Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
La Corte dàappello di Firenze, provvedendo sul reclamo principale del sig. C.L. e sul reclamo incidentale della sua ex moglie sig.ra B.E. avverso l’ordinanza pronunciata il 16 gennaio 2007 dal Tribunale di Grosseto in sede di revisione delle disposizioni economiche del divorzio delle parti pronunciato con sentenza del 30 dicembre 1989, ha statuito:
che il reclamo principale, proposto entro dieci giorni dalla notifica, a istanza di controparte, del provvedimento reclamato, era tempestivo, non valendo a far decorrere il predetto termine la precedente semplice comunicazione a cura della cancelleria;
che il reclamo incidentale era invece inammissibile, trattandosi di reclamo incidentale tardivo non previsto dalla legge;
che alla sig.ra B. non spettava la quota del trattamento di fine rapporto percepito dall’ex marito mediante due anticipazioni negli anni 1998 e 2003 e il saldo nell’anno 2004, dato che in tali anni ella non aveva diritto all’assegno divorzile, come accertato dal Tribunale, avendo svolto attività lavorativa ininterrottamente sin dal 1992;
che neppure poteva alla medesima essere riconosciuto l’assegno divorzile di 200 euro mensili disposto dal Tribunale a modifica delle condizioni di divorzio, atteso che la B. non aveva dimostrato alcun sopravvenuto mutamento delle condizioni economiche delle parti:
nè, cioè, un miglioramento delle condizioni economiche dell’ex marito, nè un peggioramento delle proprie rispetto all’epoca del divorzio, allorchè era priva di qualsiasi reddito;
che pertanto, in accoglimento del reclamo principale e in riforma dell’ordinanza del Tribunale, andavano respinte le domande della B. di riconoscimento della quota del t.f.r. e di revisione delle condizioni economiche del divorzio.
La sir.ra B. ha quindi proposto ricorso per cassazione deducendo quattro motivi di censura. L’intimato si è difeso con controricorso e memoria.
Motivi della decisione
1. – Con il primo motivo di ricorso si sostiene che anche la notificazione in forma integrale del provvedimento oggetto di reclamo effettuata a cura della cancelleria è idonea a far decorrere il termine di 10 giorni di cui all’art. 739 c.p.c., comma 2. 1.1. – Il motivo è infondato, secondo quanto chiarito da tempo dalla Sezioni Unite di questa Corte, e cioè che nei procedimenti in camera di consiglio plurilaterali la notificazione del provvedimento finale è idonea a far decorrere il termine di dieci giorni per la proposizione del reclamo solo quando è stata effettuata dall’ufficiale giudiziario ad istanza di parte, e non quando sia stata eseguita dallo stesso ufficiale giudiziario, ma su istanza del cancelliere del giudice a quo oppure dal cancelliere autonomamente (sent. 3670/1997, cui si sono uniformate le sezioni semplici, non sussistendo affatto il successivo contrasto asserito dalla ricorrente).
2. – Con il secondo motivo si sostiene l’ammissibilità del reclamo incidentale tardivo nei procedimenti camerali, e si osserva che la ricorrente aveva tempestivamente inserito il proprio reclamo incidentale nella memoria di costituzione depositata ben venti giorni prima dell’udienza davanti alla Corte d’appello.
2.1. – Il controricorrente ha eccepito l’inammissibilià del motivo sul rilievo che la statuizione d’inammissibilità del reclamo incidentale della B. poggerebbe su due autonome rationes decidendi – e cioè l’autonomia, per un verso, del capo dell’ordinanza che la medesima pretendeva di reclamare, e dunque la sussistenza di un suo interesse diretto e immediato all’impugnazione, e la tardività, per altro verso, del reclamo in concreto da essa esperito – delle quali è stata censurata soltanto la seconda.
2.2. – L’eccezione è priva di fondamento, non sussistendo, in realtà, la segnalata duplicità di ratio decidendi. La Corte d’appello, infatti, ha solo osservato che "la B., non avendo autonomamente impugnato il provvedimento del Tribunale di Grosseto, non può approfittare tardivamente dell’iniziativa avversaria per modificarne il contenuto in senso a lei più favorevole in quanto, se aveva ragioni di doglianza avverso il provvedimento, avrebbe dovuto impugnarlo direttamente per tempo, senza eludere il termine perentorio stabilito". Il senso di queste parole è appunto che, non avendo la sig.ra B. tempestivamente impugnato il provvedimento in via principale ("autonomamente"), non poteva superare la decadenza maturata a suo danno con un’impugnazione incidentale tardiva. In definitiva, ad avviso della Corte distrettuale la ragione dell’inammissibilità del reclamo consisteva nella tardività dello stesso, e tale ragione è stata certamente contestata dalla ricorrente.
