T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 15-07-2011, n. 6354 Sanzione amministrativa

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La presente controversia trae origine dal procedimento condotto dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, volto ad accertare la conformità, o meno, al Codice del Consumo, delle seguenti condotte, oggetto di segnalazione da parte di un consumatore, nel mese di novembre 2008:

a) la commercializzazione presso i punti vendita "Iper La grande" e sul sito internet www.iper.it di due carte di credito cobranded denominate "Carta di Credito Vantaggi Vip" e "Carta Vantaggi Plus" emesse dalla Ducato S.p.A., senza fornire informative adeguate sulla natura, sulle caratteristiche, sulle condizioni economiche e sulle modalità di utilizzo delle carte stesse. In particolare, ai consumatori sarebbero state fornite informazioni non rispondenti al vero, inesatte o incomplete ovvero sarebbero state omesse informazioni rilevanti in merito alla natura "revolving" delle carte stesse, ai tassi applicati, nonché in merito alla circostanza che queste insistono su una linea di credito per un importo massimo autorizzato rimborsabile mediante rate, il cui pagamento ricostituisce a favore del cliente una disponibilità di spesa pari all’importo saldato.

Sulla base di due ulteriori denunce, pervenute da parte di due consumatori nei mesi di dicembre 2008 e febbraio 2009, è inoltre emerso che la società Ducato S.p.A. nella sua qualità di professionista, avrebbe tenuto anche le seguenti condotte poste in essere dopo il 21 settembre 2007:

b) la commercializzazione presso le proprie filiali, presso le filiali delle banche appartenenti al medesimo gruppo Banco Popolare, mediante altri intermediari finanziari, agenti in attività finanziaria o mediatori creditizi, attraverso le reti internet, quali, ad esempio, www.cartesimpson.it, www.cartamya.it, nonché mediante iniziative di marketing diretto (ad es. invio ai consumatori di kit informativi comprensivi di modulo per la richiesta di carta di credito) delle carte di credito denominate "Carta Extra", Carta "I Simpson", "Carta Mya", emesse dalla Ducato S.p.A., senza fornire informative adeguate sulla natura, sulle caratteristiche, sulle condizioni economiche e sulle modalità di utilizzo delle carte stesse. In particolare, ai consumatori sarebbero state fornite informazioni non rispondenti al vero, inesatte o incomplete ovvero sarebbero state omesse informazioni rilevanti in merito alla natura di carte di credito "revolving" delle carte stesse, ai tassi applicati nonché in merito alla circostanza che queste insistono su una linea di credito per un importo massimo autorizzato rimborsabile mediante rate, il cui pagamento ricostituisce a favore del cliente una disponibilità di spesa pari all’importo saldato;

c) l’adesione del cliente alla polizza assicurativa "POLIZZA COLLETTIVA DUCATO S.p.A. – AVIPOP ASSICURAZIONI S.p.A. NR 2603 AVIVA PREVIDENZA S.p.A. NR 210.664", tra l’altro, nell’ambito della concessione della linea di credito a tempo indeterminato, utilizzabile mediante carta denominata "Carta Extra", senza aver adeguatamente informato il consumatore, all’atto della formulazione della richiesta, sulla circostanza che le stesse hanno natura facoltativa e non obbligatoria, in particolare inserendo all’interno dei relativi moduli contrattuali una clausola ad essa riferita incompleta e/o omissiva.

Le condotte descritte sub lettere a) e b), in particolare, sarebbero state realizzate non solo nella fase promozionale sopra evidenziata (ad. es. nell’ambito dei messaggi diffusi nei punti vendita "Iper La grande", nelle filiali Ducato S.p.A., sui siti internet citati, nell’ambito delle iniziative di marketing diretto ecc.), ma anche nella fase precontrattuale e in quella di acquisizione del consenso del consumatore ad effettuare la richiesta della carta, con particolare riferimento ai prospetti informativi e ai moduli contrattuali utilizzati.

Rispetto alla condotte sub a) e b), l’istruttoria dell’Autorità aveva il fine di verificare l’esistenza delle ipotesi di violazione degli artt. 20, 21, 22, 24 e 25, lettera a), del Codice del Consumo. In particolare, nel provvedimento di avvio si è ipotizzato che le condotte dei professionisti potessero per un verso, considerasi ingannevoli in quanto, nelle fasi promozionale, precontrattuale e di acquisizione del consenso alla conclusione del contratto, ai consumatori sarebbero state fornite informazioni non rispondenti al vero, inesatte o incomplete ovvero sarebbero state omesse informazioni rilevanti in modo da indurli in errore e ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbero altrimenti preso sulla natura, sulle caratteristiche, sulle condizioni economiche e sulle modalità di utilizzo delle carte stesse; per altro verso, potessero considerarsi aggressive in quanto in ragione, tra l’altro, della natura dei prodotti, del luogo, dei tempi e delle circostanze che caratterizzano la richiesta di emissione delle carte, potrebbero comportare un indebito condizionamento che appare idoneo a limitare considerevolmente la libertà di scelta o di comportamento dei consumatori.

Rispetto alla condotta sub c) il procedimento è stato volto a verificare l’esistenza delle ipotesi di violazione degli artt. 20, 21 e 22 del Codice del Consumo, in quanto nel provvedimento di avvio si era ipotizzato che ai consumatori sarebbero state fornite indicazioni non rispondenti al vero, inesatte o incomplete ovvero non sarebbero state fornite informazioni rilevanti, all’atto della formulazione della richiesta, sulla circostanza che la polizza assicurativa ha natura facoltativa e non obbligatoria, in modo da indurli in errore e ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbero altrimenti preso.

Alla luce delle evidenze raccolte nel corso dell’istruttoria l’Autorità ha esteso il procedimento anche ai seguenti comportamenti posti in essere dalla Ducato S.p.A.:

d) la concessione dei prodotti di "prestito finalizzato" e "prestito personale" mediante l’uso di moduli contrattuali nell’ambito dei quali il consumatore prende atto che Ducato, a suo insindacabile giudizio, potrà concedergli: "a) una linea di credito revolving (Cap. 2 delle condizioni generali di contratto); b) una linea di credito per un importo massimo di euro 5.000 con emissione a mio favore di una Carta per consentirne l’utilizzo (Cap. 3 delle condizioni generali di contratto)";

e) la concessione delle carte di credito denominate "Extra", "Mya" e "I Simpson", mediante l’uso di moduli contrattuali nell’ambito dei quali il consumatore prende atto che Ducato, a suo insindacabile giudizio, potrà concedergli "una linea di credito revolving valida a tempo indeterminato, utilizzabile previa autorizzazione di volta in volta rilasciata";

f) la concessione della "linea di credito revolving Zappy", mediante l’uso di un modulo contrattuale con il quale ilconsumatore prende atto che Ducato, a suo insindacabile giudizio, potrà concedergli "una linea di credito, per un importo massimo di 5.000 euro con emissione della relativa carta per consentirne l’utilizzo a tergo del presente contratto";

g) nell’ambito dei contratti a distanza, relativi alle carte di credito "Mya" e "I simpson"e alla "linea di credito revolving Zappy", l’imposizione di ostacoli all’esercizio del diritto di recesso nei termini previsti dalla legge.

Quanto alle condotte di cui alle lettere d), e) e f) per un verso, l’Autorità ha ipotizzato che esse potessero considerasi ingannevoli in violazione degli artt. 20, 21 e 22 del Codice del Consumo, in quanto ai consumatori sarebbero state fornite informazioni non rispondenti al vero, inesatte o incomplete ovvero sarebbero state omesse informazioni rilevanti, in merito all’effettivo oggetto dei moduli contrattuali utilizzati per richiedere un "prestito finalizzato", un "prestito personale", le carte di credito "Extra", "Mya" e "I Simpson" o la "linea di credito revolving Zappy" in modo da indurli in errore e ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbero altrimenti preso.

In particolare, le clausole contenute nei moduli contrattuali non sembrano lasciare intendere che con la sottoscrizione dei contratti il consumatore stesse effettuando anche la richiesta di prodotti ulteriori rispetto a quello principale (la "linea di credito revolving" e/o la "linea di credito per un importo massimo di 5.000 euro con emissione della relativa carta"); per altro verso, le citate condotte apparivano aggressive in violazione degli artt. 24 e 25, lettera a), del Codice del Consumo, in quanto, in considerazione della loro stessa natura avrebbero potuto comportare un indebito condizionamento idoneo a limitare considerevolmente la libertà di scelta o di comportamento dei consumatori. In particolare, la natura aggressiva della pratica sembrava discendere dalla circostanza per cui la sottoscrizione dei contratti citati comportava, altresì, la formulazione da parte del consumatore di una proposta commerciale di apertura di linea di credito revolving e/o di una linea di credito utilizzabile con carta senza acquisire in modo chiaro e inequivocabile il consenso del consumatore. La condotta di cui alla lettera g) appariva suscettibile di integrare, per un verso, un’ipotesi di violazione degli artt. 20, 21 e 22 del Codice del Consumo, in quanto il contenuto delle condizioni generali di contratto sembrava idoneo a indurre in errore il consumatore sul momento in cui il contratto deve considerarsi concluso e, in particolare, sulla decorrenza del termine per l’esercizio del diritto di recesso; per altro verso, un’ipotesi di violazione degli artt. 24 e 25, lettera d), del Codice del Consumo, in quanto la società nel considerare irrevocabile la richiesta del consumatore al momento in cui lo stesso riceve l’accettazione della finanziaria, impone al consumatore un ostacolo all’esercizio del diritto di recesso previsto dall’articolo 67 duodecies del Codice del Consumo.

A seguito di richiesta di informazioni inoltrata dall’Autorità in fase preistruttoria, Ducato evidenziava le caratteristiche delle carte di credito revolving; e, relativamente alle carte di credito flessibili, specificava che gli utilizzi venivano addebitati con valuta alla fine del mese nel quale è stato effettuato l’acquisto/prelievo (permanendo in capo al titolare ha la facoltà di scegliere se pagare ogni mese l’intero saldo debitore oppure rimborsarlo ratealmente, pagando comunque una rata mensile non inferiore al 2,5% del fido concesso).

