T.A.R. Campania Napoli Sez. III, Sent., 03-06-2011, n. 2977 Amministrazione Pubblica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il ricorso in epigrafe, notificato il 13 novembre 2009 e depositato il successivo 10 dicembre, la ricorrente, titolare della rivendita tabacchi n. 15 ha impugnato il provvedimento con il quale il direttore dell’Ufficio regionale dell’A.A.M.S. ha disposto l’aggregazione del patentino n. 300701 del sig. Piscopo alla rivendita n. 22 del controinteressato.

Premette la ricorrente che il citato patentino risultava aggregato per un biennio (sino al 31.12.2010) alla propria tabaccheria (rivendita n. 15) in virtù di quanto disposto dall’amministrazione con provvedimento del 12 gennaio 2009 (prot. 1171). Successivamente, a seguito dell’istituzione di una nuova rivendita (la n. 22), l’A.A.M.S. decideva con l’impugnato provvedimento di cambiare aggregazione. In particolare, l’amministrazione motivava la propria decisione sulla base del fatto "che la distanza intercorrente tra il locale dove è funzionale il patentino e la rivendita n. 22, recentemente istituita, è di mt. 450 ca., mentre quella del locale alla rivendita n. 15 è di mt. 630. ca.".

A sostegno del gravame deduce i seguenti motivi:

1) violazione del giusto procedimento, violazione dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990, violazione dell’art. 97 della Costituzione, insufficienza e illegittimità della motivazione in quanto è stata omessa la comunicazione di avvio del procedimento tanto più necessaria trattandosi di un provvedimento di secondo grado da qualificarsi come revoca;

2) violazione degli artt. 21 bis e 21 quinquies della legge n. 241 del 1990, eccesso di potere per carenza di istruttoria e contraddittorietà tra atti interni dell’amministrazione, violazione del giusto procedimento in quanto l’amministrazione non ha mai revocato il precedente provvedimento del 12 gennaio 2009 con il quale si è stabilita l’aggregazione del patentino alla rivendita della ricorrente fino al 31.12.2010 ed è stato leso il legittimo affidamento relativo alla durata del rapporto e in quanto l’eventuale revoca, per la sua natura di atto recettizio, doveva essere comunicato per produrre effetti nella sfera giuridica dell’interessata;

3) violazione del giusto procedimento, violazione dell’art. 6 della legge n. 241 del 1990, eccesso di potere per carenza di istruttoria e omissione di atti necessari in quanto non è stato acquisito il parere del responsabile del procedimento;

4) violazione dell’art. 23 della legge n. 1293 e dell’art. 54 del D.P.R. n. 1074/1958, eccesso di potere per carenza di istruttoria e mancata valutazione dell’interesse pubblico, carenza di motivazione e ingiustizia manifesta in quanto l’unico parametro utilizzato dall’amministrazione è quello della distanza senza tener conto di altri fattori come l’assetto del mercato e l’affidamento della ricorrente.

La ricorrente chiede poi, in subordine, che ove l’atto impugnato sia ritenuto legittimo, l’amministrazione venga condannata a corrispondere l’indennizzo previsto dall’art. 21 quinquies della legge n. 241 del 1990.

Si è costituito per resistere al ricorso il Ministero dell’economia e delle finanze a mezzo dell’Avvocatura distrettuale dello Stato.

La domanda di tutela cautelare è stata accolta con l’ordinanza n. 1349 del 25 giugno 2010.

Con memoria di replica depositata in data 5 aprile 2011 la ricorrente ha specificato la domanda di risarcimento danni.

Alla pubblica udienza del 28 aprile 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

1. Quanto alla domanda di annullamento, il ricorso è fondato e va accolto.

Oggetto della presente controversia è il provvedimento con il quale l’amministrazione autonoma dei monopoli di Stato ha disposto l’aggregazione del patentino del sig. Piscopo, originariamente aggregato alla rivendita n. 15 della ricorrente, alla rivendita n. 22 del controinteressato.

Risulta dagli atti di causa che l’amministrazione, inizialmente, aveva stabilito con provvedimento del 2 gennaio 2009 il rinnovo per un biennio dell’aggregazione del patentino in questione alla rivendita della ricorrente. Successivamente, l’istituzione di una nuova rivendita (la n. 22), più vicina al locale ove opera il patentino, ha determinato l’amministrazione a cambiare l’aggregazione in favore di quest’ultima, sottraendola alla ricorrente.

In proposito, fondata e assorbente si palesa la violazione dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990.

Osserva in primo luogo il Collegio che l’atto adottato dall’amministrazione si configura come revoca implicita della precedente aggregazione del patentino alla rivendita della ricorrente.

In secondo luogo, non può valere come comunicazione di avvio del procedimento la nota del 18 novembre 2008 inviata all’interessata, concernente l’apertura dell’istruttoria per un eventuale cambio di aggregazione del patentino, considerato che, successivamente a tale nota, la ricorrente ha ottenuto con provvedimento del 12 gennaio 2009 l’aggregazione del patentino per un intero biennio.

In terzo luogo, il provvedimento, contrariamente a quanto sostiene l’amministrazione nelle proprie difese, non può considerarsi atto avente natura vincolata.

