Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
1. Il ricorrente in primo grado, D. P., si iscriveva all’Università degli studi di Salerno, facoltà di economia, nell’anno accademico 1989-1990. Sosteneva esami universitari dall’anno di iscrizione fino all’anno accademico 1996-1997 (l’ultimo esame sostenuto è del 3 ottobre 1997).
A partire dal 1° aprile 2007 incorreva nella decadenza del diritto alla qualità di studente, come previsto dall’articolo 149 del Testo unico sull’istruzione superiore di cui al r.d. 31 agosto 1933, n. 1592, non avendo per otto anni sostenuto esami.
La sua carriera universitaria veniva materialmente chiusa dal sistema informatico dell’Università il 18 marzo 2009, pur essendosi già maturata dal 1° aprile 2007, come sopra ricordato, la decadenza dal diritto.
Avendo il P. presentato il 22 febbraio 2010 istanza di interruzione dall’iscrizione universitaria per grave infermità, l’amministrazione gli comunicava, con nota del 25 giugno 2010, l’intervenuta decadenza.
1.1 Avverso tale decisione il P. avanzava ricorso presso il Tribunale amministrativo regionale per la Campania – Salerno, chiedendo l’annullamento, previa sospensiva, del provvedimento con cui l’Università gli comunicava in data 25 giugno 2010 la decadenza dalla qualità di studente; nonché delle disposizioni amministrative regolamentari della suddetta Università in materia di recupero di iscrizione e decadenza dalla qualità di studente, comunque ostative all’accoglimento della propria domanda.
2. Il Tribunale amministrativo, con sentenza breve n. 12740 del 26 novembre 2010, accoglieva il ricorso, ritenendo il provvedimento dell’Università assunto in violazione dell’articolo 10-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, per mancata comunicazione del preavviso di rigetto. Veniva ricordato che l’Università di Salerno aveva disciplinato l’istituto della decadenza dalla qualità di studente universitario di coloro i quali risultavano non aver sostenuto esami per otto anni consecutivi, prevedendo però che il predetto termine potesse essere interrotto in caso di infermità gravi e prolungate debitamente certificate. Non era pertanto palese che il contenuto dispositivo dell’atto di decadenza non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, come sostenuto dall’Università a mente dell’articolo 21-octies, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n. 241.
3. Avverso tale sentenza ricorreva al Consiglio di Stato l’Università degli studi di Salerno.
Il ricorso si fonda su due distinti motivi di appello.
3.1 Il primo è relativo all’erronea applicazione dell’articolo 17 del Regolamento studenti dell’Università di Salerno, approvato con decreto rettorale 2 luglio 2009, nonché dell’articolo 10-bis della citata legge n. 241 del 1990.
L’articolo 17 del Regolamento studenti prevede, come sopra ricordato, l’interruzione del termine decadenziale degli otto anni, in caso di infermità gravi e debitamente certificate.
Tale norma, ricorda l’Università ricorrente, non si applica tuttavia al P. in quanto iscritto al primo anno di corso in vigenza del vecchio ordinamento, prima quindi dell’entrata in vigore del decreto ministeriale n. 509 del 3 novembre 1999 sull’autonomia universitaria.
A tale situazione fa esplicito riferimento l’articolo 42 del Regolamento studenti di cui sopra, che nelle sue norme transitorie e finali prevede appunto che "agli studenti immatricolati secondo gli ordinamenti previgenti al decreto ministeriale n. 509 del 1999 che proseguono il corso di studi secondo tali ordinamenti, continua ad applicarsi la disciplina di cui all’articolo 149, comma 2, del testo unico delle leggi sull’istruzione superiore, del 31 agosto 1933, n. 1592, per quanto riguarda l’istituto della decadenza". L’articolo 149 prevede la decadenza automatica, al semplice trascorrere degli otto anni
La norma di cui all’articolo 17 del Regolamento studenti, richiamata dalla sentenza, non poteva pertanto trovare applicazione nel caso di specie.
Secondo l’Università ricorrente la sentenza risulta altresì viziata in quanto reputa applicabile alla vicenda l’articolo 10-bis della citata legge n. 241 del 1990, sulla mancata comunicazione del preavviso di rigetto, non considerando che il procedimento in esame non era un procedimento ad istanza di parte ed era comunque destinato a sfociare in un atto vincolato.
