Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 12-03-2012, n. 3853 Azioni a difesa della proprietà

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

V. e P.L., comproprietari, già con G. O. poi deceduta, per acquisto fattone dai Padri Scolopi nel (OMISSIS) e quali eredi di questa, della porzione di un fabbricato e un’area in Savona nell’ambito di un più ampio complesso immobiliare, comprendente una biblioteca comunale e due scuole tra cui il Liceo "Giuliano della Rovere", ai quali poteva accedersi anche attraverso una piccola strada di loro proprietà costruita nel (OMISSIS) e asfaltata successivamente, hanno ottenuto, dalla sentenza del Tribunale di Savona del 22 dicembre 2003 n. 1580, l’accoglimento della loro domanda del 1985 di negatoria servitutis nei confronti del locale Comune.

In rapporto alla strada di cui sopra, lunga 57 metri, larga da m.

2,90 a m. 4, con tracciato ad U, in parte ad uso carrabile per piccole auto e nel resto ad uso pedonale, il Tribunale ha dichiarato che la stessa non era gravata da alcuna servitù di uso pubblico ed ha condannato l’ente locale a non fare esercitare il passaggio pedonale e carrabile, ad eliminare ogni opera eventualmente realizzata su di essa e a risarcire agli attori i danni liquidati in Euro 5.825,63. Tale sentenza è stata confermata, su gravami delle parti, da quella n. 1250 del 13 dicembre 2006 della Corte d’appello di Genova, che ha elevato ad Euro. 25.000,00 la condanna a titolo di risarcimento per il "pregiudizio subito dai proprietari per la compressione della loro facoltà di godere pienamente del bene", non avendo l’ente locale neppure iniziato la procedura espropriativa per acquisire la proprietà ovvero per costituire una servitù coattiva nè avendo lo stesso realizzato alcuna opera pubblica di trasformazione dell’area usata come passaggio.

Poichè il comune non aveva ottemperato alla sentenza della Corte d’appello e aveva continuato a consentire l’uso della la strada dai suoi cittadini per il passaggio e l’accesso agli edifici pubblici sopra indicati, dopo una diffida ad adempiere dei P. all’ente locale, gli stessi proponevano ricorso al Tribunale di Savona per ottenere, ai sensi dell’art. 612 c.p.c., l’esecuzione in forma specifica degli obblighi di fare richiamati, dichiarandosi disponibili a consegnare a addetti della scuola e della biblioteca le chiavi del cancello, che chiudeva l’accesso alla strada. Con ordinanza n. 42 del 29 ottobre 2007, il Comune di Savona ha comunicato l’avvio del procedimento per l’imposizione, ai sensi del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 43 (da ora: T.U.E. – Testo Unico sulle espropriazioni), di una servitù pubblica di passaggio e transito, pedonale e carrabile, sulla strada di cui sopra e, con deliberazione del 15 gennaio 2008 del Consiglio comunale proposta dalla giunta, ha acquisito, ai sensi di detta norma, al suo patrimonio indisponibile il diritto reale di servitù "al fine di consentire alla collettività l’accesso e la fruizione… dei servizi pubblici collegati alla rete viaria dalla suddetta strada, consistenti nella biblioteca civica e nel Liceo statale Della Rovere", determinando il relativo indennizzo in Euro 19.137,27, somma poi elevata ad Euro 27.484,47.

Tale delibera è stata impugnata, con ricorso dei P. del 20 marzo 2008 al Tar Liguria con il quale si denunciava la inesistenza dei presupposti di fatto per applicare l’art. 43 T.U.E., cioè la mancanza di una modificazione materiale dell’area asservita, eccependo il giudicato su tale accertamento di fatto contenuto nella citata sentenza della Corte d’appello di Genova del 2006 e proponendo comunque questione di legittimità costituzionale sulla norma stessa, ritenuta anomala nella previsione di una espropriazione causata da un interesse pubblico rilevato ex post e non da una pubblica utilità anteriormente dichiarata.

