Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
Con decreto in data 24-6/12-7-2010 il Tribunale per i Minorenni di Roma respingeva le domande di D.B.C., padre del minore D.B.L. (nato il (OMISSIS)), dirette ad ottenere l’affidamento esclusivo del figlio con contestuale pronuncia di decadenza della madre, Z.A.E., ed in accoglimento, invece, della domanda di quest’ultima, disponeva l’affidamento esclusivo del minore alla madre, imponendo il divieto di qualunque contatto tra il minore ed il padre fino a diversa determinazione dell’autorità giudiziaria. Con il medesimo provvedimento il D.B. veniva anche condannato sia a corrispondere alla Z. la somma di Euro 18.900,00, con gli interessi legali e la rivalutazione dalla data di notifica del decreto al saldo, quale rimborso delle spese da lei sostenute per il minore dalla relativa nascita fino al 30 giugno 2009, e sia a pagarle a titolo di contributo al mantenimento del figlio minore, la somma di Euro 250,00 mensili a decorrere dal luglio 2009, oltre rivalutazione annuale. Infine, il TM compensava le spese di lite e dichiarava l’immediata efficacia provvedimento.
Contro tale decreto il D.B. proponeva reclamo, con ricorso depositato il 6.08.2010, chiedendo, previa sospensione dell’esecutorietà del provvedimento, la sospensione del giudizio in attesa dell’esito della promuovenda azione ex art. 263 c.c. e, in subordine la riforma del decreto relativamente all’imposto divieto di contatti tra lui e il figlio ed alla disposta sua condanna al pagamento della somma di Euro 18.900,00 in favore della Z..
Fissata la comparizione delle parti per la trattazione dell’istanza di sospensione, ex art. 351 c.p.c., la Z. si costituiva chiedendo preliminarmente il rigettò della richiesta di sospensione e, nel merito, il rigetto del reclamo nonchè, in via incidentale, la correzione dell’errore materiale contenuto nel decreto laddove il suo nome era stato indicato in quello di Z.E.A. anzichè di Z.E. ed ancora che l’assegno a carico del padre fosse determinato sin dalla nascita del minore nella misura di Euro 500,00 mensili o in quella maggiore o minore ritenuta di giustizia, con condanna del D.B. alla rifusione delle spese di lite del doppio grado.
La Corte d’appello di Roma, sezione per i minorenni, con ordinanza del 7.9 – 13.9.2010 (della quale veniva data comunicazione alle parti a mezzo fax), respingeva l’istanza di sospensione e disponeva la trasmissione del fascicolo al Presidente della sezione per la nomina del relatore, la fissazione dell’udienza per il merito e la nomina del curatore speciale.
Con successivi provvedimenti in data 16-9-2010, il Presidente nominava il curatore speciale per il minore e fissava l’udienza di merito al 15-2-2011, dando termine al ricorrente sino al 15.12.2010, per notificare il ricorso alla parte resistente, al P.M.M. ed al curatore speciale.
In data 11.01.2011 si costituiva il curatore speciale (Avv. G.), che chiedeva il rigetto delle richieste del reclamante ed ordinarsi la promozione dell’azione giudiziaria diretta all’accertamento di non veridicità della paternità naturale ai sensi dell’art. 263 c.c.. Il P.G. chiedeva la parziale modifica del provvedimento del Tribunale per i Minorenni e, in particolare, la revoca del divieto di incontri fra padre e figlio.
All’indicata udienza del 15.02.2011 il difensore del D.B. dichiarava di non avere notificato il reclamo ad alcuna delle parti per non avere avuto comunicazione del decreto del Presidente che aveva fissato l’udienza di merito. Il difensore del resistente non si opponeva alla concessione di un nuovo termine ed il P.G. si riservava.
Con decreto del 15-18.02.2011, la Corte di appello di Roma, sezione minorenni, dichiarava l’improcedibilità del reclamo, compensando le spese processuali.
