Cass. civ. Sez. I, Sent., 26-03-2012, n. 4792 Ammissione al passivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Banca Carige s.p.a. (di seguito semplicemente Carige) propose domanda di ammissione al passivo del fallimento del sig. A. F., dichiarato con sentenza 10 febbraio 2009 dal Tribunale di Rieti, il quale aveva fissato al 16 giugno dello stesso anno l’adunanza per l’esame dello stato passivo. La banca chiedeva ammettersi in via ipotecaria gli importi relativi a due mutui ipotecar stipulati il 30 luglio 2003 (n. 20739 e n. 20740) per L. 30.000.000 ciascuno e ad un mutuo fondiario stipulato il 6 agosto 2008 (n. 3210) per Euro 270.000.000.

La Cassa di Risparmio di Rieti s.p.a. (di seguito Cariri), creditrice concorrente, formulò contestazioni nel corso dell’adunanza, e il Giudice delegato, con decreto del 27 ottobre 2009, rese esecutivo lo stato passivo ammettendo il complessivo credito della Carige per Euro 46.178,26 in via ipotecaria, con riguardo ai primi due mutui, e per Euro 278.037,02 in chirografo con riguardo al terzo mutuo, la cui natura fondiaria escluse sul rilievo che non era garantito da ipoteca di primo grado e non era stato utilizzato per scopi fondiari.

Il decreto venne fatto oggetto di opposizione da parte della Carige, che insistette per il privilegio anche quanto al terzo mutuo, e di impugnazione da parte della Cariri.

Quest’ultima eccepì:

– che la domanda di ammissione al passivo era tardiva, in quanto era stata trasmessa a mezzo corriere il 15 maggio 2009 ma era pervenuta in cancelleria soltanto il 18 maggio, dunque oltre il termine perentorio di 30 giorni prima dell’adunanza (fissata, come detto, per il 16 giugno) scaduto il 17 maggio;

– che il mutuo del 6 agosto 2008 era nullo, in quanto la relativa operazione dissimulava l’attribuzione di garanzia ipotecaria a un pregresso debito scaduto del cliente, contestualmente ripianato;

dunque il credito ad esso relativo andava escluso in radice dal passivo;

– che parimenti nulli erano anche i due mutui del 30 luglio 2003, attinenti ad operazioni analoghe a quella realizzata con l’altro, e comunque non andava riconosciuto il privilegio ipotecario nonostante l’avvenuto consolidamento delle relative ipoteche.

Il Tribunale di Rieti ha respinto l’impugnazione della Cariri ed accolto l’opposizione della Carige, con condanna della prima banca alle spese processuali in favore della seconda. Ha osservato che:

– l’eccezione di tardività della domanda di ammissione della Carige era infondata perchè il 17 maggio 2009 era domenica, dunque la scadenza del termine era prorogata al giorno successivo;

– i due mutui del 30 luglio 2003 erano mutui ipotecari ordinari, non fondiari, dunque non v’era ragione di interrogarsi sui loro scopi;

nè era dato ravvisare quanto ad essi alcuna simulazione, e del resto nulla vieta a una banca di rinegoziare un precedente suo credito mediante la concessione di un mutuo ipotecario, salva l’eventuale revocatoria fallimentare della prelazione in tal modo ottenuta, per la quale tuttavia nella specie manifestamente non sussisteva il presupposto temporale;

– il mutuo del 6 agosto 2008, infine, doveva qualificarsi ordinario e non fondiario, essendo espressamente esclusa, nel rogito, la finalizzazione all’acquisto, costruzione o ristrutturazione di immobili, ma comunque non era revocabile ai sensi dell’art. 67, comma 1, nn. 3 o 4, legge fallim.;

– quanto al n. 4, infatti, non sussisteva il requisito temporale, mentre, quanto al n. 3, andava accertata la sussistenza di debiti non scaduti dell’ A. alla data della stipula del mutuo, verso la banca, la quale però non aveva mai revocato gli affidamenti concessi al cliente e, anzi, anche il giorno precedente la stipula aveva scontato fatture in suo favore, e ciò dimostrava che non ne sospettava 1’insolvenza;

– pertanto non si ravvisava "alcuna operazione simulatoria in frode alla legge" e anche il credito relativo al mutuo del 6 agosto 2008 andava ammesso in sede ipotecaria.

