T.A.R. Campania Salerno Sez. I, Sent., 07-12-2011, n. 1938

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Premette il ricorrente, Maresciallo Capo dei Carabinieri, già Comandante della Stazione di Maiori, di aver prestato servizio in molti paesi del napoletano ad elevatissimo tasso di criminalità, conseguendo sempre la massima qualifica possibile, quella di eccellente, di aver ricevuto continui apprezzamenti da parte dei precedenti Comandanti della Compagnia di Amalfi e di aver meritato diverse decorazioni ed attestati di stima personale e professionale da parte dei superiori comandi, Autorità Giudiziarie ed Enti vari.

Espone altresì che, durante la permanenza a Maiori, si verificarono una serie di episodi che condussero alla definitiva frattura dei rapporti tra lo stesso ed il Comandante della Compagnia dei Carabinieri di Amalfi, cap. S.Z., ampiamente descritti nelle attestazioni rilasciate dai colleghi di lavoro del ricorrente.

In particolare, dalla dichiarazione di D.F.R., Maresciallo Capo dei carabinieri, in servizio presso la Stazione di Maiori dal 1994 al 2000, si evince che il cap. Z. "quotidianamente, attraverso la normale corrispondenza e numerosi interventi di riservate personali, non perdeva occasione per mortificare l’operato del M.llo G., vessandolo in continuazione, con scuse varie e pretestuose. Tale atteggiamento persecutorio determinò nel M.llo G. una perdita di tono e di stimoli, dovuta anche al fatto che molti colleghi presero ad allontanarlo per paura di incorrere in eventuali ripercussioni da parte dello Z.. Tale deplorevole comportamento era diventato di opinione pubblica, tanto che molti colleghi e cittadini mi chiedevano notizie in merito".

Nella dichiarazione di G.L.T., Appuntato Scelto dei Carabinieri, in servizio presso la Stazione di Maiori dal 1987, si riferisce invece l’episodio verificatosi verso la fine dell’estate del 1994, quando il ricorrente fu vittima del comportamento oltraggioso ed arrogante di tale sig. R., la cui famiglia gestiva l’albergo Villa Romana di Minori, presso il quale alloggiava la famiglia del cap. Z.: questi formulò quindi una proposta di punizione del dichiarante, denunciato per oltraggio ed altro, ma il m.llo G., volendolo difendere, rappresentò la questione al Comandante provinciale di Salerno, "cosa che determinò l’astio del cap. Z. nei confronti del m.llo G., infatti da quel giorno iniziò una vera e propria azione vessatoria nei confronti dello stesso attraverso continui controlli ed ispezioni non perdendo occasione per richiamarlo anche in presenza di dipendenti".

Un altro episodio riferito dal T. concerne l’interessamento del mar. G. per ottenere, con delega del giudice, l’autorizzazione per consentire all’amministrazione comunale l’attracco di piccoli traghetti al porto di Maiori, oggetto di sequestro: il cap. Z. colse l’occasione per richiamare e punire il mar.llo G., rappresentando anche la condotta del mar. G. come integrante un fatto-reato, ipotesi che fu tuttavia smentita dal provvedimento di archiviazione dell’A.G..

La dichiarazione del rag. A.C., Revisore dei Conti e C.T. del Tribunale, Assessore al Comune di Maiori, illustra invece i rapporti di proficua collaborazione tra il m.llo G. e l’amministrazione comunale, finché il primo dovette quasi litigare con il cap. Z. nel far presente allo stesso che gli stabilimenti balneari di Maiori erano in regola con tutte le autorizzazioni amministrative e demaniali: a seguito di ciò, il m.llo G. collaborò sempre meno con l’amministrazione comunale, onde evitare di scontrarsi con il superiore.

La dichiarazione di L.F., consigliere comunale del Comune di Maiori tra il 1993 ed il 1995, riferisce invece del cambiamento dei rapporti tra i Carabinieri ed il m.llo G. una volta che si diffuse la voce che avere rapporti con quest’ultimo poteva creare problemi a causa di note divergenze tra lo stesso ed il cap. Z.: da tale stato di cose derivò il progressivo isolamento del m.llo G..

Il medesimo dichiarante narra anche l’episodio in cui il m.llo G. fu sottoposto a procedimento disciplinare da parte del cap. Z. in relazione ad un sequestro che il m.llo G. non aveva condiviso.

La dichiarazione di S.D.P., Sindaco di Maiori negli anni 1993-1995, concerne la fattiva collaborazione tra il m.llo G. e l’amministrazione comunale.

A.D.B., Comandante della Polizia Municipale di Maiori, riferisce con la sua dichiarazione delle qualità professionali del m.llo G., sempre disponibile alla collaborazione con la Polizia Municipale.

G.D.P., commercialista con studio a Maiori, accenna nella sua dichiarazione all’esistenza di astio tra il m.llo G. ed il cap. Z., di notoria conoscenza e derivante dall’avversità del superiore verso il mar. G..

Il medesimo menziona inoltre i provvedimenti disciplinari adottati dal cap. Z. nei confronti del m.llo G., precisando che per effetto di essi, sebbene abbiano costituito tutti oggetto di revoca da parte dell’A.G., la pubblica immagine e la qualità di vita sociale del m.llo G. sono risultate lese, tanto che i colleghi del suddetto avevano paura di avere contatti, se non professionali, con lui per il timore di ripercussioni, con il conseguente isolamento sociale del m.llo G..

