Cass. civ. Sez. II, Sent., 28-12-2011, n. 29379 Esecuzione provvisoria

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Russo Hotels di Mariano Russo & C. snc proponeva ricorso per la cassazione della sentenza n. 3578/2005 con la quale la Corte d’Appello di Napoli aveva dichiarato inammissibile l’appello proposto dalla stessa società nei riguardi dell’ordinanza del 30.12.03/9.1.2004 con la quale il Tribunale di Torre Annunziata, ai sensi dell’art. 648 c.p.c. concedeva l’esecuzione provvisoria parziale del decreto ingiuntivo opposto dalla stessa società e rilasciato in favore della ricorrente Sorrento Ferro snc limitatamente alla somma non contestata di Euro 48.404,78. La Corte d’Appello aveva ritenuto che il provvedimento impugnato non avesse natura di sentenza perchè provvedimento privo di contenuto decisorio e quindi non poteva essere oggetto d’appello. Il ricorso si fonda su 4 mezzi; resiste con controricorso l’intimata Sorrento Ferro. Le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

Con il primo motivo l’esponente denunzia l’omessa, l’insufficiente e contraddittoria motivazione circa il punto decisivo. La corte napoletana, a suo avviso, avrebbe "ignorato che il legislatore con la promulgazione di cui al D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 9 ha voluto introdurre anche per i procedimenti d’ingiunzione la possibilità di emettere ordinanze nei soli casi di somme non contestate e ciò perchè la novella integrativa dell’art. 186 c.p.c. (artt. 186 bis, ter e quater c.p.c.) non era applicabile per pacifiche valutazioni e per consolidata giurisprudenza anche ai procedimenti ingiuntivi." Peraltro la ricorrente aveva contestato le somme pretese dall’opposta "Sorrento Ferro" chiedendo addirittura di determinare il giusto prezzo della fornitura" Con il secondo motivo l’esponente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 231 del 2002, artt. 9 e 11 dell’art. 648 c.p.c., comma 1 e l’omessa, l’insufficiente e contraddittoria motivazione circa il punto decisivo, e ritiene che tale normativa non era applicabile nel caso in esame. Con il terzo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 648 c.p.c.: sostiene che contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte napoletana il provvedimento impugnato in realtà ha natura di sentenza; lo stesso infatti anche se temporaneo, ha comunque natura decisoria ed è pertanto soggetto agli ordinari mezzi d’impugnazione. Osserva il Collegio che tale ultima doglianza è certamente infondata, perchè l’ordinanza di cui si discute non ha affatto natura di sentenza attesa la sua peculiarità di provvedimento tipicamente interinale.

Secondo questa S.C. l’ordinanza con la quale il giudice concede, ai sensi dell’art. 648 c.p.c., la provvisoria esecuzione soltanto per una parte della somma di cui è ingiunto il pagamento con il decreto, non è impugnabile mediante appello, non trattandosi di provvedimento abnorme, in quanto non si pone fuori dal sistema esorbitando del tutto dalla fattispecie normativa. Nè detta ordinanza è equiparabile a una sentenza non definitiva pronunziante sull’"an debeatur" ai sensi dell’art. 278 c.p.c., suscettibile, ove non appellata, di acquistare l’efficacia sostanziale e formale di giudicato, poichè, sul piano degli effetti, resta un’ordinanza interinale, destinata ad esaurirsi con la sentenza sull’opposizione.

Inoltre va escluso che, in tal modo, il giudice sostituisca al credito oggetto dell’ingiunzione un nuovo credito del tutto diverso, come si desume, sul piano sistematico, dal disposto del D.Lgs. n. 231 del 2002, art. 9 che impone la concessione della esecuzione provvisoria parziale del decreto ingiuntivo limitatamente alle somme non contestate, salvi i casi di opposizione per motivi procedurali" (Cass. n. 3012 del 10/02/2006). Il rigetto di tale motivo, comporta l’assorbimento delle altre doglianze come sopra indicate.

Con il 4^ motivo la società esponente denuncia infine l’erronea applicazione del principio della soccombenza per essere stata condannata alle spese di giustizia. La doglianza è chiaramente infondata perchè la condanna alle spese giudiziali della società ricorrente è pienamente conforme al menzionato principio della soccombenza di cui all’art. 91 c.p.c. essendo la ricorrente parte soccombente.

In conclusione il riscorso dev’essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso, condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 3.000,00, di cui Euro 2.800,00 per onorario, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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