Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
Nell’ambito di una procedura di sanatoria edilizia avviata presso il Comune di Tremestieri Etneo (CT) ai sensi della L. 326/2003, la ricorrente P.A. ha ricevuto parere sostanzialmente negativo (cfr. nota 6901/05 del 28.03.2006) da parte della Soprintendenza ai BB.CC.AA. di Catania, in ragione del regime di insanabilità fissato nell’art. 32, co., 27, lett. d), della citata legge, per lavori eseguiti in epoca successiva all’introduzione del vincolo che assoggetta parte del territorio comunale a tutela paesaggistica.
Il predetto provvedimento viene impugnato dalla ricorrente col gravame in epigrafe, per far valere i seguenti vizi:
1.- Violazione, per eccesso di potere, dell’art. 32, co. 27, lett. d), della L. 36/2003;
Si deduce, in sintesi, che il vincolo di tutela paesaggistica della zona è stato introdotto con D.A. n. 554/1978, con efficacia risalente al 1967, mentre i lavori oggetto della sanatoria sarebbero antecedenti a tale data – e quindi condonabili – come si ricaverebbe dalla dichiarazione presentata agli uffici del Catasto dal defunto marito della ricorrente, nella quale vengono datati all’anno 1966.
2.- Violazione, per eccesso di potere,sotto altro profilo, dell’art. 32, co. 27, lett. d), della L. 36/2003 – violazione dei principi interpretativi contenuti nella sentenza Corte costituzionale 10 febbraio 2006 n. 49;
i lavori realizzati non potevano essere qualificati "insanabili" tout court, come ha ritenuto la resistente Soprintendenza, in quanto il vincolo apposto sul territorio del Comune di Tremestieri Etneo ha carattere relativo e non assoluto.
L’intimata Soprintendenza ai BB.CC.AA. si è costituita in giudizio, ed ha eccepito l’irricevibilità del gravame e l’infondatezza delle censure.
Con ordinanza istruttoria n. 185/10, questa Sezione ha richiesto chiarimenti in relazione: a) all’anno di realizzazione dei lavori oggetto di sanatoria; b) alla data di consegna al destinatario della raccomandata n. 117516403823 spedita il 30.03.2006 ed indirizzata a P.A..
L’O.C.I. è stata eseguita, quanto al primo quesito, dal Comune di Tremestieri Etneo attraverso il deposito della domanda di sanatoria presentata dalla ricorrente; mentre, sul punto, la Soprintendenza ha dichiarato di non aver acquisito notizie in proprio, e di essersi basata per la formulazione del parere solo sulla data di realizzazione dell’abuso dichiarata dalla ricorrente nella domanda di sanatoria.
Il secondo quesito istruttorio è stato riscontrato da Poste Italiane s.p.a., la quale ha dichiarato di non poter fornire risposta in quanto "gli atti relativi alla raccomandata sopra descritta sono stati avviati al macero per maturato periodo di giacenza in archivio".
Prima dell’udienza di trattazione del merito, parte ricorrente ha depositato una memoria difensiva, che la Segreteria ha però inserito in busta chiusa, trattandosi di produzione tardiva rispetto al termine di trenta giorni antecedenti l’udienza prescritto dall’art. 73 del c.p.a.
Alla pubblica udienza del 9 giugno 2011 la causa è poi passata in decisione.
Motivi della decisione
1.- Preliminarmente va vagliata l’eccezione di irricevibilità del gravame sollevata dalla resistente Soprintendenza ai BB.CC.AA. in ragione del fatto che la raccomandata contenente l’impugnato provvedimento sarebbe stata consegnata dall’ufficio postale alla ricorrente in data 4 maggio 2006, di guisa che risulterebbe tardivo il ricorso giurisdizionale notificato in data 11 ottobre 2006.
A tal fine, l’Amministrazione resistente produce una "mappatura" per il monitoraggio delle raccomandate, tratta dal sito internet delle Poste Italiane s.p.a., nella quale si attesta che l’atto in questione è stato consegnato allo sportello dell’agenzia di Catania Recapito 1 in data 4 maggio 2006.
