Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Espone la ricorrente società di essere titolare di autorizzazione rilasciata dal Comune di Roma nel marzo del 1997 per la somministrazione di alimenti e bevande nell’esercizio sito in Roma, via dei Sabelli n. 43, autorizzazione a suo tempo rilasciata per lo svolgimento della detta attività di somministrazione unitamente ad attività di intrattenimento musicale, con la prescrizione per cui l’attività di somministrazione doveva essere svolta in una’area non superiore al 25% della superficie totale del locale, restando il 75% del locale riservato ai tavoli ed alle sedie per la sosta dei frequentatori.
A seguito della entrata in vigore della legge Regione Lazio 26 novembre 2006 n. 21, la ricorrente ha dunque presentato, in data 16 giugno 2009, istanza di conversione dell’autorizzazione in atto, conversione quindi disposta con determinazione dirigenziale 8 ottobre 2009 n. 116633051, nella quale si precisa che la somministrazione deve "continuare ad essere svolta congiuntamente ad altra attività prevalente, ai sensi del’art. 6 comma 1 lett. a) della legge regionale n. 21/2006". A seguito della ricordata istanza di conversione sono stati pure adottati un verbale di accertamento di violazione 81080010788/A, con cui è inflitta alla ricorrente la sanzione di euro 3.333,00 nel presupposto che, non costituendo la musica di accompagnamento attività di intrattenimento e svago, si sarebbe realizzato nella specie un ampliamento della superficie di somministrazione dal 25% al 100% del locale e la determinazione dirigenziale 18 novembre 2009 n. 13653841 con cui si è prescritto che l’attività di somministrazione di alimenti e bevande deve avvenire, anche per quanto concerne la loro consumazione, sul massimo di 1/4 della superficie complessiva del locale, costituendo attività abusiva l’utilizzo all’uopo della restante superficie da destinare, invece, in modo esclusivo all’attività di intrattenimento.
Avverso detti provvedimenti è dunque proposto il presente ricorso a sostegno del quale si deduce violazione degli artt. 5 e 6 della legge Regione Lazio n. 21 del 2006 ed eccesso di potere per errore nei presupposti di fatto e di diritto, motivazione illogica e contraddittorietà. Afferma, in sostanza, la ricorrente la non applicabilità alla fattispecie del disposto dei citati artt. 5 e 6, trattandosi di esercizio già autorizzato ed operante da tempo, dovendosi di contro applicare le disposizioni transitorie di cui all’art. 25 della citata legge regionale.
Si è costituito in giudizio il Comune di Roma affermando la infondatezza del proposto ricorso e concludendo perché lo stesso venga respinto.
A seguito di ordinanza cautelare 9 febbraio 2010 n. 6663, il Comune di Roma si è espresso con nota del 6 luglio 2010 prot. n. 23628 con cui l’amministrazione ha affermato che l’attività di somministrazione può essere svolta correttamente con l’autorizzazione rilasciata dal IV Dipartimento e conformemente al titolo di conversione già rilasciato dal Municipio Roma III, regolarmente ritirata in data 12 novembre 2009. Detta ultima nota è avversata con atto di motivi aggiunti poiché ritenuta ambigua e, ad avviso della ricorrente, confermativa dell’orientamento già manifestato dall’amministrazione in occasione della precedente determinazione sanzionatoria.
Alla pubblica udienza del 14 luglio 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Il ricorso non è fondato e va, pertanto, respinto.
