Cass. civ. Sez. II, Sent., 30-11-2011, n. 25597 Costruzioni fronteggianti vie e piazze pubbliche

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Viterbo, con sentenza n. 352/01, rigettava la domanda proposta dalla società Autostrade s.p.a. nei confronti di C. M., diretta all’arretramento – fino alla distanza dal ciglio stradale prescritta dalla legge – del manufatto (capannone ad uso agricolo), realizzato dal convenuto sul fondo di sua proprietà in prossimità del casello autostradale – stazione di (OMISSIS).

Il Tribunale riteneva che il manufatto ricadeva all’interno della perimetrazione del centro abitato del Comune di Orte, con conseguente inapplicabilità della normativa di cui alla L. n. 765 del 1967 e del decreto n. 1404 del 1968.

Con sentenza dep. il 20 luglio 2005 la Corte di appello di Roma, in riforma della decisione impugnata dal convenuto, al quale erano subentrati gli eredi P.M.G., C.P. e C.B., accoglieva la domanda proposta dalla società Autostrade s.p.a.

Secondo i Giudici la perimetrazione urbana non è un mero dato di fatto, desumibile dall’avanzare delle costruzioni ad uso abitativo, ma implica un provvedimento della amministrazione comunale, che nella specie non risultava adottato. In effetti, il manufatto in questione non ricadeva all’interno del perimetro urbano del Comune di Orte in quanto era stato edificato era stato dal convenuto sulla particella 53 fol. 39 che era ubicata nella zona E1 classificata come agricola nel vigente strumento urbanistico.

Poichè andava applicata la normativa di cui agli artt. 1-4 del decreto n. 1404 del 1968 la distanza prescritta era di 60 metri a partire dal ciglio stradale, dovendo aggiungersi la larghezza dovuta alla proiezione di eventuali scarpate, fossi e di fasce di espropriazione risultanti da progetti approvati che costituiscono quindi punto di partenza per la misurazione edificato. Essendo incontestato che la fascia di espropriazione coincideva con l’area della recinzione autostradale, non risultava la distanza prescritta di metri 60, posto che l’opera si trovava a metri 17,80 dalla predetta recinzione.

Le spese del doppio grado di giudizio erano poste a carico degli appellati, senza che peraltro in esse si facesse menzione di quelle relative alla consulenza tecnica d’ufficio.

2. Avverso tale decisione propongono ricorso per cassazione P.M.G., C.P. e C.B. sulla base di due motivi.

Resiste con controricorso la società Autostrade s.p.a. per l’Italia che propone ricorso incidentale affidato a un unico motivo.

Le parti hanno depositato memoria illustrativa.

Motivi della decisione

Preliminarmente il ricorso principale e quello incidentale vanno riuniti, ex art. 335 cod. proc. civ., perchè sono stati proposti avverso la stessa sentenza.

1.1. Con il primo motivo i ricorrenti, lamentando violazione e falsa applicazione del decreto n. 1404 del 1968 nonchè insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, deducono che il manufatto in oggetto trovasi nel centro abitato, secondo quanto era risultato dalla consulenza tecnica d’ufficio e dalla documentazione allegata, non potendo, perciò, trovare applicazione l’art. 4 del citato decreto del 1968.

Censurano la sentenza impugnata laddove aveva affermato che il manufatto in questione non ricadeva all’interno del perimetro urbano del Comune di Orte, atteso che la norma in questione fa riferimento al centro abitato e non al perimetro urbano.

1.2. Il motivo è infondato.

Occorre considerare che, come correttamente ritenuto dalla sentenza impugnata, la perimetrazione del centro abitato non è un dato di fatto, tenuto conto che, ai sensi della L. n. 1150 del 1942, art. 41 quinquies peraltro ora abrogato ai sensi del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 136 (testo unico dell’edilizia), nei Comuni sprovvisti di strumenti urbanistici la individuazione doveva essere effettuata con delibera consiliare.

Peraltro, nella specie in cui il Comune di Orte è dotato di strumento urbanistico, la sentenza ha compiuto l’accertamento alla stregua della classificazione della zona in cui è ubicato l’immobile, avendo verificato che lo stesso ricade in zona E1 (destinazione agricola) del P.R.G. e in tal modo ha logicamente ritenuto che lo stesso ricade in area esterna al centro abitato, al quale ha evidentemente inteso riferirsi quando ha impropriamente fatto cenno alla perimetrazione urbana.