Con sentenza 27 novembre 2008 n. 278, il Tar Liguria ha annullato il provvedimento impugnato, affermando che, dalla sentenza passata in giudicato della Corte d’appello di Genova n. 1250 del 2006 risultava chiara la mancanza degli stessi presupposti di fatto per l’applicazione dell’art. 43 del T.U.E., cioè la materiale "modificazione del bene appreso". Emergeva infatti da tale decisione che nessuna "opera pubblica nel senso proprio del termine" era stata eseguita che potesse dar luogo ad occupazioni appropriative, per cui il giudicato su tali accertamenti di fatto e qualificazioni giuridiche contenuti nella pronuncia della Corte genovese del 2006 precludeva un legittimo atto sanante dell’ente locale. La pronuncia del Tar Liguria è stata oggetto di appello del Comune di Savona con ricorso del 17 – 27 gennaio 2009 al Consiglio di Stato; con tale gravame l’ente locale deduceva anzitutto la violazione dal primo giudice dell’art. 2909 c.c., per avere ritenuto sussistere il giudicato neppure eccepito dai ricorrenti nei termini accolti dal Tar, la cui pronuncia sulla questione era affetta da ultrapetizione.

Dinanzi al Consiglio di Stato si sono costituiti i P. il 4 febbraio 2009 e hanno resistito ai motivi di gravame di controparte chiedendone il rigetto e, in subordine, hanno riproposto con l’appello tutti i motivi già dedotti in primo grado anche con memoria successiva.

Con decisione del 15 giugno – 13 ottobre 2010, il Consiglio di Stato, assorbita ogni questione sulla denunciata ultrapetizione, ha – accolto il gravame, affermando che l’allora vigente art. 43 del T.U.E. regolava un atto di acquisizione sanante sempre che vi fosse un bene "modificato in assenza del valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità".

La norma, secondo il Consiglio di Stato, era da intendere riferita anche al concetto di modifica "immateriale" del bene utilizzato dalla P.A. per la imposizione di fatto di una servitù; l’art. 43 T.U.E., comma 5 prevedeva infatti l’imposizione di una servitù di diritto privato o di diritto pubblico, quando il bene oggetto di acquisizione continuava ad essere utilizzato dal proprietario. La sentenza del Consiglio di Stato aggiunge pure che, nella fattispecie, vi erano stati interventi di manutenzione della strada,’ quali l’asfaltatura di essa, ad opera dell’ente locale, e che talì lavori dovevano qualificarsi opera pubblica, ai sensi dell’art. 1, comma 2, del T.U.E., in quanto costituenti modificazioni "materiali" del bene acquisito, con corretta applicazione dell’art. 43 anche per tale profilo.

Affermata "l’irrilevanza preclusiva del giudicato civile di cui trattasi, il quale anzi, proprio per avere accertato l’utilizzo pubblico non titolato della strada (oltre che la realizzazione di interventi pubblici manutentivi o modificativi, sia pure non qualificati opere pubbliche) posto a base del disposto risarcimento del danno, comprova la sussistenza del presupposto per l’adozione del provvedimento in controversia", costitutivo del diritto reale limitato denegato dai giudici ordinari, il Consiglio di Stato ha rigettato gli altri motivi di ricorso dei P. contro l’atto di acquisizione, con i quali gli appellati avevano invano invocato percorsi alternativi che il comune avrebbe potuto realizzare per soddisfare il medesimo interesse pubblico a base del peso imposto sulla loro strada, inadeguata funzionalmente e comunque di conformazione contrastante con le norme di legge che regolano l’uso pubblico delle strade.

Si è quindi ritenuto l’art. 43 T.U.E. applicabile ad ogni caso anche pregresso, di occupazione sine titulo, essendo inapplicabili alla norma i limiti temporali di efficacia del T.U.E. di cui all’art. 57 di detto D.P.R., andando in contrario avviso, su tale punto, con le tesi della Cassazione (si citano nella stessa decisione impugnata:

Cass. 22 settembre 2008 n. 23543 e S.U. 4 maggio 2006 n. 10222). Alla data del deposito-pubblicazione della decisione del Consiglio di Stato (13 ottobre 2010), è stata anche pubblicata sulla G.U. la sentenza della Corte Costituzionale depositata l’8 ottobre 2010 n. 293, che ha dichiarato illegittimo il D.P.R. n. 327 del 2001, citato art. 43, per eccesso di delega, non rientrando l’istituto in esso previsto nella disciplina normativa previgente cui si riferiva la delega legislativa a base del T.U.E..

