Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
1Con ricorso in esame il sig. L.P. ha impugnato il decreto col quale il Prefetto di Avellino ha respinto il suo ricorso gerarchico avverso il provvedimento del locale Questore che, a sua volta, aveva rigettato la sua domanda di revoca dell’avviso orale adottato nei suoi confronti il 24 giugno 2009 ai sensi dell’art. 4 L. 27 dicembre 1956 n. 1423.
A tal fine, dopo aver ricordato il contenuto degli atti sopra citati e dopo aver fatto presente di essere un noto "artista" "senza significativi precedenti penali", ha dedotto i seguenti motivi di ricorso:
1)Violazione degli artt.1 e 4 L. n. 1423/1956 cit. nonché degli artt. 24 e 97 Cost. ed eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, erroneità, ingiustizia e sviamento.
2)Violazione dell’art. 5 DPR 24 novembre 1971 n. 1199 e carenza di istruttoria e della motivazione.
L’Amministrazione intima si è costituita in giudizio e, oltre a produrre documentazione, ha controdedotto alle argomentazioni avversarie chiedendo che il ricorso sia respinto.
2Il Collegio in via generale ricorda che l’art. 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 stabilisce che i provvedimenti ivi previsti si applicano nei confronti:
– di coloro che debbano ritenersi, sulla base di elementi di fatto, abitualmente dediti a traffici delittuosi;
– di coloro, che per la condotta ed il tenore di vita, debbano ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivano abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose;
– di coloro che, per il loro comportamento, debbano ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che siano dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica.
Il successivo art. 4 (come modificato dall’art. 5 L. 3 agosto 1988, n. 327) della stessa legge n. 1423/1956 soggiunge che l’applicazione dei provvedimenti di cui all’art. 3 (sorveglianza speciale della pubblica sicurezza, divieto di soggiorno in uno o più comuni, diversi da quelli di residenza o di dimora abituale o in una o più province, obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora abituale) è consentita dopo che il Questore nella cui provincia la persona dimora ha provveduto ad avvisarla oralmente che esistono sospetti a suo carico e ad indicare i motivi che li giustificano, invitando la persona destinataria a tenere una condotta conforme alla legge e redigendo il processo verbale dell’avviso al solo fine di dare allo stesso data certa.
Pertanto, l’avviso orale di cui all’art. 4 della legge 1423/1956, come modificato dalla legge 327/1988 è esclusivamente "l’avvertimento" della sussistenza di sospetti a carico di una persona, per la quale si profilano "elementi di fatto" che facciano ritenere l’appartenenza ad una delle categorie previste dall’art. 1 della legge 1423/1956, e non ha altro effetto se non quello di consentire la proposta all’Autorità giudiziaria, entro tre anni, di applicazione delle misure di prevenzione.
Insomma, proprio perché si tratta solo di un avvertimento, il giudizio sulla pericolosità sociale del soggetto avvisato non richiede la sussistenza di prove compiute sulla commissione di reati, essendo sufficienti anche meri sospetti su elementi di fatto tali da indurre l’Autorità di polizia a ritenere sussistenti le condizioni di pericolosità sociale che possono dar luogo, da parte del giudice, all’applicazione delle misure di prevenzione.
Ne consegue che è legittimo procedere all’avviso orale anche in assenza di addebiti specifici, purché emerga una situazione rivelatrice di personalità incline a comportamenti asociali o antisociali (cfr., ex multis, Cons. St., Sez. IV 4 maggio 1984, n. 312; TAR Campania, Napoli, Sez. III, 22 febbraio 2003 n. 1252).
3Nella fattispecie, il sig. L.P. con l’avviso orale (il cui dispositivo con i successivi atti in questa sede impugnati è stato confermato dal Questore e dal Prefetto) è stato avvisato oralmente e formalmente che a suo carico esistono taluni elementi – nel contesto dell’atto stesso specificamente indicati – ed invitato, quindi, a tenere, per il futuro una condotta conforme alla legge al fine di evitare che, perdurando la di lui censurabile condotta e pericolosità per la sicurezza pubblica, venga avanzata nei suoi confronti la proposta all’Autorità giudiziaria dell’applicazione della sorveglianza speciale.
In detto avviso è precisato, peraltro, che l’interessato ha numerosi precedenti di polizia per stupefacenti, frequentazione con soggetti gravati da pregiudizi e vilipendio.
Come risulta dalla documentazione versata in atti dalla difesa dell’Amministrazione, tali elementi sono meglio e più dettagliatamente descritti nella proposta di applicazione della misura del 6 giugno 2009 a firma del Comandante della Compagnia Carabinieri di Baiano, in relazione alla quale, giova subito sottolinearlo, nulla è stato dedotto in punto di fatto.
Eppure, in detta proposta, è evidenziato che il sig. P., oltre ad essere stato deferito all’Autorità giudiziaria per ben dieci volte e per reati diversi, in molteplici occasioni è stato ritrovato in compagnia di pregiudicati nel corso dei servizi di controllo sul territorio.
Tanto basta per far constatare che nel contestato verbale di avviso orale emesso dal Questore di Avellino (e, sostanzialmente, anche nei successivi provvedimenti del Questore e del Prefetto intervenuti a seguito della richiesta di revoca e del ricorso gerarchico) sono facilmente enucleabili le seguenti ragioni sostanziali a giustificazione dell’atto medesimo:
a) il fatto "storico", comunque risultante agli atti, che il ricorrente è stato più volte denunciato per vari reati;
b) la circostanza che l’attività informativa e di vigilanza di competenza degli organi di Polizia ha in numerosissime occasioni verificato che l’interessato abitudinariamente frequenta elementi pregiudicati.
