Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
G.V. e S.M. propongono ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., affidato a quattro motivi, avverso il provvedimento con cui il Tribunale di Nicosia, in accoglimento di istanza di Equitalia Esatri S.p.A., ha revocato l’ordinanza con la quale era stato ordinato al Conservatore dei Registri Immobiliari di Enna, ai sensi dell’art. 2889 cod. civ., e segg., la cancellazione dell’ipoteca legale D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 77, iscritta da Equitalia su porzioni immobiliari appartenenti a S.C. ed acquistate dai ricorrenti.
Gli intimati non si sono costituiti.
Motivi della decisione
1.- Il Tribunale di Nicosia, nel provvedimento impugnato, ha ritenuto non applicabile all’ipoteca legale del concessionario D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 77, il procedimento di liberazione del beni dalle ipoteche previsto dagli artt. 2889-2898 cod. civ. e art. 792 cod. proc. civ., e segg., ritenuta l’inapplicabilità al concessionario dell’art. 2891 cod. civ., stante il divieto di rendersi acquirente dei beni ipotecati di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 55.
Parte ricorrente ha proposto il ricorso straordinario assumendone, implicitamente, l’ammissibilità sulla base del precedente di questa Corte di cui a Cass. n. 7214 del 1996, che ha affermato il seguente principio di diritto: "Il provvedimento con il quale il presidente del tribunale, nel corso del procedimento di liberazione dell’ipoteca, non si limiti a pronunciare sulle modalità di svolgimento del procedimento stesso, bensì decida sulla questione, sollevata da uno dei creditori iscritti, concernente la sussistenza del diritto di chiedere la liberazione, costituisce un provvedimento di volontaria giurisdizione suscettibile di pregiudicare definitivamente la posizione delle parti. Pertanto, nei suoi confronti, non essendo esperibile alcun altro specifico rimedio, è ammissibile la proposizione del ricorso per cassazione ex art. 111 Cost.".
Nella motivazione la citata decisione ha così argomentato: "Va preliminarmente esaminata, d’ufficio, la questione concernente l’ammissibilità del ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., avverso il provvedimento impugnato, adottato nel corso di procedimento di liberazione di immobile da ipoteca (artt. 792-795 c.p.c.). Osserva il Collegio che con il provvedimento impugnato il presidente del tribunale non si è limitato a pronunciare sulle modalità di svolgimento del menzionato procedimento, bensì sulla questione, sollevata da uno dei creditori iscritti, concernente la sussistenza del diritto di chiedere la liberazione. Ora, qualora insorga una questione siffatta, nel procedimento di liberazione, da ricondurre, secondo la prevalente opinione, nella giurisdizione volontaria, si inserisce un incidente giurisdizionale contenzioso.
Emerge, invero, un conflitto tra l’interesse del terzo acquirente di sottrarsi all’espropriazione mediante l’esercizio del potere di liberazione (art. 2858 c.c.), alle condizioni previste dall’art. 2890 c.c., ed il contrapposto interesse del creditore all’ordinario corso dell’espropriazione, senza necessità di sottostare alle condizioni imposte dall’art. 2891 c.c., in presenza di una valida istanza di purgazione. Interesse la cui rilevanza sostanziale scaturisce dal potere de terzo di determinare la base dell’asta, atteso che, ai sensi dell’art. 795 c.p.c., comma 3, l’incanto si apre sulla base del prezzo offerto dai creditori, risultante dall’aumento di un decimo (art. 2891 c.c., n. 2) del prezzo indicato dal terzo (art. 2890 c.c., n. 3). Consegue che la pronuncia sul richiamato conflitto integra provvedimento di contenuto decisorio sull’esistenza del diritto alla liberazione, suscettivo di pregiudicare definitivamente la posizione delle parti. Avverso tale provvedimento nessun rimedio è previsto.
Non appare esperibile, per un verso, il reclamo di cui all’art. 739 c.p.c., consentito soltanto avverso i provvedimenti adottati in camera di consiglio dal tribunale, laddove nella specie la decisione è stata emessa dal solo presidente del tribunale. Nè può ritenersi praticabile l’opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.), non venendo in considerazione la regolarità formale del procedimento, ma la sussistenza del diritto stesso di richiedere la liberazione. Non resta, quindi, che la via del ricorso straordinario ex art. 111 Cost.". 1.1.- Ad avviso del Collegio la ricostruzione operata dalla decisione in esame – peraltro riguardante una fattispecie nella quale all’esecuzione i creditori del debitore principale avevano già dato corso all’atto dell’acquisto da parte del terzo, avvenuto dopo il pignoramento, ipotesi che la Corte, conforme alla prevalente dottrina, scrutinando il ricorso, ritenuto ammissibile, disse non legittimante alla liberazione – non è condivisibile nella integrante dei suoi passaggi e delle sue conclusioni, soprattutto, nell’approdo giustificativo dell’accesso al rimedio del ricorso straordinario.
