Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
1. C.T. – in relazione a controversia per il risarcimento dei danni causati dagli allagamenti verificatisi il 5.11.91 ed il 3.2.1992 nell’appartamento di sua proprietà, oggetto di due cause successivamente riunite, proposte, rispettivamente, dalla conduttrice società F.A.T.A. nei confronti della propria locatrice C. e del Condominio, e dalla Libreria Internazionale Ernesto Gremese (esercente nei locali sottostanti il predetto appartamento) nei confronti delle Compagnie assicuratrici – propone ricorso per cassazione (notificato il 9.6.2009), sulla base di diciannove motivi, illustrati da memoria, avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma depositata il 24 febbraio 2009 (notificato a richiesta della F.A.T.A. il 10.04.09), che, per quanto rileva in questa sede, a) per i danni conseguiti all’allagamento del 5.11.1991, ha ritenuto responsabile la C. nei confronti della F.A.T.A. e della Libreria Gremese; b) per i danni relativi all’allagamento del 3 febbraio 1992, dichiarava la C. e la Assieuropa responsabili nei confronti della Libreria Gremese.
2. Nel proprio ricorso, la C. deduce i seguenti motivi:
2.1. Violazione e falsa applicazione dell’art. 1117 c.c., n. 3, in relazione all’art. 2053 c.c., e chiede alla Corte "se sussista falsa applicazione dell’art. 1117 c.c., comma 3, ad opera del giudice che abbia escluso la responsabilità esclusiva o concorrente del condominio con quella del singolo condomino, per i danni conseguenti alla rottura dell’impianto dell’acqua, cioè della tubazione, accertata dalla sentenza quale verificatasi nel punto di congiuntura/saldatura tra la condotta condominiale e quella individuale (come da relazione del consulente del condominio, ing. C.G., recepita dalla Corte di appello, alla stregua del C..U. e del Tribunale)";
2.2. Violazione degli artt. 1588 e 1590 c.c., in relazione all’art. 2053, violazione degli artt. 2727 e 2728 c.c. ed artt. 115 e 116 c.p.c., violazione del principio della prova e chiede alla Corte se "nell’ipotesi di esecuzione da parte della conduttrice (ovvero della detentrice) di lavori di ristrutturazione del bagno di un immobile, nel corso della locazione, ed in presenza di una perizia tecnica che indichi l’effettuazione di nuovi allacci idrici alla rete condominiale, nel medesimo bagno ristrutturato, il giudice abbia violato le norme di cui agli artt. 1588 e 1590 c.c. e la relative presunzioni di legge, dichiarando l’esclusiva responsabilità della proprietaria, ex art. 2053 c.c., per i danni cagionati a terzi dalla rottura di tubazione inerente l’impianto idrico dei locali del bagno stesso, in quanto con detti lavori si è realizzato il trasferimento della disponibilità e della custodia anche delle parti interne non visibili del bagno in capo al conduttore (detentore).
2.3. Violazione e falsa applicazione dell’art. 2053 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c. e chiede alla Corte se "la circostanza dell’effettuazione di lavori di ristrutturazione nei locali del bagno di un immobile, autorizzati dalla proprietaria che abbia partecipato alla relativa spesa, i quali abbiano implicato il riposizionamento dei sanitari ed interventi sull’impianto idrico, eseguiti tre anni prima della rottura di tubazione idrica nello stesso bagno, determinino l’esonero di responsabilità della proprietaria, ex art. 2053 c.c., ritenendosi provata la circostanza che la rovina non è dovuta a difetto di manutenzione e se, nel decidere, la Corte di Appello abbia violato tale norma";
2.4. Violazione art. 2053 c.c., in relazione all’art. 2043, 1588 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c., e chiede alla Corte se "la circostanza dell’effettuazione a cura del conduttore (ovvero del detentore) di lavori di ristrutturazione nei locali del bagno di un immobile, i quali abbiano implicato il riposizionamento dei sanitari ed interventi sull’impianto idrico eseguiti tre anni prima della rottura di tubazione idrica nello stresso bagno, determinino un diritto di rivalsa in favore della proprietaria che non sia stata preavvertita della situazione di pericolo dal conduttore committente dei lavori de quibus, e se, nel decidere, la Corte abbia violato tale diritto";
2.5. Insufficiente, erronea, contraddittoria motivazione in ordine a fatto controverso e decisivo e chiede alla Corte di valutare se la motivazione resa dal giudice di appello sia sufficiente in ordine all’assegnazione della responsabilità dell’evento a carico della C., in presenza dei dubbi e delle incongruenze circa il fatto storico, pur recepito a monte del sillogismo "condannatario". 2.6. Ulteriore carenza di motivazione su fatto controverso e decisivo, per avere la Corte incongruamente escluso l’incidenza causale dei lavori di ristrutturazione nel bagno in questione effettuati dalla F.A.T.A. oppure dall’Assieuropa;
