T.A.R. Campania Napoli Sez. II, Sent., 09-09-2011, n. 4356 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il ricorso in epigrafe il L. espone di avere ottenuto il rilascio del permesso di costruire per una struttura socio sanitaria su lotto di proprietà, a seguito di sentenza di questo TAR n. 2135/04 che aveva annullato un precedente diniego dell’amministrazione.

In particolare, proposta l’azione di ottemperanza a seguito del dictum giurisdizionale, è stata emessa dapprima una sentenza con ordine di provvedere sulla istanza; dopo diverse diffide, l’ufficio ha rilasciato il permesso, ma commisurando alla zona G l’ammontare sia degli oneri di urbanizzazione, che del costo di costruzione e delle aree da monetizzare.

Premesso di avere provveduto al pagamento unicamente al fine di ottenere il rilascio del titolo, e quindi escludendo ogni forma di acquiescenza, parte ricorrente sostiene che la destinazione dell’area oggetto di intervento quale zona F1 deve comportare un minore peso degli oneri in questione, e segnatamente:

– l’ esonero dal contributo di costruzione, trattandosi di struttura con destinazione di interesse generale, ai sensi dell’ art. 17 co 3 lett c DPR 380 del 2001, il quale dispone che il contributo non è dovuto: " per gli impianti,le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzati dagli enti istituzionalmente competenti nonchè per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati in attuazione di strumenti urbanistici". Tanto discenderebbe dalla circostanza che nella convenzione del 9.6.2009 stipulata con il Comune si è vincolata la struttura alla destinazione sociosanitaria;

– il calcolo degli oneri di urbanizzazione secondo i parametri dettati per le zone F, inferiori a quelli relativi alle zone G;

– la non debenza delle somme corrispondenti ad aree da monetizzare, in quanto le NTA non prevedono per la zona F1 la necessità di individuare nel lotto superfici a standard, atteso che l’edificio costruito rappresenta ex se uno standard.

Premesso che si verte in materia di diritti soggettivi rientranti nella giurisdizione esclusiva del GA, parte ricorrente agisce per la precisa quantificazione del contributo dovuto.

Si è costituita in giudizio l’amministrazione intimata, contestando la fondatezza della domanda.

Alla pubblica udienza del 21luglio 2011 il ricorso è stato ritenuto in decisione.

Motivi della decisione

Con le censure dedotte il ricorrente ha impugnato il provvedimento del Comune di Casoria con il quale è stato determinato l’ammontare degli oneri di concessione dovuti per la richiesta di rilascio di permesso di costruire in relazione ad un edificio da adibirsi a struttura sociosanitaria, e contestualmente ha chiesto l’accertamento di non dover alcuna somma a titolo di contributo di costruzione ed oneri per aree da monetizzare, e della misura ridotta dovuta per oneri di urbanizzazione rispetto a quella prevista per le zone G.

Occorre premettere che la posizione soggettiva azionata nel presente giudizio ha consistenza di diritto soggettivo, per cui la controversia va correttamente impostata in termini d’accertamento delle rispettive pretese delle parti, rientrando nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo adito.

Nel merito, il ricorso è infondato.

Il ricorrente, segnalando che la natura e destinazione funzionale della costruzione assentita da un lato escluderebbe per intero la corresponsione del contributo, sia con riferimento ai costi di costruzione che alla quota dovuta per le aree da monetizzare, e dall’altro imporrebbe il calcolo in diversa misura per gli oneri di urbanizzazione, afferma che la vigente normativa non impone, per l’esenzione, che le opere siano realizzate da enti istituzionalmente competenti, ritenendo sufficiente che l’intervento sia posto in essere da soggetti legittimati.

D’altronde, a giudizio di parte ricorrente, il commissario ad acta non avrebbe adeguatamente motivato i passaggi che lo hanno condotto a calcolare la somma così come richiesta con il provvedimento impugnato.

La tesi non merita favorevole considerazione, risultando la determinazione operata corretta sotto un duplice profilo.

Va invero premesso che nella specie il permesso di costruire è stato rilasciato giusta decreto del commissario ad acta n. 1 del 7.4.2009, a mente del quale si stabilisce che per il calcolo degli oneri concessori saranno assunti i valori determinati con delibera di CS n. 35 del 30.1.2008 facendo riferimento ai parametri previsti per la zona G.

E’ stato poi emesso il decreto n. 2 del 26.5.2009 del commissario ad acta, che autorizza la riduzione al 50% degli oneri da monetizzare per standard e la rateizzazione degli oneri concessori.

Di seguito è stata stipulata una convenzione tra il richiedente e il Comune, il cui schema tipo è stato approvato in allegato alla sopra citata delibera n. 1/09 del commissario ad acta, convenzione rogata dal segretario generale dell’Ente con atto rep. 1047 del 9.6.2009, nella quale parte ricorrente all’articolo 5 ha approvato l’entità delle aree da monetizzare; all’articolo 6 ha dato atto di avere versato senza riserva al Comune l’importo per la monetizzazione delle aree; all’articolo 7 si è impegnato a versare la somma di Euro 27.025, 55 per oneri di urbanizzazione ed euro 31.914, 38 per contributo relativo al costo di costruzione, il tutto senza riserva ed anzi rinunciando contestualmente ad ogni forma di risarcimento nei confronti dell’ ente per danni, e pattuendo una rateizzazione degli importi così determinati.

La citata convenzione dà atto che la collocazione del lotto in area F1 discende dal decreto commissariale n. 1 del 7.4.2009 il quale ha statuito anche come i parametri applicabili a tale zona sono quelli stabiliti per la zona G.

