilo funzionale (T.A.R. Campania Napoli, sez. II, 26 settembre 2008, n. 11309; Consiglio Stato, Sez. IV, n. 2705 del 2008). In altri termini, rilevano non soltanto gli elementi strutturali (composizione dei materiali, smontabilità o meno del manufatto) ma anche i profili funzionali dell’opera (cfr. TAR Lazio, Roma, Sez. I quater, n. 11679 del 23 novembre 2007).

Applicando tali principi al caso in esame si deve ritenere che la tettoia oggetto del provvedimento impugnato, realizzata dal ricorrente in ferro con copertura in c.a. e tegole, non possa ritenersi irrilevante sotto il profilo edilizio per la sua tipologia (muratura e struttura metallica non leggera), per la sua dimensione (circa 20 mq.), perché suscettibile di autonoma utilizzazione e perché ha determinato una non irrilevante alterazione dello stato dei luoghi, con la conseguenza che per l’installazione di tale struttura era necessario il permesso di costruire (e non una semplice DIA), con l’ulteriore conseguenza che la realizzazione della stessa in assenza del titolo dovuto ne ha determinato l’abusività e quindi l’irrogazione della prevista sanzione ripristinatoria (art. 31 del DPR n. 380 del 2001).

Il motivo di doglianza deve essere quindi respinto.

In conclusione, il ricorso avverso il provvedimento del Comune di Castelnuovo di Porto prot. n. 5062 del 23/4/09 avente ad oggetto il diniego di sanatoria deve essere accolto, mentre il ricorso avverso l’ordinanza ex art. 31 del D.P.R. 380/01 n. 7/09 deve essere accolto solo in parte, così come precisato in motivazione.

Quanto alle spese di lite, sussistono giusti motivi per disporne la compensazione tra le parti.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così dispone:

dà atto della rinuncia al ricorso da parte del ricorrente Sig. U.F.;

accoglie il ricorso avverso il provvedimento del Comune di Castelnuovo di Porto prot. n. 5062 del 23/4/09 avente ad oggetto il diniego di sanatoria;

accoglie nei soli limiti indicati in motivazione il ricorso avverso l’ordinanza ex art. 31 del D.P.R. 380/01 n. 7/09 e per l’effetto annulla il provvedimento nella sola parte indicata in motivazione;

compensa tra le parti le spese di lite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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