T.A.R. Friuli-Venezia Giulia Trieste Sez. I, Sent., 14-11-2011, n. 531 Controversie in materia elettorale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il ricorrente, candidato consigliere comunale nella lista Popolo della Libertà, collegata assieme alle liste Destra Sociale – Fiamma Tricolore, Lista Civica Dipiazza, Lista Antonione e Partito dei Pensionati al candidato Sindaco, poi risultato non eletto, Roberto Antonione, nel corso delle ultime elezioni, ricorda che gli sono stati attribuiti 274 voti di preferenza, che gli hanno comportato la collocazione al settimo posto, preceduto da D.M. con 275 voti di preferenza.

La D. è poi risultata ultima dei candidati eletti mentre il ricorrente è risultato primo dei non eletti.

Il ricorrente afferma che persone presenti alle operazioni di scrutinio delle schede gli hanno riferito di aver constatato che, nelle sezioni 163 e 171, gli Uffici elettorali di sezione non gli hanno attribuito complessivamente 2 preferenze apposte su schede che indicavano invece validamente il suo cognome.

Poiché l’attribuzione di questi ulteriori 2 voti gli permetterebbe di collocarsi – previa correzione dei risultati elettorali di cui ai verbali impugnati – nella posizione di ultimo degli eletti in luogo della controinteressata e quindi di conseguire il seggio di Consigliere comunale il ricorrente ha proposto il presente ricorso che deduce il seguente motivo:

Violazione e falsa applicazione di legge (artt. 57 e 69 del DPR n. 570/1960) ed eccesso di potere per erroneità e travisamento dei presupposti. Violazione del principio del favor voti.

Si sostiene che nella Sezione n. 163 dovevano essergli attribuiti 6 voti di preferenza perché, a quanto riferito da persona presente allo spoglio, sarebbe stata annullata una scheda sulla quale oltre al cognome G. (vergato accanto al simbolo del Popolo della Libertà) era stato scritto il nome Graziano (corrispondente peraltro al nome del defunto padre del ricorrente) e ciò in quanto costituente – a detta del Presidente della Sezione – segno di riconoscimento del voto.

Sostiene invece il ricorrente che l’errata indicazione del nome di battesimo del candidato non integra affatto "in modo inoppugnabile" (siccome invece richiesto dall’art. 69 del DPR n. 570/1960) la volontà di farsi riconoscere da parte dell’elettore, né del resto rende incerta la volontà dello stesso di dare la propria preferenza al ricorrente, peraltro in assenza di altri candidati con il suo stesso cognome.

Nella Sezione n. 171 al ricorrente non è stato attribuito alcun voto di preferenza, ma una persona presente allo scrutinio delle schede ha riferito che sarebbe stata ritenuta non valida una scheda sulla quale era stato scritto il cognome del ricorrente G. accanto al simbolo della lista del Popolo della Libertà, ma il crocesegno era stato tracciato sul nome del candidato Sindaco Antonione e non sul simbolo della lista PDL, da qui l’incertezza del voto.

Anche a tale proposito il ricorrente sostiene che il voto e la preferenza espressi su quella scheda invece erano assolutamente validi, a nulla rilevando sia la mancanza di crocesegno sul simbolo di lista sia la presenza del crocesegno sul nome del candidato Sindaco

Complessivamente al ricorrente dovrebbero venir quindi riconosciuti ulteriori 2 voti di preferenza e il risultato elettorale delle sue preferenze corretto da 274 a 276 con conseguente sua classificazione al posto di ultimo degli eletti della lista del Popolo della Libertà e l’assegnazione di un seggio nel Consiglio comunale di Trieste in luogo della controinteressata.

La controinteressata si è costituita in giudizio ed ha notificato anche ricorso incidentale.

In via preliminare ha eccepito l’inammissibilità del ricorso perché notificato al solo Comune e quindi per mancata notifica all’amministrazione che ha adottato l’atto di proclamazione degli eletti nonché per la totale carenza di prova e financo di istanze istruttorie relativamente alle affermazioni del ricorrente.

In via incidentale vengono impugnati i verbali di proclamazione degli eletti dell’Ufficio Centrale per la parte in cui non le vengono conteggiati due voti di preferenza, 1 nella sezione 52 e 1 nella sezione 142.

Il ricorrente, a sua volta, ha eccepito l’inammissibilità del ricorso incidentale in quanto formulato in via meramente esplorativa data la mancanza di qualsiasi indicazione circa l’illegittimità dell’annullamento dei citati 2 voti di preferenza.

Il ricorso principale è inammissibile, nei termini che verranno appresso precisati.

Il ricorrente indica con precisione il numero delle sezioni in cui le dedotte illegittimità si sarebbero verificate ed esplicita con puntualità e chiarezza la tipologia di vizi che lamenta; ritenendo che, come peraltro affermato da una parte delle giurisprudenza (peraltro la meno recente;), tale indicazione sia sufficiente a salvare il ricorso dalla inammissibilità per genericità e finalità meramente esplorativa.