2.3. – Il motivo è altresì fondato, avendo questa Corte già avuto occasione di chiarire che la norma di cui all’art. 334 c.p.c., comma 1 (secondo la quale la parte nei cui confronti sia stata proposta impugnazione può, a sua volta, impugnare la sentenza nonostante il decorso del termine di gravame investendo qualsiasi capo della pronuncia) è espressione di un principio generale del sistema delle impugnazioni, applicabile anche ai giudizi camerali aventi ad oggetto contrapposte posizioni di diritto soggettivo e destinati a concludersi con provvedimenti di carattere decisorio; con la conseguenza che, nell’ambito della fase del gravame di un procedimento instaurato, ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 9, per l’esonero dall’obbligo di versamento dell’assegno divorzile, il resistente è legittimato ad avanzare le proprie richieste di modifica del decreto impugnato indipendentemente dalla scadenza del termine per la proposizione del reclamo in via principale (Cass. 8654/1998, 12309/2004, 1179/2006).
Nè può condividersi la tesi – sulla quale il controricorrente basa una richiesta di conferma dell’ordinanza impugnata con rettifica della motivazione, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2 – della tardività, comunque, del reclamo incidentale perchè la costituzione del reclamato avrebbe dovuto avvenire almeno venti giorni prima dell’udienza, ai sensi dell’art. 343 c.p.c., comma 1 e art. 166 c.p.c., mentre nella specie era avvenuta soltanto l’11 settembre 2007 per l’udienza del successivo 28 settembre. Le disposizioni invocate, infatti, si riferiscono al processo di appello e non vi è ragione di estenderle al reclamo camerale, caratterizzato invece dalla semplicità delle forme.
3. – Il terzo motivo di ricorso ha un duplice contenuto:
a) si ripropongono le censure avverso l’esclusione dell’assegno divorzile per gli anni 1989-2006, disposta dal Tribunale e fatta oggetto di reclamo incidentale;
b) si critica la riforma della statuizione del Tribunale che aveva riconosciuto dal 2007 un assegno di 200 Euro mensili in favore della ricorrente (motivata della Corte d’appello con la mancanza di prova di un sopraggiunto miglioramento delle condizioni economiche dell’ex marito o peggioramento di quelle della ex moglie), osservando che la sig.ra B. aveva dedotto di essere stata sfrattata dalla propria abitazione e aveva documentato il peggioramento delle proprie condizioni di salute, e che erano migliorate le condizioni dell’ex marito, salito di grado e di livello retributivo sul posto di lavoro.
3.1. – La censura a) è inammissibile perchè ogni questione riguardante la statuizione del Tribunale cui fa riferimento è da ritenersi assorbita dalla declaratoria di inammissibilità del relativo reclamo incidentale. Si tratta, ovviamente, di questioni che restano aperte nel prosieguo del giudizio davanti al giudice di rinvio (da disporsi a seguito dell’accoglimento del secondo motivo di ricorso, riguardante appunto, come si è visto, l’illegittima declaratoria di inammissibilità del reclamo incidentale tardivo).
La cesura b) è inammissibile, invece, perchè rimanda a una diversa versione dei fatti, rispetto a quella accertata dai giudici di merito, con riferimenti generici che presuppongono il riesame degli atti di causa, non consentito in sede di legittimità. 4. – Con il quarto motivo, denunciando violazione della L. n. 898 del 1970, art. 12 bis, si pone, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., comma 1, la questione se "tale norma esclude il diritto alla percezione di quota di t.f.r. del coniuge obbligato allorchè questi l’abbia già percepita". 4.1. – Il motivo è inammissibile perchè non coglie la ratio della decisione impugnata, che – per quanto la sua motivazione contenga anche citazioni di precedenti giurisprudenziali non strettamente pertinenti, come quelli, appunto, che escludono il diritto alla quota del t.f.r. percepito dall’ex coniuge prima della domanda di divorzio – consiste nella negazione del diritto della ricorrente per una ragione diversa, ossia perchè, all’epoca in cui l’ex marito aveva percepito il t.f.r., essa non era titolare di assegno divorzile.
5. – La sentenza impugnata va dunque cassata, in accoglimento del secondo motivo di ricorso, con rinvio al giudice indicato in dispositivo, il quale si atterrà al principio di diritto sopra enunciato al par. 2.3 e provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo, dichiara inammissibili gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Firenze in diversa composizione.
In caso di diffusione del presente provvedimento vanno omesse le generalità e gli altri dati identificativi delle persone a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.
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