Espone quindi il ricorrente che, nel mese di gennaio 1996, venne trasferito presso il Nucleo Operativo Compagnia Carabinieri di Mondragone, ove attualmente presta servizio, e che il trasferimento fu motivato con il fatto che egli non era più in possesso della qualifica minima richiesta per l’attribuzione del ruolo di Comandante, ovvero quella di "superiore alla media".

Il ricorrente afferma l’illegittimità del provvedimento, in quanto contrastante con le precedenti ordinanze del T.A.R. (nn. 1118 e 1119 del 23.8.1993), con le quali era stata sospesa l’esecuzione dei provvedimenti sanzionatori, i giudizi valutativi e le note caratteristiche relative al periodo in questione.

Il ricorrente precisa poi che il suo calvario giudiziario è iniziato nel 1994, allorché egli intervenne presso il cantiere del m.llo V.F., procedendo lo stesso giorno della segnalazione al sequestro delle opere e trasmettendo alla Procura della Repubblica il verbale, che venne convalidato.

Successivamente, in riscontro alla richiesta del cap. Z., che gli trasmise un esposto relativo all’abuso "con preghiera di svolgere i dovuti accertamenti", il m.llo G. fece presente di aver già operato circa un mese prima.

Quindi, dopo tre mesi dall’accaduto, il cap. Z. chiese al m.llo G. di "fornire le giustificazioni in ordine alle irregolarità riscontrate dallo scrivente nella trattazione della pratica", consistenti "nell’aver redatto superficialmente il verbale di sopralluogo e nell’aver inoltrato l’informativa di reato alla Procura Pretura anziché alla Procura Tribunale, trattandosi di indagato rivestente qualifica di pubblico ufficiale ed ad enti non competenti a riceverla ai sensi del n. 118 delle istruzioni del carteggio Arma Carabinieri": riscontrata tale nota da parte del m.llo G., vennero quindi attivati procedimenti disciplinari perché "svolgeva con ritardo e superficialità indagini di P.G. in materia edilizia ed inoltrava gli atti ad enti non autorizzati a riceverli ed ad autorità giudiziaria non competente per materia. La vicenda procurava disservizio".

In un’altra occasione, il cap. Z. inoltrava una nota in data 27.2.1996 con la quale chiedeva di "fornire notizie in merito al sopralluogo effettuato da codesto Comando nel cantiere edile del bar-ristorante "Capo d’Orso" allegando documentazione afferente": il m.llo G. comunicava che "questo personale non ha effettuato alcun sopralluogo al cantiere edile del bar-ristorante "Capo d’Orso" per cui non ha documentazione da trasmettere" e si attivava per acquisire ulteriori informazioni presso il Comune di Maiori circa la pratica edilizia in argomento.

Nelle more tuttavia, dopo solo due giorni dalla predetta nota, il Nucleo Operativo della Compagnia di Amalfi procedette al sopralluogo ed al sequestro dell’immobile, mentre al mar.llo G. veniva inflitta un’altra sanzione di sette giorni di consegna perché "sebbene sensibilizzato dall’Ufficiale diretto, dimostrava carente prontezza nell’esecuzione di un ordine concernente attività di p.g. per abusivismo edilizio, provocando sfavorevoli commenti. In sede di contestazione assumeva atteggiamento polemico".

Sottolineando che tutti i fatti descritti sono documentati nella sentenza di questo Tribunale n. 1416/2001, il ricorrente deduce che, con il proprio operato, il cap. Z. stava precostituendo le basi per procedere all’abbassamento delle note caratteristiche del ricorrente, sia nel giudizio finale sia nelle singole aggettivazioni: infatti, ai suddetti rilievi fece effettivamente seguito il repentino abbassamento dei giudizi valutativi e delle note caratteristiche relativi al periodo in questione, oggetto tuttavia delle statuizioni caducatorie contenute nella sentenza citata..

Il ricorrente evidenzia inoltre l’infondatezza delle contestazioni disciplinari mosse dal superiore, in quanto nel primo caso manca il ritardo, nel secondo l’ordine che egli non avrebbe puntualmente osservato.

A dimostrazione della strategia vessatoria e persecutoria posta in essere nei suoi confronti dal cap. Z., il ricorrente riferisce del suo coinvolgimento in un’altra spiacevole vicenda, che ha finanche determinato l’instaurazione di un procedimento penale a suo carico per il reato di cui all’art. 234, comma 2, e 147 comma 2 c.p.m.p. (tentativo di truffa militare pluriaggravata), perché accusato, "in occasione delle cure termali di cui era beneficiario, di aver presentato una falsa ricevuta fiscale attestante l’avvenuto pagamento per un soggiorno, in realtà non avvenuto, presso l’Hotel Villa Cimmino, in Castellammare di Stabia, dal 18 ottobre al 29 ottobre 1996".

Ebbene, espone il ricorrente che, benché il Tribunale Militare di Napoli, con sentenza n. 180 del 29.3.2000, lo assolse per insussistenza del fatto, gli veniva notificato in data 17.9.2003 l’avvenuto avanzamento al grado superiore M.A.s.U.P.S. con decorrenza dal 30.12.2000: l’amministrazione quindi, invece di provvedere alla rettifica della scheda valutativa n. 31 (quella cioè relativa al periodo 31.6.1994-10.6.1995) e del successivo rapporto informativo (relativo al periodo 11.6.1995-31.8.1995), come sarebbe stato necessario ai fini della sua promozione al grado di Maresciallo Aiutante Sostituto Ufficiale di P.S. con aliquota del 31.12.1997, ha fatto illegittimamente decorrere tale promozione dal 30.12.2000, disattendendo quanto statuito dal T.A.R..