L’attività istruttoria esperita sulla questione dal Collegio non è riuscita a fornire elementi di chiarificazione a causa dell’avvenuto "svecchiamento di archivio" eseguito presso l’ufficio postale; sicchè, non è stato possibile appurare se la data del 4 maggio 2006 sia riferibile al recapito della raccomandata presso l’agenzia competente alla consegna; ovvero se tale data indichi l’effettiva consegna della lettera alla destinataria.
Tuttavia, in base ai principi processualistici che impongono l’onere della prova a carico della parte che intende avvalersi di una determinata circostanza, l’eccezione è da ritenere non provata.
Infatti, oltre ai dubbi già espressi in ordine al significato della "tracciatura" della raccomandata depositata in atti, appare rilevante la precisazione operata dalla ricorrente in memoria difensiva, laddove si afferma che la prima consegna dell’atto impugnato – quella cui si riferisce la schermata delle Poste – non è mai andata a buon fine, come si evince anche dalla mancata esibizione della cartolina di ritorno, e che la notifica è stata effettuata mediante deposito presso la Casa comunale ed invio di una ulteriore raccomandata datata 26 giugno 2006. Solo per effetto di tale secondo invito la consegna è stata realizzata; e di ciò viene data prova mediante l’attestazione rilasciata dal Comune di Tremestieri Etneo, nella quale si dà atto che la consegna dell’atto è avvenuta in data 29 giugno 2006.
Per quanto esposto, il gravame è da ritenere tempestivo.
2.- Passando al merito del ricorso vanno riassunte le due censure sollevate dalla ricorrente, nelle quali – in sintesi – si afferma: a) che il vincolo di tutela paesaggistica gravante su parte del territorio di Tremestieri Etneo non poteva essere opposto ratione temporis ai lavori oggetto di causa in quanto questi risalgono al 1966, e dunque sono antecedenti all’anno di entrata in vigore del vincolo medesimo; b) che si tratta comunque di un vincolo di inedificabilità non assoluta – ma relativa – tale da non impedire in radice l’operatività della sanatoria di cui alla L. 326/2003.
Prima di addentrarsi nell’analisi approfondita ed analitica delle varie disposizioni di legge che disciplinano la sanatoria (ed i relativi limiti) effettuata in ricorso, il Collegio ritiene necessario fare una precisazione di carattere preliminare.
Sebbene in ricorso si tenti di provare che il momento di realizzazione dei lavori risalga ad una data anteriore all’apposizione del vincolo paesaggistico, tale prova viene debolmente affidata a due dichiarazioni di parte (più in particolare, del defunto marito della ricorrente), sottoscritte nell’anno 1993, ai fini della denuncia di variazione dei dati iscritti nel catasto.
Per contro, negli atti presentati dalla ricorrente ai fini della sanatoria edilizia qui in esame, si afferma chiaramente che la data di realizzazione dell’abuso si colloca nell’anno 1980; tale circostanza di fatto viene poi ribadita e certificata con attestazione avente un rafforzato valore giuridico attraverso la "dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà" sottoscritta ai sensi dell’art. 2 della L. 15/1968 dalla ricorrente in data 9.06.2005 (cfr. dichiarazione prodotta dalla Soprintendenza nella risposta all’O.C.I. n. 185/2010).
Dunque, in conclusione, fra due diverse prospettazioni provenienti dalla medesima parte privata in ordine alla data di realizzazione del manufatto occorre dare prevalenza a quella giuridicamente più efficace e probante, in quanto sottoscritta con valore di atto di notorietà ed a pena di responsabilità penale.