E’ bene preliminarmente chiarire che la società ricorrente era titolare di una autorizzazione amministrativa per la somministrazione al pubblico di alimenti e bevande ex art. 5, comma 1, lettera c) della legge 25 agosto 1991 n. 287. Ai sensi della richiamata normativa, si tratta degli esercizi "in cui la somministrazione di alimenti e di bevande viene effettuata congiuntamente ad attività di trattenimento e svago, in sale da ballo, sale da gioco, locali notturni, stabilimenti balneari ed esercizi similari". Con istanza in data 16 giugno 2009 è stata quindi chiesta la conversione di detta autorizzazione in "titolo autorizzatorio per la somministrazione di alimenti e bevande equiparato alla lettera "A", "B" e "D" previsti dal già citato art. 5 della L. n. 287/91, come espressamente previsto dall’art. 25 comma 2 e 3 della Legge Regionale 21 del 29.11.2006", facendo la stessa parte istante rilevare che "l’autorizzazione attuale ci è stata rilasciata sulla base delle disposizioni dell’art. 3 (comma 6 lettera D) della legge 287/971 che prevedono la non applicazione dei limiti numerici…", tuttavia ritenendo che detta circostanza non esclude l’istante "dalle attività previste dal comma 1 dell’articolo 5 della L. 287/91". In sostanza, la domanda di conversione era volta ad ottenere, appunto con lo strumento della conversione della esistente autorizzazione, una autorizzazione che abilitasse alla somministrazione sull’intera superficie del locale, come appunto previsto dall’art. 5 comma 1 lettera C) della legge n. 287 del 1991. Con l’avversato provvedimento di conversione (la determina dirigenziale n. 1166 dell’8 ottobre 2009) il Comune di Roma ha di contro convertito l’autorizzazione del 1997, contemplata nella declaratoria dell’art. 3, comma 6 lett. d) della legge n. 287 del 1991, nell’autorizzazione di cui all’art. 6, comma 1 lett. a) della legge regionale n. 21 del 2006, chiarendo che la somministrazione di alimenti e bevande "deve continuare ad essere svolta congiuntamente ad altra attività prevalente, ai sensi dell’art. 6 comma 1 lett. a) della Legge Regionale n. 21/06". A seguito di sopralluogo, che accertava come invece l’attività di somministrazione fosse abusivamente intrapresa su tutta la superficie del locale, è stato adottata l’altra determina dirigenziale, pure avversata, con cui si consentiva l’attività di somministrazione sul massimo di un quarto della superficie complessiva del locale (determina dirigenziale n. 1365 del 18 novembre 2009).
La pretesa di parte ricorrente è, a ben considerare, infondata poiché basata sull’erroneo presupposto dell’applicabilità della norma transitoria di cui al comma 2 dell’art. 25 della legge regionale n. 21/2006, anche al fine di ottenere una conversione sostanziale di titolo autorizzatorio abilitante allo svolgimento di attività di somministrazione di alimenti e bevande in via subvalente rispetto a quella poziore di intrattenimento e svago in autorizzazione all’esercizio, in via esclusiva o prevalente, di attività di somministrazione di alimenti e bevande (cfr. sul punto e più diffusamente sulle questioni implicate con il presente ricorso la recentissima sentenza del Consiglio di Stato, V Sezione, 5 luglio 2011 n. 4034). Deve, infatti, condividersi l’assunto della richiamata giurisprudenza per cui la richiesta modificazione qualitativa del titolo legittimante esorbita, sul piano teleologico e sistematico, dal campo di applicazione della norma transitoria di che trattasi.
E’ bene rammentare che, ai sensi dell’art. 5 della legge n. 287/1991, i pubblici esercizi di cui alla legge sono distinti in:
a) esercizi di ristorazione, per la somministrazione di pasti e di bevande, comprese quelle aventi un contenuto alcolico superiore al 21 per cento del volume, e di latte (ristoranti, trattorie, tavole calde, pizzerie, birrerie ed esercizi similari);
b) esercizi per la somministrazione di bevande, comprese quelle alcoliche di qualsiasi gradazione, nonché di latte, di dolciumi, compresi i generi di pasticceria e gelateria, e di prodotti di gastronomia (bar, caffé, gelaterie, pasticcerie ed esercizi similari);
c) esercizi di cui alle lettere a) e b), in cui la somministrazione di alimenti e di bevande viene effettuata congiuntamente ad attività di trattenimento e svago, in sale da ballo, sale da gioco, locali notturni, stabilimenti balneari ed esercizi similari;
d) esercizi di cui alla lettera b), nei quali è esclusa la somministrazione di bevande alcoliche di qualsiasi gradazione.
Si deve soggiungere che, ai sensi del precedente art. 3, comma 6, lettera d), della medesima legge le attività di somministrazione congiunta ad una prevalente attività di intrattenimento e svago sono comprese nel novero delle attività di somministrazione sottratte ai limiti numerici stabiliti, in sede programmatoria, ai sensi dei precedenti commi 4 e 5.