Il ricorrente allega di aver invitato l’amministrazione, con diffida del 15.4.2004, a provvedere alla ricostruzione giuridico-economica della sua carriera professionale, e che in risposta il Ministero della Difesa, con nota del 17.6.2004, rilevava che la Commissione di avanzamento aveva tenuto conto della scheda valutativa n. 31 e del rapporto informativo n. 32, ricompilati in esecuzione della sentenza n. 1416/2001 del T.A.R. per la Campania, mentre non aveva considerato le sanzioni disciplinari comminate in data 1.4.1995 e 21 aprile, annullate in ottemperanza alla medesima sentenza: tale affermazione tuttavia, evidenzia il ricorrente, non è veritiera, posto che la promozione è stata disposta con aliquota del 30.12.2000, risultando così dimostrato che l’amministrazione non ha ottemperato alla predetta sentenza del T.A.R..

Aggiunge il ricorrente di aver quindi chiesto delucidazioni al Ministero con istanza del 20.4.1995, e che il Ministero, pur riconoscendo di aver commesso un mero errore materiale, ha precisato che il giudizio di non idoneità riferito all’aliquota del 1997 prescindeva dalla considerazione delle due sanzioni disciplinari e discendeva invece da un riesame della posizione dell’Ispettore sulla scorta della documentazione esistente agli atti: deduce il ricorrente che la sentenza avrebbe invece dovuto avere quale diretta conseguenza il ripristino dello status quo ante, ovvero la immediata promozione del ricorrente con decorrenza dal 1997 e non dal 2000.

Espone infatti il ricorrente che le valutazioni di cui ai verbali n. 216-217-218 del 10.6.2003 sono state rettificate, ma le nuove valutazioni del 26.2.2004 apportano modifiche insignificanti, lasciando di fatto immutata la sua situazione giuridico-economica.

Allega ancora il ricorrente che sintomatico della volontà omissiva dell’amministrazione è il fatto che essa ha notificato al ricorrente la promozione solo il 2.5.2004, ovvero dopo circa tre anni e mezzo dalla data della sua decorrenza, determinando così una situazione di imbarazzo per il ricorrente, che si è visto superare da colleghi subordinati divenuti tutti suoi superiori.

Altro episodio di abuso lamentato dal ricorrente è quello accaduto in occasione del concorso per l’assegnazione dell’alloggio di servizio, al quale egli ha partecipato con istanza del 23.1.1996: all’esito egli si è visto attribuire l’assurdo punteggio di "meno uno", perché l’amministrazione non ha dato esecuzione alle citate ordinanze nn. 1118 e 1119, comunicandogli in data 19.6.1996 che non era possibile assegnargli l’alloggio di servizio.

Espone il ricorrente di aver inoltrato, in data 27.4.1996, una nuova istanza chiedendo di essere autorizzato ad occupare temporaneamente l’alloggio spettante al Comandante del N.O.R.M., di cui egli era il naturale sostituto, e che l’amministrazione, con nota del 7.8.1998, affermò che l’alloggio in questione poteva essere occupato esclusivamente dall’avente diritto.

Evidenzia altresì il ricorrente di aver chiesto, con istanza del 13.9.1996, di conoscere i motivi della mancata assegnazione e che in data 17.10.1997 gli è stato notificato un documento contenente i criteri da adottare nell’assegnazione degli alloggi, senza nulla dire circa i motivi della mancata assegnazione a suo favore dell’alloggio di servizio (benché sulla base di quei criteri egli avrebbe avuto diritto all’assegnazione).

Avendo quindi richiesto il ricorrente, con istanza dell’8.11.1996, di fornire adeguate risposte circa la richieste precedentemente avanzate, in data 12.12.1996 gli venne comunicato che l’istanza doveva considerarsi accolta limitatamente al punteggio totale riportato da ciascun concorrente, non potendo l’amministrazione fornire notizie circa le singole attribuzioni, ostandovi il comma 5 della tabella 3 allegata al D.M.D. n. 519 del 14.6.1995.

Evidenzia ancora il ricorrente che, dopo la richiesta-diffida di riesame della graduatoria del 6.2.1998, in data 5.3.1998 gli fu comunicato che il punteggio era quello di 1: lamenta il ricorrente che nel calcolo del punteggio sono state nuovamente disattese le predette ordinanze cautelari del T.A.R..

Egli quindi, con istanza del 12.2.1999, chiese nuovamente di conoscere le ragioni del punteggio precedente e di quello attuale, ma alla stessa non è mai stata data risposta, tanto che ha dovuto presentare una denuncia alla Procura della Repubblica di S. Maria Capua Vetere.

Altro atto di mala fede di cui il ricorrente si dichiara vittima è quello relativo alla nota del 12.1.1998, con la quale il Capo di Stato Maggiore del Comando Regione Carabinieri Campania affermava che "la tardiva esecuzione delle ordinanze in questione non ha influito sugli sviluppi di carriera dello stesso in quanto:

– l’esclusione dal concorso per l’avanzamento è stata determinata dalle note caratteristiche inferiori a "nella media" e comunque il Ministero in data 18.4.1997 ha disposto la sua ammissione al prossimo concorso con anzianità riferita al 1995;

– in relazione alla graduatoria per l’assegnazione dell’alloggio di servizio, anche se non si fosse tenuto conto delle due punizioni, avrebbe avuto ugualmente un punteggio minore rispetto ai contendenti;

– non gli è stato attribuito l’assegno funzionale previsto dall’art. 1, comma 9, della L. 14 novembre 1987, n. 468 per non avere, nell’ultimo triennio, prestato servizio senza demerito, atteso che per il periodo 11 giugno – 31 agosto 1995 ha riportato un giudizio caratteristico inferiore a "nella media".

