Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
La Commissione Tributaria Regionale dell’Umbria, confermando la sentenza di primo grado, ha annullato una cartella esattoriale emessa in esecuzione di un avviso di accertamento relativo all’imposta di registro e all’INVIM dovute in relazione all’atto di costituzione (con conferimenti immobiliari) della società Agricola Mengara di Calzettoni Renata e c. sas, con sede in (OMISSIS); avviso con il quale l’Amministrazione finanziaria aveva rettificato il valore degli immobili conferiti dai soci alla società e, di conseguenza, liquidato le maggiori imposte.
A fondamento della propria decisione la Commissione Tributaria Regionale argomentava che l’Agenzia delle Entrate era incorsa nella decadenza di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 76, comma 2 in quanto la cartella impugnata era stata notificata oltre tre anni dopo il passaggio in giudicato della sentenza con la quale la stessa Commissione aveva a suo tempo confermato, salvo che per le sanzioni, il suddetto avviso di accertamento.
Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale ricorre per cassazione l’Agenzia delle Entrate, lamentando la falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20 e formulando il seguente quesito di diritto:
Se, nel caso in cui sia passata in giudicato la sentenza che conferma l’avviso di rettifica e/o liquidazione dell’imposta accertata dall’ufficio impostore, dando in tal modo la facoltà all’ufficio medesimo di iniziare l’attività di riscossione della stessa imposta ormai divenuta definitiva, l’ufficio medesimo sia tenuto, quanto alla predetta attività di riscossione, a rispettare il termine decadenziale triennale di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 76, comma 2, lett. b, ovvero possa riscuotere l’imposta entro il termine prescrizionale decennale previsto dalla stesso D.P.R. n. 131 del 1986, art. 78.
I resistenti si sono costituiti nel giudizio di cassazione depositando controricorso. Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 20.9.011 in cui il PG ha concluso come in epigrafe.
Motivi della decisione
Il ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate si fonda sulla seguente catena argomentativa;
1) il giudizio sull’avviso di accertamento con cui l’Amministrazione, a seguito della rettifica del valore dei conferimenti immobiliari, aveva liquidato l’imposta complementare si era concluso con una sentenza che aveva respinto il ricorso dei contribuenti e confermato l’avviso di accertamento e liquidazione dell’imposta emesso dall’Ufficio.
2) Conseguentemente non sarebbe stata necessaria alcuna ulteriore richiesta dell’imposta da parte dell’Amministrazione, giacchè una nuova richiesta non avrebbe potuto che riprodurre la liquidazione già effettuata nell’avviso di accertamento e liquidazione confermato dal giudice tributario.
3) Pertanto, una volta respinta, con sentenza passata in giudicato, l’impugnativa dell’avviso di liquidazione, non vi sarebbe stato luogo ad ulteriori richieste da parte dell’Ufficio (ossia all’emissione di altri avvisi di liquidazione), ma solo all’esercizio dell’azione esecutiva, che non soggiace a termini decadenziali ma solo al termine prescrizionale decennale di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 78.
Il ricorso è infondato.
Il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 76, comma 2, prevede che l’imposta venga richiesta entro un termine triennale di decadenza e detta un’articolata disciplina della decorrenza di tale termine.
In particolare, per quanto qui interessa, la lettera b) del suddetto comma, nel testo sostituito (a decorrere dal 1 gennaio 1996) dalla L. n. 549 del 1995, art. 3, comma 135, lett. f), stabilisce che il suddetto termine decadenziale decorre "dalla data in cui è stata presentata la denuncia di cui all’art. 19, se si tratta di imposta complementare; dalla data della notificazione della decisione delle commissioni tributarie ovvero dalla data in cui la stessa è divenuta definitiva nel caso in cui sia stato proposto ricorso avverso l’avviso di rettifica e di liquidazione della maggiore imposta. Nel caso di occultazione di corrispettivo di cui all’art. 72, il termine decorre dalla data di registrazione dell’atto". La chiara lettera di questa disposizione e, segnatamente, il raffronto tra il testo ora trascritto e quello previgente della medesima lettera b) – che fissava la decorrenza del termine decadenziale "dalla data in cui l’accertamento di maggior valore è divenuto definitivo o è stata presentata la denuncia di cui all’art. 19, se si tratta di imposta complementare. Nel caso di occultazione di corrispettivo, di cui all’art. 72, il termine decorre dalla data di registrazione dell’atto" – rende palese che il legislatore del 1995, introducendo le parole "dalla data della notificazione della decisione delle commissioni tributarie ovvero dalla data in cui la stessa è divenuta definitiva", ha inteso prevedere espressamente che, nel caso di impugnativa giudiziale di un avviso di rettifica e di liquidazione della maggiore imposta, l’Amministrazione debba procedere a richiedere nuovamente l’imposta, nella misura giudizialmente accertata, entro il termine di tre anni decorrente dal passaggio in giudicato della sentenza che ha deciso sulla impugnativa. Nè, sotto altro aspetto, può rinvenirsi nella legge alcuna distinzione tra l’ipotesi in cui il giudice abbia respinto il ricorso del contribuente e confermato integralmente l’avviso di accertamento e liquidazione dell’imposta e quella in cui detto avviso sia stato confermato solo in parte, avendo il giudice dichiarato l’imposta dovuta in misura inferiore a quella liquidata nell’avviso. In entrambi tali casi, dunque, l’imposta – riliquidata anche in relazione agli interessi maturati nella pendenza del giudizio tributario – dev’essere richiesta, a pena di decadenza, nel termine di tre anni dal passaggio in giudicato della sentenza che ha definito tale giudizio, mentre la disposizione sulla prescrizione decennale di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 78 trova applicazione nella diversa ipotesi in cui la definitività dell’accertamento dell’imposta consegua alla mancata impugnazione da parte del contribuente dell’atto impositivo che gli sia stato notificato.
Sulla scorta delle considerazioni di carattere testuale sopra sviluppate, il Collegio ritiene di non poter condividere la recente sentenza di questa Corte n. 6117/11 e intende dare conferma e seguito all’indirizzo già espresso con la sentenza 8998 del 2007 ("In tema di INVIM, nel caso in cui sia stato proposto ricorso avverso l’avviso di liquidazione dell’imposta complementare dovuta a seguito della rettifica del valore finale dichiarato dalle parti nell’atto di trasferimento, il pagamento dev’essere richiesto entro il termine di tre anni previsto a pena di decadenza dal D.P.R. n. 131 del 1986, art. 76, comma 2, lett. b), decorrente dalla data di notificazione della decisione delle commissioni tributarie ovvero dalla data in cui la stessa è divenuta definitiva, non potendo trovare applicazione il termine di prescrizione decennale previsto dal D.P.R. n. 131 del 1986, art. 78, il quale si riferisce all’ipotesi in cui la definitività dell’accertamento consegua alla mancata impugnazione dell’atto impositivo notificato al contribuente".).
Il ricorso va pertanto respinto.
Le spese si compensano, in considerazione dell’assenza di indirizzi interpretativi univoci.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di cassazione.
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