Ne deriva una profonda differenza qualitativa delle attività di somministrazione di carattere secondario rispetto a quelle di natura principale, legata all’emancipazione delle prime dagli stringenti vincoli programmatici alle quali soggiacciono le seconde. Si può quindi convenire sul fatto che le attività di somministrazione subvalenti sono interessate, già nell’impianto di cui alla legge n. 287/1991, ad un regime liberalizzato che invece non permea le attività ordinarie di somministrazione, soggette ad un regime autorizzatorio imperniato su di una logica programmatoria legata alla fissazione di tetti numerici.
Detta profonda differenziazione sopravvive anche al disegno riformatore di cui al decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 50, di attuazione della direttiva 2006/123/CE, relativa ai servizi del mercato interno, che all’articolo 64, comma 7, ha confermato, in sede di modifica del comma 6 dell’art. 3 della citata legge n. 287/1991, la sottrazione alla programmazione amministrativa, tra le altre, delle attività di somministrazione di alimenti e bevande relative effettuate in esercizi in cui sia prevalente l’attività congiunta di trattenimento e svago.
Inoltre, ai sensi del comma 2 dell’art. 64 della medesima normativa dette attività sono svincolate dal regime autorizzatorio in quanto, in coerenza con un disegno di liberalizzazione che viene confermato e potenziato, sono soggette a semplice denuncia di inizio attività ad effetto immediatamente legittimante ai sensi dell’art. 19, comma 2, secondo periodo, della legge 7 agosto 1990, n. 241, nel testo ratione temporis vigente.
Ed è alla luce anche di detta profonda diversità di regime che connota, in seno alla legislazione nazionale, le attività di somministrazione secondarie dalle principali che va quindi letta ed interpretata la sopravvenuta legislazione regionale.
L’art. 10 della legge regionale n. 21/2006, ha, in primo luogo, stabilito, al comma 1, che lo svolgimento delle attività di somministrazione di alimenti e bevande, comprese quelle alcooliche di qualsiasi gradazione, rientra nell’unica tipologia di esercizio di somministrazione, come definita dall’articolo 3, comma 1, lettera c). Ne deriva l’abolizione delle quattro tipologie di autorizzazioni di cui all’art. 5 della legge n. 287/1991 (ristorante, bar, somministrazione congiunta e prevalente sull’intrattenimento e bar con esclusione di bevande alcoliche), interessate da un processo di reductio ad unitatem. Ne consegue ulteriormente che, a regime, le relative autorizzazioni, a carattere omnicomprensivo, legittimano all’espletamento di tutte, indifferentemente, le attività di somministrazione di alimenti e bevande, un tempo interessate da regimi di diverse autorizzazioni specifiche. L’articolo 6 della legge regionale continua invece, in coerenza con il prima ricordato quadro normativo nazionale, a trattare in modo peculiare le attività di somministrazione svolte congiuntamente ad altra attività prevalente, quale quella di spettacolo, intrattenimento, svago, sport, cultura, avente carattere non occasionale o stagionale, intendendo per prevalente quella in cui la superficie dei locali utilizzati per essa è pari ad almeno tre quarti della superficie della struttura complessivamente a disposizione per lo svolgimento delle attività, esclusi magazzini, depositi, uffici e servizi igienici. In armonia con la scelta del legislatore nazionale di assoggettare dette attività a semplice denuncia di inizio attività immediatamente abilitante, il primo comma dell’art. 6 ha stabilito che tali esercizi non soggiacciono al potere comunale, di cui al precedente art. 5, di fissare i criteri per lo sviluppo degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande indicando, anche per singole zone del territorio comunale, le condizioni per il rilascio di nuove autorizzazioni.
Va per completezza aggiunto che, ai sensi del comma 2 dell’art. 6, il Comune di Roma può far rientrare nei criteri di cui all’articolo 5 le attività di somministrazione di alimenti e bevande di cui al comma 1, lettera a), nonché, limitatamente alle medie strutture di vendita, le attività di cui alla lettera l) dello stesso comma., e che il Comune ha usufruito di detta deroga (art. 13 delibera del consiglio comunale n. 35/2010).
L’esame del quadro normativo nazionale e regionale consente di approdare ad una corretta lettura della disciplina transitoria recata dall’art. 25, comma 2 della legge regionale n. 21/2006, ove si dispone che "coloro che, alla data di entrata in vigore della presente legge, sono titolari di autorizzazioni o di altri titoli rilasciati ai sensi delle leggi e dei regolamenti statali per l’esercizio di somministrazione hanno diritto ad estendere la relativa attività", aggiungendo che" il comune provvede alla conversione d’ufficio delle autorizzazioni senza obbligo di comunicazione da parte del titolare".