Avverso il decreto del Tribunale la Cariri ha proposto ricorso per cassazione con sette motivi di censura. La Carige ha resistito con controricorso contenente ricorso incidentale con un motivo e ha presentato anche memoria.

Motivi della decisione

1. – Con il primo motivo del ricorso principale si denuncia violazione dell’art. 93 legge fallim. in relazione all’art. 155 c.p.c.. La Cariri osserva che, essendo il termine perentorio per la presentazione delle domande di ammissione al passivo un termine da computarsi "a ritroso", la circostanza che il dies ad quem coincidesse, nella specie, con un giorno festivo determinava semmai il suo arretramento al giorno precedente, ossia addirittura al 16 maggio 2009, con aggravamento dunque della tardività della domanda della Carige, che era pertanto inammissibile.

1.1. – Il motivo non può essere accolto, anche se va rettificata la motivazione in diritto del decreto impugnato.

E’ esatto che per i termini "a ritroso" la scadenza festiva determina l’anticipazione, e non la posticipazione, della scadenza stessa (Cass. 182/2011, 11163/2008, 19041/2003). Però la violazione del termine perentorio di cui all’art. 93, comma 1 e art. 16, comma 1, n. 5, legge fallim. non determina decadenza dal diritto di insinuarsi al passivo, essendo consentita anche l’insinuazione tardiva (art. 101 legge fallim.); l’unica conseguenza della violazione del termine perentorio di cui trattasi consiste nel fatto che la domanda non può qualificarsi tempestiva ed è soggetta alla disciplina delle domande tardive.

Sennonchè la nuova disciplina – qui applicabile – delle domande tardive, introdotta dal D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, in nulla differisce, quanto a forme e procedura, da quella stabilita per le domande tempestive, alla quale espressamente rinvia l’art. 101, cit., comma 2, prevedendo anche la convocazione periodica, a cadenze normalmente quadrimestrali, di adunanze supplementari dei creditori dedicate appositamente all’esame delle domande tardive con le stesse modalità della prima adunanza fissata con la sentenza di fallimento;

la tardività comporta solo il rischio di parziale incapienza, ai sensi dell’art. 112 e art. 101, comma 3, legge fallim., in relazione ai riparti parziali eventualmente eseguiti nelle more (per l’esattezza, quanto alla istanze cd. ultratardive va aggiunta la necessità di giustificare il ritardo, ai sensi dell’art. 101, cit., u.c.).

Tanto chiarito, può risolversi la questione se sia o meno legittimo che il giudice delegato prenda in considerazione, per l’inserimento immediato nello stato passivo alla stessa maniera delle domande tempestive, anche una domanda di ammissione tardiva, com’è avvenuto nella specie per la Carige.

Data l’identità delle forme e procedure, la risposta non può che essere positiva. Una diversa soluzione, che imponesse in ogni caso la fissazione di una nuova adunanza pur in mancanza di particolari ragioni ostative alla decisione nell’adunanza già fissata, contrasterebbe ingiustificatamente con l’obbiettivo del sollecito espletamento delle operazioni di verifica dei crediti perseguito dalla legge.

Correttamente, pertanto, il curatore e il giudice delegato al fallimento presero in esame la domanda tardiva della Carige per l’inserimento nello stato passivo assieme alle domande tempestive.

