Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
1. Con ordinanza del dì 8 febbraio 2011 il Tribunale di Roma, in funzione di giudice del riesame, rigettava l’istanza proposta, a mente dell’art. 309 c.p.p., da S.M. avverso la misura cautelare in carcere in suo danno disposta dal GIP del medesimo Tribunale, il precedente 18 gennaio, in relazione al reato di omicidio volontario di D.P.A., al reato di tentato omicidio di F.F. ed a quello di rissa, nel cui contesto le due parti offese sono state raggiunte da più colpi portati con un coltello e con una bottiglia infranta, condotte consumate all’una circa del 15 gennaio 2011, all’esterno di un locale pubblico di Grottaferrata.
1.2 A sostegno della decisione il Tribunale, confermando analoga valutazione del giudice di prime cure, richiamava una serie di dichiarazioni testimoniali rese dalla fidanzata della vittima, dalla moglie del ferito e da altri presenti ai fatti di causa, valutando criticamente le non poche discrasie delle dichiarazioni medesime in relazione alla contestazione dei reati appena indicati, per i quali il ricorrente risulta indagato in concorso con R.F. e C.S..
Il tribunale motivava altresì la decisione impugnata sulla base delle dichiarazioni rese dai coimputati e dal F., delle ricognizioni fotografiche risultanti in atti e degli indumenti degli indagati sequestrati dalla P.G. nelle ore immediatamente successive ai fatti di causa.
In forza delle predette risultanze processuali il GIP prima ed il tribunale poi ricostruivano i fatti evidenziando che, tra due gruppi di giovani avventori di un club notturno di Grottaferrata, vi era stata all’interno del locale un primo teso confronto tra il D. P. ed un ragazzo di circa vent’anni, al quale il primo aveva rimproverato di averlo guardato male, confronto poi sfociato all’esterno in una violentissima rissa, che aveva impegnato gli amici dell’uno e dell’altro con le conseguenze nefaste cagione delle accuse dedotte nel processo.
Con riferimento particolare al ricorrente, ha il tribunale ritenuto provato, sulla base delle fonti indiziarie e probatorie innanzi indicate, che lo stesso uscì con il C. – autoaccusatosi delle coltellate omicide e dei fendenti lesivi, a suo dire portati per difendersi dall’aggressione dei numerosi avversari – per il chiarimento preteso dopo il diverbio iniziale, poi partecipando attivamente allo scontro.
Il Tribunale, ancora, dando fede alle dichiarazione della p.l.
F., imputa al ricorrente di aver armato il C. con un coltello preso dall’autovettura di questi.
2. Ricorre per l’annullamento dell’impugnata ordinanza l’indagato, assistito dal difensore di fiducia, il quale sviluppa ed articola due motivi di impugnazione.
2.1 Denuncia con il primo di essi la difesa ricorrente difetto di motivazione in relazione alla responsabilità dell’indagato per i reati di omicidio e tentato omicidio, in particolare deducendo che:
– il Tribunale ha contestato all’indagato il concorso nelle condotte di omicidio e tentato omicidio sull’unico rilievo che lo stesso avrebbe armato il C. con il coltello utilizzato per colpire il D.P. e che ciò avrebbe fatto raggiungendo l’autovettura del C. nel pieno della rissa, e da qui prelevando l’arma poi data all’amico;
– l’accusa in tali termini si appalesa illogica dappoichè il Tribunale ha dato fede alla circostanza che l’indagato, una volta iniziato lo scontro fisico, ha chiamato il buttafuori del locale per sedarla;
– come si concilia questa finalità con la condotta di armare l’amico? Palese la contraddizione.
– la semplice partecipazione alla rissa non può rappresentare elemento di per sè sufficiente per estendere la responsabilità del corrissante anche alle eventuali conseguenze per fatti di sangue;
– il Tribunale, al fine di superare siffatti limiti giuridici, ha valorizzato all’estremo le dichiarazioni della p.l. F., nonostante le medesime siano imprecise, quanto meno perchè non individuano con certezza la persona dell’indagato e perchè il fatto che qualcuno si sia portato presso l’autovettura del C. non può provare che ciò sia stato fatto per prelevare l’arma del delitto;
– la ricostruzione sin qui accreditata dal tribunale cozza irrimediabilmente con quella fornita dal C., dallo stesso Tribunale giudicato attendibile, il quale si è autoccusato dei colpi micidiali i quali, a suo dire, furono portati con un coltello che aveva in tasca, per difendersi dall’aggressione in atto contro di lui;
– è apodittica l’affermazione del tribunale secondo cui il preventivo ferimento del F. utilizzando una bottiglia proverebbe che il C., inizialmente era privo del coltello;
– può essere infatti accaduto esattamente il contrario e cioè che dopo aver lasciato il coltello infisso nel corpo del D.P. il C. abbia continuato la colluttazione utilizzando la bottiglia rotta;
– il Tribunale non ha poi valutato l’attendibilità del F., indagato per rissa;
– la tesi del F. (il corrissante che si arma del coltello prelevandolo dall’autovettura del coimputato) non collima con le dichiarazioni del posteggiatore, il quale ha visto l’autovettura arrivare, parcheggiarsi e poi ripartire senza altre condotte incidentali;
– il F. inoltre riferisce dell’episodio collocandolo dopo il suo ferimento, e, pertanto, a rissa esauritasi;
– va dato rilievo alla circostanza che il C., reo confesso, non ha mai raccontato di aver ricevuto da altri il coltello pur potendone trarre giovamento processuale;
– anche la fuga del C. insieme all’indagato viene utilizzato indiziariamente al di fuori di ogni logico argomentare, tenuto conto del comportamento precedente dell’indagato medesimo (che ha richiesto l’aiuto del personale del pub);