In primo luogo, non convince la tesi che il provvedimento adottato nella procedura potrebbe assumere il contenuto di decisione su diritti (e, quindi, giustificativo del primo presupposto per l’accesso al rimedio del ricorso straordinario) soltanto qualora insorga contesa sull’esistenza delle condizioni della liberazione. I procedimento, sotto tale profilo, nascerebbe come espressione di giurisdizione supposta inter volentes e riconducibile all’ambito della cosiddetta giurisdizione volontaria, ma, in presenza di contestazioni fra i soggetti coinvolti o, deve dirsi, di rilievi impedienti da parte del giudice, si evolverebbe in un procedimento di carattere contenzioso.
In realtà, il procedimento di cui all’art. 792 cod. proc. civ., è fisiologicamente procedimento concernente un diritto soggettivo dell’acquirente, destinatario di una sorta di privilegio, avente ad oggetto la pretesa di liberare il bene dall’ipoteca corrispondendo il prezzo di acquisto purchè stabilito nel rispetto dell’art. 2890 c.c., comma 2. Tale diritto è un diritto potestativo ad attuazione giudiziale eventuale e non necessaria (perchè nulla osta a che lo stesso risultato possa raggiungersi con accordo stragiudiziale fra l’acquirente ed il creditore ipotecario, come non ha mancato di rilevare una dottrina, ravvisandovi il sintomo della scarsa ricorrenza dell’applicazione dell’istituto di cui all’art. 792 cod. proc. civ., e segg.). Di fronte ad esso stanno le posizioni di soggezione dei creditori iscritti, che possono restare tali solo in presenza delle condizioni di legge, altrimenti possono evolversi nell’opposizione alla liberazione ed anche, con manifestazione di altro diritto potestativo, con la richiesta di espropriazione, la quale correttamente dalla dottrina è ritenuta non esigere nemmeno il possesso del titolo esecutivo o la sua esigibilità, essendo l’espropriazione senza titolo giustificata dall’iniziativa dell’acquirente.
Il procedimento, dunque, ha sempre carattere contenzioso e la mancanza di emersione di un contrasto fra le parti non realizza situazione dissimile da quella che si verifica, allorquando, proposta una domanda giudiziale, il convenuto non ne contesti la fondatezza.
Ne segue allora che il procedimento, una volta sottratto all’ambito della giurisdizione volontaria (il che giustifica a fortiori la sottrazione al reclamo ai sensi dell’art. 739 cod. proc. civ., anche al di là della ragione ravvisatavi pur da chi si mostra incline alla riconduzione nell’ambito della giurisdizione volontaria, allorquando il provvedimento sia adottato dal presidente del tribunale), si connota come un procedimento che, in contrapposto alle forme della cognizione piena, sia secondo le regole ordinarie, apparecchiate dall’art. 163 cod. proc. civ., e segg., sia da altri riti processuali speciali presenti nel codice di rito, ha carattere sommario su diritti, per la ragione che il legislatore non ne disciplina specificamente le forme procedimentali, salvo che per la garanzia – pur sempre non regolamentata nei modi di estrinsecasi – del contraddittorio, imposta dall’art. 793.
Il provvedimento è dunque decisorio alla stregua di quel che si esige nella logica dell’individuazione di una possibile sentenza in senso sostanziale, ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7.
Ai fini della ricorrenza dei presupposti per l’applicazione del rimedio previsto da tale norma, al contrario di quanto ha opinato il precedente di questa Corte sopra citato, difetta, tuttavia, l’altro estremo necessario secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, cioè quello della definitività de provvedimento e dell’esclusione di qualsiasi altro rimedio giustiziale, cioè di qualsiasi possibilità di porre in discussione il provvedimento.
Il silenzio, in mancanza di previsione del regime del provvedimento, non può infatti essere considerato come preclusivo della possibilità di far valere in giudizio con una domanda introduttiva della cognizione piena il diritto alla liberazione negato dal provvedimento positivo o il diritto del creditore iscritto di escludere la liberazione e di mantenere l’ipoteca sacrificato dal provvedimento di cancellazione. E, dunque, il provvedimento non può essere inteso come definitivo.
La mancanza di indici di definitività del provvedimento emesso a conclusione di un procedimento sommario e, quindi, la possibilità della cognizione piena, è ragione sufficiente ad escludere l’ammissibilità del rimedio del ricorso straordinario.
1.2.- Le svolte considerazioni comportano, dunque, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile.
Il Collegio rileva che, essendovi soltanto un unico precedente di questa Corte – quello in precedenza ricordato – circa l’esperibilità del rimedio del ricorso straordinario qui invece negata, la vicenda giudicata non determina alcun problema di c.d. overruling (su cui si veda, di recente, Cass. sez. un. n. 15144 del 2011).
2.- Non vi è luogo a provvedere sulle spese, in difetto di attività difensiva da parte degli intimati.
P.Q.M.
la Corte dichiara il ricorso inammissibile.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 12 dicembre 2011.
Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2012
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