Cass. pen., sez. I 21-06-2007 (15-06-2007), n. 24667 Vizio di travisamento della prova – Rilevanza

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OSSERVA IN FATTO E IN DIRITTO
1.- M.F., condannato con sentenza 16/5/1996 del Pretore di Catania irrevocabile il 2/7/1997 alla pena di mesi uno, giorni quindici di arresto e L. 150.000 di ammenda per i reati di cui agli artt. 678 e 703 c.p., per avere detenuto e acceso fuochi di artificio senza licenza il 10/9/1994, chiedeva la revisione della condanna sull’assunto che, alla luce di "nuove prove" consistite in una consulenza grafica, la firma apposta nel verbale redatto dalla p.g. il 10/9/1994 non era di suo pugno e che, quindi, vi era stato un errore di identificazione dell’autore del fatto, sottolineando l’esigenza di disporre nel relativo giudizio, oltre una perizia grafica, anche il confronto con gli agenti di p.g. accertatori, A.C. e B.A., e con tale P.G., pure individuato dagli stessi agenti come presente al fatto.
La Corte d’appello di Messina, con sentenza del 29/9/2006, rilevato che le conclusioni del perito grafico nominato nel giudizio di revisione "non lasciano dubbi sulla attribuibilità al M. della sottoscrizione del verbale, rigettava la domanda di revisione, palesandosi le ulteriori prove comunque inidonee ad inficiare l’affermazione di responsabilità dell’imputato.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per Cassazione il M. per i profili di cui all’art. 606 c.p.p., lett. d ed e, denunziando, da un lato, il travisamento delle risultanze della perizia grafica, che aveva concluso solo in termini di "possibilità", non di certezza o probabilità, circa l’indicazione di identità grafica, e dall’altro l’omessa assunzione delle pur decisive prove testimoniali, a fronte della fragilità delle conclusioni peritali.
2.- Ritiene il Collegio, contrariamente all’avviso espresso dal P.G. circa la natura meramente fattuale delle censure, che il ricorso sia fondato.
La Corte di appello ha invero omesso di prendere in considerazione, ai fini del giudizio di attribuibilità della sottoscrizione del verbale di polizia giudiziaria del 10/9/1994 alla persona dell’imputato, le premesse di metodo della relazione peritale circa la più diffusa articolazione della scala delle conclusioni, le quali, sulla base della comparazione dei tracciati grafici, vanno dalla certezza della "identificazione", passando per vari gradi di positive "probabilità", alta e media, e di mera "possibilità" di "identità grafica", ovvero di negative probabilità e possibilità di "non identità grafica", fino alla "esclusione" della identificazione.
Di talchè, a fronte del motivato giudizio peritale di sola "indicazione di identità grafica", intesa tuttavia come mera "possibilità" che i tracciati grafici siano stati scritti dalla stessa persona, appare fuorviante e contraddittoria l’affermazione dei giudici della revisione, secondo cui le conclusioni del perito "non lasciano dubbi sulla fondamentale circostanza che la sottoscrizione del verbale sia stata apposta dal M.: sicchè la risoluzione della quaestio facti controversa risulta priva di reale giustificazione esterna, per la sua palese incompatibilità con gli elementi probatori pacificamente acquisiti al procedimento.
Trattasi, a ben vedere, non di censure di mero fatto e perciò inammissibili avverso gli apprezzamenti di merito della Corte di appello, bensì di legittima denunzia della carenza e della manifesta illogicità della motivazione, per il profilo di contraddittorietà del ragionamento giustificativo della decisione con gli atti del processo specificamente indicati dal ricorrente, che appare invece pienamente sindacabile in sede di controllo di legittimità del provvedimento impugnato.
3 – Il fenomeno della prova "omessa", rilevante e decisiva (cioè del vizio di omessa pronuncia rispetto a un significativo dato processuale o probatorio), come quello della prova "travisata", pure rilevante e decisiva, cioè della palese divergenza del risultato probatorio rispetto all’elemento di prova emergente dagli atti processuali (è ammesso un fatto sicuramente escluso o contraddetto in atti, o è escluso un fatto palesemente confermato in atti; è affermata esistente una prova fenomenicamente inesistente o è supposto il contenuto di una prova, pure esistente, ma incontrovertibilmente divergente dal risultato probatorio), era ben noto alla giurisprudenza formatasi nel vigore del precedente codice di procedura penale (cfr., da ultimo, Cass., Sez. un., 23/11/1995, Facilini).
