T.A.R. Lazio Roma Sez. II bis, Sent., 12-09-2011, n. 7168

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. La ricorrente impugna il provvedimento prot. n. 17238 del 20 aprile 2006, con il quale il Comune di Grottaferrata si è pronunciato negativamente sull’istanza relativa al cambio di destinazione d’uso dei locali interrati siti in Via della Pedica n. 163/A.

Detti locali attualmente hanno una destinazione d’uso in parte a garage e in parte a deposito/cantina; la ricorrente intende ottenere la destinazione d’uso dei medesimi a palestra.

2. Si è costituito in giudizio il Comune di Grottaferrata, resistendo al ricorso.

3. In esito all’istruttoria collegiale disposta con l’ordinanza n. 3565/2011, il ricorso è stato nuovamente chiamato per la discussione all’udienza pubblica del 7 luglio 2011, e quindi trattenuto in decisione.

4. Il diniego impugnato si fonda su tre motivi:

a) "l’aumento della superficie destinata a palestra rispetto alla casa determina una destinazione complessiva non residenziale ma sportiva, in contrasto quindi con le norme di P.R.G. per la zona estensiva D1 che prevede destinazione esclusivamente residenziale con tolleranza per alberghi e autorimesse";

b) "il R.E. Comunale è successivo al D.P.R. 303/1956 essendo stato approvato con deliberazione di Giunta Regionale n. 1922 del 21.05.1976 entrato in vigore il 08.08.1976";

c) "in ogni caso l’uso richiesto, anche se consentito in virtù di deroga sanitaria, comporterebbe un aumento di volume e del numero di piani in contrasto con le N.T.A. del P.R.G. per la zona estensiva D1".

5. Con il primo mezzo di gravame la ricorrente contesta la motivazione di cui al punto 4, lettera a), ritenendo, in sintesi, che la normativa di P.R.G. relativa alla zona estensiva "D1" vada interpretata nel senso di consentire la destinazione a palestra, anche aperta al pubblico.

5.1 Il motivo è fondato.

Al riguardo risulta decisiva non tanto la considerazione dei profili catastali, o la precedente destinazione a palestra privata del piano terra dell’abitazione, quanto l’interpretazione della disciplina della Zona estensiva D1 del vigente P.R.G..

Secondo il Comune il mutamento richiesto – trattandosi di palestra aperta al pubblico – sarebbe in contrasto con la destinazione d’uso residenziale, comportando una significativa variazione del carico urbanistico e degli standard urbanistici.

Ad avviso del Collegio, è decisivo osservare che l’Amministrazione fa presente che alla stregua del P.R.G. vigente nella zona D1 è ammessa una "tolleranza" per la destinazione ad "alberghi e autorimesse" (a fianco della fondamentale destinazione residenziale). Ora, alla stregua di un criterio di ragionevolezza, deve considerarsi, in particolare:

– che la destinazione a palestra non appare maggiormente incidente sul carico urbanistico di quanto possa esserlo un albergo o un’autorimessa;

– che si tratta di un mutamento che non contraddice la fondamentale destinazione residenziale, ed anzi rispecchia un ragionevole favor per ulteriori attività compatibili con l’uso residenziale, avuto riguardo all’impostazione di principio ricavabile dalla giurisprudenza che ritiene ammissibili le cd. "zone miste" (cfr. ad es. Tar Emilia – Romagna – Bologna, sez. I, 14 gennaio 1999, n. 22; T.A.R. Lombardia Milano, sez. II, 12 maggio 1990, n. 358), e comunque – in sede di cambio di destinazione d’uso – tutte quelle attività integrative e aggiuntive o migliorative che non si pongano insanabilmente in contrasto con la zona e con la sua destinazione (T.A.R. Puglia Lecce, sez. I, 7 marzo 2002, n. 1040).

6. Con la seconda censura la ricorrente contesta, anche sotto il profilo del difetto di motivazione, l’affermazione di cui al precedente punto 4, lettera c), affermando che i locali interrati non rientrano nel computo del volume, a meno che nella disciplina urbanistica locale non si rinvengano esplicite disposizioni in senso contrario.

6.1 Il Collegio ritiene che la censura vada accolta sotto il profilo del difetto di motivazione, in quanto l’affermazione, contenuta nel provvedimento, in ordine all’incompatibilità del volume e del numero dei piani con la normativa del P.R.G. appare apodittica e indimostrata, anche alla luce delle deduzioni sintetiche contenute nei punti 3,4 e 5 della relazione istruttoria del 26 maggio 2011.

7. Le ultime due censure attengono al profilo di cui al precedente punto 4, lettera b).

L’Amministrazione ritiene che il richiamo del ricorrente alla normativa del D.P.R. n. 303/1956, che ritiene possibile destinare al lavoro locali chiusi sotterranei a determinate condizioni (art. 8), nella specie risulti superato da una disposizione specifica, contenuta nell’art. 33 del regolamento edilizio del Comune di Grottaferrata (approvato con deliberazione di G.R. del 1976):

"I piani risultanti, a sistemazione realizzata, totalmente al di sotto del livello delle aree circostanti al fabbricato, non possono essere adibiti ad abitazioni, uffici o qualsiasi altro uso che comporti la permanenza anche solo diurna di abitanti, fatta eccezione per gli addetti a magazzini e autorimesse".

Secondo la ricorrente questa norma (che è fatta oggetto anche di espressa impugnativa):

a) contrasta col richiamato art. 8 del D.P.R. n. 303/1956;

b) va comunque interpretata strettamente, con esclusione degli usi che non comportino la permanenza di "abitanti", come nella specie (dovendosi ritenere estranea l’attività sportiva al concetto di "abitazione");

c) è irragionevole in quanto esclude dal divieto solo i magazzini e le autorimesse e non la destinazione a palestra, la quale non incide in misura maggiore sul carico urbanistico.

Ad avviso del Collegio la questione può essere risolta sul piano ermeneutico escludendo l’applicabilità della previsione al caso di specie, in quanto:

– la permanenza dei fruitori della palestra ha carattere transitorio;

– per quanto riguarda la presenza di eventuali addetti in sede, è possibile intendere in senso ragionevolmente estensivo il riferimento testuale agli addetti a "magazzini" e "autorimesse" (lex minus dixit quam voluit), data l’evidente identità di "ratio" e la impossibilità di precisare terminologicamente tutte le situazioni in astratto configurabili.

Rimangono ovviamente impregiudicati i provvedimenti di competenza dell’autorità sanitaria e il rispetto di tutte le normative di sicurezza e antincendio, che non vengono direttamente in rilievo nella presente controversia.

8. Alla stregua delle precedenti considerazioni, il ricorso va accolto, con il conseguente annullamento dell’atto impugnato, e salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione.

9. Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, e, per l’effetto – fatti salvi gli ulteriori provvedimentidell’Amministrazione annulla l’atto impugnato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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