Cass. civ. Sez. II, Sent., 11-05-2012, n. 7415 Servitù coattive di passaggio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 5-2-2003 il Tribunale di Reggio Emilia, in accoglimento della domanda proposta da G.A. e Z.C., trasferiva la servitù di passaggio gravante su un fondo di proprietà degli stessi in favore del fondo di proprietà di G.O., G.E. e G.P., su altro fondo di proprietà degli stessi attori. In motivazione, il Tribunale, nel rilevare che la domanda proposta dagli attori andava interpretata come domanda di trasferimento della servitù dai mappali 161, 162 e 163 al mappale 141 sempre di loro proprietà, dava atto che dalla relazione di consulenza tecnica d’ufficio era emerso da un lato che l’esercizio della servitù sul fondo degli attori si era aggravato a causa del mutamento di destinazione del fondo servente da agricola ad industriale, e dall’altro che il trasferimento della servitù sul mappale 141 rendeva l’esercizio del diritto reale più comodo ed agevole, in ragione della maggiore visibilità della strada provinciale nella quale la carraia andava ad immettersi.

Con sentenza depositata il 22-8-2007 la Corte di Appello di Reggio Emilia rigettava il gravame proposto avverso la predetta decisione da G.O. e G.E..

Per la cassazione di tale sentenza ricorrono G.O. e G.E., sulla base di tre motivi.

G.A., Z.C. e G.P. resistono con controricorso.

Motivi della decisione

1) Con il primo motivo i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione dell’art. 1068 c.c., degli artt. 112 e 189 c.p.c. Deducono che nell’atto di citazione gli attori avevano chiesto il trasferimento dell’esercizio della servitù ai sensi dell’art. 1068 c.c., comma 2, mentre all’udienza di conclusioni hanno chiesto il trasferimento della servitù, ai sensi dell’art. 1068 c.c., comma 4.

Sostengono che, trattandosi di due domande diverse, la domanda nuova proposta in sede di conclusioni – sulla quale, peraltro, i convenuti avevano dichiarato di non accettare il contraddittorio – avrebbe dovuto essere dichiarata inammissibile.

A conclusione del motivo, i ricorrenti formulano il seguente quesito di diritto: "Se debba essere dichiarata inammissibile, in quanto domanda nuova, la domanda diretta ad ottenere il trasferimento della servitù ai sensi dell’art. 1068 c.c., comma 4 formulata all’udienza di precisazione delle conclusioni, qualora nell’atto introduttivo o a norma dell’art. 183 c.p.c. sia stata formulata la domanda diretta ad ottenere il mutamento del luogo di esercizio della servitù ai sensi dell’art. 1068 c.c., comma 2".

Il motivo è infondato.

L’art. 1068 c.c., al comma 1, pone la regola generale secondo cui il proprietario del fondo servente non può trasferire l’esercizio della servitù in luogo diverso da quello nel quale è stata stabilita originariamente. Il comma 2 dello stesso articolo, tuttavia, dispone che, se l’originario esercizio è divenuto più gravoso per il fondo servente o impedisce di fare lavori, riparazioni o miglioramenti, il proprietario del fondo servente può offrire al proprietario dell’altro fondo un luogo egualmente comodo per l’esercizio dei suoi diritti, e questi non può ricusarlo. Il successivo comma 4, inoltre, prevede che l’autorità giudiziaria può anche disporre il trasferimento della servitù su altro fondo del proprietario del fondo servente o di un terzo che vi acconsenta, purchè l’esercizio di essa riesca ugualmente agevole al proprietario del fondo dominante.

La formulazione delle disposizioni in esame pone delicati problemi interpretativi, che derivano dalla diversità dei termini usati dal legislatore, il quale, mentre nel comma 2 (così come nel primo e nel terzo – che prevede la possibilità di cambiamento del luogo di servitù su richiesta del proprietario del fondo dominante – e nella stessa rubrica) fa riferimento al trasferimento della servitù in un "luogo" diverso, nel quarto comma parla di trasferimento della servitù su altro "fondo".