In presenza di un preciso vincolo contrattuale assunto con la stipula del richiamato atto, non appare predicabile l’ipotesi dedotta da parte ricorrente circa una pretesa mancanza di consenso alla assunzione degli obblighi de quibus, il quale sarebbe stato prestato al solo scopo di evitare ulteriore ritardo nel rilascio del titolo edilizio.

La prospettiva indicata non muta anche qualora volesse prescindersi dal contenuto della convenzione e giungere alla individuazione del regime degli oneri applicabili alle strutture socio sanitarie realizzate da privati in diretta applicazione delle disposizioni di legge.

La prospettazione sottesa alla domanda del ricorrente, secondo la quale dovrebbe estendersi la platea dei soggetti che possono godere della esenzione dal contributo per il titolo abilitativo a costruire assentito, allorquando realizzino impianti, attrezzature ovvero opere pubbliche o di interesse pubblico, non sembra assistita da alcun esplicito riferimento normativo in tal senso e l’interpretazione proposta non è condivisibile.

E’ condivisa, invece, dal Collegio l’interpretazione che sul punto è stata offerta in giurisprudenza in coincidenza con ipotesi analoghe a quella oggetto del presente giudizio. Sul punto si è, infatti, detto che lo speciale regime di gratuità della concessione edilizia richiede il concorso di due requisiti, l’uno di carattere soggettivo e l’altro di carattere oggettivo:

1. il primo consiste nell’esecuzione delle opere da parte di enti "istituzionalmente competenti", vale a dire da parte di soggetti ai quali la realizzazione dell’opera sia demandata in via istituzionale;

2. il secondo, dall’ascrivibilità del manufatto oggetto di concessione edilizia alla categoria delle opere pubbliche o di interesse generale.

Limitandoci al requisito sub 2) si è rilevato che, ferma la preliminare interpretazione in merito all’espressione "opere pubbliche o di interesse generale" sostanzialmente ed inequivocabilmente riconducibile al concetto di "opera pubblica", quest’ultima deve essere realizzata, quindi, o da un soggetto pubblico o da un soggetto privato, purché per conto di un ente pubblico, come nella figura della concessione di opere pubbliche o in analoghe figure organizzatorie (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 12 luglio 2005 n. 3774 ed i precedenti giurisprudenziali dello stesso tenore ivi richiamati, cioè Cons. Stato, Sez. V, 2 dicembre 2002 n. 6618; 10 luglio 2000 n. 3860; 6 dicembre 1999 n. 2061; 10 maggio 1999 n. 536; 4 maggio 1998 n. 492; 29 settembre 1997 n. 1067; 7 settembre 1995 n. 1280; 10 dicembre 1990 n. 857).

E’ altresì condivisibile l’ulteriore affermazione svolta dalla decisione del Consiglio di Stato suindicata (Sez. V, n. 3774 del 2005) in virtù della quale le disposizioni in commento, contenendo ipotesi di deroghe alla legge generale, debbono ritenersi di stretta interpretazione e, quindi, non estensibili quanto a portata applicativa ad ipotesi simili in assenza di espresso riferimento normativo. D’altronde la ratio legis sottesa alla previsione di un contributo da corrispondere per la realizzazione di opere che trasformino il territorio ha portata applicativa talmente generale che immaginare ipotesi di esenzione ad ampio spettro non avrebbe alcuna logica e manifesterebbe, anzi, un approccio contraddittorio del legislatore in relazione agli oneri che la collettività, in dipendenza di esse, è chiamata a sopportare.

Conseguentemente, atteso che le opere in questione non sono state realizzate da un soggetto pubblico o da un soggetto privato destinatario di una concessione di opera pubblica o di analoga figura organizzatoria, l’ipotesi di esenzione dal contributo invocata non può trovare applicazione nel caso qui in esame.

Peraltro la normativa vigente stabilisce in proposito che il contributo è corrisposto in misura ridotta per la realizzazione di interventi relativi a costruzioni o impianti destinati ad attività industriali o artigianali dirette alla trasformazione di beni ed alla presentazione di servizi.

Sul punto, in giurisprudenza, si è chiarito che al titolo abilitativo a costruire relativo ad un immobile destinato a casa di cura privata spetta la parziale esenzione dal contributo urbanistico, prevista legislativamente fin dall’articolo 10 della legge 28 gennaio 1977 n. 10 per le concessioni relative a costruzioni o impianti destinati ad attività industriali o artigianali dirette alla trasformazione di beni ed alla prestazione di servizi, dal momento che l’attività imprenditoriale diretta alla prestazione di servizi sanitari è a pieno titolo un’attività industriale, giusta la definizione di "attività industriale" che si ricava dall’art. 2195 cod. civ. (cfr., per tutte, Cons. Stato, Sez. V, 16 gennaio 1992 n. 46).

È corretto, quindi, affermare che l’attività sanitaria, se svolta da soggetto non istituzionalmente competente, presenta i caratteri oggettivi dell’industrialità (pur non perseguendo, soggettivamente, una finalità di lucro in senso stretto) e, pertanto, deve essere assoggettata al relativo trattamento, più favorevole (cfr., sul punto T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, 24 maggio 2006 n. 383).

Conseguentemente nel caso di specie, mentre non è dovuta l’esenzione totale, correttamente il commissario ad acta ha ridotto il contributo con la citata delibera n. 2/2009, sussumendo la fattispecie nella ipotesi di costruzione a carattere industriale, sì che appare immune dai dedotti vizi il riferimento ai parametri previsti per le zone G (cfr. TAR Firenze sent. n. 466/2008).

Il ricorso va conclusivamente respinto.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Contributo unificato a carico di parte ricorrente.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,respinge la domanda e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite in favore dell’amministrazione intimata, liquidate in complessivi Euro 2000,00.

Contributo unificato a carico di parte ricorrente.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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