E, anche dopo l’entrata in vigore del nuovo codice di rito, laddove fosse stata incontrovertibilmente, obiettivamente e pacificamente accertata la divergenza dell’atto probatorio con la rappresentazione di essa offerta in motivazione per effetto di un errore percettivo e non di giudizio, fermo restando il divieto di rilettura e di rivalutazione nel merito dell’elemento di prova asseritamente travisato, aveva trovato talora soluzione giurisprudenziale, pur se nel diverso ambito della violazione di legge processuale per "inutilizzabilità" della prova travisata ex artt. 191 e 526 c.p.p., e art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c), atteso il rigoroso limite testuale del vizio di motivazione di cui alla medesima disposizione, lett. e) (Cass., Sez. 4^, 6/4/2000, Attaguile, rv. 216734; Sez. 1^, 3/12/2003, Polito, rv. 227105; Sez. 4^, 9/6/2004, Bonazzi, Cass. pen. 2005, 2553; Sez. 4^, 9/6/2004, Cricchi, rv. 229690; Sez. 4^, 19/4/2005, Bianco, rv. 232439).
E però, la recente riformulazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), ad opera della L. n. 46 del 2006, art. 8, ("mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, quando il vizio risulta dal testo del provvedimento impugnato ovvero da altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame"), nel collocare correttamente il fenomeno della prova omessa o travisata, rilevante e decisiva, siccome inerente al tessuto argomentativo della ratio decidendi, nel contesto che ad esso è proprio, quello del vizio motivazionale, non conferma tuttavia la regola preclusiva dell’esame degli atti processuali.
Com’è già stato acutamente osservato dalla unanime dottrina nel commentare la nuova disposizione, il vizio di c.d.
"contraddittorietà processualè, conseguente alla mancata corrispondenza fra il risultato probatorio a base dell’argomentazione del giudice e l’atto processuale o probatorio, non soggiace più al limite di rilevabilità testuale dalla motivazione del provvedimento impugnato, potendo esso essere segnalato anche da altri atti di natura processuale o probatoria, purchè specificamente indicati dal ricorrente.
Assume così pregnante rilievo l’obbligo di fedeltà del testo della decisione agli atti processuali/probatori, risultando valorizzati, oltre la tenuta "logico-argomentativa", anche i criteri di esattezza, completezza e tenuta "informativa" della motivazione (Cass., Sez. Un., 30/10/2003, Andreotti) e, nel contempo, rafforzato l’onere di specifica indicazione delle ragioni a sostegno del peculiare motivo di ricorso imperniato sulla "contraddittorietà processuale", già gravante sul ricorrente ai sensi dell’art. 581 c.p.p., lett. c).
La portata innovativa dello statuto del vizio di travisamento della prova trova conferma nelle recenti, coerenti e largamente prevalenti applicazioni giurisprudenziali della riforma (v., ex plurimis, Cass., Sez. 6^, 15/3/2006, Casula, rv. 233708; Sez. 2^, 23/3/2006, P.M. in proc. Napoli, rv. 233460; Sez. 2^, 5/5/2006, Capri, rv. 233733-735;
Sez. 1^, 2/5/2006, Scognamiglio, rv. 233781; Sez. 1^, 14/7/2006, n. 25117, Stojanovic, in Foro it. 2006, 2^, 531), nelle quali, peraltro, si riconosce la sussistenza del vizio soltanto quando l’errore disarticoli effettivamente l’intero ragionamento probatorio e renda illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa del dato processuale/probatorio travisato, fermi restando il limite del devolutum in caso di c.d. "doppia conforme" e l’intangibilità della valutazione nel merito del risultato probatorio.
Si postula dunque correttamente la verifica di conformità della rappresentazione dell’elemento probatorio nella motivazione e, rispettivamente, nel relativo atto del processo per evidenziarne l’eventuale, incontrovertibile e pacifica distorsione, in termini quasi di "fotografia", neutra e a-valutativa, del "significante", ma non anche del "significato", atteso il persistente divieto di rilettura e di reinterpretazione nel merito dell’elemento di prova.
4.- Aderendo a siffatto indirizzo giurisprudenziale e facendo applicazione dei suenunciati criteri ermeneutici, rileva il Collegio che, nella fattispecie in esame, la Corte di appello ha travisato le risultanze di un significativo e decisivo elemento di prova pacificamente acquisito agli atti del processo e specificamente indicato dal ricorrente nei motivi di ricorso: la relazione peritale circa l’indicazione di identità grafica dei tracciati in comparazione, intesa erroneamente dal giudice di merito nel senso di certezza anzichè, come postulato inequivocamente dal medesimo perito, in termini di mera possibilità di identificazione dell’autore della sottoscrizione del verbale contestato.
Di talchè, alla stregua del novellato art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), l’impugnata sentenza va annullata con rinvio ad altro giudice, perchè prenda in considerazione l’effettiva portata del cennato dato probatorio, pure esistente in atti e rilevante, e tuttavia inspiegabilmente distorto nel ragionamento giustificativo della decisione, anche ai fini della valutazione di decisività dimostrativa (in termini di ragionevole dubbio circa la colpevolezza dell’imputato ex L. n. 46 del 2006, art. 5) della ulteriore prova testimoniale, tempestivamente formulata a sostegno della domanda di revisione.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo esame alla Corte di appello di Reggio Calabria.

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