Va poi rilevato che proprio questo aspetto temporale – ossia la dichiarata data di risalenza dell’abuso – è stato preso in considerazione e valutato dagli uffici competenti ai fini della definizione della pratica di sanatoria, non potendo la Soprintendenza esperire una autonoma istruttoria e dovendosi invece basare – ai fini dell’adozione del parere – sui dati come rappresentati dalla parte istante nella documentazione che la stessa parte ha fornito. In altri termini, la valutazione in ordine alla giuridica possibilità di rilasciare il proprio nulla osta è stata effettuata dalla Soprintendenza unicamente sulla base dei dati che le sono stati rappresentati dalla stessa parte richiedente. E di conseguenza, la valutazione di legittimità/illegittimità dell’atto amministrativo impugnato richiesta a questa A.G. va fatta tenendo conto, da una parte, dei dati di fatto sui quali la PA si è pronunciata, e dall’altra parte, del regime normativo applicabile a quella specifica situazione di fatto. Non può, invece, essere presa in considerazione un presunta situazione "reale", diversa da quella che emerge in via documentale nell’istruttoria in possesso della PA; e ciò per due ordini di ragioni:
a) da una parte, lo scopo del processo amministrativo, avviato per la tutela di interessi pretensivi, non è quello di accertare l’assoluta ed incondizionata spettanza del "bene della vita" perseguito dal privato (si tratterebbe, altrimenti, di una giurisdizione di tipo "oggettivo"), quanto piuttosto quello di valutare se sussista la denunciata illegittimità del provvedimento amministrativo che ha negato nel caso concreto la spettanza del beneficio. Detto in altri termini, al giudice non spetta stabilire (in luogo dell’amministrazione) se sussistono le condizioni di diritto per il rilascio della sanatoria edilizia e del preventivo nulla osta paesaggistico, quanto piuttosto valutare se ricorrono i vizi denunciati dalla parte nei confronti del provvedimento amministrativo che ha negato la concessione di quella sanatoria;
b) in secondo luogo, il "metodo" applicato dalla ricorrente nel gravame in esame potrebbe divenire veicolo di abusi o di distorsioni, tutte le volte in cui un privato che si veda respingere dalla PA una istanza nella quale sono affermati alcuni dati di fatto, ritenga di poter "scavalcare" il provvedimento amministrativo ed i suoi effetti negativi con un ricorso giurisdizionale nel quale si limiti ad introdurre elementi di fatto diversi da quelli rappresentati alla PA.
In conclusione, tenuto conto che non vi è prova della anteriorità dell’abuso all’anno 1967, e sussistendo invece elementi probatori che lo collocano nell’anno 1980, si deve concludere per l’infondatezza del primo motivo di ricorso, in quanto incentrato tutto sulla asserita inapplicabilità del regime vincolistico, introdotto nel Comune di Tremestieri Etneo con decorrenza 1967, rispetto ad una costruzione modificata in epoca anteriore.
Analoga considerazione vale per il secondo motivo di ricorso, con il quale si afferma che "nelle aree sottoposte a vicolo, sempre che non si tratti di vincolo di inedificabilità assoluta, le opere abusive potranno essere sanate laddove si dimostri la conformità delle stesse alla normativa urbanistica, previo parere favorevole dell’autorità preposta alla tutela del vincolo". L’affermazione riportata, che postula la conformità dei lavori in concreto realizzati rispetto alle disposizioni del regolamento edilizio e del piano regolatore, trascura – anche qui – di considerare il fatto che la resistente Soprintendenza ha valutato in sede di rilascio del parere una domanda di sanatoria nella quale, senza possibili equivoci, veniva dichiarato dalla parte che la tipologia di abuso eseguita è la n. 1, cioè "Opere realizzate in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici;". Non spettava di certo alla PA resistente verificare se, per ipotesi, la richiedente avesse prospettato in domanda delle circostanze a sé sfavorevoli e non corrispondenti alla realtà, in ordine alla conformità urbanistica dei lavori per i quali si chiede la sanatoria.
In conclusione, il ricorso non può essere accolto.
A margine, si rileva che potrebbe ritenersi ancora salva la possibilità per la ricorrente di dimostrare l’eventuale erroneità dei dati dichiarati (ove di errore si tratti), e di comprovare con altri mezzi la reale situazione di fatto, avviando in sede amministrativa, se possibile, una revisione in autotutela della pratica di sanatoria presso gli uffici competenti.
La peculiarità della vicenda induce a compensare le spese processuali.
P.Q.M.
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
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