Cons. Stato Sez. V, Sent., 08-07-2011, n. 4087 Controversie in materia elettorale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. V. V. B., nella qualità di cittadino elettore e candidato Sindaco nelle elezioni del 6 e 7 giugno del 2009 per il rinnovo del Consiglio Comunale del Comune di Rutigliano, proponeva ricorso al Tar per la Puglia, chiedendo l’annullamento della proclamazione degli eletti e il rinnovo di tutte le operazioni elettorali, previa esclusione dalla competizione della lista civica "Progresso".

Con sentenza n. 2506/2009 il Tar dichiarava l’inammissibilità del ricorso in quanto non notificato tempestivamente e ritualmente alla IX Sottocommissione Elettorale di Rutigliano, che aveva adottato il provvedimento di ammissione della lista Progresso alla competizione elettorale per il rinnovo del Consiglio Comunale di Rutigliano..

Con sentenza n. 4851/2010 questa Sezione del Consiglio di Stato riteneva che la Commissione Elettorale Circondariale e la Sottocommissione Elettorale Circondariale, organi per loro natura neutrali, non sono parti necessarie del giudizio impugnatorio del verbale di proclamazione degli eletti e, rilevata la necessità di integrare il contraddittorio nei confronti di un controinteressato, annullava la sentenza del Tar con rinvio del giudizio in primo grado.

Con successiva sentenza n. 4086/2010 il Tar respingeva il ricorso.

V. V. B. ha proposto ricorso in appello avverso la suddetta sentenza per i motivi che saranno di seguito esaminati.

L’Ufficio Elettorale Centrale del Comune di Rutigliano e il Comune di Rutigliano si sono costituiti in giudizio, chiedendo la reiezione del ricorso; analoga richiesta è stata formulata da O. V., consigliere comunale di maggioranza, che ha eccepito un difetto nella instaurazione del contraddittorio nel giudizio di appello.

All’odierna udienza l’appellante ha chiesto di poter rinnovare le notificazioni ad alcune parti appellate e la causa è stata trattenuta in decisione.

2. In via preliminare, si ritiene di non dover accogliere la richiesta dell’appellante di rinnovazione della notificazione del ricorso in appello nei confronti di alcune parti non costituite, essendo il ricorso infondato nel merito, come oltre chiarito e dovendo fare applicazione dell’art. 95, comma 5, c.p.a., la cui ratio è quella dell’economia dei mezzi processuali in ogni caso in cui l’integrazione del contraddittorio, specie se in grado di appello, non potrebbe in alcun modo influire sull’esito del giudizio.

3. L’oggetto del giudizio è costituito dalla contestazione da parte di V. V. B., nella qualità di cittadino elettore e candidato Sindaco, dell’esito delle elezioni del 6 e 7 giugno del 2009 per il rinnovo del Consiglio Comunale del Comune di Rutigliano.

Il giudice di primo grado ha ritenuto la legittimità dell’ammissione della lista "Progresso" alla competizione elettorale e ha respinto anche le ulteriori censure proposte.

L’appellante contesta in primo luogo la prima statuizione, rilevando che:

a) il Sindaco eletto, R. R., ha ottenuto 6.111 voti ed è stato nominato senza necessità di espletare il ballottaggio avendo superato la metà dei voti validi (6.082 voti) a fronte di 5.799 voti ottenuti dal ricorrente;

b) la lista civica "Progresso" non avrebbe dovuto essere ammessa alla competizione elettorale perché recante il simbolo (antica torre normanna di Rutigliano all’interno di un cerchio con il nome/motto "Progresso") assolutamente identico a quello del movimento politico culturale "Progresso" formatosi a Rutigliano nel 1970 e di cui ricorrente era stato promotore e dirigente;

c) nel caso di specie, non viene in rilievo il criterio della priorità temporale della presentazione del contrassegno, ma la diversa ipotesi di contrassegni notoriamente usati da partiti o raggruppamenti politici, che non necessariamente devono essere presenti in Parlamento.

I motivi sono privi di fondamento.

L’art. 33 del DPR 15 maggio 1960 n. 570 (Testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali) stabilisce che "La Commissione elettorale mandamentale, entro il giorno successivo a quello stabilito per la presentazione delle liste:…..b) ricusa i contrassegni che siano identici o che si possano facilmente confondere con quelli presentati in precedenza, o con quelli notoriamente usati da altri partiti o raggruppamenti politici, ovvero riproducenti simboli o elementi caratterizzanti di simboli che, per essere usati tradizionalmente da partiti presenti in Parlamento possono trarre in errore l’elettore. Ricusa altresì i contrassegni riproducenti immagini o soggetti di natura religiosa."

Innanzitutto, si rileva che l’ammissione o non ammissione di una lista dipende esclusivamente dalla obiettiva sussistenza di una delle ipotesi di ricusazione, previste dalla norma citata, risultando del tutto irrilevanti le dichiarazioni di altri soggetti, tra cui i delegati e i candidati della lista "Progresso", che peraltro ad elezioni avvenute possono avere un concreto interesse alla invalidazione delle stesse.