La Corte riteneva:
che dovesse escludersi la concedibilità al reclamante di un nuovo termine per notificare il ricorso da lui depositato ed il correlato decreto del Presidente di fissazione dell’udienza di comparizione, poichè il difensore dello stesso si era limitato a dedurre di non avere ricevuto comunicazione di detto decreto presidenziale, provvedimento che doveva essere depositato ma non anche comunicato al reclamante, non sussistendo un obbligo del giudice normativamente disciplinato in tal senso, ed avendo il ricorrente mancato di attivarsi per prendere cognizione, in cancelleria, dell’esito del proprio ricorso;
che non poteva essere attribuito rilievo alla circostanza che la Z., nel costituirsi in sede di decisione dell’istanza di sospensione, aveva preso posizione anche nel merito del reclamo, in quanto, la resistenza in tale sede, per quanto ampiamente motivata, era in ogni caso funzionale e limitata al procedimento incidentale ex artt. 283 e 351 c.p.c. e poteva non esaurire il diritto di difesa dell’appellato, tanto sotto il profilo della resistenza all’avversa impugnazione quanto, soprattutto, sotto quello del diritto all’impugnazione incidentale tardiva ex art. 334 c.p.c., per cui doveva concludersi che relativamente alla fase di merito il contraddittorio con la parte resistente non si era esaurito;
che ugualmente irrilevante, ai fini in esame, era l’intervenuta costituzione del curatore speciale, essendo essa avvenuta in relazione al provvedimento di nomina del Presidente e non per la notifica del reclamo da parte del D.B., che ne era onerato;
che tale pronuncia comportava anche l’inammissibilità del reclamo incidentale della Z., proposto nella memoria difensiva di costituzione in sede di inibitoria, atteso che, trattandosi di argomento del tutto estraneo a quella sede e per l’esercizio del quale l’appellato stesso poteva giovarsi, ai sensi dell’art. 343 c.p.c., della memoria di costituzione nel giudizio di merito, la circostanza che tale costituzione non vi fosse stata (per difetto di instaurazione del contraddittorio) non ne consentiva l’esame.
Contro questo decreto il D.B. ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, illustrati da memoria e notificato all’Avv.to G.M., curatore speciale del minore ed alla Z., la quale ha resistito con controricorso notificato il a ricorrente ed al curatore speciale.
Motivi della decisione
A sostegno del ricorso il D.B. denunzia:
1. "Violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 435 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n.3)".
Censura la statuizione d’improcedibilità del reclamo, deducendo anche che il decreto in data 16-9-2010, di fissazione dell’udienza di merito, non gli era stato comunicato e che il difetto di conoscenza di tale provvedimento precludeva l’adozione dell’avversata statuizione ed imponeva l’assegnazione di un nuovo termine per le notificazioni.
2. "Violazione e falsa applicazione di norme di diritto (artt. 156, 162, 164 e 291 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3)".
Censura la statuizione d’improcedibilità del reclamo, assumendo l’acritico e non pertinente richiamo a precedente pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte, data anche l’intervenuta costituzione della Z. e la mancata comunicazione del decreto di fissazione dell’udienza di merito.
3. "Violazione e falsa applicazione di norme di diritto (artt. 136 e 435 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3)".
Sostiene che il decreto di fissazione dell’udienza di merito gli andava comunicato in ragione della prassi ordinariamente seguita ed in ogni caso ai sensi dell’art. 136 c.p.c., in quanto non autonomo e reso a seguito di riserva di relativa adozione.
4. "Violazione e falsa applicazione di norme di diritto (Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo del 20.11.1959, riversata nella Convenzione sui Diritti del Fanciullo del 1989, integrata dalla L. n. 184 del 1983 e novellata dalla L. n. 149 del 2001, nonchè della L. n. 154 del 2006 e dell’art. 155 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3)".
Sostiene che l’impugnata statuizione ha anche comportato l’illegittima violazione dell’interesse del minore.
Il primo motivo del ricorso è fondato; al relativo accoglimento segue anche l’assorbimento degli ulteriori tre motivi del ricorso.
Nei procedimenti d’impugnazione attivati su istanza di parte e che si svolgono con il rito camerale, quali il reclamo o l’appello (in tema, cfr. cass. n. 6319 del 2011) contro i provvedimenti del Tribunale per i Minorenni, il giudice adito è tenuto a fissare con decreto l’udienza di comparizione con termine per la notifica del ricorso e del decreto alle controparti ed è altresì tenuto al deposito di tale provvedimento.