Veniva, poi, ulteriormente precisato che le carte di credito emesse dalla Ducato denominate"Carta Extra", Carta "I Simpson", "Carta Mya", trovavano collocamento presso le proprie filiali, presso le filiali delle banche appartenenti al medesimo gruppo Banco Popolare, mediante altri intermediari finanziari, agenti in attività finanziaria o mediatori creditizi, e attraverso siti internet dedicati (quali, ad esempio, www.cartesimpson.it e www.cartamya.it, nonché mediante iniziative di marketing diretto come l’invio ai consumatori di kit informativi comprensivi di modulo per la richiesta di carta di credito; nel caso di programmi di carta cobranded, le richieste di carte di credito potendo, altresì, pervenire dalla clientela per il tramite dei partners commerciali di Ducato, tra i quali gli ipermercati del gruppo Iper.

A seguito di ulteriore richiesta di informazioni da AGCM rivolta a Ducato ed a Finiper, la prima, con memoria pervenuta in data 27 aprile 2009, evidenziava, tra l’altro, le caratteristiche dei prodotti oggetto del procedimento producendo la documentazione contrattuale utilizzata per la richiesta delle carte e i messaggi pubblicitari volti a promuovere le carte "Vantaggi Plus Iper" e "Vantaggi Vip Iper" presso gli ipermercati e le carte "I simpson" o "Mya"sui siti internet dedicati.

Dalla documentazione anzidetta era dato evincere che le carte di credito "Vantaggi Plus Iper" e "Vantaggi Vip Iper" emesse da Ducato in cobranded con Finiper erano commercializzate presso i punti vendita "Iper La Grande" e sul sito internet www.iper.it sulla base di un accordo quadro con la capogruppo e di singole convenzioni con le società appartenenti al medesimo gruppo (insistendo le carte in questione su una linea di credito c.d. rotativa per un importo massimo di 5.000 euro e rivelandosi le stesse caratterizzate da una modalità di rimborso c.d. "flessibile" in quanto volta a consentire al consumatore di scegliere, al momento della stipulazione del contratto, tra due modalità di rimborso: saldo a fine mese o rateale – c.d. revolving).

Le carte di credito "Extra" e "I Simpson"(carte revolving, per le quali è prevista di default la modalità di rimborso rateale) e "Mya" (carta flessibile che consente al consumatore di scegliere tra la modalità di rimborso a saldo e la modalità rateale), commercializzate da Ducato mediante le proprie filiali o attraverso i siti internet ad esse riconducibili, insistevano su una linea di credito rotativa per un importo massimo di 5.000 euro.

Sul sito internet www.cartesimpson.it:

– sotto il link "che cos’è", si legge: "carta di credito "I simpson": fino a 2.000Euro per i tuoi acquisti con mini rate a partire da 25 euro al mese" e in caratteri minori "è una carta di credito Mastercard che ti mette a disposizione una riserva di denaro fino a 2.000Euro utilizzabile in tutto il mondo per acquisti o prelievi e rimborsabile in comode rate a partire da 25Euro";

– sotto il link "come funziona" si legge: "con la carta di credito "I Simpson" sei tu a decidere in ogni momento come rimborsare i tuoi acquisti" e più avanti "con modalità a saldo: puoi rimborsare le tue spese in un’unica soluzione a fine mese" "con modalità rateale: puoi pagare i tuoi acquisti un pò alla volta, con comode rate di cui decidi tu l’importo a partire da un minimo in funzione del limite di utilizzo da te prescelto";

– sotto il link "richiedila" compare il seguente testo: "puoi richiedere la carta di credito de "I Simpson" attraverso queste modalità: a distanza compilando il form on line e seguendo le istruzioni riportate (…) recandoti presso una filiale Ducato".

Il modulo reperibile presso le filali Ducato e quello presente sul sito internet, utilizzati per richiedere la carta "I Simpson" di analogo contenuto, presentano in alto la seguente intestazione "Richiesta di concessione della linea di credito e rilascio della carta di credito "I Simpson"".

Nella prima pagina compare una sezione denominata "richiesta fido e rata iniziale di rimborso" dove il consumatore è chiamato a scegliere l’importo della rata e del fido tra due o tre opzioni. Segue a caratteri minori, un riepilogo delle principali condizioni della carta di credito dove sono indicati i costi delle commissioni e l’indicazione "carta revolving, rimborso rateale".

La carta "I Simpson" viene poi inviata al domicilio del consumatore con una comunicazione del seguente tenore: "Da oggi puoi rivoluzionare il tuo modo di fare shopping! Con la carta di credito "I Simpson" Mastercard hai a disposizione una riserva di denaro per tutti i tuoi acquisiti da rimborsare comodamente con la rata che vuoi tu!".

La carta "Mya", a differenza della carta "I Simpson", poteva essere richiesta solo attraverso il sito internet www.cartamya.it, dove la stessa veniva pubblicizzata mediante il claim "La carta è Mya e la comando io. Carta Mya è l’unica carta di credito che mi lascia davvero libero di scegliere: posso configurarla in base alle mie esigenze; posso personalizzarla con una mia foto; posso acquistare su Internet con la massima sicurezza".

Rispetto al programma assicurativo, Ducato ha evidenziato che l’adesione da parte del cliente alla polizza collettiva Ducato ha natura facoltativa (la quale, oltre ad essere comunicata in sede di offerta del prodotto, veniva espressamente indicata nel contratto e nella documentazione di trasparenza consegnata al cliente).

Dalla memoria di Ducato, inoltre, emergeva che la stessa commercializzava, oltre alle carte di credito illustrate, anche ulteriori prodotti di credito al consumo e in particolare:

– il "prestito personale": consistente nella concessione di un credito che il consumatore può utilizzare liberamente e restituire con una dilazione di pagamento;

– il "prestito finalizzato all’acquisto di beni o servizi": consistente nella concessione di un credito, di importo pari al prezzo del bene da finanziare, per il quale è prevista una dilazione di pagamento;

– la "linea di credito revolving Zappy", consiste nella concessione di un fido di un importo più elevato rispetto a quello collegato alle carte "Extra" "Mya" e "I Simpson" (da un minimo di 2.500 euro ad un massimo di 50.000 euro);

– la linea Zappy non è mai associata ad una carta di credito ed è utilizzabile attraverso impieghi specificamente autorizzati da Ducato il cui rimborso può avvenire a mezzo rate mensili non inferiori ad un determinato importo (1% della linea di credito concessa);

– per ciascuna forma di finanziamento venendo impiegati moduli contrattuali cartacei a compilazione manuale, a compilazione informatica con contratto prestampato o a compilazione totalmente elettronica.

Dall’esame della modulistica prodotta, l’Autorità veniva posta nella condizione di evincere che Ducato abbinava ai prodotti di credito principali, per i quali il consumatore effettuava la richiesta, anche altri prodotti costituiti dalla concessione di una linea di credito revolving o di una carta di credito che insiste su un fido per un importo massimo di 5.000 euro.

In particolare:

– i moduli contrattuali impiegati per "prestito personale" e per il "prestito finalizzato all’acquisto di beni o servizi", denominati rispettivamente "Richiesta di finanziamento" e "Richiesta di prestito personale", contenevano la seguente clausola: "Prendo atto che Ducato a suo insindacabile giudizio, potrà: a) concedermi una linea di credito revolving (Cap. 2 delle condizioni generali di contratto); b) concedermi una linea di credito per un importo massimo di euro 5.000 con emissione a mio favore di una Carta per consentirne l’utilizzo (Cap. 3 delle condizioni generali di contratto)";

– i moduli contrattuali utilizzati per la richiesta delle carte oggetto del procedimento ("Vantaggi Plus Iper" e "Vantaggi Vip Iper" nonché "Extra" "Mya" e "I Simpson"), contenevano una clausola del seguente tenore: "prendo atto che Ducato, a suo insindacabile giudizio potrà concedermi una linea di credito revolving valida a tempo indeterminato, utilizzabile previa autorizzazione di volta in volta rilasciata";

– i moduli utilizzati per la richiesta della "linea di credito revolving Zappy" contenevano la seguente clausola: "Prendo atto che, a suo insindacabile giudizio, Ducato potrà concedermi una linea di credito, per un importo massimo di Euro 5.000 con emissione della relativa carta per consentirne l’utilizzo a tergo del presente contratto".

I moduli contrattuali utilizzati per la richiesta a distanza delle carte "Mya" e "I Simpson", nonché per la richiesta a distanza della "linea di credito revolving Zappy", contenevano l’informativa sul diritto di recesso previsto dall’articolo 67duodecies del Codice del Consumo, specificando che lo stesso poteva essere esercitato entro 14 giorni dalla conclusione del contratto.

L’art. 1.1. delle Condizioni generali di contratto, precisava, peraltro, che: "La Società comunica l’eventuale accoglimento della presente richiesta mediante conferma scritta al ricevimento della quale la domanda non potrà più essere revocata".

Con memoria pervenuta ad AGCM il 14 aprile 2009, Finiper evidenziava, tra l’altro:

– di essere una holding finanziaria pura, che limita la propria attività alla mera gestione delle proprie partecipazioni, tra le quali segnatamente la Iper Montebello S.p.A., attiva nel campo della grande distribuzione organizzata principalmente sotto l’insegna "Iper La Grande I"; e di non aver mai svolto alcuna attività commerciale nei confronti del pubblico dei consumatori;

– di aver stipulato con Ducato un accordo commerciale avente ad oggetto la realizzazione di una carta di credito di tipo cobranded (la carta "Vantaggi Vip") e la concessione di prestiti finalizzati, servizi finanziari offerti da Bipitalia Ducato e distribuiti tramite personale di quest’ultima presso i punti vendita delle società del Gruppo Iper;

– il trasferimento, dal gennaio 2008, di tutti i rapporti di cui sopra a Iper Montebello S.p.A., (con conseguente stipula del contratto quadro per la "Carta Vantaggi Plus", in data 7 luglio 2008, tra Iper Montebello S.p.A. e Ducato, essendo Finiper, a far data dal 1° gennaio 2008, una pura holding finanziaria).