In questo modo, lamenta il ricorrente, viene ammessa la tardiva esecuzione delle ordinanze del T.A.R., laddove è falso sostenere che egli non è stato danneggiato dalla ritardata esecuzione delle stesse, con particolare riguardo all’alloggio di servizio.

La consapevolezza dell’abuso commesso, sottolinea il ricorrente, trova conferma nella nota del 28.10.1997, con la quale il Capo di Stato Maggiore ha comunicato agli altri competenti uffici di sospendere gli effetti delle sanzioni disciplinari in ossequio a quanto statuito dal T.A.R., ciò che dimostra che, al momento di esaminare la predetta domanda di assegnazione di alloggio, di tali sanzioni si è tenuto conto.

Aggiunge il ricorrente che nella citata nota si afferma che il suo mancato avanzamento è derivato dalle note caratteristiche inferiori a "nella media", laddove era ben nota all’amministrazione l’ordinanza n. 33 del 18.1.1997, con la quale era stata accolta la domanda di sospensione del provvedimento di esclusione.

Una conferma dell’animus nocendi dell’amministrazione viene poi ritrovata dal ricorrente a pag. 2 della nota suindicata, laddove si fa riferimento all’assegno funzionale, che non gli è stato riconosciuto perché l’amministrazione non ha ottemperato all’ordinanza del T.A.R..

Assume il ricorrente che alla base dell’ostilità palesata dall’amministrazione nei suoi confronti è la sua volontà di non cedere di fronte agli abusi perpetrati, come dimostra il procedimento penale per rifiuto d’obbedienza aggravato a suo carico.

A tale proposito, riferisce il ricorrente che in data 17.3.1998, chiamato a sottoscrivere la propria scheda di nulla osta di segretezza per cessato incarico, si avvide che negli ultimi due semestri (1995) del prescritto periodo di corso era stata apposta una sua firma apocrifa.

Egli denunciò quindi l’accaduto al Comandante che fece rapporto alla Procura Militare di Napoli, la quale incardinò un procedimento a suo carico: il procedimento venne tuttavia archiviato e il fascicolo trasmesso al Tribunale di S. Maria Capua Vetere dove, il 3.12.2001, il G.U.P. rinviò a giudizio il Comandante della Compagnia dei Carabinieri di Amalfi, cap. S.Z., perché aveva falsificato la firma apposta in corrispondenza del decimo semestre della scheda di istruzione sulla sicurezza intestata a G.S., così attestando l’avvenuta formazione individuale del militare (in data 22.11.2006 l’ufficiale venne poi assolto per insufficienza di prove).

Espone l’attore che in un’altra circostanza il cap. Z., nella redazione delle sue note caratteristiche, alla voce "riservatezza" scrisse "riservato nell’essenziale", che è l’aggettivazione più bassa per tutti i militari non titolari di N.O.S., mentre egli è titolare del NOS di massimo livello con in aggiunta la speciale abilitazione COSMIC (lo stesso Z., del resto, scrisse sulla scheda di istruzione semestrale del Nulla Osta di Segretezza di aver istruito il ricorrente per il massimo livello).

Altri episodi di abusi di cui si è reso autore il cap. Z. sono documentati, aggiunge il ricorrente, dai quotidiani locali: il Mattino del 10.6.1998, ad esempio, evidenziò che il suddetto era stato rinviato a giudizio per rispondere dei reati di arresto illegale, peculato ed abuso d’ufficio.

Espone quindi il ricorrente che le vessazioni subite hanno dato luogo ad una patologia depressiva dalla quale egli è affetto e della cui gravità ed eziologia si è reso conto quando, nel 2004, è stato tradotto a braccia presso l’ASL di Napoli ed il dott. Cirillo, specialista in Medicina Legale e delle Assicurazioni, diagnosticò la cronicizzazione della particolare patologia "disturbo dell’adattamento cronico, con ansia ed umore depresso".

I primi disturbi risalgono tuttavia, evidenzia il ricorrente, al 7 marzo 1995, quando durante il servizio fu colto da "manifestazioni d’ansia".

In data 26.3.1997, inoltre, la A.S.L. di Napoli riscontrò nei suoi confronti "stato ansioso del tipo reattivo su fondo depressivo".

A dimostrazione della patologia, inoltre, il ricorrente produce plurimi certificati ed evidenzia che la stessa C.M.O. di Caserta, in data 24.2.1999, riconobbe le patologie suindicate come dipendenti da causa di servizio.

Conclude il ricorrente allegando la sussistenza degli elementi costitutivi della fattispecie del mobbing, con la connessa responsabilità contrattuale ed extracontrattuale dell’amministrazione convenuta, conseguente alla violazione del dovere di cui all’art. 2087 c.c., con i relativi riflessi pregiudizievoli sul piano della professionalità del ricorrente nonché a carico della sua sfera di interessi patrimoniali e non patrimoniali.

La difesa erariale si oppone all’accoglimento del ricorso, eccependo altresì la prescrizione della pretesa azionata.

All’udienza del 17.11.2011, quindi, il ricorso medesimo (già dichiarato inammissibile dal Tribunale con sentenza n. 11824 del 18.10.2010, annullata dal giudice di appello con sentenza n. 2988/2011), dopo la discussione delle parti, è stato trattenuto in decisione.