Il doveroso coordinamento tra le due norme induce a ritenere che, mentre il comma 2 disciplini l’ipotesi del semplice mutamento del luogo di esercizio della servitù – per tale dovendosi intendere la porzione del fondo servente sul quale vengono in concreto esercitate le facoltà spettanti al titolare della servitù, il comma 4 riguardi, invece, il trasferimento del diritto di servitù su un fondo diverso da quello che ne era originariamente gravato.

La fattispecie prevista dall’art. 1068 c.c., comma 4 pertanto, comportando il trasferimento della servitù non già su altra porzione delle stesso fondo, ma su altro fondo, di proprietà dello stesso soggetto passivo della servitù originaria o di un terzo, determina l’estinzione della servitù preesistente e la contestuale costituzione di una nuova servitù, di identico contenuto, a carico di un fondo diverso. L’accoglimento della relativa domanda è rimessa alla valutazione discrezionale dell’autorità giudiziaria, la quale, accertata la sussistenza dei presupposti all’uopo richiesti dalla legge, "può" disporre il trasferimento su altro fondo, ma non è senz’altro tenuto a farlo. Ciò a differenza dell’ipotesi prevista dal comma 2 dello stesso articolo, nella quale il verificarsi dei presupposti richiesti dalla norma determina l’insorgenza, in capo al proprietario del fondo servente, del diritto di ottenere il trasferimento del luogo di esercizio della servitù (v. Cass. 13-10- 2004 n. 20204); con la conseguenza che, qualora l’offerta rivolta al proprietario del fondo dominante venga da quest’ultimo ingiustamente ricusata, il proprietario del fondo servente può rivolgersi all’autorità giudiziaria, la quale, accertata la sussistenza dei presupposti della maggiore gravosità dell’esercizio della servitù e della uguale comodità del luogo offerto dal proprietario del fondo servente, deve accogliere la domanda proposta da quest’ultimo e disporre il trasferimento del luogo di esercizio della servitù, senza godere al riguardo di alcun margine di discrezionalità.

Fatte queste premesse, si osserva che, nel caso di specie, non sussiste la dedotta violazione degli artt. 112 e 189 c.p.c., a mente dei quali il giudice deve pronunciare su tutta la domanda e non oltre i limiti di essa e non deve esaminare domande nuove rispetto a quelle formulate negli atti introduttivi o a norma dell’art. 183 c.c..

Va puntualizzato, al riguardo, che la denuncia della violazione dell’obbligo del giudice di decidere nei limiti della domanda e di non esaminare domande nuove proposte tardivamente, configurando un vizio "in procedendo", determina l’estensione del sindacato della Corte al fatto, con il conseguente esame diretto degli atti processuali e, in particolare, delle istanze e deduzioni delle parti, al fine di acquisire gli elementi di giudizio necessari alla valutazione della sussistenza della violazione denunciata (v. Cass. 2- 2-2001 n. 1503; Cass. 17-10-1998 n. 10287; Cass. 2-5-1997 n. 3782).

Neìla conseguente attività di interpretazione della domanda, il giudice non è condizionato dalla formali parole usate dalla parte, ma deve tener conto del contenuto sostanziale della pretesa, come desumibile dalla situazione dedotta in giudizio e dal provvedimento in concreto richiesto (tra le tante v. Cass. 13-9-2006 n. 19670;

Cass. 20-10-2005 n. 20322; Cass. 28-4-2004 n. 8140; Cass. S.U. 25-2- 2000 n. 2142).

Ciò posto, il Collegio, esaminati gli atti del giudizio di merito, rileva che nelle conclusioni dell’atto di citazione di primo grado gli attori hanno chiesto il trasferimento dell’"esercizio del tratto iniziale della servitù di passaggio" "dai terreni di cui ai mappali 161, 162 e 163 del foglio catastale 47" "sul mappale 141 del foglio 21, di proprietà del G. e del quale la Z. è proprietaria per la quota di 1/4 e usufruttuaria sulla restante parte".

