Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 27-09-2011) 24-10-2011, n. 38159

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con sentenza del 17 dicembre 2010 la Corte d’appello di Bari confermava la condanna ad anni due di reclusione inflitta a J. R. per il reato di maltrattamenti commesso in danno della moglie e dei figli minorenni fino al (OMISSIS).

Contro detta sentenza l’imputato ricorre per Cassazione e denuncia il vizio di mancanza di motivazione. Lamenta che la Corte di merito avrebbe omesso di esaminare le censure sollevate nei motivi d’appello in ordine all’attendibilità della denunciante e alla sussistenza del fatto e del dolo. Lamenta ancora che nessuna risposta sia stata data alla richiesta di proscioglimento per estinzione del reato, posto che i fatti risalirebbero all’anno 1999. Lamenta infine che le attenuanti generiche siano state negate in considerazione dell’intensità del dolo e dei rilevanti precedenti penali.

2. I motivi di ricorso sono manifestamente infondati. Dalla lettura congiunta delle sentenze di primo e secondo grado, le cui motivazioni si fondono insieme essendo l’una confermata dall’altra, emerge una esaustiva spiegazione delle ragioni della condanna.

E’ stata data giustificazione della ritenuta credibilità delle dichiarazioni della persona offesa G.M., osservando che contengono "una puntuale e coerente ricostruzione fattuale", che "non sono smentite da alcuna obiettiva emergenza di segno contrario", che "sono corroborate dalle dichiarazioni di entrambi i figli minorenni".

Orbene dalle predette dichiarazioni, ampiamente riportate nella sentenza impugnata, sono stati enucleati gli elementi costitutivi di una condotta vessatoria sistematica protratta per un significativo lasso temporale, sorretta da un dolo particolarmente intenso, cosicchè è stata correttamente ritenuta integrata, sotto il profilo oggettivo e soggettivo, la fattispecie di reato contestata.

Le attenuanti generiche sono state negate con una motivazione che si è attenuta a specifici parametri di valutazione indicati dall’art. 133 c.p. (intensità del dolo e precedenti penali).

La prescrizione non è stata riconosciuta, perchè la consumazione del reato, che ha natura permanente, è cessata il 13 dicembre 2003 e, quindi, al momento della pronuncia della sentenza d’appello non era ancora maturata.

Il ricorso deve dunque essere dichiarato inammissibile con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, ritenuta equa, di Euro mille alla Cassa delle ammende.

P.Q.M.

La Corte di cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro mille alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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