Motivi della decisione

Viene richiesto, con il ricorso in esame, il risarcimento dei danni, patrimoniali e non, conseguenti alla condotta vessatoria asseritamente posta in essere ai danni del ricorrente, Maresciallo dell’Arma dei Carabinieri, dall’amministrazione di appartenenza ed, in particolare, dal suo diretto superiore all’epoca in cui il ricorrente era titolare del comando della Stazione dei Carabinieri di Amalfi, cap. S.Z., Comandante della Compagnia dei Carabinieri di Amalfi.

L’azione vessatoria, deduce il ricorrente, si è estrinsecata sia mediante l’adozione di provvedimenti illegittimi (l’irrogazione di sanzioni disciplinari ai suoi danni, il suo trasferimento ad altra sede, il ritardo con il quale è stata disposta la decorrenza della sua promozione al grado superiore di Maresciallo Aiutante sostituto Ufficiale di P.S. e la mancata assegnazione dell’alloggio di servizio), sia mediante comportamenti arbitrari e mortificanti posti in essere, in particolare, dal citato cap. S.Z..

A dimostrazione dell’illecito, il ricorrente, oltre ad allegare le dichiarazioni di persone informate e la copiosa documentazione versata in giudizio, menziona principalmente la sentenza di questo Tribunale n. 1416/2001, con la quale è stata accertata l’illegittimità delle sanzioni inflittegli sulla scorta dei rilievi disciplinari del cap. Z., del giudizio complessivo e qualifica attribuiti al ricorrente relativamente al periodo 11.6.1994 – 10.6.1995, del rapporto informativo, della scheda valutativa e del foglio comunicazione relativi al periodo 11.5.1994 – 31.8.1995, del rapporto informativo relativo al periodo 11.6.1995 – 31.8.1995 e del Provv. del 13 settembre 1996, con il quale il ricorrente è stato escluso dall’avanzamento a scelta al grado di M.A.s.U.P.S..

Tanto premesso, ritiene in primo luogo il Tribunale di dover circoscrivere l’ambito oggettivo della dedotta azione vessatoria, anche al fine di precisarne gli esatti limiti temporali, quale presupposto per verificare la fondatezza dell’eccezione di prescrizione della azionata pretesa risarcitoria formulata dall’amministrazione resistente.

Preliminare, a tal fine, è la definizione della fattispecie di mobbing ricavabile dall’esame della giurisprudenza che si è occupata dell’argomento: sulla base di essa per mobbing "si intende comunemente una condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico, sistematica e protratta nel tempo, tenuta nei confronti del lavoratore nell’ambiente di lavoro, che si risolve in sistematici e reiterati comportamenti ostili che finiscono per assumere forme di prevaricazione o di persecuzione psicologica, da cui può conseguire la mortificazione morale e l’emarginazione del dipendente, con effetto lesivo del suo equilibrio fisiopsichico e del complesso della sua personalità. Ai fini della configurabilità della condotta lesiva del datore di lavoro sono, pertanto, rilevanti: a) la molteplicità di comportamenti di carattere persecutorio, illeciti o anche leciti se considerati singolarmente, che siano stati posti in essere in modo miratamente sistematico e prolungato contro il dipendente con intento vessatorio; b) l’evento lesivo della salute o della personalità del dipendente; e) il nesso eziologico tra la condotta del datore o del superiore gerarchico e il pregiudizio all’integrità psicofisica del lavoratore; d) la prova dell’elemento soggettivo, cioè dell’intento persecutorio" (cfr. Cassazione civile, Sez. Lav., 31 maggio 2011, n. 12048).

Ebbene, ritiene il Tribunale di dover escludere la riconducibilità alla predetta fattispecie (la cui specifica allegazione e prova, nei relativi elementi costitutivi, non possono che fare carico alla parte ricorrente) degli atti con i quali è stata determinato il dies a quo (2000 e non, come reclamato, 1997) della promozione del ricorrente al menzionato grado superiore.

Invero, con sentenza n. 360 del 5.4.2006 (sottaciuta dal ricorrente ma prodotta in giudizio dalla difesa erariale), questo Tribunale si è pronunciato (dichiarandolo inammissibile) sul ricorso proposto dal ricorrente per l’esecuzione della sentenza n. 1416/2001, con la quale – come si è detto – erano stati accolti i ricorsi promossi avverso:

– il Provv. n. 651/7 del 30 giugno 1995 del Comandante provinciale dei Carabinieri di Salerno con il quale, su ricorso gerarchico proposto dal G., era stata disposta la riforma e non l’annullamento del provvedimento (recante la sanzione di sette giorni di consegna) n. 151/8 del 21.4.1995 del Comandante della Compagnia Carabinieri di Amalfi;

– il Provv. n. 551/10 del 28 giugno 1995 del Comandante provinciale dei Carabinieri di Salerno, con il quale era stato respinto il ricorso gerarchico prodotto avverso il provvedimento (recante la sanzione di sette giorni di consegna) n. 14472 del 1.4.1995 del Comandante della Compagnia Carabinieri di Amalfi;

– il giudizio complessivo e qualifica attribuiti dal Comandante Provinciale di Salerno – Regione Carabinieri Campania e dal Comandante della Compagnia Carabinieri di Amalfi, relativo al periodo dall’11.6.1994 al 10.6.1995, il rapporto informativo, la scheda valutativa ed il foglio di comunicazione relative al periodo 11.6.1995 – 31.8.1995;

– il Provv. del 13 settembre 1996, con il quale il Ministero della Difesa aveva escluso il ricorrente dall’avanzamento a scelta per esami al grado di Maresciallo Aiutante Sostituto Ufficiale di P.S..