Orbene, nonostante l’imprecisa terminologia usata e l’improprio riferimento, contenuto nella parte narrativa della citazione, all’art. 1068 c.c., comma 2 l’interpretazione complessiva della domanda induce a ritenere che gli attori, ne chiedere lo spostamento del passaggio su un terreno differente, hanno sostanzialmente inteso ottenere non già il semplice mutamento del luogo di esercizio della servitù in atto, bensì la vera e propria sostituzione del fondo attualmente gravato dalla servitù (particelle 161, 162 e 163) con altro di loro proprietà (particella 141), ed esercitare, quindi, l’azione di cui al comma 4 dello stesso articolo.

Nessuna inammissibile immutazione della domanda, pertanto, vi è stata in sede di conclusioni definitive, allorchè gli attori hanno espressamente chiesto che la servitù di passaggio, per il tratto iniziale, venisse "trasferita" dai mappali 161, 161 e 163 del foglio 47 sul mappale 141 del foglio 21. 2) Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione degli artt. 1068, 2697 c.c. e dell’art. 115 c.p.c., nonchè l’omessa e insufficiente motivazione, in relazione alla totale mancanza di prova della sussistenza di fatti sopravvenuti e nuovi rispetto alla situazione esistente nel momento in cui fu costituita la servitù, tali da determinare una maggiore gravosità per il fondo servente. Sostengono, in particolare, che la Corte di Appello ha errato nel ritenere non contestato dai convenuti, e perciò pacifico e dimostrato, il fatto che all’epoca della costituzione della servitù la destinazione del fondo servente fosse esclusivamente agricola e che vi fosse stato un sopravvenuto mutamento dei luoghi. Aggiungono che anche il richiamo alle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio, operato in modo soltanto incidentale nella sentenza impugnata, è privo di qualsiasi consistenza e valore, in quanto le considerazioni svolte dal C.T.U. circa la situazione esistente al tempo della costituzione della servitù non sono frutto di effettive indagini, ma solo la sintesi della versione dei fatti fornita dagli attori.

A conclusione del motivo, viene formulato il seguente quesito di diritto: "Se un fatto allegato da una parte e che non è stato oggetto di accertamento in istruttoria possa essere considerato pacifico, e quindi posto a fondamento della decisione, qualora non sia stato esplicitamente ammesso dalla controparte e qualora la medesima controparte non abbia assunto una posizione processuale incompatibile con la sua negazione".

Il motivo è infondato.

Occorre premettere che, anche se la lettera dell’art. 1068 c.c., comma 4 prevede, quale unico presupposto per il trasferimento della servitù su altro fondo, che l’esercizio della nuova servitù riesca ugualmente agevole per il proprietario del fondo dominante, deve ritenersi che anche nella fattispecie considerata sia richiesto l’ulteriore requisito della maggiore gravosità dell’esercizio per il fondo servente, previsto dal comma 2 dello stesso articolo in relazione all’ipotesi, da considerarsi giuridicamente meno grave, del semplice trasferimento del luogo di esercizio della servitù.

Ovviamente, la maggiore gravosità per il fondo servente, quale condizione per il trasferimento della servitù su un fondo diverso, deve derivare, come nell’ipotesi considerata dal comma 2, da un fatto nuovo e sopravvenuto rispetto alla situazione esistente nel momento in cui fu costituita l’originaria servitù.