Ad avviso del Collegio tale impostazione (peraltro di recente rivisitata dalla giurisprudenza; si veda, da ultimo e per tutti: Tar Sicilia – Catania n. 4406/10) non merita adesione in quanto unifica – confondendoli – due piani diversi, quello della specificità dei motivi (nella specie pienamente rispettato) e quello dell’onere probatorio (che, viceversa, non è stato onorato).

Come, condivisibilmente, evidenziato dalla decisione del TAR Catania sopra richiamata "nel processo amministrativo in materia di operazioni elettorali, pur essendo attenuato l’onere della prova in capo al ricorrente, le censure dedotte devono tuttavia essere sostenute almeno da qualche riscontro oggettivo" in quanto "l’attenuato rigore dell’onere probatorio non deve sfociare nella generica indicazione di elementi avulsi da riscontri oggettivi e documentali che inducano a reputare la prospettazione del vizio come mero espediente per provocare, ope iudicis, un inammissibile riesame delle operazioni dello scrutinio, e ciò tanto più se si considera che le operazioni sono puntualmente documentate in atti assistiti da fede privilegiata in forza dell’art. 2700 c.c. (T.A.R. Campania – Salerno, n.6933/09). Di conseguenza, è da escludere che il ricorso elettorale possa limitarsi alla formulazione di censure sfornite di qualsiasi principio di prova, volte ad ottenere, tramite l’attività istruttoria del giudice, il riesame delle operazioni di scrutinio e l’eventuale correzione dei risultati elettorali (Cons. Stato, n. 2539/10; TAR Sicilia – Catania, n. 2347/08; T.A.R. Lazio, n. 2298/2007)".

Anche il Collegio è dell’avviso che "l’attenuazione dell’onere probatorio che governa il giudizio elettorale, che discende direttamente dal fatto che le varie fasi del procedimento elettorale sfuggono al diretto controllo dell’interessato e che la relativa documentazione non è immediatamente riscontrabile, non può comunque spingersi fino al punto di abrogare il principio generale dell’onus probandi di cui all’art. 2697 c.c., o a farlo ritenere validamente rispettato mercè la semplice esposizione analitica dei vizi denunciati (che è questione diversa e successiva, attinente alla completezza delle censure). A ragionare diversamente, ammettendo un ricorso sostanzialmente "esplorativo", si finirebbe col trasfigurare totalmente il ruolo del sindacato giurisdizionale in materia elettorale, attribuendo al Giudice la funzione di "scrutinatore di secondo livello" con mandato di ripetere le operazioni di spoglio (in termini, T.A.R. Sicilia – Catania, n. 2347/08)".

Nel caso di specie, il ricorrente – quanto alle censure di cui si discute – si è limitato ad affermare la sussistenza dei vizi che riteneva essersi verificati, senza fornire il benché minimo indizio in merito agli stessi; il che appare invece assolutamente necessario dato che nulla risulta dai verbali. La giurisprudenza, infatti ha ritenuto sussistere il necessario principio di prova (rectius: la sussistenza di adeguati indizi), ad esempio, in presenza di contestazioni a verbale sull’attribuzione del voto o sull’annullamento delle schede da parte dei rappresentanti di lista presenti (TAR Campania – Salerno n. 6991/09 e Tar Lazio n. 2298/07); o ancora l’esistenza, nei verbali stessi, di cancellature errori ed abrasioni tali da rendere complessivamente inattendibile il contenuto dei verbali; sono state valorizzate anche le dichiarazioni degli elettori che attestino che le operazioni hanno dato luogo ad osservazioni e rilievi nel corso del procedimento o che non abbiano rispettato la volontà dell’elettore (Consiglio Stato, n. 817/08), purchè dette dichiarazioni non siano informali (in senso contrario, cioè per la sufficienza della dichiarazione anche "semplice": TAR Puglia – Bari n. 642/11 e lo stesso C.S. n. 1706/11 cit.), ma risultino rese con assunzione della responsabilità penale, a tenore. del D.P.R. 445/00.

Nella specie, manca il benché minimo indizio che sostenga – per quanto concerne i motivi di mancata attribuzione di preferenze ed annullamento di schede – le prospettazioni del ricorrente.

In definitiva, il ricorso, va dichiarato in toto inammissibile per le ragioni sopraesposte.

Ciò consente di prescindere sia dall’esame delle eccezioni di inammissibilità sollevate dalla controinteressata, che del ricorso incidentale dalla stessa proposto, peraltro palesemente inammissibile per genericità dei motivi.

Le spese e competenze di causa possono essere totalmente compensate tra le parti.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli – Venezia Giulia, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo dichiara inammissibile.

Compensa le spese e competenze del giudizio tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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