Cass. civ. Sez. II, Sent., 04-05-2012, n. 6773 Distanze legali tra costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con citazione notificata il 14-4-1999 M.G., premesso di essere proprietario di un terreno sito in (OMISSIS), nonchè comproprietario di una annessa stradella privata, conveniva in giudizio P.V. e L.C.C., assumendo che questi ultimi avevano ampliato il precedente fabbricato, realizzato delle aperture, edificato un locale con copertura a falde, costruito una vasca e collocato dei tubi, il tutto a distanza illegale dal confine con la predetta stradella; avevano creato una illegittima servitù di scolo delle acque piovane; avevano iniziato ad accedere attraverso la stradella senza avere alcun titolo; avevano realizzato un cancello che se aperto impediva il comodo accesso a tale stradella. L’attore chiedeva, pertanto, la condanna dei convenuti alla eliminazione dei manufatti realizzati a distanza illegale ed alla cessazione dei comportamenti illegittimi dai medesimi posti in essere.

Nel costituirsi, il P. e la L.C. contestavano la fondatezza della domanda, deducendo, in particolare, che la stradella in questione era tracciata sul terreno dei singoli confinanti, i quali ne erano proprietari in quanto frontisti, e che i fondi delle parti in causa non si fronteggiavano. Le convenute, inoltre, chiedevano in via riconvenzionale la condanna dell’attore al ripristino dell’originario fondo in terra battuta della stradella, che era stato ricoperto dal M. con malta di cemento, con conseguente riversamento delle acque meteoriche sul terreno di loro proprietà.

Con sentenza del 27-9-2002 il Tribunale di Catania condannava i convenuti all’arretramento fino alla distanza di metri cinque dal confine del corpo aggiunto in ampliamento al fabbricato preesistente, del piccolo locale a sud del detto ampliamento e della legnaia di circa 9 mq. con copertura in eternit; ad eliminare la veduta diretta esercitata dal ballatoio sito al primo piano del fabbricato lato sud fino alla distanza di un metro e mezzo dal confine; ad eliminare la servitù di scolo creata in danno della stradella, indirizzando altrove gli scarichi delle due canalette esistenti sul lato nord- ovest del loro fondo; ad arretrare, rispettivamente a un metro e a due metri dai confine, le tubazioni che corrono sul muretto che costeggia ad est la stradella, e la cisterna per la raccolta dell’acqua; a modificare il funzionamento del cancello sulla via (OMISSIS); vietava ai convenuti il passaggio sulla stradella in contestazione; condannava, inoltre, l’attore a ripristinare l’originario fondo della stradella in terra battuta o, comunque, ad eliminare la servitù di scolo creata con la pavimentazione di detta stradella.

Con sentenza depositata il 19-5-2010 la Corte di Appello di Catania rigettava il gravame proposto avverso la predetta decisione dai convenuti.

Per la cassazione di tale sentenza ricorre P.V., in proprio e quale procuratore speciale di L.C.C., sulla base di quattro motivi.

Il M. resiste con controricorso.

Con memoria depositata in prossimità dell’udienza P. V. si è costituito anche in qualità di erede di L.C. C., unitamente agli altri eredi P.S., P.A.D. e P.M.C..

Motivi della decisione

1) Con il primo motivo i ricorrenti denunciano la violazione dell’art. 100 c.p.c. e la contraddittorietà della motivazione, in relazione alla ritenuta sussistenza dell’interesse del M. a far valere la violazione delle norme sulle distanze, non essendo il suo terreno frontistante rispetto agli immobili di proprietà dei convenuti.

Il motivo è infondato.

Poichè la Corte di Appello ha accertato, in punto di fatto, che il M. è comproprietario della stradella posta a confine con il fondo dei convenuti, correttamente la Corte di Appello ha ritenuto l’interesse del medesimo ad agire per il rispetto delle distanze della costruzione dei convenuti dal confine con tale stradella.

Allorquando, infatti, lo strumento urbanistico stabilisca, come nella specie, una determinata distanza dal confine, tale distanza va rispettata a prescindere dall’esistenza di costruzioni o dalla natura edificatoria del fondo confinante.

