Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.i
Svolgimento del processo
1. L’odierna parte ricorrente, già dipendente di ente locale nell’ambito del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA) dislocato presso istituti e scuole statali e transitato, a decorrere dal 1 gennaio 2000, nei ruoli del personale dello Stato, si rivolgeva al Tribunale di Sala Consilina, giudice del lavoro, per ottenere, nei confronti del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, nonchè dell’Istituto scolastico di nuova destinazione, il riconoscimento integrale dell’anzianità maturata presso l’ente locale di provenienza. Il Tribunale respingeva la domanda e la decisione veniva confermata dalla Corte d’appello di Salerno, che, con la sentenza qui impugnata, faceva applicazione di una disposizione contenuta nella Legge finanziaria del 2006 (della L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 218), emanata nel corso del processo.
2. Di questa decisione parte ricorrente domanda la cassazione con due motivi, illustrati con memoria depositata ai sensi dell’art. 378 c.p.c., sostenendo, in particolare, che la previsione della predetta norma sopravvenuta, applicata dalla Corte d’appello, non ha natura retroattiva e quindi non incide sui giudizi in corso al momento della sua emanazione; deduce, poi, che, qualora la si considerasse dotata di efficacia retroattiva, la norma sarebbe incostituzionale sotto molteplici profili. Il Ministero e l’Istituto scolastico non si sono costituiti in questa sede.
Motivi della decisione
1. Il ricorso viene accolto in base alla seguente motivazione, redatta in forma semplificata come disposto dal Collegio in esito alla odierna udienza di discussione.
1.1. La questione oggetto della controversia concerne il trattamento giuridico ed economico del personale ATA trasferito dagli enti locali allo Stato ai sensi della L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 8. Tale norma prevede, fra l’altro, che a detto personale venga riconosciuta ai fini giuridici ed economici l’anzianità maturata presso l’ente locale di provenienza. Con accordo stipulato tra l’ARAN e i rappresentanti delle organizzazioni sindacali in data 20 luglio 2000 è stato stabilito, in proposito, che ai dipendenti trasferiti viene attribuita la posizione stipendiale, tra quelle indicate nell’allegata tabella B, d’importo pari o immediatamente inferiore al trattamento annuo in godimento al 31 dicembre 1999 costituito da stipendio e retribuzione individuale di anzianità. Successivamente, la L. 23 dicembre 2005, n. 266 (finanziaria 2006), all’art. 1, comma 218, ha recepito i contenuti dell’accordo, stabilendo che la L. n. 124 del 1999, art. 8, comma 2 si interpreta nel senso che il personale ATA degli enti locali trasferito nei ruoli dello Stato è inquadrato, nelle qualifiche funzionali e nei profili professionali dei corrispondenti ruoli statali, sulla base del trattamento economico complessivo in godimento all’atto del trasferimento, con l’attribuzione della posizione stipendiale di importo pari o immediatamente inferiore al trattamento annuo in godimento al 31 dicembre 1999 costituito dallo stipendio, dalla, retribuzione individuale di anzianità nonchè da eventuali indennità, ove spettanti, previste dai contratti collettivi nazionali di lavoro del comparto degli enti locali, vigenti alla data dell’inquadramento. Da ultimo, le Sezioni unite di questa Corte hanno qualificato la disposizione tra le "norme di sanatoria con efficacia retroattiva" perchè il legislatore, emanandola, ha elevato a dato normativo primario il contenuto di un atto regolamentare o amministrativo a carattere generale (il decreto ministeriale che aveva a sua volta recepito l’accordo collettivo ARAN – Sindacati del 2000) giudicato dalla giurisprudenza inidoneo a derogare una norma di legge (Cass., sez. un., S.U. 8 agosto 2011, n. 17076).