Sulla base delle evidenze istruttorie, con comunicazione del 26 giugno 2009 il procedimento in corso veniva ampliato soggettivamente anche nei confronti di Iper Montebello S.p.A. per aver posto in essere la pratica commerciale descritta al punto II del provvedimento, sub lettera a), in violazione degli articolo 20, 21, 22, 24 e 25, lettera a), del Codice del Consumo, e, oggettivamente, anche ai comportamenti posti in essere da Ducato S.p.A.

A seguito di accertamenti ispettivi, emergeva che l’apertura della "linea di credito revolving Zappy" non avveniva sulla base della sottoscrizione di un contratto di prestito personale o finalizzato o di un modulo di richiesta delle carte, ma sulla base di un apposita richiesta effettuata dal consumatore con la sottoscrizione di un modulo contrattuale ad essa dedicato.

Le carte oggetto del c.d. invio diretto, ossia collegato al prestito personale, al prestito finalizzato o alla richiesta di una linea di credito revolving Zappy, erano quindi rappresentate dalla carta "Extra" (mentre solo per un periodo del 2008, l’invio ha riguardato la carta "I Simpson"); le diverse carte (ad esempio, "I Simpson" e "Mya") presentando tuttavia le stesse caratteristiche della carta Extra, con alcune personalizzazioni grafiche.

L’invio della carta era conseguenziale alla richiesta di apertura di linea di credito che il consumatore effettuava sottoscrivendo un contratto di prestito personale, finalizzato o revolving Zappy.

Rispetto alla contestazione oggetto della comunicazione di integrazione oggettiva del procedimento concernente l’esercizio del diritto di recesso nel caso di contratti a distanza, la parte dichiarava che, in effetti, il modulo contrattuale presentava una apparente contraddizione in quanto, così come contestato, informava il consumatore sui tempi e sulle modalità di esercizio del diritto di recesso, ma conteneva, all’articolo 1.1. delle Condizioni Generali di contratto, una indicazione fuorviante per il consumatore.

Da un punto di vista strettamente giuridico, la formula utilizzata nelle condizioni generali in relazione alla irrevocabilità della richiesta sarebbe stata, tuttavia, corretta, in quanto relativa alla conclusione del contratto, alla quale potrebbe seguire l’esercizio del diritto di recesso previsto per i contratti a distanza.

Nel corso dell’ispezione, inoltre, venivano acquisite numerose comunicazioni con le quali clienti di diverse parti d’Italia che avevano sottoscritto un prestito personale o un finanziamento finalizzato avevano proceduto alla restituzione della carta di credito "Extra" o della carta di credito "I Simpson" dichiarando di non averle mai richieste.

Se, con memoria pervenuta in data 28 luglio 2009, Finiper e Iper Montebello ribadivano le proprie precedenti difese, con memoria conclusiva pervenuta in data 30 luglio 2009, Ducato svolgeva le seguenti considerazioni:

– a fronte della collocazione delle pratiche commerciali contestate dall’Autorità nell’ambito di un peculiare contesto di mercato concernente il credito al consumo, la relativa disciplina di settore demanda alla Banca d’Italia specifici poteri sia per quanto attiene all’identificazione dei requisiti per essere autorizzati quali intermediari finanziari, sia per ciò che concerne gli obblighi di trasparenza (e le altre regole di condotta) che gli intermediari finanziari debbono rispettare: per l’effetto escludendosi l’applicabilità del Codice del Consumo da parte dell’Autorità alle pratiche in questione, per quanto attiene alla pubblicità, alla trasparenza dei contratti ed alla correttezza dei comportamenti del professionista;

– non tutte le pratiche oggetto di indagine presenterebbero una reale autonomia strutturale e una propria peculiare consistenza ontologica che ne consenta la separata imputazione al professionista;

– la condotta materiale imputabile al professionista si sarebbe sostanziata nell’introduzione nella propria modulistica contrattuale (indipendentemente dal singolo contratto in cui si inserisce) di un’unica e medesima clausola di cui viene contestato il contenuto;

– gli stessi principi di economicità efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa, peraltro, dovrebbero suggerire che la frammentazione dei profili di indagine andrebbe evitata, ogniqualvolta la condotta del professionista si presti, come nel caso di specie, ad una considerazione unitaria;

– quanto all’autonoma contestazione relativa al prodotto assicurativo, non potrebbe essere posto in dubbio che Ducato non ha offerto autonomamente tale prodotto assicurativo, anche in ragione del carattere necessariamente accessorio rispetto al finanziamento principale cui esso accede;

– in occasione della stipula di uno dei contratti di finanziamento, Ducato procedeva a raccogliere l’eventuale consenso del cliente all’invio di offerte commerciali e promozionali attraverso una apposita previsione contenuta nel frontespizio contrattuale (caratterizzata peraltro da una differenziata evidenza grafica), riservandosi di concedere, in un momento successivo a quello della conclusione del contratto relativo al finanziamento principale ottenuto dal cliente, un ulteriore e diverso finanziamento, consistente nell’eventuale apertura di una linea di credito aggiuntiva, la cui disciplina era peraltro puntualmente contenuta delle condizioni generali di contratto;

– in occasione dell’operazione di finanziamento principale, il consumatore non assumeva alcun obbligo in relazione a tale diverso finanziamento, in quanto solo a fronte di una sua concreta ed attiva iniziativa, l’ulteriore offerta a lui rivolta da Ducato avrebbe potuto determinare concreti effetti nella sua sfera giuridicopatrimoniale;

– alla luce di quanto esposto, la pratica in oggetto non si configurerebbe come una pratica commerciale scorretta (né tantomeno aggressiva) nei termini in cui è stata descritta dall’Autorità ma, alla prova dei fatti, si sarebbe rivelata del tutto lecita e pienamente conforme alla diligenza professionale ed inidonea a falsare (anche potenzialmente) il comportamento economico dei consumatori ai quali si rivolgeva;

– rispetto alla pratica commerciale di cui alla lettera g), sarebbe stato inequivocabilmente chiarito che, con la sottoscrizione del modulo il cliente formulava una richiesta che dovrà poi essere accettata per iscritto dalla società; mentre la qualifica di irrevocabilità contestata era riferita alla proposta contrattuale e non al diritto di recesso, concernente una facoltà riconosciuta al contraente rispetto ad un contratto già concluso.

Conclusivamente, con riferimento alla gravità e alla durata delle condotte addebitate, è stato ritenuto di irrogare:

– a Finiper S.p.A., una sanzione pecuniaria di 50.000 Euro per aver posto in essere la pratica commerciale sub a) nel periodo compreso tra il 21 settembre 2007 e il 1° gennaio 2008;

– a Iper Montebello S.p.A. una sanzione pecuniaria di 80.000 Euro per aver posto in essere la pratica commerciale sub a) nel periodo successivo al 1° gennaio 2008;

– a Ducato S.p.A. una sanzione pecuniaria di 120.000 Euro per la pratica commerciale sub a); di 120.000 Euro e 90.000 Euro, per le pratiche commerciali di cui alla lettera b); di 80.000 Euro per la pratica commerciale di cui alla lettera c); di 200.000 Euro per la pratica commerciale di cui alle lettere d) ed f); di 100.000 Euro per la pratica commerciale di cui alla lettera g).

Avverso siffatte determinazioni, è insorta parte ricorrente, in particolare deducendo:

1) Primo motivo: carenza assoluta di potere; violazione del principio del ne bis in idem formale; violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 41 e 97 Cost., degli artt. 1 e 3 l. 7.8.1990, n. 241, degli artt. 18 e ss, e 40 e ss. Codice del Consumo, degli artt. 115 e ss, 144 e 145 d.lgs. 385 del 1993, della Direttiva 2005/29/CE; eccesso di potere per motivazione illogica, carente e contraddittoria, per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, per difetto di istruttoria.

Il credito al consumo è materia puntualmente disciplinata dal decreto legislativo n. 385 del 1993 (Testo unico bancario) e dalla relativa normativa di attuazione, emanata, nel corso degli anni, dalla Banca d’Italia, dal CICR e dal Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Con tale disciplina, sono state recepite le varie direttive comunitarie succedutesi nel tempo al fine di creare un mercato unico europeo dei servizi bancari e finanziari ( Direttiva 2001/12/CE).

La Banca d’Italia, in particolare, detta la disciplina relativa ai requisiti per essere autorizzati quali intermediari finanziari, nonché relativamente agli obblighi di trasparenza e alle altre regole di condotta.

La normativa di settore prevede altresì un compiuto e puntuale apparato di controllo e sanzionatorio tale da escludere la concorrente applicazione del Codice del Consumo.

Le funzioni e le competenze della Banca d’Italia, in materia di trasparenza bancaria, sono poi esattamente speculari a quelle esercitate dalla Consob in ambito finanziario, rispetto alle quali il Consiglio di Stato (parere della Sezione I^, n. 3999 del 3 dicembre 2008) ha risolutamente escluso la sussistenza di spazi per concorrenti interventi dell’Autorità.

2) Secondo motivo: violazione dei termini perentori inerenti la procedura sanzionatoria di cui agli artt. 21 e ss. del Codice del Consumo e al regolamento sulle procedure istruttorie in materia e al regolamento sulle procedure istruttorie in materia di pubblicità ingannevole e comparativa illecita adottato con Deliberazione AGCM 15.11.2007, n. 17590 (nel testo in vigore sia alla data di inizio del procedimento, sia al momento della sua conclusione); violazione dell’art. 14, comma 2, l. 24.11.1981, n. 689. Decadenza dal potere sanzionatorio. Nullità e invalidità della sanzione amministrativa pecuniaria irrogata.

La segnalazione anonima che ha dato avvio alla procedura reca la data del 20.03.3008.

Tuttavia, solo in data 9.3.2009 AGCM provvedeva alla comunicazione di avvio del procedimento, notiziandone unicamente Ducato s.p.a. e Finiper s.p.a., capogruppo del Gruppo Iper, cui appartiene anche Iper Montebello.

Il provvedimento sanzionatorio risulta adottato dall’AGCM nella seduta in data 3.9.2009 e comunicato alla società esponente con nota protocollata in data 21.9.2009.