2.1. Con il secondo motivo i ricorrenti, lamentando violazione e falsa applicazione del decreto n. 1404 del 1968 nonchè insufficiente e contraddittoria motivazione sul limite di partenza della pretesa fascia di rispetto, censurano la sentenza impugnata laddove aveva ritenuto che era incontestato che la fascia di espropriazione coincideva con l’area della recinzione autostradale, tenuto conto che la società attrice non aveva offerto la prova di tale circostanza, sempre contestata dai ricorrenti a stregua di quanto risultava dedotto con la memoria di replica depositata dinanzi al Tribunale e con quella depositata dinanzi alla Corte di appello: pertanto, la misurazione di metri 60 dalla recinzione della proprietà autostradale anzichè dal ciglio autostradale era illegittima perchè basata su un presupposto erroneo.

2.2. Il motivo va disatteso.

In primo luogo va rilevato il difetto di autosufficienza del motivo laddove non trascrive il contenuto delle memorie alle quali fa riferimento, così da non consentire alla Corte di Cassazione, che non ha accesso diretto agli atti del processo, di verificare la fondatezza o mento della doglianza.

D’altra parte, va osservato che qualora con il ricorso per cassazione si deduca che il giudice, nell’esaminare la domanda, abbia erroneamente ritenuto non controverso un fatto che invece era da considerare contestato, è incensurabile in sede di legittimità il travisamento delle risultanze processuali eventualmente suscettibile, ricorrendone le condizioni previste dall’art. 395 c.p.c., n. 4, del rimedio revocatorio – mentre l’erronea interpretazione degli atti processuali, compiuta nell’ambito dell’indagine di fatto riservata al giudice di merito, può essere dedotta in cassazione come vizio di motivazione o sotto l’aspetto della violazione delle regole ermeneutiche di cui agli artt. 1362-1365 cod. civ. che, pure essendo dettate in materia di contratto, hanno portata generale. Il ricorso principale va rigettato.

Deve, invece, essere accolto il ricorso incidentale, con il quale la resistente lamenta che, nel liquidare le spese processuali a carico degli appellatala sentenza impugnata aveva omesso di porre a carico dei medesimi le spese relative alla consulenza tecnica d’ufficio liquidate dal giudice di merito e provvisoriamente poste a carico dell’attrice (circostanza, quest’ultima, peraltro non contestata da controparte che con la memoria depositata ex art. 378 cod. proc. civ. si è limitata a chiedere il rigetto del ricorso incidentale).

Relativamente e limitatamente alla omessa statuizione da parte dei Giudici di appello circa il regolamento delle spese relative alla consulenza tecnica d’ufficio, la sentenza va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti, la causa deve essere decisa nel merito ai sensi dell’art. 384 cod. proc. Civ.: le predette spese vanno poste definitivamente a carico degli attuali ricorrenti principali che devono essere condannati a rimborsarle all’attrice che l’abbia anticipate, dovendo invece, ai sensi dell’art. 336 cod. proc. civ. (la cassazione anche parziale della sentenza travolge il regolamento delle spese processuali), statuirsi che il regolamento delle spese processuali del doppio grado di giudizio avvenga in conformità di quanto liquidato dalla Corte di appello a favore della società convenuta.

Le spese della presente fase vanno poste in solido a carico dei ricorrenti principali, risultati soccombenti.

P.Q.M.

Riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale accoglie l’incidentale, cassa le sentenza impugnata in relazione al ricorso incidentale e, decidendo nel merito, pone le spese relative alla consulenza tecnica d’ufficio definitivamente a carico dei ricorrenti principali che condanna in solido a rimborsare alla società Autostrade per l’Italia s.p.a. se da questa anticipate;

Condanna, altresì, i ricorrenti in solido al pagamento in favore della resistente delle spese del doppio grado del giudizio di merito secondo la liquidazione compiuta dalla sentenza impugnata.

Condanna i ricorrenti in solido al pagamento in favore della resistente delle spese relative alla presente fase che liquida in Euro 2.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 2.500,00 per onorar di avvocato oltre spese generali ed accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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