La fattispecie ricadeva quindi nell’ambito di applicazione dell’articolo 21-octies, comma 2, della legge n. 241 del 1990, trattandosi di un provvedimento di natura vincolata, e il cui contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Non era pertanto censurabile la mancata comunicazione dell’avvio del procedimento.
3.2 Il secondo motivo di appello avanzato dall’Università di Salerno è poi relativo alla violazione e falsa applicazione dell’articolo 149 del testo unico 31 agosto 1933, n. 1592.
Viene sottolineata la perentorietà della norma del testo unico in esame, che precluderebbe ogni valutazione in merito alle ragioni che hanno determinato l’inattività dello studente. La decadenza dalla qualità di studente si configurerebbe quindi quale conseguenza oggettiva del non aver sostenuto esami nel periodo previsto, senza assegnare rilevanza alcuna ai motivi che possono averla determinata, e senza che possa attribuirsi valore interruttivo a successive richieste di iscrizione.
4. La causa veniva assunta in decisione presso questa VI Sezione del Consiglio di Stato l’11 ottobre 2011.
Il ricorso merita di essere accolto.
Va in primo luogo considerato che è esatto, come ricorda la stessa sentenza, che in applicazione dell’articolo 11 del decreto ministeriale 3 novembre 1999, n. 509, l’Università ha adottato un Regolamento studenti che prevede, nel suo articolo 17, l’interruzione del termine di decadenza dalla qualità di studente universitario in caso di infermità gravi e prolungate, debitamente certificate.
A tale proposito vi è però in primo luogo da considerare che l’esistenza di infermità gravi e prolungate avrebbe dovuto in ogni caso essere tempestivamente dichiarata e certificata dall’interessato al fine di ottenere l’interruzione del termine; e ciò quando il termine stesso non fosse ancora scaduto, trattandosi in caso contrario non di interruzione, ma di riapertura di un termine già scaduto, cosa non prevista dal Regolamento in esame.
Ma l’articolo 42 del Regolamento prevede poi in modo espresso al comma 2, come ricorda l’Università ricorrente, che agli studenti immatricolati secondo gli ordinamenti previgenti il più volte ricordato decreto ministeriale n. 509 del 1999, continua ad applicarsi, per quanto riguarda la decadenza, la disciplina di cui all’articolo 149 del r.d. 31 agosto 1933, n. 1592, sull’istruzione universitaria, che non prevede in alcun modo ragioni di sospensione del termine degli otto anni.
Va a tale proposito osservato che non appare condivisibile la lettura riduttiva che parte ricorrente in primo grado fa, nella sua memoria, della norma di cui all’articolo 42 del Regolamento studenti. Si sostiene che tale norma, nel rinviare alla disciplina di cui al più volte citato testo unico n.1592 del 1933, faccia riferimento alla sola durata del termine di decadenza, e non anche alla sua interruzione.
La lettura della norma che, testualmente, riguarda "l’istituto della decadenza", non consente di condividere tale interpretazione riduttiva, non rinvenendosi alcun supporto favorevole ad una applicazione limitata della norma in questione.
Appare pertanto al Collegio che l’atto in esame non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Ciò è confortato dalla sentenza di questa Sezione n. 4670 del 9 settembre 2005, la quale ritiene che la norma che prevede la decadenza dalla qualità di studente universitario di coloro i quali non sostengono esami per otto anni consecutivi, di cui al più volte citato articolo 149 del testo unico n. 1592 del 1933, non consente interpretazioni discrezionali per l’amministrazione in ordine all’apprezzamento e alla valutazione di eventuali motivazioni determinanti l’interruzione dell’attività universitaria, costituendo quindi fonte di attività amministrativa vincolata.
Pertanto, anche a voler ritenere applicabile al caso di specie (che, si sottolinea, non è però un procedimento ad istanza di parte) la norma di cui all’articolo 10-bis della legge n. 241 del 1990 relativamente al preavviso di rigetto, appare qui potersi fare riferimento all’articolo 21-octies, comma 2, di tale legge, in quanto il contenuto dispositivo del provvedimento dell’Università non avrebbe potuto in ogni caso essere diverso da quello concretamente adottato, stante la sua natura vincolata.
Sussistono sufficienti ragioni per compensare le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, accoglie il ricorso avanzato e, per gli effetti, conferma il provvedimento annullato in primo grado.
Compensa le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
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