Nella specie la Corte di Appello, chiamata a valutare la sussistenza dei presupposti richiesti dall’art. 1068 c.c. ai fini dell’invocato trasferimento della servitù, ha ritenuto certo il sopravvenuto mutamento dei luoghi rispetto alla situazione preesistente, non solo in considerazione della mancanza di specifiche contestazioni mosse al riguardo dai convenuti, ma anche in base alle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio, che, contrariamente a quanto dedotto dai ricorrenti, non ha preso in considerazione solo in via incidentale. Il giudice territoriale ha dato atto, infatti, a pag. 9- 10 della sentenza impugnata, che "dalla relazione tecnica è emerso che il tratto iniziale della servitù, del quale è stato chiesto il trasferimento, a seguito del cambio di destinazione dei vecchi fabbricati agricoli, adibiti allo stato attuale a fabbricati di civile abitazione e ad attività industriale, insiste su di un’area il cui utilizzo è mutato rispetto all’epoca della costituzione della servitù" (v. pag. 9-10 della sentenza impugnata); ed ha ribadito, nei prosieguo della motivazione, a pag. 10-11, che il sopravvenuto mutamento dei luoghi è stato accertato dal consulente tecnico d’ufficio nella sua relazione, "laddove è spiegato che a seguito del cambio di destinazione dei vecchi fabbricati agricoli, adibiti ora a fabbricati di civile abitazione ed attività industriale, l’area sulla quale è posto il tratto iniziale della servitù di passaggio ha mutato il tipo di utilizzazione".

I ricorrenti, con il motivo in esame, hanno denunciato l’erronea applicazione del principio di non contestazione, ma non hanno mosso specifiche doglianze in ordine alle ulteriori argomentazioni addotte dal giudice del gravame, di per sè idonee a sorreggere la decisione, essendosi piuttosto limitati a muovere mere contestazioni di merito in ordine alle affermazioni del consulente tecnico di ufficio, inammissibili in questa sede.

Ciò posto, si osserva che, secondo un principio affermato dalla giurisprudenza, nel caso in cui venga impugnata con ricorso per cassazione una sentenza (o un capo di questa) che si fondi su più ragioni, tutte autonomamente idonee a sorreggerla, è necessario, per giungere alla cassazione della pronuncia, non solo che ciascuna di esse abbia formato oggetto di specifica censura, ma anche che il ricorso abbia esito positivo nella sua interezza con l’accoglimento di tutte le censure, affinchè si realizzi lo scopo proprio di tale mezzo di impugnazione, il quale deve mirare alla cassazione della sentenza, "in toto" o nel suo singolo capo, per tutte le ragioni che autonomamente l’una o l’altro sorreggano. Ne consegue che è sufficiente che anche una sola delle dette ragioni non abbia formato oggetto di censura, ovvero, pur essendo stata impugnata, sia respinta, perchè il ricorso o il motivo di impugnazione avverso il singolo capo di essa, debba essere respinto nella sua interezza, divenendo inammissibili, per difetto di interesse, le censure avverso le altre ragioni poste a base della sentenza o del capo impugnato (v. per tutte Cass. S.U. 8-8-2005 n. 16602).

Nella specie, pertanto, le censure mosse dai ricorrenti in ordine al giudizio espresso dalla Corte di Appello circa la mancanza di contestazioni dei convenuti sull’intervenuto mutamento dei luoghi, si palesano inammissibili per carenza di interesse; il che si riverbera anche sul quesito di diritto formulato, che, prescindendo del tutto dagli elementi di prova che il giudice del gravame ha desunto dalla consulenza tecnica d’ufficio, appare inadeguato e non decisivo.

3) Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione dell’art. 1068 c.c., nonchè l’omessa e insufficiente motivazione, in relazione alla mancata valutazione delle caratteristiche dei luoghi espressamente segnalate dai proprietari del fondo dominante per contestare la sussistenza del requisito dell’uguale comodità del luogo alternativo offerto dai proprietari del fondo servente per l’esercizio della servitù.

