Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 25-05-2011) 01-07-2011, n. 25897 Provvedimenti ricorribili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 24.5.2010, la corte d’Appello di Milano respingeva la richiesta avanzata dalla difesa di G.L.A., – condannato in primo grado anche al pagamento di somma provvisionale immediatamente esecutiva con sentenza Tribunale Milano 12.12.1997, confermata dalla corte d’Appello di Milano, con sentenza in data 14.2.2004, sentenza divenuta definitiva il 24.5.2006 – che era volta ad ottenere la sospensione della validità del titolo esecutivo, costituito dalla condanna alla provvisionale di cui alla sentenza Tribunale di Milano 12.12.1997, per difetto dei presupposti di legge, che connotano l’incidente di esecuzione. Secondo la corte d’appello, adita in veste di giudice dell’esecuzione, il sistema processuale garantisce sia i mezzi per fare rivalutare i presupposti della esecutività delle statuizioni di cui trattasi, che i mezzi di gravame relativi al reato ritenuto produttivo di quota parte del danno, come quantificato ed attribuito al debitore imputato, lungo tutto il corso del processo nei tre gradi di giudizio, ma ad iter concluso, come nel caso di specie, non può farsi luogo all’introduzione di una nuova sede di valutazione a carico del giudice penale. L’esecuzione dei capi civili compete al giudice civile, davanti a cui vanno devolute le questioni sollevate dalla difesa. In assenza di vizi del titolo esecutivo, non vi è materia per incidenti di esecuzione.

2. Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per Cassazione la difesa per dedurre:

2.1 carenza di motivazione ed erronea applicazione della legge penale, con riferimento all’art. 606 c.p.p., comma 2. La corte territoriale si è pronunciata in composizione collegiale, adottando la procedura de plano, disciplinata dall’art. 666 c.p.p., comma 2, con violazione del contraddittorio.

2.2 carenza di motivazione ed erronea applicazione della legge penale: la difesa stigmatizza il fatto che se durante il processo il giudice può concedere una provvisionale, a processo concluso il creditore può attivare il suo titolo esecutivo, senza che il debitore possa sindacarne il merito e senza che il debitore possa chiedere ad alcun giudice la sospensione del titolo, in caso di grave e irreparabile danno. Tutto ciò sarebbe logico se si avesse riguardo a condanna definitiva, passata in giudicato, irrevocabile su quel quantum che il creditore ha attivato, non è invece ragionevole con riferimento ad una condanna (quale è quella a pagamento di somma provvisionale) di tipo delibativo, che non acquista efficacia in sede civile. Per questo la difesa aveva proposto al giudice dell’esecuzione di applicare analogicamente ed in favori rei, le norme sulla sospensione dettate per la fase del processo, con ciò proponendo l’unica lettura costituzionalmente compatibile delle norme, ma sul punto sarebbe intervenuta motivazione insufficiente da parte della corte territoriale.

2.3 carenza di motivazione ed erronea applicazione della legge penale: secondo la difesa il giudice dell’esecuzione penale avrebbe dovuto dichiarare il titolo "sentenza penale" non più esecutivo, quanto al profilo "condanna al pagamento della provvisionale" emessa dal giudice di primo grado. Ma sul punto ancora la sentenza sarebbe carente, poichè in numerose decisione della corte di legittimità si legge che la condanna al pagamento di provvisionale è un provvedimento di natura parziale e provvisoria, ha efficacia destinata a cessare con la sentenza definitiva, non è impugnabile in cassazione, in quanto la sua efficacia è destinata a cessare con la pronuncia della sentenza definitiva che, decidendo il ricorso per cassazione anche con riferimento alle statuizioni sul danno, chiude definitivamente il processo.

2.4 Viene sollevata questione di legittimità costituzionale del combinato disposto dell’art. 539 c.p.p., comma 2, art. 540 c.p.p., comma 2, artt. 600, 612, 666 e 670 c.p.p., con riferimento agli artt. 3 e 24 Cost. laddove le norme non consentono l’instaurazione di un procedimento incidentale, in sede di esecuzione, per interloquire sulla esecutività della condanna al pagamento della provvisionale.

Secondo la difesa, il combinato disposto delle norme processuali suindicate creerebbe un iniquo ed evidente irragionevole squilibrio di situazioni, con violazione del diritto di difesa del debitore, poichè sarebbe consentito al giudice di pronunciare condanna disancorata dalla reale prova del quantum, consentirebbe il permanere del titolo sino alla effettiva liquidazione dell’integrale risarcimento, non consentirebbe al debitore di adire a processo concluso il giudice dell’esecuzione per chiedere quanto previsto dagli artt. 600 e 612 c.p.p.. Sarebbero in sostanza violate le norme previste sia dall’art. 3 per l’irragionevole disparità di trattamento che consegue, sia dall’art. 24 che tutela il diritto di difesa.

3. Il Procuratore Generale ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso, non potendosi ravvisare alcun profilo di limitazione del diritto di difesa.

Motivi della decisione

La domanda del ricorrente non poteva essere proposta avanti al giudice penale che aveva esaurito l’iter processuale, con la statuizione sulla responsabilità penale del ricorrente medesimo, con autorità di giudicato.

Infatti, l’istante fu condannato in via definitiva per il reato di bancarotta a seguito di sentenza della Corte di cassazione in data 24.5.2006, nella sua qualità di amministratore delegato di Llyod nazionale italiano – Nitloyd spa; in primo grado era stata disposta la condanna al pagamento di somma provvisionale a favore delle parti civili costitute, per l’importo pari a quasi L. 6 miliardi, statuizione questa che diventata immediatamente esecutiva con la sentenza di appello, ai sensi dell’art. 605 c.p.p., non era più suscettibile di censure avanti alla corte di legittimità, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, sulla non deducibilità con il ricorso per cassazione della questione relativa alla pretesa eccessività della somma di denaro a titolo di provvisionale (Sez. 4, 23.6.2010, n. 34791). Principio che trova la sua applicazione fin dagli anni novanta (sez. Un. 2246/1991) e che mutua la sua ratio proprio dal fatto che il capo della sentenza sul punto è insuscettibile di passare in giudicato, essendo destinato ad essere travolto dalla successiva liquidazione dell’integrale risarcimento, rimessa al giudice civile, come ha ricordato del resto lo stesso ricorrente. E’ quindi di immediata evidenza come nel caso di specie ricorra il difetto di giurisdizione del giudice penale, in favore del giudice civile, posto che non può più essere oggetto di discussione la debenza del risarcimento. Ogni richiesta afferente l’entità e le modalità del pagamento del risarcimento del danno sono ormai devolute al giudice civile. Non porta ad opinare diversamente il fatto che la parte civile si sia limitata ad azionare in sede civile la provvisionale, senza dare avvio al giudizio civile per la liquidazione del danno, ben potendo lo stesso ricorrente agire con autonoma azione per la determinazione definitiva del quantum dovuto.

Il ricorrente non è sfornito di mezzi di tutela (con il che non è possibile parlare di iniquità e di squilibrio di situazioni, finanche contrastanti con principi costituzionali) ma deve sicuramente esercitarli in sede civile.

Va quindi dichiarato l’annullamento dell’ordinanza impugnata senza rinvio, per difetto di giurisdizione del giudice penale nei confronti del giudice civile (Cass. Sez. Un.: 24 novembre 1999, n. 25, Di Dona).

P.Q.M.

Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata per difetto di giurisdizione del giudice penale, nei confronti del giudice civile.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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