In tal modo, sarebbero stati violati due termini procedurali perentori, da un lato, quello relativo alla contestazione dell’addebito (avvenuta oltre 90 giorni dall’accertamento dell’illecito), dall’altro quello relativo alla conclusione del procedimento che avrebbe dovuto concludersi entro il 6 agosto 2009, risultando così decorsi 178 giorni contro i 150 fissati per la conclusione del procedimento.

3) Terzo motivo: violazione del principio del giusto procedimento. Anomalia di un procedimento che concerne fattispecie eterogenee non riferibili a tutti i destinatari del provvedimento finale.

Le risultanza istruttorie di cui al paragrafo III del provvedimento danno atto della molteplicità delle fattispecie esaminate dall’Autorità, molte delle quali si riferiscono esclusivamente a Ducato s.p.a. e nulla hanno in comune con quelle addebitate alla ricorrente.

Secondo Finiper, AGCM avrebbe dovuto scorporare per ciascuna fattispecie i procedimenti amministrativi, pervenendo a decisioni separate.

4) Quarto motivo: violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 41 e 97 Cost., degli artt. 1 e 3 l. n. 241/90, degli artt. 18 e ss. Codice del Consumo, degli artt. 106 e ss., 132 d.lgs. 385 del 1993, della Direttiva 2005/29/CE. Eccesso di potere per motivazione illogica, carente e contraddittoria, per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, per difetto di istruttoria.

La disciplina dell’intermediazione finanziaria non bancaria è caratterizzata dalla riserva di esercizio in favore dei soggetti iscritti in appositi elenchi.

Pertanto, se Finiper avesse esercitato una delle attività indicate all’art. 106 t.u.b., ciò avrebbe integrato una condotta penalmente rilevante, con tutto quello che ne sarebbe conseguito sul piano sanzionatorio.

Il carattere co – branded della carta, non assumerebbe alcuna rilevanza sul piano giuridico e nemmeno su quello economico. Infatti, il servizio di pagamento rimane di gestione esclusiva dell’emittente, né risulta modificata la struttura "trilaterale" del rapporto.

Le stessi convenzioni con Ducato escludono qualsiasi ruolo o intervento della società esponente nella commercializzazione delle carte "Vantaggi Vip" e "Vantaggi Plus" rispetto alle quali i contatti con la clientela erano (obbligatoriamente) affidati e gestiti dal personale della stessa Ducato s.p.a..

Il commerciante non può avere alcuna possibilità di controllo e di indirizzo su una attività, come quella creditizia, riservata ad alcuni soggetti e caratterizzata da alta tecnicità.

Peraltro, Finiper s.p.a., capogruppo del gruppo Iper, non svolge alcuna attività commerciale nei confronti del pubblico dei consumatori e, perciò, non può avere svolto alcuna attività diretta nella distribuzione delle carte "Vantaggi Vip" e "Vantaggi Plus".

5) Quinto motivo: violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 41 e 97 Cost., degli artt. 1 e 3 l. 7.8.1990, n. 241, e degli artt. 18 e ss. Codice del Consumo. Eccesso di potere per motivazione illogica, carente e contraddittoria, per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, per difetto di istruttoria.

Nel procedimento che preceduto l’adozione della sanzione, AGCM non ha mai sollevato contestazioni circa l’esistenza di voci di costo non rappresentate nei messaggi promozionali.

La vigente disciplina in tema di trasparenza delle operazioni e dei servizi finanziari è stata completamente ignorata dall’AGCM nell’adozione del provvedimento impugnato.

L’Autorità non ha tenuto conto che i messaggi pubblicitari erano pienamente conformi alle disposizioni emanate dalle Autorità creditizie.

In ogni caso, la mancata indicazione delle voci di spesa segnalate dall’AGCM non può avere determinato alcuna compressione della libertà negoziale dei consumatori, trattandosi di oneri solo eventuali, di costi relativi a rimborsi dell’emittente o a terzi etc…

Quanto al sito www.iper.it il messaggio promuoveva, in effetti, la carta come gratuita, ma specificava contestualmente che la carta stessa consente di "pagare a saldo o a rate con condizioni vantaggiose". In relazione alla carta "Vantaggi vip" il sito riferito la gratuità solo a talune operazioni. Dalla brochure, inoltre, era facilmente evincibile che la gratuità si riferiva all’assenza di un canone annuo e a taluni servizi.

Circa la natura revolving delle carte, i messaggi pubblicitari rinviavano ai fogli informativi disponibili presso le filiali Ducato s.p.a..

Ad ogni buon conto, i contenuti del materiale pubblicitario e dei moduli contrattuali erano definiti in via esclusiva da Ducato s.p.a..

6) sesto motivo: violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 41 e 97 Cost.., degli artt. 1, 3, 11 e ss. l.n. 241/90, l.n. 689/81, dell’art. 27 Codice del Consumo, dell’art. 133 c.p.. Eccesso di potere per motivazione illogica, carente e contraddittoria, per sproporzione, per difetto di istruttoria.

Non sarebbe stato adeguatamente considerato che Finiper non esercita attività di intermediazione finanziaria e non poteva intervenire nell’attività di emissione delle carte di credito.

Non sarebbe stato adeguatamente ponderata la diversità dei ruoli svolti dalle due società.

Finiper, in particolare, non ha mai esercitato alcuna attività nei confronti del pubblico (essendo estranea al rapporto tra la finanziaria e i titolari delle carte).

Inoltre, considerando anche il periodo imputato a Montebello s.p.a., si giunge ad una sanzione complessiva pari ad euro 130.000, complessivamente superiore a quella irrogata a Ducato (di importo pari ad euro 100.000).

Infine, l’Autorità non tenuto conto che Finiper non svolge direttamente attività commerciale nei confronti del pubblico e che pertanto, semmai, la sanzione avrebbe dovuto essere riferito solo a Montebello.

Si è costituita, per resistere, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.

Le parti hanno depositato memorie.

Il ricorso è stato assunto in decisione alla pubblica udienza del 25 maggio 2011.

Motivi della decisione

1. Ai sensi dell’art. 18 del d.lgs. 6 settembre 2005 n. 206 (come modificato dall’appena citato d.lga. 2 agosto 2007 n. 146), "per le finalità considerate dal Titolo III" (Pratiche commerciali, pubblicità ed altre informazioni commerciali), si intende per:

– "professionista": qualsiasi persona fisica o giuridica che, nelle pratiche commerciali oggetto del presente titolo, agisce nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale e chiunque agisce in nome o per conto di un professionista;

– "prodotto": qualsiasi bene o servizio, compresi i beni immobili, i diritti e le obbligazioni;

– "pratiche commerciali tra professionisti e consumatori": qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale ivi compresa la pubblicità e la commercializzazione del prodotto, posta in essere da un professionista, in relazione alla promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori;

– "falsare in misura rilevante il comportamento economico dei consumatori": l’impiego di una pratica commerciale idonea ad alterare sensibilmente la capacità del consumatore di prendere una decisione consapevole, inducendolo pertanto ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso.

Il successivo art. 19 puntualizza, poi, che le disposizioni contenute nel Titolo anzidetto trovano applicazione alle pratiche commerciali scorrette tra professionisti e consumatori poste in essere prima, durante e dopo un’operazione commerciale relativa a un prodotto.

Il comma 2 dell’art. 20 stabilisce, quindi, che "una pratica commerciale è scorretta se è contraria alla diligenza professionale, ed è falsa o idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore medio che essa raggiunge o al quale è diretta o del membro medio di un gruppo qualora la pratica commerciale sia diretta a un determinato gruppo di consumatori"; mentre il successivo comma 4 individua come scorrette le pratiche commerciali:

– ingannevoli di cui agli articoli 21, 22 e 23

– aggressive di cui agli articoli 24, 25 e 26.

In particolare, ai sensi dell’art. 22 "è considerata ingannevole una pratica commerciale che nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, nonché dei limiti del mezzo di comunicazione impiegato, omette informazioni rilevanti di cui il consumatore medio ha bisogno in tale contesto per prendere una decisione consapevole di natura commerciale e induce o è idonea ad indurre in tal modo il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso".

Secondo l’art. 24 "È considerata aggressiva una pratica commerciale che, nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, mediante molestie, coercizione, compreso il ricorso alla forza fisica o indebito condizionamento, limita o è idonea a limitare considerevolmente la libertà di scelta o di comportamento del consumatore medio in relazione al prodotto e, pertanto, lo induce o è idonea ad indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso".

Gli articoli 23 e 26, descrivono, infine, le pratiche che sono considerate in ogni caso ingannevoli e/o aggressive.

2. Ciò premesso, è possibile complessivamente apprezzare la consistenza delle censure dedotte, la principale delle quali riguarda la delimitazione degli ambiti di competenza tra Autorità di settore e Autorità antitrust, nonché il rapporto sussistente tra le regole, eventualmente individuate, ex ante, dall’Autorità di settore, e il modello di professionista diligente al quale, nei casi concreti, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, rapporta il comportamento delle imprese.

Il Collegio rileva, in primo luogo, che non vi è dubbio alcuno sul fatto che l’Autorità competente, esplicitamente individuata dallo Stato italiano "per l’applicazione del regolamento 2006/2004/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 ottobre 2004, sulla cooperazione tra le autorità nazionali responsabili dell’esecuzione della normativa che tutela i consumatori, nei limiti delle disposizioni di legge" (art. 27, comma 1, del Codice del Consumo), sia l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.

E’ bene anche precisare che, ai fini del regolamento in esame, per "norme sulla protezione degli interessi dei consumatori" si intendono le direttive "elencate nell’allegato e recepite nell’ordinamento giuridico interno degli Stati membri" (art. 3, comma 1, lett. a).

Tra di esse figura l’intera direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2005, recepita dall’Italia con i più volte citati decreti legislativi nn. 145 e 146/2007.

Attraverso l’attività di contrasto alla pratiche commerciali sleali, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato tutela in maniera diretta la libertà di autodeterminazione dei consumatori e, indirettamente, l’interesse pubblico alla realizzazione di un mercato pienamente efficiente e concorrenziale.