2.7. Insufficiente motivazione sul fatto controverso e decisivo dell’omesso tempestivo avviso al proprietari dell’infiltrazione/situazione di pericolo;
2.8. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sul fatto controverso e decisivo della liquidazione equitativa per impossibilità/notevole difficoltà nella quantificazione dei danni anche in relazione all’art. 2697 c.c. ed agli artt. 115 e 116 c.p.c.;
2.9. Violazione degli art. 1126 e.e. in relazione all’art. 2697 c.c. e artt. 115 e 116 c.p.c. e chiede alla Corte se "in ipotesi di mancata esatta prova da parte del danneggiato – imputabile alla parte stessa – circa l’esatta consistenza del danno, anche nelle sue componenti ed essendo emerso in giudizio l’intento speculativo del danneggiato, violi il giudice l’art. 1226 c.c., laddove proceda comunque, alla liquidazione in via equitativa e se, nella fattispecie, tale norma sia stata violata da parte del giudice a quo";
2.10. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sul fatto controverso e decisivo della responsabilità per il secondo sinistro, perchè la Corte, dopo aver rilevato che l’immobile era custodito dalla detentrice, ha condannato anche la proprietà in assenza di riscontri che potessero condurre alla conclusione che vi fossero state rotture o guasti agli impianti conglobati nelle strutture murarie sulle quali permane la custodia del proprietario, discostandosi, senza adeguata motivazione, dalle conclusioni del C.T.U.;
2.11. Violazione dell’art. 2051, in relazione all’art. 2697 c.c., e chiede alla Corte se "nel caso di immobile condotto in locazione, da cui siano originate infiltrazioni di acqua che abbiano cagionato danni a terzi, in assenza di prova circa la rottura di tubazioni idriche interne alle strutture murarie e agli impianti in esse conglobati, ed anzi in presenza di relazioni tecniche e prove testimoniali che escludano la detta ipotesi, vi sia stata violazione dell’art. 2051 c.c., ad opera del Giudice che abbia, comunque, addebitato al proprietario dell’immobile la responsabilità di tali danni a norma dell’art. 2051 c.c., anzichè, in assenza di prova circa la riconducibilità dell’evento, statuire per la presunzione di responsabilità in capo al conduttore cui viene trasferita la disponibilità e la custodia della cosa";
2.12. Violazione dell’art. 112, in relazione all’art. 99 c.p.c., violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3 e chiede alla Corte se "nella fattispecie, relativamente alla seconda infiltrazione d’acqua del 3.2.92, il giudice a quo, nell’affermare la responsabilità della proprietaria C. (in via solidale con l’Assieuropa), abbia violato le dette norme ed il giudicato interno, nella parte della decisione in cui, senza specifica domanda della parte interessata (nè di altre parti in giudizio) abbia esteso l’accertamento della responsabilità dell’evento nei confronti della medesima C., pronunciandosi contro di essa su non richiesta sua condanna al risarcimento del danno";
2.13. Violazione degli artt. 1882, 1891, 1917, 1363, 1366 e 1362 c.c. e art. 112 c.p.c. e chiede alla Corte se sussista violazione del combinato disposto delle predette disposizioni nella statuizione della sentenza impugnata che abbia escluso che la garanzia contrattuale assicurativa globale, comprendente anche le posizioni individuali dei singoli condomini, possa essere fatta valere dal Condominio – soggetto contraente della polizza ed "assicurato" ai sensi dello stesso contratto – per la responsabilità civile dell’intero stabile assicurato, ivi incluse le parti di proprietà individuale e, quindi, nella specie, quelle della C., attraverso la domanda di manleva alla Compagnia assicuratrice";
2.14. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sul consenso della condomina a che il condominio facesse valere i diritti nascenti dal contratto di assicurazione, per non avere la Corte territoriale spiegato perchè abbia escluso che il Condominio avesse esercitato diritti spettanti alla C., sul presupposto che il medesimo avesse agito unicamente nel proprio esclusivo interesse;
2.15. Carenza di motivazione sul punto decisivo per non avere la Corte sufficientemente motivato nel disattendere la tesi della ricorrente, secondo cui la garanzia contrattuale globale avrebbe dovuto considerarsi validamente invocata sul presupposto della configurazione del condominio come ente di gestione e della generale richiesta di manleva proposta dallo stesso nel giudizio;
2.16. Violazione degli artt. 1131, 1703 e 1704 c.c. e chiede alla Corte se "il giudice, nell’affermare che il Condominio ha agito "nel proprio esclusivo interesse", al fine di evitare le conseguenze sfavorevoli di un’affermazione di una sua responsabilità civile, negando quindi che il condominio abbia esercitato in nome proprio un diritto altrui (quello dei singoli condomini, ivi incluso quello della C.), abbia violato le indicate disposizioni";