2. – Con il secondo motivo si denuncia violazione degli artt. 1813 e 1814 c.c., D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, artt. 38, 39, 40 e 41, art. 2697 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c., artt. 65 e 67 legge fallim., nonchè contraddittorietà della motivazione. La ricorrente principale, con riferimento ai due mutui del 30 luglio 2003:

a) contesta che il Tribunale potesse d’ufficio riqualificarli come mutui ipotecar ordinar mentre nella prospettazione della Carige erano definiti fondiari, ed osserva che, una volta disattesa la prospettazione "fondiaria" della banca creditrice ed accertato che non vi era stata disponibilità delle relative somme da parte dell’ A., occorreva piuttosto concludere che non erano in radice configurabili contratti di mutuo per mancanza del requisito della consegna del danaro al mutuatario, e non che andava esclusa la natura fondiaria dei mutui stessi per difetto di destinazione all’acquisto, costruzione o ristrutturazione di immobili, anche perchè il mutuo fondiario disciplinato dal D.Lgs. n. 385 del 1993 non è un mutuo di scopo;

b) contesta che sia lecito ricontrattare un credito mediante la concessione di un mutuo fondiario, con l’effetto di costituire per quel credito una garanzia ipotecaria irrevocabile, dunque alterando la funzione economica del mutuo fondiario, e spiega che dagli e- stratti conto risulterebbe appunto che le somme mutuate erano servite a ripianare precedenti passività. 2.1. – Il motivo è inammissibile.

In primo luogo non risulta dal decreto impugnato, ed è contestato dalla controricorrente, che la Carige avesse qualificato i primi due mutui come fondiari; ma soprattutto la tesi della ricorrente si basa sul presupposto che i due mutui del 30 luglio 2003 fossero stati stipulati per estinguere precedenti debiti dell’ A. nei confronti della Carige: ciò che, però, il Tribunale non ha per nulla accertato e che la ricorrente, in definitiva, pretende sia irritualmente accertato in sede di legittimità. Si vedrà infra, nell’esaminare il quarto e il quinto motivo, come anche le ulteriori censure di vizio motivazionale sul punto siano da disattendere.

3. – Va a questo punto esaminato il ricorso incidentale, che pone la questione della qualificazione del terzo mutuo – quello del 6 agosto 2008 – come fondiario ovvero ordinario; questione che è pregiudiziale all’esame di taluni profili di censura sollevati con gli ulteriori motivi del ricorso principale.

Giova precisare che il ricorso incidentale va esaminato anche anche a prescindere dall’esito del ricorso principale, essendo sostenuto da un interesse della ricorrente che prescinde da tale esito. Alla qualificazione del credito ammesso come derivante da mutuo fondiario, infatti, consegue – oltre alla prelazione ipotecaria, già riconosciuta dal tribunale sul presupposto della natura originariamente ipotecaria del credito – anche il privilegio processuale di cui all’art. 41 D.Lgs. cit..

Con l’unico motivo del ricorso incidentale, dunque, denunciando violazione di legge e vizio di motivazione si contesta, come già accennato, la qualificazione del contratto del 6 agosto 2008 come mutuo ipotecario ordinario – anzichè mutuo fondiario come richiesto dalla banca creditrice – operata dal Tribunale trascurando, da una parte, l’espressa intestazione del rogito come "Mutuo fondiario ai sensi del D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385" e illegittimamente valorizzando, dall’altra, l’esclusione della sua finalizzazione all’acquisto, costruzione o ristrutturazione di immobili:

finalizzazione non più richiesta dalla definizione di credito fondiario fornita dall’art. 38 D.Lgs. cit..

3.1. – Il motivo è fondato.

Il Tribunale ha escluso la qualificazione del mutuo in questione come mutuo fondiario dando rilievo alla previsione contrattuale che nega la destinazione della somma mutuata all’acquisto, costruzione o ristrutturazione di immobili; ciò sull’evidente presupposto che tale destinazione sia elemento essenziale del mutuo fondiario. Il che, però, non è esatto, dato che invece il mutuo fondiario, quale risulta dalla disciplina di cui al D.Lgs. n. 385 del 1993, artt. 38 e ss., non è mutuo di scopo: di esso, cioè, non è elemento essenziale la destinazione della somma mutuata a determinate finalità (Cass. 9511/2007, 317/2001).