Nel caso di specie, parte ricorrente si è richiamata al complesso di norme, contenute nel d.lgs. n. 385 del 1993, che disciplinano il credito al consumo, con particolare riguardo agli obblighi di trasparenza che gravano sugli intermediari finanziari, nonché ai controlli esercitati, in materia, dalla Banca d’Italia.

Tali disposizioni debbono tuttavia essere raccordate alla specifica finalità dell’attività di vigilanza affidata alle autorità creditizie, che è principalmente quella di garantire la "sana e prudente gestione dei soggetti vigilati", la "stabilità complessiva" nonché l’efficienza e la competitività del sistema finanziario, unitamente all’osservanza delle disposizioni in materia creditizia (art. 5, comma 1, Tub).

L’interesse pubblico primario affidato all’Autorità di settore riguarda dunque la conformazione del mercato del credito (in particolare attraverso i poteri di vigilanza, di regolazione, o anche solo di moral suasion) ai suindicati obiettivi di stabilità, di competitività e di efficienza.

E’, pertanto, alla luce di tale essenziale funzione che debbono essere interpretate le norme in materia di trasparenza delle condizioni contrattuali, poste a tutela degli utenti finali nonché quelle, eventualmente elaborate dalle Autorità creditizie, a completamento di siffatta disciplina.

L’Autorità di settore delinea, ex ante, il "quadro" degli obblighi specificamente gravanti sugli operatori vigilati, ma non possiede, a parere del Collegio, alcuna competenza in ordine alla definizione del modello di "professionista diligente", ricavabile dal Codice del Consumo, ed applicato di volta in volta, nella fattispecie concrete, dall’Autorità antitrust.

E’ bene anche ricordare che le due Autorità, antitrust e di settore, sebbene perseguano entrambe, in via diretta o servente rispetto alla cura dell’interesse pubblico primario di cui sono titolari, la tutela del consumatore, lo fanno attraverso strumenti del tutto diversi.

Di talché alcuna sovrapposizione può realmente esservi, se non nell’ipotesi in cui l’intervento dell’Autorità antitrust non si limiti a sanzionare, in concreto, una pratica sleale, ma finisca con l’introdurre, surrettiziamente, misure di tipo regolatorio rientranti nelle prerogative dell’Autorità di settore.

In sostanza, le due Autorità sono fisiologicamente destinate ad operare in maniera complementare, posto che se – come già più volte rilevato dalla Sezione – l’esistenza di un quadro regolatorio evidenzia l’elevato grado di professionalità richiesto alle imprese operanti nel settore, tale disciplina, tuttavia, non esaurisce ogni possibile regola di comportamento esigibile dalle imprese medesime a tutela della libertà di scelta e di autodeterminazione del consumatore.

Anche il procedimento in esame, come ormai i numerosi altri esaminati dalla Sezione (cfr., in particolare, le sentenze nn. 5625, 5627, 5628 e 5629 del 15 giugno 2009, nonché n. 6446 del luglio 2009, caso PS24/Fatturazione per chiamate satellitari; n. 8399 dell’8 settembre 2009, caso PSI1874/Enel/Energia/Bolletta gas; n. 8400 dell’8 settembre 2009, caso PSI/Prezzi bloccati elettricità), è dunque un esempio di come il nuovo quadro di tutela offerto dal Codice del Consumo venga ad aggiungersi, da un lato, ai normali strumenti di tutela contrattuale (attivabili dai singoli), dall’altro, a quelli derivanti dall’esistenza di specifiche discipline in settori oggetto di regolazione.

Le norme in materia di contrasto alle pratiche commerciali sleali richiedono ai professionisti l’adozione di modelli di comportamento in parte desumibili da siffatte norme, ove esistenti, in parte dall’esperienza propria del settore di attività, nonché dalla finalità stessa di tutela perseguita dal Codice del Consumo, purché, ovviamente, siffatte condotte siano dagli stessi concretamente esigibili, in un quadro di bilanciamento, secondo il principio di proporzionalità, tra l’esigenza di libera circolazione delle merci e dei servizi e il diritto del consumatore a determinarsi consapevolmente in un mercato concorrenziale, secondo la logica alla base del modello, pur esso di derivazione comunitaria, del c.d. consumatore medio.

Nel caso di specie, ad esempio, la circostanza che l’Autorità di settore abbia dettato specifiche prescrizioni relativamente alla forma di credito al consumo in esame, non esclude la necessità di un intervento "parallelo" e complementare dell’Autorità antitrust, convergente, come già chiarito, nel medesimo obiettivo finale di tutela del consumatore.

2.1. Ciò posto, il Collegio non può sottrarsi dall’esaminare il rilievo che, nel caso in esame, assume il parere della I^ Sezione del Consiglio di Stato (n. 3999 del 3 dicembre 2008), relativo ai rapporti tra disciplina di settore (nel caso d specie, concernente il mercato dei servizi finanziari) e Codice del Consumo.

Secondo tale pronuncia, "la disciplina generale sulle pratiche commerciali scorrette, per la quale è competente l’AGCM, non si applica se ed in quanto operano disposizioni sugli obblighi informativi e di correttezza nella commercializzazione dei servizi finanziari, la cui applicazione è riservata alla CONSOB.".

Analoghe considerazioni, secondo la ricorrente, debbono svolgersi anche in ordine agli obblighi informativi e di trasparenza nei contratti relativi alla concessione del credito al consumo, la cui disciplina compete esclusivamente alla Banca d’Italia e al CICR.

Le conclusioni alle quali il Consiglio di Stato è giunto, relativamente al settore dei servizi finanziari, muovono da un’attenta analisi del principio di specialità. Si tratta infatti "di un principio generale immanente all’obiettivo della razionalità dell’ordinamento e da sempre considerato prioritario per risolvere in sede applicativa i casi contraddittori e di duplicazione di fattispecie, sostanziali come procedurali, tra cui quelle riguardanti l’intervento pubblico (in toto iure genus per speciem derogatur).".

Nella materia in esame, il principio di specialità, e i suoi limiti estrinseci, vengono declinati nei termini che seguono.

Ai sensi del l’articolo 3, paragrafo 4, della direttiva 2005/29/CE, "in caso di contrasto tra le disposizioni della presente direttiva e altre norme comunitarie che disciplinano aspetti specifici delle pratiche commerciali sleali, prevalgono queste ultime e si applicano a tali aspetti specifici".

Inoltre, al considerando 10 della direttiva si precisa che "(…) la presente direttiva si applica soltanto qualora non esistano norme di diritto comunitario specifiche che disciplinino aspetti specifici delle pratiche commerciali sleali, come gli obblighi di informazione e le regole sulle modalità di presentazione delle informazioni al consumatore. Essa offre una tutela ai consumatori ove a livello comunitario non esista una specifica legislazione di settore (…). Ciò è particolarmente importante per prodotti complessi che comportano rischi elevati per i consumatori, come alcuni prodotti finanziari.".

Infine, secondo l’art. 19, comma 3, del Codice del Consumo, "in caso di contrasto le disposizioni contenute in direttive o in altre disposizioni comunitarie e nelle relative norme nazionali di recepimento che disciplinano aspetti specifici delle pratiche commerciali scorrette prevalgono sulle disposizioni del presente titolo e si applicano a tali aspetti specifici".

Secondo il Consiglio di Stato, "nel frammentario e non sempre coerente quadro del rapporto tra Autorità, il riferimento al principio di specialità sembra aver subito un’evoluzione che lo disancora dal riferimento prevalentemente soggettivo (cioè al tipo di operatore interessato o di soggetto tutelato) e orienta la comparazione verso la valutazione dell’oggetto dell’intervento, e in esso verso l’interesse generale perseguito attraverso l’intervento stesso". Inoltre, "l’applicazione del principio di specialità nelle questioni di competenza tra autorità amministrative indipendenti può incontrare limiti sia estrinseci, sia intrinseci, entrambi derivanti dalla circostanza che quello di specialità è comunque un criterio suppletivo, vale a dire che opera quando non è diversamente stabilito o non è diversamente ricavabile dall’ordinamento. Tra quelli estrinseci vi sono sia espresse disposizioni di legge, o di fonte comunitaria, che di volta in volta stabiliscono, con una valutazione compiuta direttamente a livello normativo, quale debba essere l’autorità competente; tra quelli intrinseci vi sono i limiti stessi all’operatività del principio, come ad esempio la specialità reciproca, la sussidiarietà espressa dell’una disciplina rispetto all’altra, il reciproco assorbimento. Sempre circa i limiti estrinseci, mette conto rilevare che un’indicazione in tal senso appare derivare dall’art. 3, paragrafo 4, della direttiva 2005/29/CE dell’11 maggio 2005 del Parlamento europeo e del Consiglio sulle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno (che è matrice delle modifiche al d.lgs. 2 agosto 2007, n. 146, e di cui più dettagliatamente si tratterà qui in seguito) (…). Circa i limiti intrinseci, mette conto considerare che la presente questione si pone in un ambito particolare, dove il principio di specialità opera anche perché esiste una compiuta ed organica disciplina della materia che dà luogo appunto a un rapporto di specialità. Il che induce ad una più attenta considerazione, da sviluppare di volta in volta, qualora, come avviene altrove, il settore che può apparire speciale si limiti a regolare soltanto alcuni specifici aspetti dell’attività circa la quale vi è bisogno di intervento.".

Facendo applicazione dei principi delineati dai Consiglio di Stato, il Collegio reputa che, diversamente da quanto assunto da parte ricorrente, non vi sia completa sovrapposizione tra le norme del testo unico bancario poste a tutela dei consumatori e quelle del Codice del Consumo, né, correlativamente, possa configurarsi "duplicazione di interventi" a tutela del medesimo interesse pubblico.

Al riguardo, è sufficiente richiamare quanto in precedenza argomentato circa la diversità degli interessi pubblici primari affidati, rispettivamente, alle cure delle due Autorità indipendenti, nonché circa la diversità degli strumenti di intervento e di tutela.