Anche in questi procedimenti va distinto il momento della "edictio actionis" da quello della "vocatio in ius" ed il termine perentorio d’impugnazione è riferibile solo al deposito del ricorso nella cancelleria del giudice, sicchè, una volta eseguito tempestivamente tale adempimento, quel termine non gioca più alcun ruolo, atteso che la fissazione successiva, ad opera del medesimo giudice, di un ulteriore termine, destinato a garantire il corretto ripristino del contraddittorio nei confronti della controparte, pur presupponendo che il precedente termine sia stato rispettato, ormai ne prescinde, rispondendo unicamente alla necessità di assicurare il rispetto delle regole proprie della "vocatio in ius".
Dunque, il termine per la notifica del ricorso e del decreto presidenziale di fissazione dell’udienza, non qualificabile come perentorio (art. 152 c.p.c., comma 2) e d’indole ordinatoria, ha la mera funzione di instaurare il contraddittorio, e, con riferimento al rito di cognizione ordinaria,non ne è nemmeno espressamente prevista l’indicazione nel medesimo decreto, provvedimento di cui in effetti non è normativamente disciplinata la comunicazione.
Ma nel quadro delle garanzie costituzionali e segnatamente del diritto di difesa, l’impugnante non può ritenersi gravato da alcun onere notificatorio anteriormente alla regolare ricezione di tale comunicazione, nè tenuto ad alcun onere di diligenza che gli imponga, nell’imminente scadenza del termine di impugnazione, di verificare se e quando sia avvenuto il deposito dell’atto, in difetto del quale non gli è dato procedere all’attivazione del contraddittorio, dovendosi impedire che possa, a sua insaputa, verificarsi il presupposto condizionante lo svolgimento della successiva attività di impulso processuale, della quale gli è fatto carico.
Ove un termine sia prescritto per il compimento di attività, la cui omissione si risolva in pregiudizio della situazione tutelata, deve, infatti, essere assicurata all’interessato la conoscibilità del momento di iniziale decorrenza del termine stesso, onde poter utilizzare, nella sua interezza, il tempo assegnatogli (Corte Cost. n. 15 del 1977). Dunque, la mancanza di comunicazione al ricorrente dell’avvenuto deposito del decreto di fissazione dell’udienza di discussione, escludendo per l’impugnante la conoscenza legale del contenuto del provvedimento e segnatamente della intervenuta fissazione del termine e quindi l’insorgere per lui dell’imposto onere di provvedere alla notificazione dell’atto di gravame e del decreto stesso nel fissato termine, non è incompatibile con la conservazione dell’effetto impeditivo del giudicato, conseguente a tempestivo deposito del ricorso in appello. Pertanto, tale mancanza, ove l’impugnante abbia tempestivamente depositato il ricorso, ma omesso la notifica di tale atto e del decreto alla controparte nel termine in tale provvedimento fissato, preclude l’applicazione della sanzione d’improcedibilità dell’impugnazione (in tema e con riguardo al rito del lavoro cfr cass. n. 21978 del 2010; n. 12147 del 1991; n. 943 del 1983) ed impone l’ordine di rinnovazione della notificazione, con fissazione di un nuovo termine. D’altra parte, la sentenza delle SU n. 20604 del 2008, richiamata dalla Corte distrettuale ed inerente al rito del lavoro, attiene al diverso aspetto delle conseguenze della inesistenza della notificazione all’appellato del ricorso e del decreto nel termine di cui all’art. 435 c.p.c., ma non involge anche lo specifico presupposto della comunicazione del decreto in discussione.
Conclusivamente si deve accogliere il primo motivo del ricorso con assorbimento degli ulteriori motivi e cassare l’impugnato decreto con rinvio alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, cui si demanda anche la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, assorbiti gli altri, cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione.
Ai sensi del D.Lgs n. 196 del 2003, art. 52, comma 5, in caso di diffusione della presente sentenza si devono omettere le generalità e gli altri dati identificativi delle parti.
Così deciso in Roma, il 7 febbraio 2012.
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