2.17. Sull’accoglimento dell’appello incidentale della F.A.T.A. e gli asseriti danni derivanti dal primo sinistro, la ricorrente deduce violazioni di legge e carenza nelle motivazioni ut supra (richiama le rubriche dei sedici precedenti motivi) e chiede alla Corte se il giudice a quo nell’addebitare la responsabilità in via esclusiva alla proprietaria C. ex art. 2051 c.c., per i danni derivanti alla FATA dal primo sinistro infiltrativo del 5.11.91, ovvero nel negare il relativo diritto di manleva in favore della stesso proprietaria da parte delle Generali abbia violato le norme indicate nelle rubriche dei precedenti motivi;
2.18. Violazione dell’art. 112, in relazione all’art. 99 c.p.c.;
violazione dell’art. 1224 c.c. e chiede alla Corte se il giudice a quo, nel riconoscere le somme, anche a titolo di accessori, come in sentenza, alla FATA Ass.ni S.p.A., a titolo di risarcimento del danno provocato dall’allagamento del 5.11.91, abbia violato le predette disposizioni;
2.19. Incongruenza anche con riguardo al principio di insufficiente, contraddittoria motivazione circa punto decisivo, per aver liquidato gli "accessori" di cui al precedente motivo secondo criteri soggettivi, imperscrutabili e non ripercorribili.
3.1. Resistono con controricorso le Assicurazioni Generali, la F.A.T.A. e l’Assieuropa, chiedendo dichiararsi inammissibile e comunque infondato il ricorso. La seconda propone anche ricorso incidentale condizionato chiedendo alla Corte "ove da più beni – da un appartamento e dalla colonna idrica condominiale, come nella specie – derivino infiltrazioni all’appartamento sottostante, senza possibilità d’individuare la provenienza delle stesse dall’uno o dall’altro, in applicazione dell’art. 2051 c.c., devono o meno ritenersi solidalmente responsabili tutti i soggetti interessati alla manutenzione dei suddetti beni).
3.2. Resiste con controricorso anche il Condominio, con atto notificato il 20 luglio 2009, nel quale propone ricorso incidentale condizionato, in relazione al rapporto assicurativo corrente con le Assicurazioni Generali, e chiede alla Corte "se in tema di copertura assicurativa di un danno proveniente dalla rete fognaria condominiale, nella specie individuato nel c.d. "rigurgito di fogna", pur non essendo provata per avvenuta la condizione indicata in polizza (guasto o rottura della relativa condotta che autorizzerebbe l’operatività della garanzia, le conseguenze pregiudizievoli che ne siano derivate possano ritenersi incluse tra i rischi assunti dall’assicuratore". Le Generali e la F.A.T.A. resistono con controricorso anche a tale ricorso incidentale, deducendone l’infondatezza. Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.
4. I ricorsi vanno riuniti, essendo stati proposti avverso la medesima sentenza ( art. 335 c.p.c.).
4.1. La censure del ricorso principale, proposto dalla C., sono prive di pregio. In primo luogo, i quesiti, come sopra formulati nei motivi che deducono violazione di legge, si rivelano inidonei.
Una formulazione del quesito di diritto adeguata alla sua funzione richiede, come noto, che, con riferimento ad ogni punto della sentenza investito da motivo di ricorso la parte, dopo avere del medesimo riassunto gli aspetti di fatto rilevanti ed averne indicato il modo in cui il giudice lo ha deciso, esprima la diversa regola di diritto sulla cui base il punto controverso andrebbe viceversa risolto, formulato in modo tale da circoscrivere la pronunzia nei limiti del relativo accoglimento o rigetto (v. Cass., 17/7/2008 n. 19769; 26/3/2007, n. 7258). Occorre, insomma che la Corte, leggendo il solo quesito, possa comprendere l’errore di diritto che si assume compiuto dal giudice nel caso concreto e quale, secondo il ricorrente, sarebbe stata la regola da applicare. Non si rivelano, pertanto, idonei i quesiti formulati alla fine dei motivi dal 1^ al 4^ e dell’11^ e del 12^ proposti nel presente ricorso, dato che non contengono adeguati riferimenti alla fattispecie oggetto della sentenza impugnata, nè espongono le regole di diritto che si assumono erroneamente applicate e, quanto a quelle di cui s’invoca l’applicazione, si limitano ad enunciazioni di carattere generale ed astratto che, che presuppongono tutte una valutazione delle risultanze di causa in senso difforme da quella operata dalla Corte territoriale, non riconducibili alla fattispecie esaminata in sentenza, sicchè non consentono di dare risposte utili a definire la causa (Cass. S.U. 11.3.2008 n. 6420). In particolare, i motivi 9^, 13^, 16^ e 18^ sono inammissibili perchè il quesito di diritto non può risolversi – come alla fine degli stessi – in una tautologia o in un interrogativo circolare, che già presuppone la risposta, ovvero in cui la risposta non consente di risolvere il caso sub iudice (Cass. S.U. 2/12/2008 n. 28536).