Per la cassazione della decisione del Consiglio di Stato n. 7442 del 2010, V. e P.L. propongono ricorso di cinque motivi, ai sensi del D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104, art. 110 e dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1 con riferimento espresso alla giurisdizione del giudice ordinario che si pretende violata, ricorso notificato tra il 6 e il 13 gennaio 2011, denunciando motivi attinenti alla giurisdizione già implicitamente affermata con effetto di giudicato, dalla Corte d’appello di Genova nel 2006.

A tale ricorso replica, con controricorso notificato l’11 febbraio 2011, il Comune di Savona; entrambe le parti hanno deposito memorie illustrative ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

1. Il ricorso dei P. nei suoi cinque motivi lamenta la violazione della norma attributiva della giurisdizione esclusiva dei giudici amministrativi sulla controversia, cioè dell’art. 43, comma 3, T.U.E., così deducendo, in conformità all’art. 111 Cost., motivi inerenti alla giurisdizione, anche in rapporto al D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104, art. 133, comma 1, lett. g, di conferma del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, art. 34, come modificato dalla L. 21 luglio 2000, n. 205, art. 7 e dall’art. 53 del T.U.E. integrato dalla Corte costituzionale con la sentenza 11 maggio 2006 n. 191, affermando i ricorrenti che la violazione della indicata norma avrebbe fatto venir meno lo stesso atto "autoritativo", in assenza del quale, in base a quanto previsto dal giudice delle leggi nell’arresto ora citato, la giurisdizione del G.A. potrebbe essere in contrasto con la Carta fondamentale.

Si è dedotta dai P., nei primi due motivi di ricorso, la violazione, dalla decisione del Consiglio di Stato, del giudicato della citata sentenza n. 1250 del 13 dicembre 2006 della Corte d’appellò di Genova, che ha dichiarato, ex. art. 949 c.c., l’inesistenza della servitù di passaggio e la mancanza di opere di manipolazione materiale della strada dei ricorrenti, avendo quindi negato la manipolazione o occupazione materiale dell’area acquisita, presupposto di fatto dell’applicazione dell’art. 43 T.U.E..

Con il terzo e quarto motivo di ricorso si denuncia rispettivamente la violazione del giudicato della sentenza della Corte Costituzionale pubblicata sulla G.U. del 13 ottobre 2010, ma già depositata il 7 ottobre 2010, data dopo la quale fu resa pubblica la decisione impugnata del Consiglio di Stato, e quindi l’applicazione dell’art. 43 T.U.E. successivamente alla dichiarazione di illegittimità costituzionale di tale norma, che aveva fatto venir meno il sostrato normativo del potere della P.A. di acquisire la servitù retroattivamente, ripristinando i poteri cognitivi del giudice ordinario su tale occupazione senza titolo della strada dei ricorrenti.

Infine con il quinto motivo di ricorso, in subordine, al fine di evitare la creazione di ombre nella applicabilità delle pronunce di accoglimento delle questioni di legittimità da parte della Corte costituzionale, si denuncia, in riferimento agli artt. 3, 97 e 111 Cost., la incostituzionalità della L. 27 aprile 1982, n. 186, art. 55, del D.Lgs. n. 104 del 2010, art. 89 e della L. 11 marzo 1953, n. 87, art. 30, se tale contesto normativo sia interpretato nel senso che il giudice amministrativo possa non applicare la nuova disciplina di legge emergente dalla declaratoria di illegittimità costituzionale, dopo la data di deliberazione della sua pronuncia e prima di quella del deposito della stessa, senza contraddittorio tra le parti, dubitandosi della conformità alla Costituzione della L. n. 87 del 1953, art. 30 relativo alla pubblicazione di cui a tale norma, se la stessa sia intesa come riferita a quella nella G.U. invece che al deposito in cancelleria della decisione.

2. Il Comune di Savona chiede di dichiarare il ricorso inammissibile, per difetto di autosufficienza e di interesse alla sua proposizione dei ricorrenti, che hanno anche richiesto la revocazione della decisione del Consiglio di Stato n. 7472/10, oggetto di impugnazione in questa sede, senza avere denunciato, nell’appello al Consiglio di Stato, il difetto di giurisdizione del G.A. lamentato in questa sede, questione che risulta correttamente non esaminata in secondo grado, per essere stata già risolta definitivamente dal Tar Liguria.