Il motivo si conclude con il seguente quesito di diritto: "Se il giudice e il consulente tecnico d’ufficio, nel formulare il giudizio di uguale comodità del luogo alternativo offerto dai proprietari del fondo servente per l’esercizio della servitù ex art. 1068 c.c., comma 2, debbano tener conto di tutte le caratteristiche dei luoghi da comparare, e siano quindi tenuti a verificare e valutare anche le caratteristiche dei luoghi espressamente segnalate dai proprietari del fondo dominante per contestare la sussistenza di tale requisito".

Anche tale motivo è infondato.

L’art. 1068 c.c., comma 4 richiede, quale condizione per il trasferimento della servitù su un fondo diverso, che l’esercizio di essa riesca egualmente "agevole" per il proprietario del fondo dominante; qualifica che sostanzialmente coincide con quella di "comodo" usata nel comma 2 dello stesso articolo.

Il giudizio del giudice di merito circa l’uguale comodità, per il fondo dominante, dell’esercizio della servitù di passaggio sul nuovo fondo, deve essere espresso attraverso una valutazione globale e comparativa della situazione in atto e di quella conseguente al trasferimento della servitù, essendo nella realtà impossibile che vi sia una perfetta coincidenza tra le caratteristiche strutturali e di uso del nuovo percorso rispetto a quello preesistente. Pertanto, allorchè il giudice abbia accertato, con motivazione adeguata e logica, che, nel complesso, il trasferimento della servitù su altro fondo servente non comporti una diminuzione della comodità del fondo dominante, il relativo accertamento, costituendo espressione di un apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito, non è sindacabile in cassazione.

Nel caso in esame, la Corte di Appello si è uniformata agli enunciati principi, in quanto, nel ritenere meritevole di accoglimento la domanda di trasferimento della servitù su altro fondo, ha accertato che il nuovo passaggio offerto dagli attori è altrettanto agevole per il fondo dominante. Essa ha dato atto, infatti, che il nuovo accesso ha una visuale sia a sinistra che a destra superiore a quella attuate, essendo posto a distanza di m. 90 dalla curva, e per il tratto successivo il nuovo passaggio verrebbe esercitato nella stessa direzione di quello attuale, con il vantaggio dell’assenza di qualsiasi impedimento provocato, nell’area attualmente gravata dalla servitù, dello stoccaggio di materiali, dai mezzi di trasporto e dall’ingombro dei fabbricati.

Nel pervenire a tali conclusioni, il giudice territoriale ha esaminato e motivatamente disatteso, con argomentazioni congrue e ragionevoli, l’assunto degli appellanti, secondo cui il percorso alternativo offerto dagli attori non sarebbe comodo, perchè non consentirebbe l’accesso alla carraia sulla quale viene esercitata altra preesistente servitù, costituita con atto pubblico del 6-7- 1960. La Corte di merito ha rilevato, in proposito, che manca qualsiasi prova circa la sussistenza di un collegamento funzionale tra le due servitù; ed ha conseguentemente escluso, in ragione della piena autonomia e indipendenza dell’esercizio delle due servitù, che la circostanza dedotta dagli appellanti possa influire sul giudizio di uguale comodità.

Non sussistono, pertanto, i vizi denunciati con il motivo in esame, avendo la Corte di Appello dato conto, con motivazione immune da vizi logici e corretta sul piano giuridico, della sussistenza del requisito espressamente richiesto dall’art. 1068 c.c., comma 4, ai fini del trasferimento della servitù su altro fondo. E’ evidente, al contrario, che i ricorrenti, nel sostenere che il percorso alternativo offerto dai proprietari del fondo servente non presenta per i proprietari del fondo dominante caratteristiche vantaggiose come quello preesistente, censurano sostanzialmente il merito delle valutazioni espresse dal giudice territoriale, sollecitando a questa Corte l’esercizio di un potere di cognizione del fatto, esulante dai limiti del sindacato di legittimità ad essa riservato.

4) Per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato.

In considerazione della novità delle questioni trattate, sussistono giusti motivi per compensare le spese dei presente grado di giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del presente grado.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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