Ebbene, il ricorrente, nell’adire il giudice dell’ottemperanza, lamentava che l’Amministrazione soccombente, invece di provvedere alla rettifica della scheda valutativa n. 31 (periodo dal 31.6.1995 al 10.6.1995) e del successivo rapporto informativo (periodo dall’11.6.1995 al 31.8.1995) ai fini della sua agognata promozione al grado di Maresciallo Aiutante Sostituto Ufficiale di P.S. con aliquota del 31.12.1997, aveva fatto decorrere tale promozione soltanto dal 31 dicembre 2000.

In proposito, ha rilevato questo Tribunale con la sentenza suindicata (n. 360/2006) che l’Amministrazione ha provveduto, in esecuzione della sentenza n. 1416/2001, come risulta dal foglio n. DGPM/V/17^/527/SC/CC-110-G del 27 giugno 2003, a ricompilare i documenti caratteristici annullati ed a stralciare le sanzioni disciplinari parimenti annullate, pur confermando il giudizio di non idoneità del ricorrente al 31.12.1997: ciò in esecuzione dell’obbligo conformativo, sancito con la sentenza n. 1416/2001, "di ripetere i procedimenti per giungere alla rinnovazione degli atti impugnati (attribuzione del giudizio complessivo e qualifica relativamente al periodo 11.6.1994 – 10.6.1995; rapporto informativo e scheda valutativa relativamente al periodo 11.5.1994 – 31.8.1995; rapporto informativo relativo al periodo 11.6.1995 – 31.8.1995; ammissione del ricorrente, ora per allora, alla procedura concorsuale indetta con Decreto del Direttore Generale del Ministero Difesa del 16.7.1996)".

Ha altresì evidenziato questo Tribunale, con la medesima sentenza n. 360/2006, che "dagli atti di causa risulta, come detto, che detti adempimenti l’Amministrazione abbia assolto attraverso la rinnovata valutazione dell’interessato, con riferimento all’aliquota di avanzamento del 31 dicembre 1997 e successive, previa ricompilazione della scheda valutativa e del rapporto informativo relativi al periodo su indicato e senza considerare le sanzioni disciplinari del 1 aprile 1995 e del 21 aprile 1995 annullate. Difatti, il deteriore giudizio riservato al G. per l’aliquota 31 dicembre 1997 – 1^ valutazione si deve a circostanza diverse da quelle oggetto del precedente giudizio, siccome connesse alla allegata sentenza n. 255/99 di condanna penale per il reato di truffa militare pluriaggravata emessa dal Tribunale Militare di Napoli in data 12 luglio 2001 e a due ulteriori sanzioni disciplinari di corpo, quali un rimprovero e due giorni di consegna (per fatti commessi rispettivamente il 10.6.92 e il 1.4.94), come da foglio matricolare pure versato in atti. Tale nuova determinazione, adottata nell’esercizio delle attribuzioni proprie dell’Ente, alle quali lo stesso Tribunale, nella sentenza in oggetto, ha fatto espresso rinvio, rappresenta ad un tempo corretta esecuzione della pronuncia stessa e quid novi provvedimentale coperto dall’onere di impugnativa da parte dell’interessato": da tali rilievi (e dagli altri desumibili dalla sentenza n. 360/2006) è quindi derivata la declaratoria di inammissibilità del predetto ricorso per l’ottemperanza (della sentenza n. 1416/2001).

Ebbene, non risulta che il ricorrente (il quale non ha promosso impugnazione avverso la citata sentenza n. 360/2006) abbia formulato specifiche deduzioni volte a contestare, per i presenti fini risarcitori, i rilievi contenuti nella sentenza citata: ciò con particolare riguardo ai presupposti giustificativi, in essa puntualmente indicati, della sua promozione al grado superiore con decorrenza dal 31.12.2000 (e non dall’anno 1997, come da lui preteso).

Il ricorrente si limita infatti ad affermare il carattere doveroso della sua promozione con aliquota del 31.12.1997, considerandolo (erroneamente) un effetto diretto della sentenza n. 1416/2001, omettendo di censurare i contenuti (e gli esiti pregiudizievoli) dell’attività rinnovatoria posta in essere dall’Amministrazione in esecuzione della sentenza suindicata.

Tanto è sufficiente per escludere che, come dedotto dal ricorrente, la fissazione del dies a quo della sua promozione al grado superiore sia attribuibile alla ostinata e precostituita volontà dell’Amministrazione, rivelatrice della sua condotta prevaricatrice e vessatoria, di attribuire rilevanza, al fine di precludere la decorrenza della promozione dall’anno 1997, ad eventi disciplinari, ed ai conseguenti giudizi caratteristici negativi, ormai annullati per effetto della sentenza n. 1416/2001.

Inoltre, quanto alle azioni disciplinari promosse dal cap. Z. nei confronti del ricorrente ed i cui effetti sanzionatori sono stati vanificati dalla predetta sentenza, non ritiene questo Tribunale che le stesse assumano i connotati – di vessatorietà oggettiva e soggettiva, come delineati dalla giurisprudenza citata – necessari al fine di concorrere alla composizione della fattispecie di mobbing evocata dalla parte ricorrente (ed alla stessa conclusione non può che pervenirsi con riguardo alle decisioni di rigetto dei ricorsi gerarchici proposti dal ricorrente avverso i relativi provvedimenti sanzionatori).