Il controricorrente deduce quindi la inammissibilità dei primi due motivi di ricorso, anche per la estraneità alla questione di giurisdizione della violazione del giudicato del giudice ordinario, che avrebbe potuto dar luogo solo ad un vizio del provvedimento di acquisizione, ma tale non è stato considerato nel giudizio amministrativo, in cui il Consiglio di Stato ha negato ogni rilevanza ostativa alla sua cognizione sul ricorso delle sentenze sopra richiamate in materia di negatoria servitutis del giudice ordinario, ritenendo l’accoglimento di tale domanda con l’accertamento negativo dell’esistenza della servitù il presupposto logico-giuridico dell’atto di acquisizione, ai sensi del D.P.R. n. 327 del 2001, previgente art. 43.

Alla data del 13 ottobre 2010, in cui si è depositata la pronuncia del Consiglio di Stato, si è avuta anche la pubblicazione sulla G.U. della sentenza della Corte costituzionale n. 293 del 2010, per cui la decisione impugnata è stata emessa quando ancora non era cessata l’efficacia della norma applicata, da ritenersi inapplicabile solo dal giorno successivo a detta pubblicazione, in base alla lettera della L. n. 87 del 1953, art. 30, con irrilevanza conseguente dei dubbi sulla costituzionalità della disciplina degli effetti delle pronunce del giudice costituzionale, sollevato dai ricorrenti con il quinto motivo di ricorso.

3. Pregiudiziale all’esame del ricorso è l’eccezione del Comune di Savona del giudicato implicito sulla giurisdizione del giudice amministrativo, della sentenza del Tar Liguria, non impugnata su tale punto neppure in via incidentale dai ricorrenti appellati (S.U. ord. 28 gennaio 2011 n. 2067), avendo gli stessi chiesto solo il rigetto del gravame del Comune e riproposto in secondo grado i motivi del loro ricorso in primo grado, in tal modo riconoscendo ancora una volta i poteri cognitivi del giudice amministrativo, con conseguente inammissibilità della questione da ritenere definitivamente risolta per l’acquiescenza delle parti al riconoscimento della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo da parte del Tar, con conseguente giudicato sul punto di tale sentenza del G.A., ostativo anche alla produzione degli effetti retroattivi della dichiarazione d’illegittimità costituzionale dell’art. 43 T.U.E. (con S.U. n. 2 dicembre 2008 n. 28545, cfr. S.U. 11 febbraio 2010 n. 3200 e sulla preclusione del giudicato in ordine ad ogni pronuncia di illegittimità costituzionale Cass. 19 luglio 2005 n. 15200).

Questa Corte ha esattamente affermato che "Il ricorso per cassazione contro le sentenze del Consiglio di Stato è da considerare proposto per motivi inerenti alla giurisdizione, in base all’art. 111 Cost., u.c., art. 362 c.p.c., comma 1 e art. 110 codice processo amministrativo, ed è come tale esaminabile, quante volte il motivo si fonda sull’allegazione che la decisione sulla giurisdizione, tuttavìa adottata dal giudice amministrativo, era preclusa, per essersi in precedenza formato il giudicato sulla questione" (Cass. S.U. 9 novembre 2011 n. 23306, con citazioni dei precedenti conformi e difformi). Il principio per il quale la giurisdizione si determina al momento della domanda, anche quando le leggi che la regolano vengano meno perchè abrogate successivamente, non si applica al caso di norma dichiarata incostituzionale dal giudice delle leggi la cui normale retroattività opera, salvo il rilievo definitivo del giudicato sulla questione, preclusivo alla ammissibilità di essa, anche qualora siano dedotti motivi inerenti alla giurisdizione (cfr. le sentenze sopra citate).

Come emerge dalla decisione del Consiglio di Stato oggetto di ricorso, anche ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 1, volendo dedursi violazione nella fattispecie dei poteri cognitivi dell’A.G.O., il Comune di Savona, soccombente in primo grado, con l’appello ha denunciato la violazione dal Tar Liguria dell’art. 2909 c.c., peraltro in ordine ai soli pretesi effetti elusivi degli accertamenti di fatto della sentenza della Corte d’appello di Genova del 14 dicembre 2006 n. 1250 sulla inesistenza di materiali trasformazioni delle aree dei ricorrenti.