Detta prescrizione transitoria, letta in combinazione con la nuova normativa regionale che, a regime, abolisce la distinzione tra le varie tipologie di esercizi di somministrazione, consente l’estensione oggettiva anche delle precedenti autorizzazioni concernenti specifiche attività di somministrazione, prevedendo all’uopo una conversione d’ufficio che imprime anche alle autorizzazioni già rilasciate quella portata omnicomprensiva che l’ordinamento conferisce ai futuri titoli da rendere alla stregua dello jus superveniens.
La norma non interessa invece le attività, quale quella condotta dalla ricorrente ed a suo tempo debitamente autorizzata, di somministrazione subvalente, non toccate dalla nuova disciplina di regime che la norma transitoria vuole estendere anche al passato, in quanto soggette ad una disciplina speciale affrancata dai criteri programmatici valevoli per le normali attività di somministrazione.
Giova rilevare che una diversa opzione ermeneutica, che consentisse la conversione dei titoli relativi ad attività di somministrazione secondaria in attività di somministrazione principale mediante l’estensione automatica a tutto il locale dell’attività di somministrazione prima conchiusa entro precisi limiti percentuali, oltre ad essere contraddetta dall’assenza di qualsivoglia soluzione di continuità nel regime di dette attività di somministrazione, condurrebbe al risultato incongruo di consentire in via automatica l’esercizio di attività di somministrazione prevalente senza il rispetto dei criteri programmatici che, nonostante l’abolizione dei limiti numerici, hanno sempre connotato dette attività nella legislazione nazionale e regionale.
E’ quindi convincente la soluzione interpretativa che lega la portata del comma 2 dell’art. 25 alla disciplina recata dal comma 3 successivo che, questa volta facendo esplicitamente riferimento alle autorizzazioni di cui all’articolo 5 della l. 287/1991, attivate in uno stesso locale, prevede che le stesse si considerano un unico titolo autorizzatorio.
Si introduce così un principio di concentrazione che consegue al venir meno delle distinzioni tipologiche che, ai sensi del precedente comma 2, giustifica l’estensione della portata delle autorizzazioni già rilasciate.
Le considerazioni che precedono mettono in evidenza la legittimità delle determinazioni comunali che hanno prima operato e quindi ribadito la conversione del titolo relativo all’attività di somministrazione secondaria svolta dalla ricorrente conservandone la natura e le caratteristiche impresse dal titolo originario, che la considera subvalente rispetto alla principale attività di intrattenimento e svago, senza che la disciplina transitoria possa legittimare l’estensione di dette attività di somministrazione a tutta la superficie del locale.
Quanto al verbale di violazione con relativa sanzione irrogata alla ricorrente società, per l’importo di euro 3.333,00, deve rilevarsi la fondatezza della eccezione di difetto di giurisdizione di questo giudice dedotta dalla resistente amministrazione per essere la relativa cognizione riservata, in sede di opposizione ex art. 22 legge n. 689 del 1981, al giudice di pace ex art. 22 bis della legge citata in ragione dell’ammontare della sanzione pecuniaria.
Conclusivamente, ribadite le svolte considerazioni, il ricorso va respinto poiché infondato, dovendosi dichiarare lo stesso inammissibile per difetto di giurisdizione dell’adito giudice amministrativo nella parte in cui è impugnato il verbale di accertamento di violazione, di cui meglio in epigrafe, con riferimento al quale sussiste la competenza del giudice di pace.
Sussistono, tuttavia, giuste ragioni per compensare integralmente fra le parti le spese del presente giudizio, attesa la peculiarità della controversia.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge e lo dichiara inammissibile, per difetto di giurisdizione, nella parte in cui è con esso impugnato il verbale di accertamento di violazione, di cui in epigrafe.
Indica nel giudice di pace il giudice nazionale fornito di giurisdizione in materia.
Sono fatti salvi, ai sensi dell’articolo 11 comma terzo del codice del processo amministrativo ( D.Lgs. n. 104/2010), gli effetti sostanziali e processuali della domanda se il processo sarà riproposto, entro il termine perentorio di tre mesi dal passaggio in giudicato della presente sentenza declinatoria di giurisdizione, innanzi al giudice indicato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
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