1.2. Sono intervenute, sul tema proposto nella controversia in esame, la Corte europea dei diritti dell’uomo e la Corte di giustizia dell’Unione europea. La prima si è espressa con una decisione (sentenza 7 giugno 2011, Agrati ed altri c. Italia) non ancora definitiva, perchè è oggetto di richiesta di rinvio della causa alla Grande Camera, presentata dallo Stato italiano, ai sensi dell’art. 43 della CEDU. La Corte di giustizia (Grande Sezione) si è espressa con la sentenza 6 settembre 2011 (procedimento C-108/10), sulla domanda di pronuncia pregiudiziale – proposta ai sensi dell’art. 267 TFUE, dal Tribunale di Venezia, nella controversia instaurata nei confronti del Ministero dalla signora S. I. – in merito all’interpretazione della direttiva del Consiglio 14 febbraio 1977, 77/187/CEE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di stabilimenti. In particolare, la Corte di giustizia ha affermato che: a) la riassunzione, da parte di una pubblica autorità di uno Stato membro, del personale dipendente di un’altra pubblica autorità, addetto alla fornitura, presso le scuole, di servizi ausiliari comprendenti, in particolare, compiti di custodia e assistenza amministrativa, costituisce un trasferimento di impresa ai sensi della direttiva del Consiglio 14 febbraio 1977, 77/187/CEE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di stabilimenti, quando detto personale è costituito da un complesso strutturato di impiegati tutelati in qualità di lavoratori in forza dell’ordinamento giuridico nazionale di detto Stato membro; b) quando un trasferimento ai sensi della direttiva 77/187 porta all’applicazione immediata, ai lavoratori trasferiti, del contratto collettivo vigente presso il cessionario e inoltre le condizioni retributive previste da questo contratto sono collegate segnatamente all’anzianità lavorativa, l’art. 3 di detta direttiva osta a che i lavoratori trasferiti subiscano, rispetto alla loro posizione immediatamente precedente al trasferimento, un peggioramento retributivo sostanziale per il mancato riconoscimento dell’anzianità da loro maturata presso il cedente, equivalente a quella maturata da altri lavoratori alle dipendenze del cessionario, all’atto della determinazione della loro posizione retributiva di partenza presso quest’ultimo; ed è compito del giudice del rinvio esaminare se, all’atto del trasferimento in questione nella causa principale, si sia verificato un siffatto peggioramento retributivo.
1.3. In base alla decisione della Corte di giustizia, quindi, nella definizione delle singole controversie, è necessario stabilire se si è in presenza di condizioni meno favorevoli. A tal fine, il giudice nazionale (nella attuale controversia: il giudice del rinvio) deve osservare i seguenti criteri. 1) Quanto ai soggetti la cui posizione va comparata, il confronto è con le condizioni immediatamente antecedenti al trasferimento dello stesso lavoratore trasferito (così il n. 75. e al 77 si precisa "posizione sfavorevole rispetto a quella di cui godevano prima del trasferimento". Idem nn. 82 e 83).
Al contrario, non ostano eventuali disparità con i lavoratori che all’atto del trasferimento erano già in servizio presso il cessionario (n. 77). 2) Quanto alle modalità, si deve trattare di "peggioramento retributivo sostanziale" (così il dispositivo) ed il confronto tra le condizioni deve essere "globale" (n. 76: "condizioni globalmente meno favorevoli"; n. 82: "posizione globalmente sfavorevole"), quindi non limitato allo specifico istituto, ma considerando anche eventuali trattamenti più favorevoli su altri profili, nonchè eventuali effetti negativi sul trattamento di fine rapporto e sulla posizione previdenziale. Ili) Quanto al momento da prendere in considerazione, il confronto deve essere fatto "all’atto del trasferimento" (n. 82 e 84, oltre che nel dispositivo: "all’atto della determinazione della loro posizione retributiva di partenza").
1.4. Come questa Corte ha già rilevato in analoghe controversie (cfr. Cass. 12 ottobre 2011 n. 20980, ed altre conformi), la sentenza della Corte di giustizia incide sul presente giudizio atteso che in base all’art. 11 Cost. e art. 117 Cost., comma 1, il giudice nazionale e, prima ancora, l’amministrazione, hanno il potere-dovere di dare immediata applicazione alle norme della UE provviste di effetto diretto, con i soli limiti derivanti dai principi fondamentali dell’assetto costituzionale dello Stato ovvero dei diritti inalienabili della persona. Il caso in esame deve quindi essere deciso in consonanza con la sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea e ciò comporta che il ricorso deve essere accolto perchè la violazione del complesso normativo costituito dalla L. n. 124 del 1999, art. 8 e della L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 218, denunziata dal ricorrente, deve essere verificata sulla base dei principi enunciati dalla Corte di giustizia europea.
2. La decisione impugnata deve, pertanto, essere cassata con rinvio ad altro giudice, designato come in dispositivo, che, applicando i suindicati criteri di comparazione, dovrà decidere la controversia nel merito, verificando la sussistenza, o meno, di un peggioramento retributivo sostanziale all’atto del trasferimento. Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese di legittimità, alla Corte d’appello di Salerno in diversa composizione.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.