Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
I ricorrenti, custodi giudiziari di veicoli, hanno proposto il presente ricorso avverso il decreto del Ministro della Giustizia del 2 settembre 2006, nella parte in cui è stata stabilita la tariffa per la determinazione dell’indennità giornaliera per l’attività di custodia e conservazione dei veicoli sottoposti a sequestro.
Il ricorso, proposto anche dall’ANCSA quale sindacato di categoria, è articolato nei seguenti motivi:
Violazione e falsa applicazione degli artt. 58, 59 e 168 d.P.R. 115/2002. Violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 36 e 42 Cost. Contrasto con la sentenza della Corte Costituzionale 230/1989. Eccesso di potere. Difetto assoluto di motivazione. Contraddittorietà, ingiustizia manifesta. Perplessità. Illogicità. Sviamento.
Violazione e falsa applicazione dell’art. 59, co. 2, d.P.R. 115/2002.
Il compenso dovuto al custode giudiziario non sarebbe rappresentato dalla sola indennità di custodia, ma a questa andrebbe aggiunta l’ulteriore indennità per la conservazione del bene, vale a dire per tutte le attività necessarie a conservare il bene che vanno oltre la semplice custodia.
Solo per l’indennità di custodia il Ministro della Giustizia sarebbe autorizzato all’approvazione di tabelle predeterminate, mentre la determinazione delle spese di conservazione sarebbe lasciata alla discrezionalità dell’autorità giudiziaria ai sensi dell’art. 168 d.P.R. 115/2002.
La Corte Costituzionale, con sentenza n. 230/1989, avrebbe riconosciuto che le spese di conservazione non possono essere predeterminate a livello tariffario, ma devono essere valutate caso per caso.
La comparazione effettuata dal provvedimento impugnato ai criteri determinati dal Ministero dell’Interno con circolare n. 38 del 4 aprile 2000 per la determinazione delle Prefetture nella predisposizione delle tariffe delle spese di custodia dei beni sottoposti a sequestro amministrativo sarebbe insufficiente per garantire l’osservazione del disposto di cui all’art. 59 d.P.R. 115/2002. Con l’approvazione delle tariffe oggetto di odierna impugnazione si sarebbe creata quella disparità di trattamento tra soggetti che svolgono la medesima attività censurata dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 230/1989.
Le riduzioni di cui all’art. 3 del decreto, che renderebbero irrisoria ed irragionevole la determinazione dell’indennità di custodia dopo qualche anno, non sarebbero supportate da alcuna valida motivazione tecnica.
L’art. 6 del decreto, che prevede l’applicazione delle tariffe alle attività di custodia e conservazione dei beni sottoposti a sequestro per i quali, alla data di entrata in vigore del decreto, non sia intervenuta liquidazione giudiziale, determinerebbe una applicazione retroattiva delle tabelle approvate.
L’Avvocatura Generale dello Stato si è costituita in giudizio.
Alla udienza pubblica dell’8 giugno 2011, il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
Motivi della decisione
Il ricorso è infondato e va di conseguenza respinto.
L’art. 58 d.P.R. 115/2002 stabilisce che al custode, diverso dal proprietario o avente diritto, di beni sottoposti a sequestro penale probatorio e preventivo e, nei soli casi previsti dal codice di procedura civile, al custode di beni sottoposti a sequestro penale conservativo e a sequestro giudiziario e conservativo, spetta un’indennità per la custodia e la conservazione; l’indennità è determinata sulla base delle tariffe contenute in tabelle, approvate ai sensi dell’art. 59 e, in via residuale, secondo gli usi locali.
Il richiamato art. 59 fa presente che, con decreto del Ministro della Giustizia, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, ai sensi dell’art. 17, co. 3 e 4, l. 400/1988, sono approvate le tabelle per la determinazione dell’indennità di custodia e specifica che le stesse sono redatte con riferimento alle tariffe vigenti, eventualmente concernenti materie analoghe, contemperate con la natura pubblicistica dell’incarico e prevedono altresì le riduzioni percentuali dell’indennità in relazione allo stato di conservazione del bene.
Il Ministro della Giustizia, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, con decreto 2 settembre 2006, n. 265, regolamento recante le tabelle per la determinazione dell’indennità spettante al custode dei beni sottoposti a sequestro ai sensi dell’art. 59 d.P.R. 115/2002 – ritenuto, per quanto riguarda i veicoli a motore, di dovere fare riferimento ai criteri di massima stabiliti dal Ministero dell’Interno con circolare n. 38 del 4 aprile 2000 per la definizione da parte delle Prefetture delle tariffe per la custodia, con conversione in euro e aggiornamento in base agli indici ISTAT, nonché, per le tariffe ivi non previste, di tenere conto di quelle applicate presso le singole Prefetture – ha determinato le seguenti tariffe per la custodia e la conservazione:
a) custodia in area recintata e scoperta di motoveicoli e ciclomotori:
per i primi novanta giorni dal sequestro: euro 1,68;
per il periodo successivo: euro 1,06;
b) custodia in area recintata e scoperta di autoveicoli:
per i primi novanta giorni dal sequestro: euro 2,24;
per il periodo successivo: euro 1,39;
c) custodia in area recintata e scoperta di autocarri:
per i primi novanta giorni dal sequestro: euro 2,79;
per il periodo successivo: euro 1,79;
d) custodia in luogo chiuso e coperto: l’indennità determinata in base alle tariffe di cui ai punti precedenti è aumentata del 25%.
