Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
La s.r.l. F.lli Cassetti (oggi s.r.l. Firenze Regali in liquidazione) ha proposto al Tribunale di Prato domanda di condanna della s.p.a.
INA – Assitalia, coassicuratrice nella misura del 65% e delegataria di altre tre compagnie assicuratrici, al pagamento dell’indennizzo ad essa spettante in virtù delle polizze assicurative in corso, a seguito dell’allagamento prodottosi il 30.10.1992 nei locali seminterrati della sua azienda, adibiti a magazzino. Esponeva l’attrice che l’allagamento si è verificato durante un violento temporale, a causa della caduta di un fulmine, che ha messo fuori uso sia l’impianto elettrico generale, sia il dispositivo elettronico (teleruttore) che doveva attivare il generatore autonomo di soccorso.
A causa del mancato funzionamento del teleruttore le pompe ad immersione per il sollevamento delle acque erano rimaste inattive, causando l’allagamento dei locali, con danni alle merci ivi giacenti per l’importo quantificato complessivamente in L. 467.178.000.
La convenuta ha resistito alla domanda, eccependo l’estraneità dell’evento alla copertura assicurativa, trattandosi di polizze di assicurazione contro l’incendio e per eventi speciali, che coprivano i danni provocati da fulmini solo se il fulmine fosse caduto direttamente sui beni danneggiati oppure all’esterno, purchè a distanza non superiore a 20 metri dal luogo del sinistro.
Il Tribunale ha accolto la domanda, condannando la convenute a pagare l’indennizzo nella misura di Euro 156.830,24, oltre accessori.
Proposto appello dalla soccombente, la Corte di appello di Firenze, con la sentenza impugnata in questa sede, ha annullato la sentenza di primo grado, rigettando le domande, sul rilievo che il danno non è stato provocato nè da azione diretta del fulmine sull’immobile assicurato, nè da azione indiretta, poichè ha colpito la cabina ENEL, situata ad oltre venti metri di distanza.
La s.r.l. Firenze Regali propone due motivi di ricorso per cassazione, illustrati da memoria.
Resiste l’intimata con controricorso.
Motivi della decisione
1.- E’ pacifico in causa che il sinistro è stato provocato da un guasto all’impianto elettrico, a sua volta causato dalla caduta di un fulmine, e che il fulmine non ha colpito direttamente l’immobile e i beni danneggiati, ma si è abbattuto ad una certa distanza. Si discute se la distanza fra il punto di caduta ed il luogo in cui il danno si è prodotto superi i venti metri, entro i quali la polizza assicura l’indennizzo.
2.- Con il primo motivo la ricorrente denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, nella parte in cui la sentenza impugnata ha affermato essere "incontestato che il fulmine ha interessato la cabina elettrica ENEL, ben più distante di venti metri dalle cose assicurate". Assume che nessuna prova è stata fornita dalla convenuta di tale circostanza.
Con il secondo motivo denuncia violazione dell’art. 2697 cod. civ., con riferimento agli artt. 1362, 1366, 1370 e 2698 c.c., nella parte in cui la Corte di appello ha implicitamente posto a suo carico l’onere della prova che il fulmine ebbe a cadere a distanza inferiore ai venti metri, onere che invece graverebbe sulla convenuta, sia perchè la clausola n. 11 della polizza 17/312198, che regola la fattispecie, è costruita in modo tale per cui la distanza del punto di caduta del fulmine è considerata come fatto impeditivo della garanzia; sia perchè una diversa interpretazione sarebbe in contrasto con i principi in tema di onere della prova e di interpretazione del contratto. Essa infatti renderebbe eccessivamente gravoso l’esercizio del diritto, in violazione dell’art. 2698 cod. civ., e sarebbe in contrasto con i principi per cui il contratto deve essere interpretato secondo buona fede; tenendo conto del comportamento delle parti (nella specie le assicuratrici avrebbero inizialmente ammesso di essere tenute alla garanzia), ed in base a criteri di favore per il contraente debole.
2.- I due motivi, che possono essere congiuntamente esaminati perchè connessi, sono inammissibili ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., poichè la sentenza impugnata ha deciso la questione controversa in modo conforme alla giurisprudenza della Corte di cassazione.
La Corte ha più volte specificato che l’assicuratore della responsabilità civile convenuto per l’adempimento del contratto che alleghi l’esclusione della garanzia assicurativa non propone un’eccezione in senso proprio, poichè tale allegazione si risolve nella mera contestazione della mancanza di prova del fatto costitutivo della domanda. Ne consegue che l’assicuratore non assume alcun onere probatorio, restando immutato a carico dell’attore l’onere di dimostrare il fatto costitutivo della domanda, in tutta la sua estensione.
Nè può farsi distinzione fra clausole generali e clausole speciali del contratto, dal momento che tutte ed inscindibilmente le clausole attengono alla delimitazione dell’oggetto della garanzia, il quale, se contestato, deve essere provato unicamente dall’attore che intenda giovarsi dei relativi effetti, trattandosi di fatto costitutivo della domanda ai sensi dell’art. 2697 c.c., comma 1 (Cass. civ. Sez. 3, 23 febbraio 1998 n. 1946; Idem, 10 ottobre 2003 n. 16831; Idem, 20 marzo 2006 n. 6108, fra le altre).
La questione di cui sopra configura una questione di diritto, che attiene ai principi in base ai quali va ripartito fra le parti l’onere della prova, pur se il primo motivo di ricorso è prospettato come vizio di motivazione; e la ricorrente non ha prospettato argomentazioni idonee a giustificare il riesame dei suddetti principi.
Le norme in tema di interpretazione del contratto vengono in considerazione per chiarire il significato delle clausole contrattuali (ivi inclusa quella avente ad oggetto l’esatta delimitazione dei rischi assicurati); ma nulla hanno a che fare con le norme in tema di onere della prova, nè forniscono argomento per infirmare il principio giurisprudenziale sopra richiamato, secondo cui – accertato l’oggetto della copertura assicurativa (se del caso alla luce dei criteri interpretativi indicati) – è onere dell’assicurato che agisca per ottenere il pagamento dell’indennizzo fornire la prova della sussistenza di tutti i relativi presupposti.
3.- Il ricorso deve essere rigettato.
4.- Le spese processuali, liquidate nel dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte di cassazione rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate complessivamente in Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 5.000,00 per onorari; oltre al rimborso delle spese generali ed agli accessori previdenziali e fiscali di legge.
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