Appare evidente l’errore di prospettiva in cui è incorso il ricorrente, il quale ritiene che l’attore abbia agito per il rispetto delle distanze da altra particela di sua proprietà esclusiva, non fronteggiante con quella dei convenuti; laddove, come si evince dalla esposizione dei fatti riportata nella sentenza impugnata, con Fatto di citazione il M. ha lamentato la mancata osservanza della distanza legale dal confine con la stradella di cui è comproprietario.

2) Con il secondo motivo i ricorrenti, dolendosi della violazione dell’art. 873 e del regolamento comunale, nonchè dell’erronea motivazione per travisamento del fatto, sostengono che la Corte di Appello ha errato nell’individuare il confine da cui misurare la distanza della costruzione, e non ha tenuto conto del fatto che l’art. 33 del regolamento locale, nel prevedere una distanza minima di cinque metri dal confine, consente la costruzione in aderenza.

Il motivo è privo di fondamento, in quanto, avendo l’attore agito per il rispetto del distacco della costruzione del P. dal confine con la stradella interpoderale di cui è comproprietario, a ragione la Corte di Appello ha individuato il confine da cui misurare la distanza delle nuove opere nella linea di demarcazione tra il fondo dei convenuti e la predetta stradella e non, come preteso dagli odierni ricorrenti, nella linea mediana di tale via.

La sentenza impugnata appare immune da censure anche nella parte in cui, nel dare atto che l’art. 33 del Regolamento Edilizio di (OMISSIS), pur fissando un distacco minimo dal confine di 5 metri, consente espressamente la costruzione in aderenza, ha ritenuto che i convenuti, avendo edificato a distanza inferiore a 5 metri, sono tenuti ad arretrare la costruzione fino a rispettare tale distanza. Nella specie, è stata fatta corretta applicazione del principio più volte affermato dalla giurisprudenza, secondo cui, qualora il regolamento comunale edilizio, pur fissando una distanza minima delle costruzioni dal confine, consenta le costruzioni in aderenza o in appoggio, il primo costruttore ha la scelta fra il costruire alla distanza regolamentare e l’erigere la propria fabbrica fino ad occupare l’estremo limite del confine medesimo, ma non anche quella di costruire a distanza inferiore dal confine, avendo la detta prescrizione lo scopo di ripartire tra i proprietari confinanti l’onere della creazione della zona di distacco tra costruzioni, senza escludere la possibilità di costruzioni in aderenza o in comunione di muro sul confine (Cass. 30-10-2007 n. 22896; 5-10-2000 n. 13286;

Cass. 15-6-1999 n. 5926; Cass. 14-6-1997 n. 5364; Cass. 11-8-1990 n. 8222).

3) Con il terzo motivo i ricorrenti lamentano in primo luogo la violazione degli artt. 2644, 2700 c.c., in relazione al riconoscimento incidentale della proprietà della stradella in capo al M.. Sostengono che dall’esame degli atti di provenienza non risulta che vi sia mai stato un diritto di comproprietà della stradella in capo ai danti causa del M., e che, pertanto, tale diritto non può essere riconosciuto in forza del titolo del 4-11- 1987 versato i atti, il quale fa riferimento ai diritti scaturenti dai titoli precedenti. Aggiungono che il predetto atto, ai sensi dell’art. 2644 c.c., non può essere opposto ai convenuti, avendo questi ultimi trascritto l’atto di acquisto delle particelle 374 e 69 anteriormente alla trascrizione dell’acquisto del terreno del M.. I ricorrenti, inoltre, denunciano la violazione degli artt. 102 e 354 c.p.c., deducendo che, essendo stata contestata la titolarità della stradella in questione, si rendeva necessaria la partecipazione al giudizio di tutti i comproprietari delle particelle sulle quali si snoda tale strada, e che, pertanto, la Corte di Appello avrebbe dovuto rimettere la causa al primo giudice.

L’ultima censura, che per ragioni di ordine logico va esaminata per prima, è priva di fondamento. Come è stato precisato dalla giurisprudenza, in tema di azioni a tutela delle distanze legali sono contraddittori necessari, dal lato passivo, tutti i comproprietari "pro indiviso" dell’immobile confinante, quando ne venga chiesta la demolizione o il ripristino, essendo altrimenti la sentenza "inutiliter data" (Cass. 15-3-2005 n. 5545; Cass. 17-4-2001 n. 5603).