Sul punto pertanto il decreto impugnato va cassato.

4. – Con il terzo motivo del ricorso principale si denuncia violazione delle medesime disposizioni di legge indicate per il secondo motivo, nonchè omissione, insufficienza o contraddittorietà della motivazione.

La ricorrente:

a) censura l’affermazione del Tribunale secondo cui l’ipoteca concessa a garanzia dei due mutui del 30 luglio 2003, di cui si è detto, era certamente consolidata e si trattava di ipoteca di primo grado ancorchè fosse sufficiente anche un’ipoteca di grado diverso, osservando che si trattava invece di ipoteca di secondo grado, in quanto una precedente ipoteca iscritta sugli stessi beni venne cancellata soltanto il 12 ottobre 2008, dunque oltre il termine di consolidamento di dieci giorni previsto dal D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 39;

b) censura, altresì, l’affermazione che l’ipoteca di cui al mutuo del 6 agosto 2008 non era revocabile ai sensi del n. 4 dell’art. 67, comma 1, legge fallim. per difetto – per soli quattro giorni – del requisito temporale semestrale, essendo stato il fallimento dichiarato il 10 febbraio 2009, e fa presente che invece il dies a quo va individuato non già nella data di stipula del mutuo ipotecario, bensì in quella della iscrizione dell’ipoteca, nella specie avvenuta il 12 agosto 2008, dunque entro i sei mesi prima della dichiarazione di fallimento;

c) ripropone anche per il mutuo del 6 agosto 2008 la questione di nullità dedotta con il secondo motivo con riferimento agli altri due mutui;

d) aggiunge che il mutuo del 6 agosto 2008 era nullo anche perchè superava il limite ordinario dell’80% del valore dei beni ipotecati.

4.1. – Nessuna di tali censure può essere accolta.

4.1.1. – La censura sub a) è inammissibile essendo irrilevante che i mutui del 30 luglio 2003 fossero assistiti da ipoteca di primo o di secondo grado, considerato che si trattava di mutui ordinari e non fondiari, come definitivamente accertato dal Tribunale.

4.1.2. – La censura sub b) è assorbita dall’accoglimento del ricorso incidentale. Esso infatti comporta, con la cassazione del decreto impugnato sul punto della qualificazione ordinaria o fondiaria del mutuo del 6 agosto 2008, la rimessione al giudice di rinvio di tale qualificazione, che a sua volta pregiudica l’esame della presente censura in quanto evidentemente presuppone la natura ordinaria del mutuo, dato che, in caso contrario, l’ipoteca si sarebbe consolidata comunque ai sensi del D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 39, comma 4. 4.1.3. – La censura sub c) è inammissibile. Come già visto per il secondo motivo, anche a proposito del mutuo del 6 agosto 2008 non vi è stato un accertamento del difetto di effettiva consegna della somma mutuata al mutuatario. Si veda anche infra quanto al vizio di motivazione denunciato con il quinto motivo.

4.1.4. – La censura sub d) è assorbita, analogamente alla censura" b), perchè presuppone la qualificazione fondiaria del mutuo del 6 agosto 2008 (il limite massimo del finanziamento pari all’80% del valore degli immobili dati in ipoteca è infatti stabilito dalla Banca d’Italia ai sensi del D.Lgs. n. 385, art. 38, comma 2, cit., riferito al credito fondiario).