4.2. Senza contare che sussiste, in rapporto ai predetti motivi dal 1^ al 4^ ed 11^^, anche un altro profilo d’inammissibilità delle censure, dato che si deve ribadire che, in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa (di qui la funzione di assicurare l’uniforme interpretazione della legge assegnata alla Corte di Cassazione dall’art. 65 ord. giud.);
viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e impinge nella tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione; il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – è segnato, in modo evidente, dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (Cass. n. 16698 e 7394 del 2010; 4178/07; 10316/06; 15499/04). Nei motivi dal 1^ al 4^ e nell’11^, infatti, l’assunta violazione di legge si basa sempre e presuppone una diversa ricostruzione delle risultanze di causa (come, nel 1^ motivo, la "causa" condominiale o individuale delle infiltrazioni), censurabile solo sotto il profilo del vizio di motivazione, secondo il paradigma previsto per la formulazione di detti motivi (v. paragrafo successivo).
4.3. Inoltre, nel caso, con riferimento a tutti i motivi con i quali vengono denunziati vizi di motivazione, la ricorrente non ha formulato i richiesti momenti di sintesi (e, dove lo ha fatto, come nel 5^ e nel 10^ motivo, li ha formulati in modo inidoneo). Difetta, pertanto, la "chiara indicazione" del "fatto controverso" e delle "ragioni" che rendono inidonea la motivazione a sorreggere la decisione, indicati dall’art. 366 bis c.p.c., che come da questa Corte precisato richiede un quid pluris rispetto alla mera illustrazione del motivo, imponendo un contenuto specifico autonomamente ed immediatamente individuabile (v. Cass., 18/7/2007, n. 16002).
4.4. In particolare, nel 5^ e nel 10^ motivo, come si è detto, la sintesi è inidonea, in quanto generica e priva dell’indicazione del fatto controverso; manca del tutto il "momento di sintesi" nei motivi 6^, 7^, 8^, 19^ ed in tutti i motivi in cui il vizio di motivazione è dedotto unitamente alla violazione di legge; nel 14^ e nel 15^ motivo, i momenti di sintesi sono inidonei in quanto manca l’indicazione del fatto controverso e dell’illogicità da cui dovrebbe essere affetta la decisione.
4.5. L’individuazione dei denunziati vizi di motivazione risulta perciò impropriamente rimessa all’attività esegetica del motivo da parte di questa Corte, oltre che consistere in un’inammissibile "diversa lettura" delle risultanze probatorie, apprezzate con congrua motivazione nella sentenza impugnata.
4.6. Il 17^ motivo, infine, si rivela inammissibile per l’assoluta genericità della formulazione, basata su semplice "rinvio" a censure e norme indicate nei precedenti motivi.
4.7. Data l’inammissibilità del ricorso principale, si rivelano inammissibili anche quelli incidentali, tardivamente proposti (8 luglio quello dell’Assieuropa, il 20 luglio 2009 quello del Condominio), rispetto al termine "breve" (scaduto il 9 giugno 2009) per l’impugnazione della sentenza d’appello (notificata il 10 aprile 2009). Si deve ribadire, al riguardo, che l’unica conseguenza sfavorevole dell’impugnazione cosiddetta "tardiva" è che essa perde efficacia se quella principale viene, come nella specie, dichiarata inammissibile (da ultimo, Cass. n. 15483/08; conf. Cass. n. 7827/90).
5. Pertanto, i ricorsi vanno dichiarati tutti inammissibili. Tenuto conto della reciproca soccombenza, le spese del presente giudizio vanno compensate tra la C., l’Assieuropa ed il Condominio, mentre la prima va condannato alle spese nei confronti delle altre parti costituite secondo la liquidazione di cui al dispositivo.
P.Q.M.
Riunisce i ricorsi e li dichiara inammissibili. Compensa le spese tra la C., l’Assieuropa ed il Condominio e condanna la prima al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida, in favore di ciascuna delle società costituite in Euro 4.200,00, di cui Euro 4.000,00 per onorario, oltre spese generali ed accessori di legge.
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