Al contrario, nel caso in cui più soggetti siano interessati ad ottenere la demolizione dell’opera eseguita in violazione delle distanze, costoro possono agire individualmente, con la conseguenza che la sentenza emessa in favore anche di uno solo di essi è suscettibile di esecuzione e, perciò, utilmente data (Cass. 15-4- 2009 n. 8949; Cass. 7-3-1980 n. 2035).

Nella specie, pertanto, potendo l’attore agire individualmente per il rispetto delle distanze dal bene comune, non si rendeva necessaria l’integrazione del contraddicono nei confronti degli altri comproprietari della stradella. Non rilevano, in contrario, le contestazioni mosse dai convenuti circa l’effettiva esistenza del diritto di comproprietà vantato dall’attore, trattandosi di questione da risolversi incidenter tantum e, quindi, senza efficacia di giudicato.

Le ulteriori doglianze mosse con il motivo in esame sono inammissibili, non avendo alcuna attinenza con le effettive ragioni poste a base della decisione, secondo cui con l’atto del 31-5-1971 all’attore è stato trasferito il diritto di comproprietà della stradella privata già all’epoca esistente, sorto in virtù del fatto materiale del conferimento di porzioni di terreno di proprietà esclusiva da parte di ciascun frontista che aveva concorso alla sua realizzazione. Così statuendo, la Corte di merito ha tenuto conto di quella particolare situazione giuridica di comproprietà che viene a formarsi sull’intera strada, in virtù dei particolare fenomeno acquisitivo, non codificato, che la dottrina e la giurisprudenza denominano "collatio agrorum privatorum", in forza del quale le porzioni di suolo utilizzate per la realizzazione di una strada vicinale agraria non restano nella proprietà individuale di ciascuno dei conferenti, ma danno luogo alla formazione di una nuova entità economica e giuridica, oggetto di comunione e di godimento da parte di tutti in base a un comune diritto di proprietà (Cass. 31-5-2007 n. 12786; Cass. 8-1-1996 n. 58).

4) Con il quarto motivo, infine, il ricorrente denuncia la contraddittorietà della motivazione in ordine al mancato riconoscimento del diritto di proprietà dei convenuti sulla stradella per titolo (atto per notaio Pulvirenti del 7-10-1996) o per intervenuta usucapione. Aggiungono che, in forza degli artt. 922 e 939 c.c., la stradella per cui è causa è, in ogni caso, comune ai comproprietari delle aree sulle quali è stata costruita, ex collatione privatorum agrorum, non essendo costituita da un’autonoma particella catastale.

Anche tali censure sono inammissibili.

Nella sentenza impugnata la Corte di Appello ha rilevato che il titolo in possesso degli appellanti ha espressamente escluso il trasferimento della comproprietà della stradella, visto che la porzione del fondo acquistata confina "con vianella interpoderale " e non la ingloba; il che, secondo il giudice del gravame, trova logica spiegazione nel fatto che il fondo dei P. ha accesso diretto dalla pubblica via (la via (OMISSIS)). In ogni caso, la Corte territoriale ha evidenziato che l’eventuale comproprietà della stradella in capo ai convenuti non avrebbe dispensato questi ultimi dall’osservanza delle distanze dal confine; ed ha conseguentemente ritenuto irrilevanti le deduzioni svolte dagli appellanti riguardo al mancato riconoscimento del loro diritto di comproprietà su tale stradella.

I ricorrenti si non limitati a censurare, nel merito, le valutazioni espresse dal giudice di appello circa l’insussistenza del loro diritto di comproprietà sulla stradella in questione, ma nulla hanno obiettato riguardo alle ulteriori argomentazioni svolte in sentenza, di per sè idonee a sorreggere la decisione, riguardo all’obbligo di osservanza delle norme sulle distanze anche in caso di comproprietà del fondo limitrofo. Orbene, costituisce principio consolidato in giurisprudenza quello secondo cui, in tema di ricorso per cassazione, qualora la decisione impugnata si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome e singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, l’omessa impugnazione di tutte le rationes decidendi rende inammissibili, per difetto di interesse, le censure relative alle singole ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime, quand’anche fondate, non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre non impugnate, all’annullamento della decisione stessa (tra le tante v. Cass. 11-2-2011 n. 3386; Cass. 18-9- 2006 n. 20118; Cass. 27-1-2005 n. 1658; Cass. 12-4-2001 n. 5493).

5) Per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese sostenute dal resistente nel presente grado di giudizio, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese, che liquida in Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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