Nessuna censura, con l’indicato appello, si è proposto in ordine al riconoscimento dei poteri cognitivi del G.A. sul provvedimento acquisitivo della servitù di passaggio sulla strada dei ricorrenti, emesso ai sensi dell’art. 43 T.U.E., essendosi la Corte d’appello di Genova con la sentenza passata in giudicato n. 1250/2006, pronunciata solamente sull’illecito esercizio di fatto della servitù di passaggio pedonale e carrabile su detta strada, destinata all’uso pubblico anche in mancanza di una qualsiasi materiale trasformazione dei beni degli attori ad opera del comune. Il motivo di appello dello stesso Comune di Savona relativo all’art. 2909 c.c., deducendo la violazione del giudicato della sentenza della Corte d’appello di Genova del 2006 dal Tar di Genova che aveva annullato il provvedimento dell’ente perchè elusivo di tale giudicato, in ordine ai presupposti di fatto accertati dal giudice ordinario (L. 1 agosto 1990, n. 241, art. 21 septies inserito dalla L. 11 febbraio 2005, n. 15, art. 14 e abrogato dal D.Lgs. n. 104 del 2010, art. 4, comma 1, dell’All. 4), implicitamente chiede il riesame, allo stesso giudice amministrativo, di detto profilo del ricorso delle controparti, con chiara acquiescenza dell’appellante sui poteri cognitivi del Tar Liguria, della cui sentenza è chiesta la modifica o l’annullamento al Consiglio di Stato in appello. Nessun accenno al giudicato "implicito" sulla giurisdizione del giudice ordinario di cui alla sentenza della Corte d’appello n. 1250 del 2006, risulta prospettato nel gravame del Comune di Savona, al quale controdeducono i P. chiedendone il rigetto o in subordine domandando di riesaminare i loro motivi di ricorso in primo grado, per annullare l’atto di acquisizione adottato al di fuori della previsione di legge e non a sanatoria di una occupazione illecita, che non vi era stata con il mero uso pubblico della strada privata da cittadini di Savona per raggiungere la biblioteca e gli edifici scolastici a monte della strada in proprietà dei ricorrenti.

Il Tar Liguria, nella sentenza appellata, in espressa applicazione dell’art. 2909 c.c. aveva ritenuto l’acquisizione impugnata elusiva della sentenza della Corte d’appello di Genova n. 1250 del 2006 passata in giudicato, emergendo da tale provvedimento del G.O. la mancanza di occupazione illecita, cioè di fatti e qualificazioni giuridiche indispensabili all’applicazione dell’art. 43 T.U.E. e aveva quindi annullato l’atto di acquisizione sanante, in accoglimento del ricorso dei P.. Nè tali parti private nè l’ente locale hanno impugnato e contestato il potere del G.A. di decidere l’impugnazione dell’atto amministrativo e sulla questione della giurisdizione si è formato quindi il giudicato implicito della sentenza di primo grado.

Nessuna delle parti ha richiamato in sede di gravame la sentenza della Corte d’appello di Genova per la soluzione implicitamente positiva sulla giurisdizione dell’A.G.O. sulla domanda di risarcimento, da ritenere alternativa a quella del G.A., nè ha posto in discussione dinanzi al Consiglio di Stato gli effetti del giudicato esterno di una causa tra le stesse parti, a tutela del medesimo bene della vita costituito dalla libertà da pesi della strada oggetto di causa, in ordine al riconoscimento dei poteri cognitivi su tale controversia anche del giudice amministrativo, chiamato a decidere, per l’annullamento dell’asservimento acquisito, su una domanda con la medesima causa petendi dell’azione risarcitoria esercitata anche dinanzi ai giudici ordinari, sia pure con riferimento a condotte anteriori dello stesso Comune di Savona, fonte dei danni permanenti da reintegrare per equivalente.