Secondo il Tar, il citato art. 33 va interpretato nel senso che sono ricusabili i contrassegni notoriamente usati da altri partiti o raggruppamenti politici, che riproducono simboli o elementi caratterizzanti di simboli che, per essere usati tradizionalmente da partiti presenti in Parlamento possono trarre in errore l’elettore.

Tale lettura deriva dall’attribuzione alla congiunzione "ovvero" del significato di "ossia" con valore esplicativo, per introdurre un chiarimento o un equivalente, per precisare un concetto precedentemente espresso.

Il Collegio non ritiene corretta tale interpretazione e ritiene, invece, che il legislatore abbia voluto prevedere una autonoma causa di ricusazione nel caso di contrassegni che siano identici o che si possano facilmente confondere con quelli notoriamente usati da altri partiti o raggruppamenti politici (il termine "ovvero" va inteso nel senso di "o").

Tuttavia, tale interpretazione non conduce ad accogliere la pretesa del ricorrente, dovendosi ritenere che il precedente simbolo "Progresso" non sia riconducibile ad un contrassegno notoriamente usato da un partito o raggruppamento politico.

Il notorio utilizzo del contrassegno è smentito dal fatto che, alla luce dei documenti prodotti in giudizio, il precedente simbolo era stato presentato nelle competizioni elettorali del 1970 e del 1975 e poi non più utilizzato per 34 anni (un successivo utilizzo elettorale del simbolo è stato solo asserito all’odierna udienza dal difensore dell’appellante, che ha richiamato documenti non prodotti e non più producibili non solo per la scadenza del termine ex art. 73 c.p.a., ma anche per il divieto di nuove prove in appello di cui all’art. 104, comma 2, c.p.a.).

Nell’arco di un ampio periodo temporale il simbolo non è, quindi, stato più utilizzato in competizioni elettorali e lo stesso appellante, che si dichiara promotore dell’associazione "Progresso", si è presentato alle elezioni con liste che utilizzavano altri nomi e altri simboli.

Non costituiscono elementi idonei a dimostrare il notorio utilizzo del simbolo e la sua riconducibilità ad un raggruppamento politico le due locandine prodotte dal ricorrente, che riguardano due eventi organizzati dalla associazione polito culturale "Progresso" nel 1999 (sul tema del nuovo PRG) e nel 2004 (quest’ultimo è un mero ciclostile in copia di minore valenza probatoria).

Se l’attività dell’associazione nel corso dell’ultimo decennio è stata limitata a tali due eventi, ancor più deve escludersi che si tratti un partito o di un raggruppamento politico, che può invocare il notorio utilizzo di un simbolo, potendo, invece, tali eventi essere ricondotti alla sporadica attività di una associazione culturale, avente anche finalità politiche.

Deve, pertanto, ritenersi che la lista "Progresso" è stata legittimamente ammessa alla competizione elettorale in esame, non sussistendo alcuna delle ipotesi di ricusazione di cui all’art. 33 del d.P.R. n. 570/1960, risultando quindi irrilevante l’esame della questione dell’effettiva confondibilità dei simboli ed esulando dall’oggetto del giudizio ogni problema inerente la proprietà del simbolo "Progresso" e la sua eventuale registrazione.

4. Sono in parte privi di fondamento e in parte inammissibili gli altri motivi del ricorso in appello, in quanto:

a) la dedotta presenza di schede autenticate e non utilizzate non costituisce di per sé indice di alterazione dei risultati elettorali e in alcun modo l’appellante ha collegato a tale circostanza concreti elementi idonei a dimostrare l’inattendibilità dell’esito delle operazioni elettorali;

b) la coincidenza tra voti di lista e preferenze e la presenza di correzioni nei verbali delle operazioni elettorali o di alcuni errori materiali, facilmente riconoscibili, pure non hanno determinato alcun concreto effetto sul risultato elettorale;

c) nessuna irregolarità avente portata sostanziale è stata provata in relazione all’elenco dei 47 elettori "stranieri", dovendo comunque l’esame della censura essere limitato ai profili sollevati in primo e non esteso ad aspetti nuovi (le asserite irregolarità inerenti l’allegazione dell’elenco e la non avvenuta punzonatura non sono idonee a invalidare il voto espresso da tali elettori e la presenza di un cittadino italiano è stata spiegata da controparte con la ragione del più ampio contenuto dell’elenco, comprendente ogni elettore ammesso in base ad attestazione del sindaco, incluso chi aveva terminato il periodo di sorveglianza speciale).

d) costituiscono motivi nuovi, inammissibili in appello, le censure inerenti l’ordine di spoglio delle schede, la conservazione dei plichi e la successiva rimozione dagli elenchi dei presidenti di seggio.

5. In conclusione, il ricorso in appello deve essere respinto.

Tenuto conto della peculiarità in fatto della controversia e della parziale novità della questione, ricorrono i presupposti per la compensazione delle spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), respinge il ricorso in appello indicato in epigrafe.

Compensa tra le parti le spese del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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