In sintesi, il Collegio reputa che:

– nell’ipotesi in cui si delinei un contrasto tra la disciplina di un settore affidato alla vigilanza di una Autorità di regolazione e il modello di "professionista diligente", così come declinato dall’Autorità antitrust, deve farsi applicazione delle norma di chiusura di cui all’art. 19, comma 3, Codice del Consumo, secondo la quale la disciplina di settore prevale solo in caso di contrasto;

– ammesso che, nel caso in esame, la disciplina dettata dalle Autorità creditizie abbia carattere esaustivo (rispetto alle finalità dalle stesse perseguite), essa è destinata a prevalere solo in caso di antinomia reale tra la regola di comportamento, elaborata ex ante, e quella che l’Autorità antitrust di fatto individua quale esigibile da parte di un professionista diligente;

– vero è che il testo unico bancario affida alla Banca d’Italia la funzione di vigilanza sui contratti stipulati nel settore del credito al consumo;

– tale funzione si svolge però mediante l’apposizione di regole a monte ed un’attività sanzionatoria, a valle, limitata, come sopra evidenziato, all’applicazione delle regole poste dalla stessa Autorità; la tutela apprestata dall’Autorità antitrust opera, invece, con una tecnica del tutto diversa da quella affidata alle Autorità di settore;

– la "completezza" della normativa settoriale, non può essere predicata in astratto ma va verificata nei casi concreti;

– non vi potrà peraltro mai essere alcuna disciplina regolatoria che colga interamente la complessità del reale, né siffatta disciplina è effettivamente auspicabile, posto che, come noto, anche l’eccesso di regolazione può avere effetti controproducenti sulla concorrenzialità del mercato.

In questa prospettiva, la disciplina recata dal Codice del Consumo appare in grado non già di "completare" siffatta disciplina bensì il "quadro" complessivo dei poteri pubblici, sanzionatori e di enforcement, a tutela dei consumatori.

Il Codice delinea, infatti, un modello astratto di professionista diligente, la cui osservanza va verificata in concreto, come già chiarito, non solo alla stregua della disciplina di settore, ma anche dell’esperienza propria dell’ambito di attività del professionista e delle finalità di tutela perseguita dal Codice stesso.

Si tratta, peraltro, di confini mobili e in continua evoluzione, tali da richiedere la costante collaborazione, nonché forme di coordinamento, tra le Autorità di settore e l’Autorità antitrust; esigenza peraltro, nella materia in esame, avvertita dallo stesso legislatore (cfr., in particolare, gli artt. 20 e 21 della l. 28.12.2005, n. 262, recante disposizioni in materia di tutela del risparmio e disciplina dei mercati finanziari).

3. Nel merito, sul piano procedimentale Finiper ha lamentato una eccessiva dilatazione della fase c.d. preistruttoria, nonché la violazione dei termini di conclusione del procedimento, nella fattispecie fissati in 150 giorni.

3.1. In relazione all’istruttoria preliminare all’avvio del procedimento, la Sezione ha recentemente chiarito che "salvi i termini perentori di cui all’ art. 7 (scilicet: del regolamento sulle procedure istruttorie) per la conclusione del procedimento, prorogabili nella misura e alle condizioni ivi stabilite, non sussiste alcun termine, neppure di natura acceleratoria, ricollegabile alla data di presentazione della segnalazione, entro il quale debba intervenire la comunicazione di avvio del procedimento, la cui temporalizzazione è ovviamente condizionata dal numero e dal contenuto delle segnalazioni, dall’ampiezza temporale della stessa pratica commerciale scorretta (…) dalla maggiore o minore complessità della fattispecie" (TAR Lazio, 13 luglio 2010, n. 24994, Tim Sogno).

Quanto all’estensione del procedimento alla società Montebello, a dire della ricorrente avvenuta tardivamente, la descrizione in fatto rende pienamente conto della circostanza che, del coinvolgimento di tale società, l’Autorità ha appreso proprio attraverso le prime controdeduzioni di Finiper, la quale ha fatto presente di "essere una holding finanziaria pura, che limita la propria attività alla mera gestione delle proprie partecipazioni, tra le quali segnatamente la Iper Montebello S.p.A.. attiva nel campo della grande distribuzione, e di non svolgere, né di avere mai svolto, alcuna attività commerciale nei confronti del pubblico dei consumatori."

Quanto alla durata complessiva del procedimento, la difesa di AGCM ha poi sottolineato che, in data 9 luglio 2009, è stata deliberata una proroga di trenta giorni della conclusione del procedimento, proprio in considerazione della "necessità di garantire il contraddittorio con specifico riferimento alla integrazione oggettiva e soggettiva del procedimento, nonché di valutare la documentazione acquisita nel corso degli accertamenti ispettivi".

3.2. Relativamente alla scelta di condurre un unico procedimento, ancorché l’istruttoria sia poi sfociata in un provvedimento complesso, relativo a distinte fattispecie, questa Sezione (sentenza 26 giugno 2008, n. 6251, Trasporto pubblico locale) ha già evidenziato che siffatta scelta non comporta, per ciò solo, la compromissione delle garanzie procedimentali e del diritto di difesa, della quale, nel caso di specie, non viene peraltro dato nemmeno un principio di prova.

Appare poi condivisibile quanto osservato dalla difesa erariale, secondo cui il provvedimento individua con chiarezza e linearità le distinte fattispecie oggetto di accertamento e la responsabilità di ciascuna della parti del procedimento.

4. Il cuore del presente ricorso consiste peraltro nell’affermazione secondo cui parte ricorrente, in quanto non operante nel settore dell’intermediazione finanziaria, sarebbe del tutto estranea alla pratica sanzionata.

In particolare, il carattere co – branded della carta, non assumerebbe alcuna rilevanza sul piano giuridico e nemmeno su quello economico. Infatti, il servizio di pagamento rimane di gestione esclusiva dell’emittente, né risulta modificata la struttura "trilaterale" del rapporto.

Le stessi convenzioni con Ducato escludono qualsiasi ruolo o intervento della società esponente nella commercializzazione delle carte "Vantaggi Vip" e "Vantaggi Plus" rispetto alle quali i contatti con la clientela erano (obbligatoriamente) affidati e gestiti dal personale della stessa Ducato s.p.a..

Il commerciante non avrebbe alcuna possibilità di controllo e di indirizzo su una attività, come quella creditizia, riservata ad alcuni soggetti e caratterizzata da alta tecnicità.

4.1. Appare opportuno, in primo luogo, richiamare la definizione offerta dal Codice del Consumo, secondo cui per "professionista" si intende "qualsiasi persona fisica o giuridica che, nelle pratiche commerciali oggetto del presente titolo, agisce nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale, e chiunque agisce in nome e per conto di un professionista" e per "pratiche commerciali tra professionisti e consumatori" qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale ivi compresa la pubblicità e la commercializzazione del prodotto, posta in essere da un professionista, in relazione alla promozione, vendita o fornituara di un prodotto ai consumatori.

La definizione adottata dal legislatore è dunque estremamente ampia, essendo sufficiente che la condotta venga posta in essere nel quadro di una attività di impresa "finalizzata" alla promozione e/o commercializzazione di un prodotto o di un servizio.

In tal senso, rileva perciò anche l’attività di un operatore "intermedio", in quanto idonea ad incidere sulla libertà di scelta e di autodeterminazione del consumatore.

A ciò si aggiunga che, secondo quanto già rilevato dalla Sezione (cfr. le sentenza n. 10464/2008, 10465/08 e 10468/08 del 20.11.2008; 15 giugno 2009, n. 5920, Fatturazione per chiamate satellitari; 15 giugno 2009, n. 5628 Sms messaggi in segreteria), anche nell’ambito dell’illecito c.d. consumeristico è possibile configurare, "alla luce tanto dei principi generali di diritto punitivo, quanto in particolare dell’art. 5 della l. 24 novembre 1981, n. 689, un’ipotesi di concorso di persone nell’illecito amministrativo", ben potendo l’imputazione di responsabilità reggersi giuridicamente "allorché risulti in concreto che tale soggetto abbia in realtà con il suo contegno contribuito a porre in essere la condotta sanzionata".

Nel caso di specie, l’Autorità ha rilevato "che la pratica commerciale di cui alla lettera a) del paragrafo II del presente provvedimento, oggetto di valutazione concerne la commercializzazione presso i punti vendita a insegna "Iper la grande i" e sul sito internet www.iper.it delle carte di credito cobranded "Vantaggi Vip" e "Vantaggi Plus"(…)". Inoltre, "nei punti vendita, le carte rispondono anche ad una funzione di fidelizzazione della clientela mediante la previsione di promozioni riservate ai titolari delle carte di credito.".

Ora, appare al Collegio evidente (come già in fattispecie analoghe a quella di cui si controverte – cfr., in particolare, la sentenza 12364 del 19.5.2010, Auchan), che la commercializzazione delle carte emesse da Ducato costituisca l’oggetto di uno specifico accordo di partnership tra le due società, soddisfacendo ad un tempo l’interesse di tutti i soggetti coinvolti nella organizzazione e realizzazione dell’iniziativa, nell’ambito della quale, deve aggiungersi, la messa a disposizione della rete distributiva di parte ricorrente rappresenta il punto focale, ove si consideri la notoria forza di attrazione che tali strutture esercitano sul pubblico dei consumatori.

La decisione dell’Autorità, nel caso di specie, appare poi in linea anche con la giurisprudenza e al prassi applicativa sviluppatasi nell’ambito della previgente disciplina della pubblicità ingannevole che riconosce, nel vantaggio diretto proveniente da una iniziativa promozionale un elemento idoneo alla qualificazione di operatore pubblicitario (cfr., da ultimo, TAR Lazio, I^, n. 8334/2008).

Al riguardo, anche il Consiglio di Stato (confermando l’impostazione seguita dalla Sezione) ha recentemente evidenziato che, nei rapporti commerciali tra "professionisti", deve essere predisposto un adeguato setting di strumenti di verifica e controllo delle iniziative promozionali e pubblicitarie relative alle attività di comune interesse, tale da impedire il verificarsi dell’illecito amministrativamente sanzionato (cfr. Cons. St., sez. VI, 12 aprile 2011 n. 2251).