5. – Con il quarto motivo si denuncia vizio di motivazione e violazione dell’art. 67, comma 1, nn. 3 e 4, legge fallim., e art. 1344 e ss. c.c. Oggetto delle censure è l’esclusione della simulazione dei due contratti del 30 luglio 2003, ad avviso della ricorrente immotivata giacchè:

a) la prova dell’utilizzo esclusivo del danaro da parte della banca mutuante "risultava addirittura dal rogito di mutuo "fondiario" 6/8/2008 in atti", che all’art. 2 prevedeva il versamento della somma "mediante ricevuta di accreditamento su partita indisponibile n. 3289902/86/56";

b) il riferimento alla natura ordinaria dei mutui e al consolidamento delle relative ipoteche non spiega perchè ci si dovesse esimere – come affermato dal Tribunale – dal "valutare la struttura e la finalità dell’operazione, che appare perfettamente lecita", mentre invece la giurisprudenza sanziona le fattispecie di simulazione relativa del mutuo fondiario con dissimulazione di una garanzia ipotecaria per un debito preesistente;

c) si configura altresì la fattispecie di contratto in frode alla legge (art. 1344 c.c.) sulla quale il Tribunale nulla ha osservato.

5.1. – Neanche tali censure possono essere accolte.

5.1.1. – La censura sub a) è inammissibile perchè la statuizione del Tribunale censurata riguarda i due mutui del 30 luglio 2003, dunque è inconferente il riferimento al rogito del 6 agosto 2008. 5.1.2. – Anche la censura sub b) è inammissibile. Come già osservato a proposito del secondo motivo, l’accertamento della destinazione delle somme mutuate a ripianare debiti preesistenti del mutuatario non è contenuto nel decreto impugnato e non può essere effettuato in sede di legittimità. Si rimanda, inoltre, anche alle considerazioni che saranno svolte nell’esaminare il quinto motivo.

5.1.3. – La censura sub c) è infondata. La frode alla legge consiste nel realizzare in maniera indiretta un risultato che la legge vieta.

Il risultato di garantire crediti pregressi con la costituzione di un’ipoteca, invece, non è vietato dalla legge, è semmai sanzionabile con la revocatoria, ove ne ricorrano gli estremi, come correttamente ha osservato il Tribunale.

6. – Con il quinto motivo si denuncia vizio di motivazione con riferimento alle seguenti statuizioni del decreto impugnato.

A) Insussistenza della prova dell’utilizzo delle somme mutuate per ripianare precedenti esposizioni dell’ A..

La ricorrente osserva che:

a) per un verso, il Tribunale ha disatteso le sue richieste di consulenza tecnica di ufficio per accertare che alla data della stipula dei tre mutui il saldo del conto corrente del cliente era passivo e le somme erogate erano state utilizzate dalla banca per ripianare la passività, nonchè per stimare il valore dei beni ipotecati e verificare se le somme erogate fossero superiori o inferiori all’80% dello stesso; di esibizione di tutti gli atti e documenti relativi ai tre contratti di mutuo, con particolare riguardo agli estratti conto dell’ A. relativi ai rapporti in essere dal 2003 al 2008; di interrogatorio formale del legale rappresentante della Carige e di prova testimoniale "sui fatti e sulle circostanze di cui in narrativa";

b) per altro verso, il Tribunale non ha considerato: che esisteva già agli atti la prova che la somma oggetto del mutuo del 6 agosto 2008 era stata accreditata su una partita indisponibile, come si leggeva a pag. 2 del contratto, ed era stata utilizzata per ripianare l’esposizione del cliente derivante dallo scoperto di conto corrente con saldo debitore di Euro 170.003,51 alla data del 5 agosto 2008;

che nel medesimo contratto si dava atto dell’esistenza di un’ipoteca, poi cancellata due mesi dopo l’erogazione del mutuo stesso, come già osservato con il terzo motivo; che la somma mutuata superava il limite dell’80% del valore dei beni ipotecati.

B) Insussistenza dei presupposti della revocatoria ai sensi dell’art. 67, primo comma n. 3, legge fallim..

La ricorrente rileva che, contraddittoriamente, il Tribunale prima ha affermato che al riguardo occorreva verificare la sussistenza di debiti dell’ A. non scaduti alla data del mutuo (6 agosto 2008), e poi ha invece accertato l’insussistenza di debiti scaduti in considerazione di fidi in vigore.

C) Inscientia decoctionis alla data 6 agosto 2008, desunta dal fatto che la banca procedeva allo sconto di fatture.

