Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 15-07-2011) 01-08-2011, n. 30365 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con la sentenza in epigrafe la corte d’appello di Palermo, escluse la recidiva per il N., rideterminò per quest’ultimo la pena in anni 4 e mesi 1 di reclusione ed Euro 18.000,00 di multa e confermò nel resto la sentenza 14.5.2008 del giudice del tribunale di Agrigento, che aveva dichiarato N.S. e A. S. colpevoli dei reati di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 ed all’art. 337 cod. pen. per avere detenuto a fini di spaccio gr.

49 di cocaina e per avere usato violenza per impedire il controllo dei carabinieri, non fermandosi al segnale di alt, accelerando l’auto e procedendo a zig zag, condannandoli alle pene ritenute di giustizia.

Le N. propone ricorso per cassazione deducendo:

1) violazione di legge e manifesta illogicità della motivazione in relazione al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1 bis. Lamenta che la corte d’appello non ha preso in considerazione tutti quegli elementi che dimostravano che la droga era destinata al suo uso personale.

2) violazione di legge e manifesta illogicità della motivazione in relazione al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, per non avere la corte ritenuto configurabile l’ipotesi del fatto di lieve entità, in considerazione della circostanza che egli era tossicodipendente e non gravato da precedenti specifici.

3) violazione di legge e manifesta illogicità della motivazione in relazione all’art. 192 cod. proc. pen. ed all’art. 337 cod. pen. per avere ritenuto il suo concorso nel reato di resistenza senza considerare che egli era un mero passeggero dell’auto.

L’ A. propone ricorso per cassazione deducendo:

1) violazione di legge e manifesta illogicità della motivazione in relazione al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1 bis. Lamenta che non vi era prova che egli fosse concorrente con lo zio N. nella detenzione della sostanza stupefacente, e del resto la corte non ha spiegato se non in modo illogico quale fosse stato il suo contributo al reato e il suo consapevole coinvolgimento. In realtà si poteva al più parlare di connivenza non punibile avendo egli solo assistito passivamente alla perpetrazione del reato, peraltro commesso dallo zio.

2) violazione di legge e manifesta illogicità della motivazione in relazione al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1 bis, ed all’art. 378 cod. pen. per non avere la corte d’appello ritenuto che egli si era solo limitato ad aiutare lo zio dopo la commissione del reato e che quindi fosse semmai configurabile il favoreggiamento.

3) violazione di legge e manifesta illogicità della motivazione in relazione al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, per non avere la corte ritenuto configurabile l’ipotesi del fatto di lieve entità. 4) violazione di legge e manifesta illogicità della motivazione in relazione all’art. 192 cod. proc. pen. ed all’art. 337 cod. pen. per non avere la corte considerato che egli si era subito fermato non appena si era reso conto che nell’auto civile si trovavano dei carabinieri.

La N. e l’ A. hanno proposto un altro ricorso per cassazione, a mezzo del difensore avv. Raimondo Tripodo, con il quale deducono:

1) violazione del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1 bis, e motivazione manifestamente illogica ed apodittica per avere i giudici del merito erroneamente ritenuto lo stupefacente ad uso non esclusivamente personale, senza considerare che il N. era un tossicodipendente abituale e considerando invece elementi irrilevanti.

2) violazione del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1 bis, e art. 378 cod. pen. e manifesta illogicità della motivazione per non avere la corte ritenuto la condotta dell’ A. sussumibile al più nella fattispecie della connivenza non punibile o del favoreggiamento.

3) violazione dell’art. 337 cod. pen. per avere la corte erroneamente ritenuto sussistente il reato di resistenza, senza considerare che si trattava di una pattuglia civetta e non vi erano stati atti di violenza o minaccia.

4) violazione del D.P.R. 309 del 1990, art. 73, comma 5, e mancanza di motivazione in relazione alla ritenuta insussistenza della attenuante del fatto di lieve entità.

MOTIVI DELLA DECISIONE I ricorsi si risolvono in censure in punto di fatto della decisione impugnata, con le quali si richiede una nuova e diversa valutazione delle risultanze processuali riservata al giudice del merito e non consentita in questa sede di legittimità, e sono comunque infondati, avendo la corte d’appello fornito congrua, specifica ed adeguata motivazione sulla responsabilità di entrambi gli imputati per i reati contestati e sulla qualificazione giuridica dei fatti.

Ed invero, quanto alla prova della destinazione allo spaccio della sostanza stupefacente sequestrata, la corte d’appello la ha plausibilmente individuata nella quantità della sostanza stessa (quasi 150 dosi medie giornaliere di cocaina, bastevoli per 5 mesi di consumo), nella insussistenza di una difficoltà di approvvigionamento, nella disponibilità di strumenti idonei al taglio, ed infine nel rinvenimento dell’agenda con le annotazioni di grosse cifre relative a nomi non in chiaro oltre che a quelli di noti tossicodipendenti.

Quanto al mancato riconoscimento della ipotesi lieve di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, la corte d’appello la ha congruamente ritenuta incompatibile con i suddetti elementi, dai quali invece si traeva l’ipotesi di una intensa attività di spaccio.

Quanto al concorso dell’ A. nel reato di detenzione a fini di spaccio di sostanza stupefacente, la sentenza di primo grado l’ha desunta dalla condotta di guida grave e pericolosa, che lasciava logicamente presumere, non solo la consapevolezza del possesso della droga da parte del compagno, che non poteva non aver visto buttare l’involucro fuori dal finestrino, ma anzi la piena partecipazione al fatto, confermata da quanto rinvenuto nell’appartamento di cui aveva la disponibilità. La corte d’appello, ha poi aggiunto, che non era configurabile una mera connivenza non punibile anche perchè questa presuppone la mancanza di un comportamento attivo, mentre l’ A. aveva partecipato attivamente alla attività illecita come si poteva desumere, ancor prima che dalla condotta di guida, nell’adibire la propria abitazione a vera e propria sede della attività di spaccio, dove avvenivano sia il taglio ed il confezionamento delle singole dosi, sia la conservazione della documentazione contabile, nonchè nell’avere accompagnato in auto il N. a Palermo per il consistente acquisto.

Quanto al reato di resistenza, la corte d’appello, con congrua ed adeguata motivazione, ha ritenuto logica e consequenziale la versione accusatoria, ed ha posto in evidenza che l’ A. non solo non si era fermato al segnale di alt mostrato con la paletta di servizio, ma aveva anzi accelerato l’andatura e proceduto a zig zag con frequenti invasioni della opposta corsia di marcia, così procurando un grave pericolo sia per i militari operanti sia per quanti si fossero trovati a transitare per quella strada. Del resto, secondo la giurisprudenza di questa Corte, "Integra il reato di resistenza a pubblico ufficiale la condotta di colui che, per sottrarsi alle forze di polizia, non si limiti alla fuga in macchina ma proceda ad una serie di manovre finalizzate ad impedire l’inseguimento, così ostacolando concretamente l’esercizio della funzione pubblica e inducendo nell’inseguitore una percezione di pericolo per la propria incolumità" (Sez. 2, 20.11.2009, n. 46618, Corrado, m. 245420).

La corte ha poi osservato che era assolutamente evidente il comune intento dei due imputati di cercare di impedire il controllo dei carabinieri, almeno fino a quando il N. non si fosse liberato della sostanza illecitamente detenuta.

I ricorsi devono pertanto essere rigettati con conseguente condanna dei ricorrenti singolarmente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti singolarmente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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