È proprio sulla base di siffatti presupposti, dunque, che il Questore di Avellino si è poi rivolto "oralmente e formalmente" all’interessato, facendo presente – con un provvedimento motivato con specifico riferimento a tali circostanze – che a suo carico esistono gli elementi nell’apposito avviso indicati, invitandolo a tenere, per il futuro, una condotta conforme alla legge al fine di evitare che, nei termini previsti dalla norma predetta, sia avanzata – nel caso che il suo censurabile comportamento prosegua – la proposta dell’applicazione a suo carico, da parte dell’Autorità giudiziaria, della misura della sorveglianza speciale.
4Insomma, trasferendo i richiamati principi al caso particolare oggetto di esame, deriva che la fase istruttoria del procedimento finalizzato ad emettere l’impugnato avviso orale, in effetti, si è nella specie concretata nella valutazione delle informazioni di cui le autorità di pubblica sicurezza erano in possesso al fine di verificare, sulla base di tali risultanze, la possibile pericolosità sociale del ricorrente.
Di conseguenza, per giudicare l’eventuale fondatezza della censura centrale proposta nell’originario gravame di difetto di istruttoria e insufficienza della motivazione, occorre verificare se gli elementi di fatto siano stati dall’Amministrazione correttamente acquisiti, valutati e confrontati; occorre, in definitiva, valutare se il suddetto giudizio di prognosi sia stato correttamente formulato.
La discrezionalità amministrativa ha, infatti, come suoi predicati sia la legittimità sia il merito e per essere immune da vizi, di legittimità o di merito, deve essere convenientemente volta al perseguimento del fine pubblico previsto dalla norma attributiva del potere secondo una corretta qualificazione, valutazione e ponderazione di tutti gli interessi, pubblici e privati, coinvolti nell’iter procedimentale, secondo lo schema in precedenza descritto.
Orbene, nel caso di cui trattasi, ritiene il Collegio che il potere pubblico sia stato correttamente esercitato, non sussistendo né la violazione della L. 1423/1956, né il vizio di eccesso di potere, sotto il profilo dell’insufficienza della motivazione.
In proposito, d’altronde, la giurisprudenza, nell’interpretare la normativa ora richiamata, ha da tempo fissato alcuni punti di riferimento, il primo dei quali attiene al pacifico rilievo secondo cui, se è vero che il provvedimento preventivo deve essere motivato con riferimento a concreti comportamenti attuali del soggetto dai quali possano desumersi talune delle ipotesi previste dalla legge come indice di pericolosità per la sicurezza e la moralità pubblica, resta fermo che tali comportamenti non debbono necessariamente concretarsi in circostanze univoche ed episodi definiti, ma possono desumersi da una valutazione indiziaria fondata su circostanze di portata generale e di significato tendenziale, o su contesti significativi nel loro complesso. Secondo i principi giurisprudenziali, peraltro, il giudizio di pericolosità sociale che giustifica l’irrogazione della misura di prevenzione è tipica valutazione di merito, che sfugge al sindacato di legittimità del giudice amministrativo se non sotto profili di abnormità dell’iter logico o di incongruenza della motivazione, profili nella specie non sussistenti.
Applicando dette coordinate al caso in questione, risulta evidente che l’Autorità di polizia ha adottato il provvedimento impugnato sulla scorta di elementi di fatto tutt’altro che generici siccome riconducibili alle varie segnalazioni a suo carico sopra menzionate.
In definitiva, tutti gli elementi sopra ricordati contribuiscono a delineare nel complesso un quadro di fatto, rispetto al quale il giudizio di pericolosità formulato dall’Amministrazione – nei limiti in cui esso è sindacabile nella presente sede di legittimità – appare tutt’altro che irragionevole o arbitrario
5Resta da esaminare il secondo motivo con il quale viene lamentata l’illegittimità del provvedimento di rigetto del ricorso gerarchico per insufficienza dell’istruttoria e della motivazione.
Anche tale censura è infondata.
La piana lettura del provvedimento del Prefetto rende evidente che lo stesso, pur nelle sua sinteticità, risulta il frutto della completa disaminina dell’ampia ed esauriente documentazione disponibile e della valutazione delle censure formulate dal ricorrente il quale effettivamente non può fondatamente invocare la sua asserita qualità di "artista" per giustificare comportamenti censurabili quali l’uso di stupefacenti, la frequentazione di pregiudicati ed il vilipendio verso le istituzioni dello Stato.
D’altra parte, né nel corso del presente giudizio né precedentemente (richiesta di revoca dell’avviso orale e nel ricorso gerarchico) il ricorrente ha in qualche modo contestato la veridicità dei presupposti di fatto su cui si basa l’avviso stesso, sicché risulta davvero difficile ipotizzare in cosa altro avrebbe potuto consistere la motivazione del decreto prefettizio.
6Il ricorso deve essere, pertanto, respinto.
Le spese di giudizio seguono,come di regola, la soccombenza e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna il ricorrente al pagamento in favore della parte ricorrente delle spese di giudizio che, comprensive di diritti, onorari ed altre competenze, sono liquidate in complessivi Euro2000 (duemila).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
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