Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
Nell’ottobre del 1996 M.N. convenne in giudizio il fratello S., chiedendone la condanna alla restituzione (ovvero, in subordine, al pagamento a titolo di indebito) della somma di L. 90.500.000, somma (a suo dire) affidatagli con accrediti bancari inviati dalla Svizzera, ove esso attore risiedeva per lavoro, con l’impegno (poi disatteso) alla sua restituzione. M.S. eccepì di aver ricevuto la somma in contestazione dal fratello per essere la stessa di propria pertinenza, costituendo nient’altro che i suoi risparmi, onde le rimesse bancarie eseguite dal fratello costituivano l’adempimento di un obbligo gravante sul medesimo. Il tribunale di Avellino respinse la domanda principale, dichiarando improponibile quella subordinata di indebito arricchimento.
La corte di appello di Napoli, investita del gravame proposto da M.N., lo rigettò ritenendo sfornito di prova l’assunto dell’appellante.
La sentenza è stata impugnata da M.E., nella qualità di erede del padre N., con ricorso per cassazione articolato in 4 motivi. Resiste con controricorso M.S..
Motivi della decisione
Il ricorso è fondato.
Con il primo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2729 c.c. in correlazione con l’art. 2697 c.c. e artt. 115 ss. c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 3).
Il motivo è ammissibile e fondato.
Il quesito di diritto che lo conclude, difatti, pur nella sua innegabile astrattezza, coglie pur sempre nel segno in punto di esatta individuazione dell’error iuris lamentato con riferimento alla motivazione della sentenza impugnata rilevante in parte qua, che, in concreto, ha irredimibilmente violato la norma dell’art. 2729 c.c. nella misura in cui risulta totalmente omessa (se non attraverso affermazioni apodittiche) ogni puntuale valutazione delle possibili interpretazioni della vicenda restitutoria sottoposta all’esame del giudice napoletano.
Questi, difatti, limita la sua indagine fattuale all’affermazione secondo la quale il non aver convenuto mai chiesto un rendiconto della somma, il non averla nemmeno mai utilizzata sono circostanze dalle quali non è possibile unicamente inferire che le stesse non gli appartenessero, ma che gli fossero state affidate dal fratello con 1’obbligo di restituirle, per poi soggiungere del pari, che parte della somma era stata prelevata dalla liquidazione di N. consente di ritenere, con tranquillità, che l’invio era stato fatto a titolo di deposito fiduciario con obbligo di restituzione (va osservato che, per un presumibile lapsus calami di genere omissivo, il verbo ritenere non risulta preceduto dalla particella negativa non, senza la quale la frase si pone in insanabile contraddizione con la restante parte della motivazione e con la decisione stessa).
L’errore in cui cade il giudice di appello consiste proprio nella valutazione "scomposta" del coacervo indiziario sottoposto al suo esame.
La prova presuntiva, difatti, nella sua innegabile delicatezza, postula, quale prius operazionale del procedimento logico che la assiste, un’analisi dei singoli fatti sottoposti all’esame del giudice di tipo "composito", di tipo, cioè, sinergico/valutativo, e non una scomposizione disgregata di tipo meramente addizionale dei fatti medesimi.
Quest’ultimo tipo di procedimento logico valutativo è stato invece quello, nella specie, seguito dalla corte territoriale, che ha prima "scomposto" il coacervo indiziario in due momenti logici distinti, per poi inferirne che tanto l’uno (l’omessa richiesta di rendiconto e la mancata utilizzazione delle somme in un lunghissimo arco temporale) quanto l’altro (la sua provenienza, in parte Qua, dalle retribuzioni e dalla liquidazione dell’odierno ricorrente), erroneamente valutati inter se distantibus, non assurgessero a necessaria dignità probatoria sotto il profilo della certezza, gravita, concordanza.
All’accoglimento del motivo in esame consegue l’assorbimento delle ulteriori ragioni di doglianza rappresentate a questa corte con i motivi successivi. Il ricorso è pertanto accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e conseguente rinvio del procedimento ad altra sezione della corte di appello di Napoli, che si atterrà, nel giudicare, ai principi suesposti.
P.Q.M.
La corte accoglie il ricorso, cassa e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla corte di appello di Napoli in diversa composizione.
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