Rammenta il Collegio che l’art. 54 del D.P.R. n. 1074/1958 stabilisce che "il titolare del patentino deve rifornirsi di generi di monopolio presso la rivendita ordinaria più vicina al suo esercizio" e che l’amministrazione possa prevedere una "diversa aggregazione quando ciò possa "comportare alterazione dell’assetto di vendita dei generi di monopolio nella zona". Dalle disposizioni sopra richiamate discende che il criterio principale che deve guidare l’amministrazione nel decidere l’aggregazione dei patentini alle rivendite è quello della vicinanza potendo l’autorità derogare al predetto criterio per motivate esigenze di pubblico interesse.

Nella fattispecie, la ricorrente si è vista sottrarre l’aggregazione del patentino, valida per due anni, per l’intervenuto ingresso nel mercato di una nuova rivendita. L’amministrazione motiva, infatti, il cambio di aggregazione proprio sul presupposto di un mutamento della situazione di fatto, ovvero, la recente istituzione della rivendita n. 22 del controinteressato. Per queste ragioni, l’atto amministrativo impugnato è qualificabile come provvedimento di secondo grado e, in quanto tale, tipicamente discrezionale. Ciò chiarito, non può sostenersi che la partecipazione dell’interessata sarebbe stata del tutto inutile. L’amministrazione, a tale proposito, non ha dimostrato in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato (art. 21 octies, comma 1, secondo periodo, della legge n. 241 del 1990) anche in riferimento al disposto dell’art. 54 del citato D.P.R. che abilita l’autorità amministrativa a derogare al richiamato principio della vicinanza tra rivendita e locale ove opera il patentino.

In conclusione, il ricorso va accolto con conseguente annullamento degli atti impugnati.

L’esito del giudizio (relativamente alla domanda di annullamento) esime il Collegio dall’esprimersi sulla richiesta (subordinata) di fissare un indennizzo a favore della ricorrente ai sensi dell’art. 21 quinquies della legge n. 241 del 1990. E’ bene precisare che nell’atto di ricorso sotto la rubrica "istanza risarcitoria" la ricorrente chiede "nel caso in cui l’adito Collegio ritenga che le censure di legittimità mosse al provvedimento impugnato non sono sufficienti per fondare la declaratoria di illegittimità dello stesso, ritenendo in particolare che l’atto di revoca sia contenuto in re ipsa nel provvedimento con cui si dispone il cambio di aggregazione, o in altro differente atto che l’Ecc. Giudice ritenga di indicare, lo stesso quantifichi e condanni l’A.A.M.S. al pagamento dell’indennizzo previsto dall’art. 21 quinquies" (pag. 10 del ricorso). In altri termini, la richiesta di indennizzo è articolata come domanda subordinata da esaminare solo nel caso in cui non venga accolta (come invece è avvenuto) quella mirante all’annullamento dell’atto impugnato.

Deve, invece, giudicarsi inammissibile la domanda di risarcimento dei danni formulata dalla ricorrente, per la prima volta, nella memoria di replica depositata in giudizio il 5 aprile 2011. Come sopra evidenziato, nell’atto di ricorso la ricorrente si è limitata a chiedere, subordinatamente alla eventuale reiezione della domanda di annullamento, la fissazione di un indennizzo ai sensi dell’art. 21 quinqies della legge n. 241/1990. Di contro, la domanda ricavabile dal contenuto della citata memoria, lungi dall’essere una specificazione della richiesta risarcitoria già formulata nel corpo del ricorso introduttivo (cfr. pag. 3 della memoria) va correttamente configurata come domanda nuova che andava, a pena di inammissibilità, notificata alla controparte.

Come ha avuto modo di evidenziare la giurisprudenza, "le domande aventi a oggetto l’indennizzo e il risarcimento del danno sono giuridicamente, e ancor prima logicamente, incompatibili tra loro, in quanto nel primo caso si presuppone la legittimità della revoca e un’eventuale responsabilità dell’Amministrazione da atto lecito dannoso, mentre nel secondo caso si muove dalla dedotta illegittimità provvedimentale e dalla relativa pretesa risarcitoria qualificandosi come " non iure " la condotta dell’Amministrazione; di tal che nel corso del giudizio instaurato per l’annullamento del provvedimento, la richiesta formulata dal ricorrente che il proprio danno venga liquidato ai sensi dell’art. 21 quinquies, l. n. 241 del 1990, come aggiunto dall’art. 14, l. n. 15 del 2005, fuoriesce dalla connotazione propria del risarcimento di un danno ingiusto per assumere la valenza di un ristoro patrimoniale discendente dalla legittima adozione di un atto di revoca e, quindi, di per sé incompatibile con la contestuale proposizione di una domanda di annullamento dell’atto medesimo, potendo tuttavia bene il ricorrente valutare i presupposti per proporre in via autonoma la domanda giudiziale di cui all’anzidetto art. 21 quinquies, l. n. 241 del 1990" (T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 01 aprile 2009, n. 3479).

2. La soccombenza reciproca giustifica la compensazione delle spese del giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, sede di Napoli, definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in epigrafe (R.G. n. 6955/2009), così provvede:

a) lo accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati;

b) dichiara inammissibile la domanda di risarcimento dei danni;

c) compensa le spese del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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