La condanna dal giudice civile del Comune di Savona ad un facere, cioè a non esercitare la servitù denegata in diritto e al risarcimento del danno per equivalente, è stata richiamata, nell’appello avverso la sentenza del TAR Liguria, senza riferimenti al giudicato implicito sui poteri dell’A.G.O. in rapporto alle domande analoghe proposte al G.A., ma solo per dedurre la esclusione di materiali occupazioni ad opera dell’ente locale della strada dei P. e la inesistenza di qualsiasi servitù apparente di passaggio, pubblica o privata, ed entro tali limiti si è esaminata, per cui l’eventuale violazione di legge del giudice amministrativo costituisce solo un error in iudicando non rapportabile alla questione di giurisdizione che nessuna delle parti impugna o contesta (sulla estensione oggettiva del giudicato e il collegamento stretto tra questione di giurisdizione e i fatti sui quali si fonda la sua risoluzione cfr. Cass. 22 marzo 2010 n. 6850 e 27 luglio 2005 n. 15721). All’esame del giudicato della Corte d’appello letto solo per i profili sostanziali di quanto accertato dal giudice civile, il Consiglio di Stato dedica solo la seguente frase: "la irrilevanza preclusiva del giudicato civile di cui trattasi, il quale, anzi, proprio per avere accertato l’utilizzo pubblico non titolato della strada (oltre che la realizzazione di interventi pubblici manutentivi e modificativi, sia pur non qualificati opere pubbliche) posto a base del disposto risarcimento del danno, comprova la sussistenza del presupposto per l’adozione del provvedimento in controversia" (pag. 9 decisione impugnata). Pertanto il Consiglio di Stato, sul gravame del Comune di Savona, ha anche esaminato la sentenza dell’A.G.O. ed ha valutato gli effetti del giudicato della stessa, che aveva inquadrato il fondamento della sua cognizione sulla domanda nello illecito asservimento di fatto con effetti permanenti, ricostruendo la causa petendi dell’azione risarcitoria in condotte dell’ente locale non collegate a manifestazioni di potere della P.A., come tali sanzionabili ai sensi dell’art. 2043 c.c., con azione riproposta in questa sede, in base all’art. 43 del T.U.E., per impugnare l’atto acquisitivo della servitù, senza dare rilievo alcuno alla contestuale declaratoria implicita della giurisdizione del G.A.. In sostanza appellare la sentenza del giudice amministrativo, invocando il giudicato di quello ordinario, non comporta, senza espressa deduzione del punto, anche la proposizione della questione dei poteri cognitivi del G.A., confermati invece dalla parte che ha richiesto sia pure in subordine una decisione del Consiglio di Stato di conferma o riforma della pronuncia del Tar e dalla omessa impugnazione, per il profilo dei poteri cognitivi del G.A. nella sentenza di primo grado. Il ricorso in questa sede dei P. è quindi inammissibile perchè nè essi nè il Comune di Savona hanno nel giudizio amministrativo denegato la giurisdizione esclusiva di cui all’art. 43 T.U.E., comma 3 nè quella che sarebbe potuta derivare ai sensi dell’art. 53 dello stesso T.U. per qualsiasi caso del tipo di quello oggetto di questa causa di una condotta illecita non collegata ad un atto autoritativo della P.A., essendo invalido quello sanante emesso in concreto (S.U. 25 giugno 2010 n. 15319, 9 luglio 2009 n. 16093).

Ciò comporta la già intervenuta definitività della decisione sulla giurisdizione alla data della pronuncia della Corte costituzionale che ha dichiarato illegittimo l’art. 43 T.U.E.. dopo che con il mancato appello sulla questione del gennaio 2009, doveva ormai ritenersi definita, con efficacia di giudicato, la pronuncia del Tar sui propri poteri cognitivi (da ultimo, tra altre, S.U. ord. 13 giugno 2011 n. 12905 e ord. 28 gennaio 2011 n. 2067).

A causa della rilevata inammissibilità del ricorso, resta preclusa anche la questione della retroattività della sentenza n. 293 del 2010, la cui retroattività non può operare oltre il giudicato implicito formatosi nel 2008 sulla giurisdizione del G.A. che non può quindi più porsi in discussione, nè alcun rilievo ha in tale contesto l’art. 42 bis del T.U.E., introdotto in sostituzione della norma incostituzionale, dal D.L. 6 luglio 2011, art. 34 convertito con modificazioni, dalla L. 15 luglio 2011, n. 111, che non è norma attributiva della giurisdizione, non facendo cenno alla giurisdizione esclusiva amministrativa in caso di atto di acquisizione a seguito di utilizzazione senza titolo di un bene per scopi di interesse pubblico.

Il ricorso deve quindi dichiararsi inammissibile anche se la complessità della vicenda, evidenziata dalle stesse oscillazioni giurisprudenziali sulla norma applicata oggi dichiarata illegittima costituzionalmente, giustifica la totale compensazione delle spese tra le parti.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e compensa interamente tra le parti le spese del presente giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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