Infine, relativamente ai ruoli svolti, rispettivamente, da Finiper e Iper Montebello, nel provvedimento impugnato si legge che " Le carte di credito "Vantaggi Vip" e "Vantaggi Plus" (…) sono carte di credito cobranded che rappresentano il frutto di due iniziative commerciali congiunte, tra Ducato S.p.A., Finiper S.p.A. e Iper Montebello S.p.A.. In particolare, la carta di credito "Vantaggi Vip" è il frutto di un accordo commerciale della durata di due anni, tacitamente rinnovabile, intercorso tra la Ducato S.p.A. e la Finiper S.p.A. nel gennaio 2006.

Tuttavia, dalle risultanze istruttorie si evince che, dal gennaio 2008, a seguito del conferimento di ramo d’azienda da parte di Finiper S.p.A. in Iper Montebello S.p.A. avvenuto il 20 dicembre 2007, l’accordo citato è stato trasferito in capo alla Iper Montebello S.p.A.. Sicché, la commercializzazione della carta "Vantaggi Vip" deve essere imputata alla Finiper S.p.A. nel periodo compreso tra il 21 settembre 2007 e il 1°gennaio 2008 e alla Iper Montebello S.p.A. per il periodo successivo al 1° gennaio 2008.

Al contrario, la carta di credito "Vantaggi plus" è il frutto di un accordo intercorso direttamente tra la Iper Montebello S.p.A. e la Ducato S.p.A. in un periodo successivo al conferimento di ramo d’azienda da parte della Finiper S.p.A., risalente al luglio 2008. La commercializzazione di questa seconda tipologia di carta, è pertanto, imputabile oltre che alla Ducato S.p.A. alla sola Iper Montebello S.p.A..".

Ciò premesso, è pertanto irrilevante, a parere del Collegio, che Finiper sia una holding finanziaria pura, avendo comunque tale società siglato l’accordo di partnership con Ducato (per il periodo evidenziato dall’Autorità) ed assicurato, quindi, la messa a disposizione dei punti vendita controllati.

5. Con ulteriore ordine di rilievi, Finiper lamenta un non sufficiente grado di analiticità della comunicazione di avvio del procedimento, non facendosi, nella stessa, riferimento all’omissione di alcune voci di costo bensì ad informazioni inesatte circa la natura delle carte e ai tassi applicati.

La società, si è sostanzialmente richiamata alla scansione tipica dei procedimenti in materia di tutela della concorrenza, in cui, prima dell’adozione del provvedimento finale, è prevista la c.d. Comunicazione delle Risultanze Istruttorie alle imprese.

Al riguardo, va in primo luogo osservato (come già più volte evidenziato dalla Sezione; cfr. le sentenze n. 5807/2009 e 8396/2009), che siffatto adempimento è tipico dei procedimenti antitrust, in quanto caratterizzati da una particolare complessità dei relativi accertamenti istruttori.

E’ indubbio però che, rispetto ai procedimenti intesi a reprimere la pubblicità ingannevole e comparativa, anche quelli in materia di pratiche scorrette, richiedano, oggi, un maggiore e più articolato impegno istruttorio. Infatti, salvo i casi di condotte "tipizzate" (elencate agli artt. 23 e 26 del Codice del Consumo) incombe all’Autorità di individuare con sufficiente precisione le condotte ritenute ingannevoli e/o aggressive.

In tal senso, il riferimento all’ "oggetto del procedimento", contenuto nell’art. 6 del Regolamento sulle Procedure Istruttorie adottato in data 15 novembre 2007, non può esaurirsi nel mero richiamo alle norme di cui si ipotizza la violazione.

Ciò premesso, rimane tuttavia prerogativa dell’Autorità quella di prospettare un ampio spettro di indagine, atteso che un maggior grado di dettaglio è logicamente esigibile solo nella fase conclusiva del procedimento "che costituisce l’esito della fase istruttoria, mentre non sempre può caratterizzare la fase di avvio, nella quale, invece, deve essere con precisione identificato il solo messaggio, o i profili dello stesso, oggetto di indagine al fine di mettere in grado l’operatore pubblicitario di potere proficuamente partecipare all’istruttoria" (TAR Lazio, sez. I^, 12 maggio 2008, n. 3880); id., 13 aprile 2006,n. 2737).

Nel caso di specie, nella comunicazione di avvio del procedimento, si faceva riferimento alla "commercializzazione presso i punti vendita "Iper La grande" e sul sito internet www.iper.it di due carte di credito cobranded denominate "Carta di Credito Vantaggi Vip" e "Carta Vantaggi Plus" emesse dalla Ducato S.p.A., senza fornire informative adeguate sulla natura, sulle caratteristiche, sulle condizioni economiche e sulle modalità di utilizzo delle carte stesse. In particolare, ai consumatori sarebbero state fornite informazioni non rispondenti al vero, inesatte o incomplete ovvero sarebbero state omesse informazioni rilevanti in merito alla natura "revolving" delle carte stesse, ai tassi applicati, nonché in merito alla circostanza che queste insistono su una linea di credito per un importo massimo autorizzato rimborsabile mediante rate, il cui pagamento ricostituisce a favore del cliente una disponibilità di spesa pari all’importo saldato", con ciò rendendo pienamente intelligibile da parte di Finiper che gli accertamenti dell’Autorità avrebbero riguardato principalmente la correttezza delle informazioni fornite ai consumatori nelle fase promozionale.

5.1. Nel provvedimento impugnato, con specifico riguardo alla pratica commerciale di cui alla lettera a), l’Autorità ha in primo luogo evidenziato (parr. 33 e ss.) che "le carte di credito "Vantaggi Vip" e "Vantaggi Plus" sono carte di credito emesse dalla Ducato S.p.A. che possono essere utilizzate come strumento di pagamento presso i punti vendita "Iper La Grande i". In particolare, mentre la carta "Vantaggi Plus" è una carta privativa che può essere utilizzata solo presso i punti vendita citati, la carta "Vantaggi Vip" può essere utilizzata anche presso i negozi che aderiscono al circuito Mastercard e consente di prelevare contanti presso gli sportelli bancomat. Le carte appartengono al novero delle carte di credito c.d. "flessibili" e sono dunque caratterizzate dall’addebito degli utilizzi con valuta alla fine del mese nel quale è stato effettuato l’acquisto/prelievo. Le carte, inoltre, consentono al consumatore di scegliere la modalità di rimborso: a fine mese in un’unica soluzione senza interessi (c.d. rimborso a saldo) ovvero a rate (revolving) con gli interessi previsti nel contratto. Le risultanze istruttorie evidenziano, inoltre, che le linee di credito ad esse collegate hanno natura c.d. revolving (rectius, rotativa). La richiesta della carta, infatti, comporta la messa a disposizione del cliente di un fido che diminuisce per un importo pari a quello di volta in volta speso e viene ricostituito con i rimborsi di volta in volta effettuati. Nel caso di rimborso con rate mensili (revolving), il fido viene ricostituito solo dalla quota capitale della rata." In particolare, "le condizioni economiche delle carte di credito "Vantaggi Vip" e "Vantaggi Plus", riportate anche nei rispettivi documenti di sintesi allegati ai moduli di richiesta, pongono a carico del consumatore le seguenti commissioni e spese: le spese per incasso rata (1 euro), per produzione e invio bollettini postali (5 euro); per l’emissione di duplicati di documenti (10 euro); per sostituzione carta (10,33 euro); per l’invio di ciascuna comunicazione alla clientela (5 euro); per l’invio dell’estratto conto mensile (1,03 euro); l’imposta di bollo (1,81 euro). Nel caso della carta "Vantaggi Vip" è prevista inoltre la commissione per il prelievo di contanti. Nei punti vendita, le carte rispondono anche ad una funzione di fidelizzazione della clientela mediante la previsione di

promozioni riservate ai titolari delle carte di credito.".

L’Autorità ha riscontrato l’esistenza di "informative inadeguate e di omissioni informative sulla natura, sulle caratteristiche, sulle condizioni economiche e sulle modalità di utilizzo delle carte stesse sia nell’ambito delle iniziative pubblicitarie volte a promuoverne la sottoscrizione, sia nell’ambito della documentazione contrattuale utilizzata per la richiesta delle carte, messa a disposizione dei punti vendita "Iper La Grande i"da Ducato.".

In particolare, sotto il primo profilo, ha evidenziato che "Le pagine del sito internet www.iper.it, acquisite agli atti, presentano le carte di credito "Vantaggi Plus" e "Vantaggi Vip" come carte gratuite che danno la possibilità di scegliere se pagare a saldo o a rate "con condizioni vantaggiose" e di usufruire delle stesse opportunità della carta "Vantaggi Iper", la carta sconti utilizzabile nei punti vendita "Iper La Grande i"." Inoltre, nella brochure e nella cartellonistica presenti presso gli ipermercati appartenenti alla catena, la promozione avviene "mediante espressioni del tipo "Vuoi avere di più senza spendere nulla?" "Carta di credito Vantaggi Vip e Carta Vantaggi Plus: Vantaggi esclusivi a costo zero!". "le carte sono gratuite e subito disponibili al punto finanziario. Richiedi subito quella che fa per te!" o nel caso della cartellonistica ".Vuoi una carta di credito davvero gratuita?". Gli stessi messaggi pubblicitari, inoltre, "sono utilizzati dagli addetti per descrivere le caratteristiche delle carte di credito ai potenziali clienti interessati all’acquisto".

L’Autorità ha pertanto ritenuto che "Nel sito internet www.iper.it e nei messaggi pubblicitari diffusi presso i punti vendita, pertanto, vengono fornite informazioni non rispondenti al vero o comunque incomplete in merito alla gratuità delle carte di credito. Le espressioni utilizzate, infatti, nel presentare le carte come gratuite o nel prospettare la possibilità di ottenere le carte di credito, i relativi vantaggi, a costo zero lasciano intendere al consumatore che, contrariamente al vero, questo non debba sostenere alcun costo per ottenere la carta e per utilizzarla. In realtà, la gratuità si riferisce unicamente alla quota associativa mentre, il consumatore è comunque chiamato a sostenere i costi relativi ad. es. all’invio dell’estratto conto, all’incasso delle rate all’imposta di bollo o nel caso della carta di credito "Vantaggi Vip" alle commissioni per ottenere anticipo di contante presso le filiali Ducato, gli sportelli bancari e gli sportelli automatici abilitati ATM".

