Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
Con ricorso ex art. 481 c.c. e art. 749 c.p.c., F.R. chiedeva al Tribunale di Lucca, sez. dist. di Viareggio, la fissazione di un termine per consentire alla sorella, A. F., di dichiarare se intendeva accettare, ancorchè con beneficio d’inventario, l’eredità del padre. Con ordinanza del 22.6.2009 il Giudice assegnava alla F. termine sino al 22.10.2009 per detta dichiarazione; il 22.10.2009, ossia il giorno stesso di scadenza di detto termine, la difesa della F. formulava istanza di proroga del termine assegnato. Con provvedimento 22.10.2009 il giudice monocratico di Viareggio rigettava l’istanza ritenendo il termine non prorogabile.
La F. proponeva reclamo al Collegio, ex art. 749 c.c., comma 3, chiedendo la proroga del termine per poter accettare con beneficio d’inventario l’eredità del proprio padre, F.A.D..
Si costituiva F.R. opponendosi alla richiesta e, con provvedimento depositato il 12.2.2010, il Tribunale respingeva il reclamo, considerato che il termine di cui all’art. 481 c.p.c. era previsto a pena di decadenza; escludeva,inoltre, la possibilità di revocare il decreto di fissazione del termine, ai sensi degli artt. 742-742 bis c.p.c., non avendone la F. chiesto la revoca, ma solo la concessione di un ulteriore termine.
Avverso tale provvedimento F.A. propone ricorso per cassazione, ex art. 3 Cost., sulla base di tre motivi illustrati da memoria.
Resiste con controricorso F.R..
Motivi della decisione
La ricorrente deduce:
1) violazione e falsa applicazione degli artt. 481, 488 e 2964 c.c. e dell’art. 12 preleggi, non contenendo l’art. 481 c.c. alcun riferimento alla possibilità di proroga del termine, considerato, inoltre, che il successivo art. 488 c.c., contrariamente a quanto affermato nel provvedimento impugnato, non riguarderebbe l’inventario, come desumibile dalla rubrica di inserimento di detta norma, intitolata "dichiarazione in caso di termine fissato dall’autorità giudiziaria"; la possibilità del giudice di accordare una dilazione del termine era da rapportare, quindi, sia alla redazione dell’inventario che alla dichiarazione, trattandosi di attività da svolgersi nel medesimo termine;
la tesi del Tribunale era, poi, contraddetta dalla possibilità di proroga prevista dall’art. 488 c.c. e dal disposto dell’art. 12 disp. gen. che, al comma 2, prevede, in caso di impossibilità di decidere una controversia sulla base di una precisa che, al comma 2, prevede, in caso di impossibilità di decidere una controversia sulla base di una precisa disposizione, il riferimento "alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe";
tale interpretazione trovava riscontro anche nel disposto dell’art. 749 c.p.c., comma 4 che, nel disciplinare il procedimento di assegnazione del termine, affermava "che le stesse forme si osservano per chiedere la proroga di un termine stabilito dalle legge. La proroga del termine si chiede al giudice stesso";
2) violazione e falsa applicazione degli artt. 742 e 742 bis c.p.c., per avere il Giudice affermato che, nella specie, la proroga del termine era subordinata alla richiesta di revoca del decreto di assegnazione del termine, non tenendo conto che, ai sensi dell’art. 742 c.p.c., era possibile non solo revocare il provvedimento ma anche disporne la modifica, compresa la proroga; 3) omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto decisivo per il giudizio, posto che nell’istanza di concessione di "un ulteriore termine, ai sensi dell’art. 749 c.p.c., artt. 481 e/o 488 c.c., doveva ritenersi implicita la richiesta di modifica del decreto originario. In relazione alle questioni sollevate dal controricorrente sull’inammissibilità del ricorso proposto dalla F., osserva preliminarmente il Collegio:
a) la mancata formulazione dei quesiti, ex art. 366 bis c.p.c., non rileva posto che il provvedimento impugnato risulta depositato il 12.2.2010,- successivamente all’entrata in vigore della L. n. 69 del 2009, art. 47 che ha abrogato l’art. 366 bis c.p.c.;
b) il reclamo avverso il provvedimento 22.10.2009 non poteva ritenersi tardivo sol perchè depositato presso la sez. dist. di Viareggio anzichè direttamente presso il Tribunale di Lucca, considerato che la ripartizione interna degli uffici giudiziari non rileva ai fini della eccepita tardività del termine per proporre detto reclamo;
c) l’ordinanza impugnata non è soggetta ad impugnazione nè è suscettibile di revoca o modifica ai sensi dell’art. 739 c.p.c. per come richiamato dall’art. 749 c.p.c. ed è impugnabile con il ricorso straordinario per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., incidendo definitivamente su posizioni sostanziali di diritto soggettivo in relazione alla perdita, da parte della ricorrente, del diritto di accettare l’eredità paterna, in caso di mancata tempestiva accettazione (Cfr. Cass. n. 2721/2010; n. 4897/87). Il ricorso è, peraltro, infondato.