– la fuga insieme in auto trova giustificazione nell’amicizia dei due e nel fatto che il C., se fosse rimasto sul posto, sarebbe stato linciato;
– anche sul rinvenimento degli abiti dello S. occorre rilevare che le dichiarazione della madre dell’indagato e le argomentazioni difensive portate alla valutazione del Tribunale risultano del tutto pretermesse (incerte tracce forse di natura ematica e vestiti lasciati davanti alla porta di casa, quindi non occultati);
– ancora sulla partecipazione alla rissa il tribunale travisa le dichiarazioni dell’ I. e dello stesso C., in quanto il primo ha chiarito che l’indagato non uscì insieme al C. dal locale, ma dopo pochi minuti, mentre il secondo ha sostenuto che l’indagato non partecipò allo scontro fisico;
– il tutto sempre alla luce del certo comportamento dell’indagato, il quale, visto lo scontro scoppiato fuori dal pub, chiamò immediatamente il personale del locale con fini evidentemente contrari alla partecipazione diretta alla rissa;
– palese poi l’illogicità con la quale il tribunale esclude che sia l’indagato il giovane indicato dallo stesso F. come colui che ebbe il diverbio iniziale con la vittima all’interno del locale e che fuori di esso non partecipò alla rissa, benchè l’indagato stesso abbia l’età e l’altezza indicate dalla p.o.;
– anche l’indicazione del giubbotto tipo Woolrich indossato dallo S., singolarmente, per la difesa, non giova all’indagato ai fini di riconoscerlo come colui che non partecipò alla rissa, giacchè il tribunale obbietta che trattasi di capo molto in uso, senza considerare che nessuno dei testi ne ha indicato l’uso da parte di altri presenti sulla scena del delitto;
– anche il cappuccio di pelliccia visto da una ragazza vicino alla vittima dell’omicidio non può essere quello dell’indagato, perchè diverso il colore indicato dalla teste rispetto al medesimo capo ritrovato dalla P.G. a casa dello S.;
– i fatti avvennero in tempi rapidissimi dopo l’inizio dello scontro fisico e questo è un ulteriore dato in contrasto con la ricostruzione del tribunale ed, in particolare, con l’asserita azione dell’indagato volta a prelevare il coltello dalla macchina e portarlo all’amico, dappoichè comunque ormai consumata la tragedia in pochi terribili momenti.
2.2 Col secondo motivo di ricorso deduce ancora la difesa ricorrente difetto di motivazione in relazione alla ritenuta responsabilità del ricorrente per il reato di rissa. A sostegno della doglianza il difensore ha richiamato le medesime argomentazioni spese a sostegno del primo motivo.
3. Il ricorso è fondato.
E’ noto che, ai fini dell’emissione di una misura cautelare personale, per "gravi indizi di colpevolezza" ex art. 273 c.p.p., devono intendersi, secondo insegnamento di questa Corte, tutti quegli elementi a carico, di natura logica o rappresentativa, che, contenendo in nuce tutti o soltanto alcuni degli elementi strutturali della corrispondente prova, non valgono di per sè a provare oltre ogni dubbio la responsabilità dell’indagato ai fini della pronuncia di una sentenza di condanna, e tuttavia consentono, per la loro consistenza, di prevedere che, attraverso il prosieguo delle indagini, saranno idonei a dimostrare tale responsabilità, fondando nel frattempo una qualificata probabilità dì colpevolezza (principio ampiamente consolidato; tra le tante: Cass., Sez. 6, 06/07/2004, n. 35671).
Orbene, nel caso di specie il fondamento indiziario della colpevolezza del ricorrente si fonda sulla circostanza fattuale che lo stesso avrebbe armato la mano dell’omicida, fornendogli il coltello usato per colpire il D.P., coltello prelevato dalla sua autovettura in precedenza posteggiata.
Orbene, siffatta ricostruzione, ancorchè nei limiti della probatio minor caratterizzante la fase processuale in atto, appare per più versi contraddittoria, priva di adeguato supporto indiziario e francamente non articolata con coerenza logica. Ed invero dati considerati certi dal Tribunale sono la circostanza che l’indagato, allo scoppiare della rissa, si adoperò presso i buttafuori chiedendo un loro intervento pacificatore, e che lo stesso F., vittima del ferimento, non ha affatto visto l’indagato prelevare l’arma dalla sua autovettura.
A parte ciò non può non convenirsi che costituisca una forzatura logica ritenere che nei tempi brevissimi della colluttazione l’indagato: abbia chiamato i buttafuori, abbia partecipato alla rissa, nel mentre della colluttazione si sia allontanato per raggiungere la sua autovettura, vi abbia prelevato il coltello, sia tornato tra i corrissanti ed abbia consegnato l’arma letale al C.. Tanto, giova ribadirlo, in assenza di un certo riconoscimento dell’indagato da parte del F. come colui che avrebbe guadagnato l’autovettura ed in assenza di qualsivoglia testimonianza confermativa di tale circostanza, affermata dal tribunale in assenza di riscontro indiziario e sostegno logico, anche in relazione alla tempistica del fatto riferito all’indagato, collocata dal predetto F. in momenti non proprio compatibili con l’esito omicidiario della rissa.
4. Alla stregua delle esposte considerazioni l’ordinanza impugnata va annullata con rinvio al Tribunale di Roma affinchè, in libertà di giudizio, provveda ad una più coerente e motivata valutazione della posizione processuale dell’indagato.
P.Q.M.
la Corte annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Roma. DISPONE trasmettersi a cura della cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
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