La ricorrente rileva che, invece, gli estratti conto rivelavano il contrario, e cioè che il cliente "era solito operare giroconto da un conto corrente ad un altro, così dimostrando tutte le sue difficoltà finanziarie di liquidità", e che era irrilevante il fatto che al 6 agosto 2008 la banca non avesse revocato gli affidamenti.

6.1. – Neanche tali censure possono esser accolte.

6.1.1. – Con riferimento ai fatti indicati sub B) e C) il motivo è assorbito, rilevando quei fatti ai soli fini della revocabilità dell’ipoteca a garanzia del mutuo del 6 agosto 2008, revocabilità che, come si è già detto, presuppone in concreto la qualificazione del mutuo come ordinario e non fondiario all’esito del giudizio di rinvio.

Per analoghe ragioni sono assorbite le censure, articolate dalla ricorrente a proposito del fatto sub A) (ancorchè con scarsa precisione, dato che in realtà esse attengono a fatti diversi), riguardanti l’accertamento del valore degli immobili ipotecati a garanzia del mutuo del 6 agosto 2008 in relazione alla percentuale massima consentita del finanziamento, pari all’80% dello stesso, e la preesistenza, in relazione al medesimo mutuo, di ipoteca di primo grado cancellata solo due mesi dopo. Si tratta invero di fatti rilevanti solo in caso di qualificazione del mutuo come fondiario.

6.1.2. – Quanto al resto va osservato:

– che la richiesta di esibizione di tutti gli atti e documenti relativi ai tre contratti di mutuo e degli estratti conto dell’ A. relativi ai rapporti in essere dal 2003 al 2008 è, nella sua genericità, inammissibile, e inammissibile è, conseguentemente, la richiesta di consulenza tecnica di ufficio che su tale documentazione dovrebbe in definitiva basarsi;

– che del pari generica è la richiesta di interrogatorio formale e prova testimoniale "sui fatti e sulle circostanze di cui in narrativa";

– che, ai fini della prova della simulazione relativa della complessiva operazione di mutuo, dissimulante un’operazione effettiva di estinzione di pregresse passività con la costituzione di una nuova passività garantita da ipoteca, il solo richiamo di una clausola contrattuale di accredito della somma mutuata su partita indisponibile non è decisivo, non essendo precisata in ricorso la durata di detta indisponibilità e attesa la mancanza di prova della preesistenza di debiti del cliente ripianati con la somma mutuata:

prova in ordine alla quale le deduzioni della ricorrente sono quantomai generiche.

7. – Il sesto motivo riguarda la condanna alle spese processuali ed è quindi assorbito per effetto della cassazione del decreto impugnato in accoglimento del ricorso incidentale.

8. – Con il settimo motivo del ricorso principale si solleva eccezione di incostituzionalità dell’art. 99 legge fallim.., come modificato dal D.Lgs. n. 5 del 2006, nella parte in cui non consente l’appello avverso la decisione del tribunale sulle impugnazioni del decreto di esecutorietà dello stato passivo fallimentare.

8.1. – Anche questo motivo è inammissibile. La questione di legittimità costituzionale, infatti, viene posta senza associarla ad alcuna censura rivolta al decreto impugnato. Inoltre l’ammissione dell’appello, secondo la tesi sostenuta dalla ricorrente, sarebbe contraria all’interesse della ricorrente stessa, dato che ritenere ammissibile l’appello comporterebbe l’inammissibilità del ricorso per cassazione in concreto esperito.

9. – In conclusione, il ricorso principale va rigettato e va accolto il ricorso incidentale. Il decreto impugnato va conseguentemente cassato con rinvio al giudice indicato in dispositivo, il quale si atterrà al principio di diritto enunciato sopra al p. 3.1.

Il giudice di rinvio provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale, accoglie il ricorso incidentale, cassa il decreto impugnato in relazione alla censura accolta e rinvia, anche per le spese, al Tribunale di Rieti in diversa composizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *