Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 15-06-2011) 16-09-2011, n. 34182

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

D.S., tratta a giudizio per rispondere del "reato di cui all’art. 648 c.p. per avere acquistato o comunque ricevuto un telefono cellulare, marca Nokia avente codice Imei (OMISSIS) pur sapendo trattarsi di provento di furto avvenuto in (OMISSIS) in danno del proprietario B.M..

Fatto accaduto in (OMISSIS), con sentenza 14.5.2009 del Tribunale di Sarzana veniva assolta per non avere commesso fatto.

Il Procuratore Generale appellava la decisione e la Corte d’Appello di Genova, con sentenza 20.9.2010 dichiarava la penale responsabilità dell’imputata per il reato ascrittole condannandola alla pena di mesi sei di reclusione e Euro 200,00 di multa, riconoscendo la ipotesi di cui all’art. 648 c.p., comma 2.

Con la medesima decisione, la Corte territoriale dichiarava la pena estinta ai sensi e per gli effetti della L. n. 241 del 2006, art. 1 e ss..

La difesa della imputata propone pertanto ricorso avverso la decisione della Corte d’Appello, deducendo:

1.) ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), vizio di manifesta illogicità della motivazione perchè la Corte genovese avrebbe affermato la responsabilità dell’imputata: 1) in base alle risultanze dei tabulati telefonici; 2) in base alla circostanza che il telefonino non sarebbe stato rinvenuto nel corso della perquisizione effettuata nella abitazione dell’imputata. La difesa deduce inoltre che il numero IMEI indicato nei tabulati acquisiti ed associato alla scheda telefonica appartenente all’imputata sarebbe diverso da quello indicato in atti e associato al telefonino sottratto.

Il ricorso è infondato.

La Corte territoriale con motivazione adeguata e immune da possibili censure ha espresso il proprio giudizio partendo da due assunti non confutati: a) la provenienza da delitto del telefonino di cui al capo di imputazione; b) l’utilizzo del telefonino unitamente ad una scheda telefonica che risulta essere intestata all’Imputata. Quest’ultima circostanza risulta provata attraverso i tabulati telefonici acquisiti nel corso delle indagini preliminari a seguito di decreto di esibizione emesso il 28.4.2003 dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di La Spezia.

La Corte genovese, a confutazione delle argomentazioni adottate dal Tribunale che aveva assolto l’imputata ritenendo la documentazione acquisita inidonea a fornire una prova convincente, ha fornito una adeguata motivazione dimostrando le ragioni, non manifestamente illogiche, per le quali ha ritenuto le informazioni dei tabulati telefonici trasmessi dal gestore WIND, affidabili e convincenti. La Corte territoriale, ha preso in considerazione anche le argomentazioni svolte dall’imputata a proprio difesa, avendo quest’ultima affermato di essersi limitata ad acquistare a proprio nome, senza farne uso, una scheda telefonica, successivamente consegnata ad un connazionale che gliela aveva richiesta, non potendo procedere ad un acquisto in proprio, perchè privo di documenti.

Il giudice dell’appello ha argomentato la scarsa credibilità della versione fornita sulla considerazione che dai tabulati è emerso un uso costante di quella utenza telefonica con il D.A. coniuge dell’imputata, con ciò contraddicendo quanto dichiarato dalla prevenuta in ordine all’uso della utenza telefonica. A corollario delle argomentazioni svolte, la Corte d’Appello ha affermato che gli elementi di prova dell’elemento psicologico del dolo di ricettazione si rinvengono da un lato dalle menzogne circa l’utilizzo della scheda telefonica e dall’altra che il telefonino non è stato restituito e neppure rinvenuto nel corso della perquisizione, consistendo, in ciò, secondo la Corte d’Appello, chiaro indizio di consapevolezza della illecita provenienza del telefono che, altrimenti, sarebbe stato messo a disposizione della autorità.

La argomentazione sul punto, in quanto ricompresa in un più organico compendio motivazionale non è manifestamente illogica così come sostiene la difesa, costituendo una giusta considerazione che si inquadra nella complessiva analisi dei vari aspetti fattuali della vicenda.

La difesa ha affermato che dai tabulati prodotti nel corso del giudizio si evince che il numero IMEI controllato sarebbe il (OMISSIS) anzichè il (OMISSIS). In base alla prospettazione della difesa parrebbe che la Corte d’Appello sia incorsa in un ipotesi di travisamento della prova, avendo tratto il convincimento che la imputata avrebbe utilizzato una scheda telefonica associata al telefonino di illecita provenienza, mentre nel caso in esame la indagine condotta attraverso i tabulati prodotti in giudizio porterebbe ad una diversa conclusione.

La doglianza non può essere presa in considerazione nella presente sede, perchè formulata in modo del tutto generico. Per il principio di autosufficienza del ricorso, applicabile anche in sede processuale penale, nel caso in cui venga denunciato il vizio di travisamento di una prova, è specifico onere della parte, fornire precisa indicazione del documento e della relativa pagina dalla quale si possa evincere il fatto processuale ritenuto rilevante, anche mediante trascrizione o riproduzione in copia del documento o dell’atto processuale ritenuto rilevante (v. Cass. Sez. Fer.

13.9.2007 in Ced Cass. Rv237302; Cass. Sez. 6, 18.6.2006 in Ced cass. 235733), e deve essere altresì data specifica indicazione che nel corso del giudizio di merito è stata fornita al giudice a quo l’indicazione degli elementi di fatto in base ai quali si sarebbe potuto rilevare il vizio denunciato. Pertanto la doglianza prospettata non può essere presa in considerazione.

Il ricorso va quindi rigettato e la ricorrente va condannata al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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