Il Collegio rileva in via preliminare che, come evidenziato dall’amministrazione nella relazione depositata il 2 marzo 2007, le tabelle in discorso rappresentano una novità in quanto con esse è ricondotta ad unità sull’intero territorio nazionale la determinazione delle tariffe per le indennità di custodia, in precedenza diversificate su tutto il territorio nazionale perché regolate in base alle prassi seguite dai diversi uffici giudiziari che, secondo l’orientamento espresso dalla Corte di Cassazione, hanno sempre fatto riferimento alle tariffe utilizzate dalle Prefetture, applicandole integralmente, rivalutandole o riducendole secondo equità.
Infatti, come rilevato nel parere reso dall’Ufficio Legislativo del Ministero della Giustizia in data 25 ottobre 2005, la ratio del regolamento è quella di individuare un criterio unitario a livello nazionale per la determinazione delle tariffe, al fine di superare la molteplicità dei criteri utilizzati dagli uffici giudiziari in base alle diverse prassi seguite dagli stessi, atteso che è stata rilevata l’applicazione integrale delle tariffe esistenti presso le Prefetture, l’applicazione delle medesime tariffe con rivalutazione e la riduzione delle stesse secondo equità.
In particolare, nel detto parere, l’Ufficio Legislativo ha specificato che le tariffe indicate nelle lett. a), b) e c) sono quelle di cui alla circolare del Ministero dell’Interno del 4 aprile 2000, sulle quali è stata operata la conversione in euro e l’aggiornamento in base agli indici ISTAT.
Sullo schema di regolamento in discorso, la Sezione Consultiva per gli Atti Normativi del Consiglio di Stato ha espresso il proprio parere nell’adunanza del 14 novembre 2005.
Così delineato il contesto di riferimento della controversia, il Collegio ritiene che le censure dedotte sono infondate per le seguenti ragioni:
la previsione di cui all’art. 58 d.P.R. 115/2002 attribuisce al custode di beni sottoposti a sequestro giudiziario un’indennità cumulativa per la custodia e la conservazione e non un’indennità per la sola custodia;
le argomentazioni contenute nella sentenza della Corte Costituzionale 21 aprile 1989, n. 230, non sono rilevanti ai fini della decisione della controversia in quanto, se in esse è evidenziato che la custodia in senso stretto si sostanzia in una duplice funzione, vale a dire in un’attività di vigilanza e in un’attività di conservazione in senso materiale, con conseguente diversità di titoli degli oneri relativi, deve però rilevarsi che ciò non incide sulla valutazione della legittimità del decreto impugnato in quanto l’indennità, espressamente prevista per la custodia e la conservazione del bene, è evidentemente determinata in via cumulativa per entrambe le funzioni;
l’art. 58, co. 3, d.P.R. 115/2002, in ogni caso, rende rimborsabili eventuali spese documentate se indispensabili per la specifica conservazione del bene;
il riferimento alla circolare del Ministero dell’Interno n. 38 del 4 aprile 2000 appare senz’altro adeguato sia perché lo stesso art. 59, co. 2, d.P.R. 115/2002 indica che le tabelle sono redatte con riferimento alle tariffe vigenti, eventualmente concernenti materie analoghe, contemperate con la natura pubblicistica dell’incarico, sia perché il regolamento ha avuto riguardo ai criteri di massima stabiliti dal Ministero dell’Interno per la definizione da parte delle Prefetture delle tariffe, con conversione in euro ed aggiornamento in base agli indici ISTAT, e sia anche perché le tariffe stabilite non sono di entità irrisoria e, quindi, non possono ritenersi dettate irragionevolmente;
la riduzione dell’indennità in relazione allo stato di conservazione del bene di cui all’art. 3 del regolamento non può ritenersi manifestamente illogica in quanto il protrarsi della custodia nel tempo, secondo un dato di comune esperienza, determina il progressivo deterioramento del bene;
la norma transitoria contenuta nell’art. 5 del regolamento, secondo cui il decreto si applica anche all’attività di custodia e conservazione dei beni sottoposti a sequestro per i quali, alla data della sua entrata in vigore, non sia ancora stato emesso decreto di liquidazione da parte dell’Autorità Giudiziaria, non può ritenersi illegittima in quanto, in base al principio tempus regit actum, non prevede un’applicazione retroattiva del corpus normativo sopravvenuto, applicandosi lo stesso ad un procedimento, quello afferente alla liquidazione dell’indennità, il cui atto conclusivo non è stato ancora adottato.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e, liquidate complessivamente in Euro 1.000,00 (mille,00), sono poste, in parti uguali ed in solido, a carico dei ricorrenti ed a favore, in parti uguali delle amministrazioni resistenti costituite in giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima)
respinge il ricorso in epigrafe.
Liquida le spese del giudizio in Euro 1.000,00 (mille,00) e pone le stesse, in parti uguali ed in solido, a carico dei ricorrenti ed a favore, in parti uguali, delle amministrazioni resistenti costituite in giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
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