Com’è noto il termine stabilito dal giudice, ai sensi dell’art. 481 c.c. (actio interrogatoria), in favore del chiamato all’eredità, per dichiarare la propria eventuale accettazione dell’eredità, anche con inventario, è un termine di decadenza finalizzato ad eliminare lo stato di incertezza connesso alla pendenza del termine per l’accettazione dell’eredità.
La natura decadenziale di detto termine, come pure affermata espressamente dalla giurisprudenza di questa Corte, con sentenza n. 751 del 1970, ne preclude la proroga.
Correttamente quindi, il provvedimento impugnato ha confermato il diniego di proroga del primo giudice, secondo quanto previsto, senza eccezioni, dal disposto dell’art. 481 c.c. che dal decorso del termine, in assenza della dichiarazione di accettazione o di rinuncia all’eredità, fa discendere la perdita, sul piano sostanziale, del diritto di accettare.
L’assunto del ricorrente, prospettato con il primo motivo di ricorso, secondo cui sarebbe consentita una dilazione del termine sia con riferimento alla redazione dell’inventario che della dichiarazione o meno di accettazione dell’eredità, ai sensi dell’art. 488 c.c., è infondato. Ai sensi di quest’ultima norma, infatti, è consentita una dilazione del termine unicamente per la redazione dell’inventario, sempre che la parte abbia reso la dichiarazione di accettazione beneficiata.
L’autonomia di dette norme è, peraltro, desumibile dal fatto che l’art. 488 c.c. è inserito nella sezione 2^ (capo 5^ libro 2^c.c.), intitolata "Del beneficio d’inventario", mentre l’actio interrogatoria di cui all’art. 481 c.c. rientra nella sezione 1^, titolo 1, intitolata "Disposizioni generali" sull’accettazione dell’eredità e trova, inoltre, riscontro, nella seconda parte dell’art. 488 c.c., comma 1 il cui tenore testuale ("Il chiamato all’eredità, che non è nel possesso di beni ereditari, qualora gli sia stato assegnato un termine a norma dell’art. 481, deve entro detto termine, compiere anche l’inventario; se fa la dichiarazione e non l’inventario, è considerato erede puro e semplice") esclude un’integrazione col disposto dell’art. 481 c.c. quanto alla disciplina del termine stabilito per l’accettazione dell’eredità rispetto a quella del termine per compiere l’inventario, come pure reso palese dalla congiunzione "anche" contenuta nell’art. 488 c.c., comma 1 e dal carattere facoltativo della concessione, da parte dell’autorità giudiziaria, di una dilazione per la compilazione dell’inventario, prevista dall’uu.c. della norma medesima. Le norme che impongono il compimento dell’inventario entro un dato termine, d’altronde, non determinano la decadenza dal beneficio, ma fanno conseguire dall’inutile decorso di detto termine l’accettazione pure e semplice dell’eredità.
Non è dato ravvisare alcuna violazione dell’art. 749 c.c. e degli artt. 742 -742 bis c.c. sotto il profilo dedotto negli altri motivi di ricorso. Come evidenziato nel provvedimento impugnato, nell’istanza di proroga depositata in data 22.10.2009, la F. non ha chiesto la revoca del provvedimento di fissazione del termine ma si è limitata a chiedere la concessione di "un ulteriore termine" invocando, tra l’altro, l’applicazione dell’art. 749 c.p.c. che, al comma 4, disciplina la richiesta di proroga di un termine stabilito dal giudice, non concedibile nella specie, per le ragioni già esposte.
Alla stregua di quanto osservato il ricorso va rigettato. Ricorrono giusti motivi per compensare fra le parti le spese del presente giudizio di legittimità, considerato che sono state disattese le ragioni d’inammissibilità del ricorso prospettate con il controricorso.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; spese compensate fra le parti.
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