Ed ancora, "nell’ambito delle iniziative pubblicitarie citate, inoltre, non vengono fornite indicazioni sulla natura rotativa (c.d. revolving) delle linee di credito sulle quali insistono le carte vale a dire, sulla circostanza per cui i pagamenti effettuati ripristinano la disponibilità del credito concesso, sia nell’ipotesi di rimborso a saldo che nell’ipotesi di rimborso rateale.".

Con specifico riguardo alla c.d. informativa pre – contrattuale, l’Autorità ha poi rilevato che "Le medesime omissioni informative si rinvengono nella documentazione contrattuale utilizzata per la richiesta delle carte e nelle comunicazioni che accompagnano l’invio delle carte al domicilio del consumatore." In particolare, la modulistica utilizzata per la richiesta delle carte presso i punti vendita, non contiene "indicazioni in merito alla natura revolving delle linea di credito sulla quale le stesse insistono. In particolare, i modelli contrattuali predisposti per la compilazione cartacea e per la compilazione telematica mediante le espressioni "richiesta di concessione della linea di credito e rilascio della carta di credito Vantaggi Vip Iper " "richiesta di concessione della linea di credito e rilascio della carta di credito Vantaggi Vip Iper" riportate nell’intestazione, non lasciano intendere al consumatore che, la linea di credito è a tempo indeterminato ed è ripristinata dai rimborsi di volta in volta effettuati.".

5.1.1. Tale essendo l’apparato motivazionale della delibera impugnata, nella parte di interesse, reputa il Collegio che non possa essere seriamente confutata l’ambiguità che connota l’informazione veicolata sia nella promozione che nella modulistica utilizzata per la richiesta da parte dei consumatori delle carte denominate "Vantaggi Plus" e "Vantaggi Vip".

Parte ricorrente si è infatti limitata a rinviare, al riguardo, alle "condizioni economiche" recate dal documenti di sintesi, allegato al modulo di richiesta, laddove è invece orientamento interpretativo del tutto consolidato dell’Autorità, avallato dal giudice amministrativo, quello secondo cui (cfr. TAR Lazio, sez. I^, sentenza 9.5.2010, n. 12277, Accord; id., 8 settembre 2009 n. 8394, Prezzi bloccati elettricità) l’obbligo di chiarezza deve essere congruamente assolto "sin dal primo contatto pubblicitario, attraverso il quale debbono essere messi a disposizione del consumatore gli elementi essenziali per una immediata percezione dell’offerta economica pubblicizzata".

Nel caso di specie, peraltro, l’Autorità ha esteso la sua indagine all’intero atto di "consumo" (e quindi non soltanto alla fase prenegoziale del "contatto" e delle trattative), rilevando omissioni informative o indicazioni poco chiare e confusorie, anche nella documentazione utilizzata per la richiesta delle carte non essendo ivi spiegato il significato del termine revolving ovvero le caratteristiche della linea di credito della quale il consumatore richiede l’apertura.

Non è in particolare contestato quanto dall’Autorità rilevato circa l’assenza di, sia pure sintetiche ma chiare spiegazioni, in ordine al funzionamento di una carta di credito c.d. "revolving", a tanto non essendo sufficiente il mero riepilogo delle condizioni economiche applicate nel documento di sintesi.

Al riguardo, va poi ricordato che l’Autorità è chiamata a verificare l’idoneità della pratica ad incidere sulla libertà di autoderminazione di un consumatore "medio", e cioè di un consumatore ragionevolmente attento ed avveduto, secondo quanto da tempo delineato dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia in materia di pubblicità ingannevole, (cfr., per tutte, la sentenza del 13 gennaio 2000, causa C220/98, Estée Lauder).

La figura del consumatore medio è stata successivamente recepita dall’ordinamento comunitario ed estesa dalla direttiva sulle pratiche commerciali sleali a tutta la gamma delle condotte dalla stessa considerate.

Tale modello appare sostanzialmente ispirato dal principio di proporzionalità in quanto idoneo ad operare un effettivo bilanciamento tra l’esigenza di libera circolazione delle merci e dei servizi e il diritto del consumatore a determinarsi consapevolmente in un mercato concorrenziale.

L’individuazione di siffatto modello – come da questa stessa Sezione in precedenza affermato (cfr. sentenza 3 marzo 2004 n. 2020) – non può conseguire ad una valutazione condotta in termini meramente statistici o empirici, dovendo invece essere presi in considerazione fattori di ordine sociale, culturale ed economico, fra i quali, in particolare, va analizzato il contesto economico e di mercato nell’ambito del quale il consumatore si trova ad agire.

Nel caso di specie, il settore in esame si caratterizza, per l’offerta di prodotti sempre più raffinati e complessi, oltre ad interessare una larghissima platea di potenziali consumatori, all’interno della quale non è ragionevolmente predicabile un elevato e diffuso grado di informazione.

Il richiamo al modello del consumatore medio, ove posto in rapporto alla peculiarità del contesto socio – economico di riferimento, non esclude perciò che adeguata tutela debba essere assicurata anche ai consumatori meno smaliziati, in quanto presumibilmente, sono proprio costoro gli utenti "medi" dei servizi oggetto della pratica.

Sotto altro profilo, la Sezione ha già chiarito che l’illiceità della condotta, al fine di assumere rilevanza ai sensi delle più volte riportate disposizioni del Codice del Consumo, "non deve dimostrare una concreta attuazione pregiudizievole (per le ragioni dei consumatori), quanto, piuttosto, una potenzialità lesiva (per le scelte che questi ultimi, altrimenti, sono legittimati a porre in essere fuori da condizionamenti e/o orientamenti decettivi) che consente di ascrivere la condotta nel quadro dell’illecito (non già di danno) ma di mero pericolo" in quanto intrinsecamente idonea a condurre alle conseguenze che la disciplina di legge ha inteso, invece, scongiurare (sentenza n. 3722 dell’8 aprile 2009).

Gli effetti della condotta, si pongono, in definitiva, al di fuori della struttura degli illeciti consumeristici sanzionati dal Codice del Consumo, atteso che la normativa in materia non ha la mera funzione di assicurare una reazione alle lesioni arrecate dalle pratiche scorrette agli interessi patrimoniali del consumatore, ma si colloca su un più avanzato fronte di prevenzione, essendo tesa a salvaguardarne, in primo luogo, la libertà di autodeterminazione, e, pertanto, a prevenire indirettamente distorsioni del funzionamento del mercato concorrenziale, sin da una fase ampiamente prodromica rispetto all’effettiva instaurazione del rapporto negoziale.

Nel caso di specie, l’ambiguità che contraddistingue l’informativa pre – contrattuale, è poi ancora più eclatante se si ha riguardo alla fase c.d. promozionale, non essendo seriamente contestabile la decettività di espressioni quali "gratis" o "gratuito", in presenza, invece, di spese e commissioni, in precedenza descritte, alle quali, nella pubblicità, non si fa riferimento alcuno.

6. Sotto il profilo sanzionatorio, Finiper ha svolto sostanzialmente due censure, affermando, da un lato, che non sarebbero stati accuratamente ponderati i ruoli svolti dalle società coinvolte, dall’altro che, comunque, sommando gli importi inflitti alla stessa ricorrente e alla Iper Montebello, si perviene ad un importo manifestamente sproporzionato, rispetto a quello inflitto a Ducato. (130.000 rispetto a 120.000 euro).

6.1. Si legge nella delibera di AGCM che "La Ducato S.p.A. (…) è una società finanziaria, facente parte del Gruppo Creditizio Banca Popolare; mentre, Finiper S.p.A. e Iper Montebello S.p.A. sono società che gestiscono una rete di primario rilievo nel settore della distribuzionespecializzata. Trattandosi, pertanto, di società che godono di credibilità e notorietà presso il pubblico, le pratiche commerciali scorrette dalle stesse poste in essere possono ragionevolmente ritenersi di maggiore portata offensiva. La gravità delle violazioni deve, altresì, essere ricondotta alle caratteristiche del settore in cui le omissioni informative sono state poste in essere. Nel settore creditizio, infatti, l’obbligo di completezza e chiarezza delle informazioni veicolate si presenta particolarmente stringente, anche in ragione della già rilevata asimmetria informativa esistente tra professionista e consumatore derivante dalla complessità della materia e dalla scarsa conoscenza del pubblico rispetto a servizi cui non si ricorre con molta frequenza". Rileva, inoltre, la circostanza per cui "le pratiche commerciali interessano l’intero atto di consumo, in quanto poste in essere in tutte le fasi che caratterizzano la formazione e l’acquisizione del consenso del consumatore sino alla conclusione del contratto". E’ stata inoltre valutata "la palese contrarietà alla diligenza professionale, atteso che la società Ducato S.p.A., da tempo attiva nel settore di cui trattasi, è maggiormente edotta, anche rispetto a Finiper S.p.A. e Iper Montebello S.p.A., della natura essenziale delle informazioni relative alla natura revolving della carta di credito e della linea di credito ad essa collegata, all’effettivo oggetto dei contratti di finanziamento finalizzato classico e di prestito personale e agli effetti che la sottoscrizione dei relativi moduli comporta, nonché alla natura meramente facoltativa dell’adesione alle assicurazioni.".

6.1.1. Osserva il Collegio, che l’Autorità, come appena riportato, ha espressamente valutato come maggiormente colpevole il comportamento di Ducato nella sua qualità di intermediario finanziario professionale.

La sanzione base irrogata per la fattispecie sub a) (euro 120.000) è poi nettamente superiore a quelle, rispettivamente, inflitte a Finiper e Iper Montebello.

Tali società, inoltre, sono soggetti giuridicamente distinti e, per quanto qui interessa, neppure possono considerarsi una realtà economica unitaria posto che, come dalle stesse dichiarato nel corso del procedimento, gli accordi con Ducato sono stati raggiunti separatamente da ciascuna di esse e in tempi successivi.

7. In definitiva, per quanto appena argomentato, il ricorso deve essere respinto.

Le spese, seguono come di regola la soccombenza, e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sede di Roma, sez. I^, definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in premessa, lo respinge.

Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio, che si liquidano complessivamente in euro 1.500,00.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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