Invero, nessuna specifica deduzione viene articolata dal ricorrente al fine di dimostrare il carattere arbitrario ed intenzionalmente emulativo – e non solo semplicemente illegittimo – dei suddetti provvedimenti sanzionatori, limitandosi lo stesso ad allegare in ricorso l’insussistenza dei presupposti oggettivi degli addebiti disciplinari indirizzatigli.

Del resto, ove i fatti posti a fondamento delle inflitte sanzioni fossero risultati palesemente e radicalmente privi di consistenza sul piano disciplinare, sì da disvelare il carattere ingiustamente punitivo e vessatorio delle stesse, questo Tribunale, con la menzionata sentenza, non avrebbe imposto all’Amministrazione (cfr. pag. 20 della sentenza medesima) di "rinnovare la valutazione dei fatti comportamentali che da soli, sulla scorta dei precedenti di carriera del soggetto coinvolto, non sono sufficienti a giustificare la gravità della sanzione".

La conclusione esposta trova conferma nell’esame dei fatti posti a fondamento della sanzione inflitta al ricorrente dal Comandante della Compagnia dei Carabinieri di Amalfi con Provv. del 1 aprile 1995.

Deve premettersi che essa si fonda sulla "carente prontezza nell’esecuzione di un ordine concernente attività di P.G. per abusivismo edilizio", avendo il ricorrente – secondo l’impostazione accusatoria posta a base della sanzione irrogata – omesso di provvedere alla celere effettuazione di sopralluogo presso un immobile ubicato in località paesaggisticamente protetta (promontorio di Capo d’Orso, Costiera Amalfitana), in quanto, dopo aver ricevuto dal Comandante di Compagnia la nota del 27.2.1995, con la quale questo richiedeva al ricorrente, quale Comandante della Stazione di Amalfi, di "fornire notizie in merito al sopralluogo effettuato da codesto Comando nel cantiere edile del bar ristorante Capo d’Orso, allegando documentazione afferente. Risposta a vista", rispondeva evidenziando, con missiva del 28.2.1995, che "questo personale non ha effettuato alcun sopralluogo al cantiere edile del bar-ristorante Capo d’Orso, per cui non ha documentazione da trasmettere. Salvi diverso avviso, si procederà appena possibile ad un controllo nel senso per verificare la legittimità dei lavori eseguiti": dopo di ciò, il personale della Compagnia di Amalfi, ricevuta in data 2.3.1995 una denuncia scritta con la quale si rappresentava lo scempio paesaggistico in corso e si stigmatizzava l’inerzia delle forze dell’ordine, procedeva il successivo 3.3 ad un sopralluogo che sfociava nell’adozione del sequestro preventivo dell’immobile interessato.

La ragione posta a fondamento della sentenza di annullamento (per eccesso di potere) del provvedimento sanzionatorio suindicato attiene alla necessità, correttamente ravvisata dal Comandante di Stazione (e desumibile anche dalla citata nota del Comandante di Compagnia) e giustificativa del contestato ritardo nell’effettuazione del sopralluogo, di far precedere quest’ultimo dall’acquisizione della pertinente documentazione, essendo già avvenuto l’intervento in loco dei Vigili del Fuoco, il parere di conformità dei lavori alla D.I.A. ed un’ordinanza sindacale contingibile ed urgente.

Ebbene, non può non rilevarsi che la ricostruzione operata dal Tribunale con la sentenza n. 1416/2001 non consente di affermare la vessatorietà della sanzione disciplinare irrogata dal cap. Z., non potendo affermarsi – nemmeno alla luce delle ragioni di annullamento del provvedimento disciplinare – l’arbitrarietà in radice (ma, semmai, la sola infondatezza) della interpretazione della nota del predetto del 27.2.1995 come finalizzata a conseguire (non una mera acquisizione documentale in ordine ai lavori edilizi in corso, ma) l’accertamento diretto dei fatti mediante un sollecito sopralluogo, la cui omissione ha appunto determinato la contestazione disciplinare nei confronti del mar. G..

L’assenza, nelle contestazioni disciplinari mosse nei confronti di quest’ultimo, di profili di evidente vessatorietà (e comunque, come si è detto, la mancata allegazione da parte del ricorrente di univoci elementi dimostrativi della stessa) induce conseguentemente ad escludere, sotto un ulteriore profilo, la riconducibilità ad un disegno persecutorio ideato ai danni del ricorrente della sua esclusione dalla procedura concorsuale per l’avanzamento a scelta al grado di Maresciallo Aiutante s. U.P.S. indetta con decreto del Direttore Generale del Ministero della Difesa del 16.7.1996 (esclusione derivata dalla attribuzione al ricorrente, in sede di valutazione caratteristica riferita all’ultimo triennio, della qualifica inferiore a "nella media", a sua volta riconducibile alle sanzioni disciplinari irrogate a carico del predetto).

Alla stessa conclusione deve poi pervenirsi in relazione al trasferimento del ricorrente presso la Compagnia dei Carabinieri di Mondragone (anch’esso discendente dalla suddetta valutazione caratteristica) ed alla mancata assegnazione allo stesso del reclamato alloggio di servizio: a tale ultimo riguardo, deve rilevarsi che il ricorrente si limita a lamentare il mancato accoglimento della sua domanda di assegnazione, senza assolvere (né mediante la proposizione di una iniziativa impugnatoria ad hoc, né comunque mediante specifiche allegazioni assertive e probatorie) all’onere di confutare il nesso di derivazione causale che collega il mancato riconoscimento del predetto beneficio alla valutazione caratteristica sfavorevole (perché inferiore, si ripete, alla media) formulata dall’amministrazione intimata in sede di esercizio del potere rinnovatorio riconosciutole dalla stessa sentenza n. 1416/2001 (come evidenziato da questo Tribunale con la sentenza n. 360/2006).

I rilievi svolti, oltre ad impedire la configurazione della unitaria fattispecie di mobbing ipotizzata dal ricorrente, ostano alla individuazione di fattispecie risarcitorie autonome, incentrate sui singoli episodi di illegittimità lamentati in ricorso: ciò non solo perché estranee al thema decidendum così come delineato dalla parte ricorrente, ma anche perché fa difetto la dimostrazione dell’elemento cardine, ex art. 2043 c.c., della ingiustizia del danno, non avendo il ricorrente comprovato (in primis, mediante la contestazione dell’attività rinnovatoria dell’Amministrazione) la spettanza dei vantaggi giuridici ed economici negatigli (ovvero: la decorrenza della sua promozione dal 31.12.1997, l’assegnazione a suo favore dell’alloggio di servizio, la conservazione da parte sua del Comando della Stazione dei Carabinieri di Amalfi).

Residua, quale ipotetica componente fattuale dell’azione vessatoria lamentata dal ricorrente, quella tradottasi in comportamenti (più che in atti amministrativi strettamente intesi) posti in essere dal cap. S.Z. ed intesi a screditare il ricorrente nelle sue funzioni di Comandante della Stazione dei Carabinieri di Amalfi.

A tale riguardo, a prescindere da ogni considerazione concernente l’attendibilità dimostrativa delle fonti di prova allegate al ricorso (le dichiarazioni sottoscritte da persone asseritamente informate sui fatti), non può non rilevarsi la fondatezza dell’eccezione di prescrizione formulata dalla difesa erariale con la memoria dell’8.2.2010: ciò quale che sia l’inquadramento (contrattuale, con il connesso termine di prescrizione decennale, o extracontrattuale, con la relativa soggezione della pretesa risarcitoria al termine di prescrizione quinquennale) dell’azione di responsabilità esperita dal ricorrente.

Invero, premesso che, come si evince dalle suddette dichiarazioni, i fatti lamentati si collocano temporalmente a cavallo degli anni 1994 -1995 (essendo il ricorrente stato trasferito a Mondragone nel gennaio 1996, con la conseguente cessazione del suo rapporto gerarchico con il cap. Z.), non può non rilevarsi che, alla data (17.12.2007) della proposizione, con il ricorso in esame, dell’azione risarcitoria, il relativo diritto doveva considerarsi ormai estinto per prescrizione.

Né potrebbe sostenersi che il dies a quo del termine prescrizionale debba farsi coincidere con il passaggio in giudicato della sentenza (n. 1416/2001) che ha statuito l’annullamento degli atti inflittivi al ricorrente delle citate sanzioni disciplinari, della valutazione caratteristica e della sua mancata ammissione al procedimento di promozione al grado superiore: nella fattispecie in esame invero, come dianzi delimitata, la condotta all’origine del danno non assume connotati provvedimentali, ma si fonda su comportamenti, dichiarativi e non, dell’agente dell’amministrazione collocato in posizione di sovraordinazione funzionale nei confronti del danneggiato.

Deve altresì escludersi che lo spostamento in avanti del dies a quo del termine di prescrizione potrebbe fondarsi, come assume il ricorrente, sulla percezione, acquisita da parte sua solo nel mese di dicembre 2004, della gravità delle patologie derivate dalla condotta vessatoria lamentata e del nesso causale esistente tra quest’ultima e le prime: invero, risulta dalla documentazione prodotta in giudizio dallo stesso ricorrente che tali elementi erano stati da lui conosciuti già in data 24.2.1999, allorché la C.M. dell’Ospedale Militare di Caserta affermava la sussistenza delle patologie depressive lamentate e la loro connessione con il servizio prestato.

Quanto poi alle deduzioni attoree contenute nella memoria del 28.1.2010, secondo cui l’Amministrazione intimata avrebbe inserito informazioni erronee nel suo fascicolo personale, indicandolo come imputato nel proc. R.G. n. 1904/1995, provvedendo alla rettifica solo a seguito dell’istanza da lui formulata in data 8.7.2009, non avendo egli mai rivestito la qualità di imputato, e confermando solo con comunicazione del 2.11.2009 le correzioni apportate sul foglio matricolare della scheda SIP, con i connessi pregiudizi che il mancato aggiornamento del fascicolo personale del ricorrente avrebbe arrecato alla sua progressione di carriera, deve rilevarsi che non è dato comprenderne la rilevanza ai fini del decidere, dovendo escludersi che l’errore imputato all’amministrazione si riferisca all’addebito penale (tradottosi nella sentenza dichiarativa di responsabilità emessa dal Tribunale Militare di Napoli ex art. 444 c.p.p. in data 12.7.2001) richiamato dalla sentenza di questo Tribunale n. 360/2006.

In conclusione, quindi, il ricorso deve essere respinto.

La complessità della vicenda portata alla cognizione del Tribunale giustifica la statuizione di compensazione delle spese di giudizio sostenute dalle parti della controversia.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Sezione Staccata di Salerno, Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 2045/2007, lo respinge nei sensi di cui in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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